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Autore: heliodor    13/10/2017    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Gran Finale / 2

Era già sul cocchio reale quando sentì le campane suonare un solo rintocco.
Manca meno di un'ora, pensò.
La carrozza reale era la più grande e sontuosa tra quelle possedute dai sovrani di Valonde. Era così imponente che doveva essere trainata da venti cavalli.
I valletti aiutarono Joyce a salire su uno dei sedili posteriori e le sistemarono lo strascico. Suo padre era già al posto che gli competeva, quello accanto al suo.
Sul cocchio sarebbero stati da soli mentre sfilavano per le strade della città.
"Sei meravigliosa" disse re Andew osservando la figlia.
"Grazie" rispose lei imbarazzata. Trasse un profondo sospiro mentre la carrozza si metteva in marcia. Era scortata da venti cavalieri che aprivano il corteo e altrettanti che lo chiudevano.
Dietro di loro venivano le carrozze che portavano la regina e Razyan, più altri nobili e persone importanti del regno.
Il corteo regale sfilò per le strade di Valonde tra due ali di folla festante. Suo padre si alzò più volte per salutare i sudditi e così fece Joyce. Era sorpresa da quei festeggiamenti. Non aveva mai creduto di essere così amata dal popolo.
Che aveva fatto per meritarselo, in fondo?
La strada verso il tempio dell'Unico era un viale lungo e ampio, dove si era radunata una folla immensa per assistere all'arrivo della sposa. Soldati in alta uniforme sorvegliavano la folla e impedivano a quelli troppo arditi di gettarsi in mezzo alla strada col rischio di essere investiti dai cavalli o dalle carrozze.
Sarebbe stato spiacevole se qualcuno si fosse ferito o, peggio, fosse morto, proprio il giorno delle sue nozze.
Il resto del viaggio fu come un sogno. L'arrivo nella piazza antistante il tempio, i cavalieri in alta uniforme che l'aiutavano a scendere dal cocchio regale, le ancelle che le sistemavano lo strascico. Poi suo padre le porse il braccio e lei si aggrappò al suo gomito.
Era tutto così incredibile.
Peccato che non ci fosse Bryce. Chissà se Oren l'aveva trovata.
E perché aveva mandato proprio lui? In quel momento le era parsa un'ottima idea, ma ora iniziava a pentirsene.
Avrebbe voluto che fosse lì, accanto a lei.
No, pensò. Meglio saperlo a un miglio di distanza, perso in qualche stradina della città mentre è alla ricerca di Bryce.
Renderà tutto più facile per me.
Ma non era affatto facile scacciare quel pensiero. Ripensò alla prima volta che l'aveva visto, in quella buca dove il troll lo aveva nascosto in attesa di mangiarlo con comodo.
Non sembrava spaventato. Ora che ci pensava non aveva paura di niente. E quando era con lui, che fosse Joyce o Sibyl, una parte di quel coraggio passava a lei e la rendeva capace di fare cose impensabili, come quando aveva affrontato e ucciso un troll da sola - quasi da sola - o come quando aveva affrontato Wena.
E ripensò alla paura di non riuscire a salvarlo prima che Vanoria saltasse in aria, o al terrore che aveva provato al pensiero di lasciarlo al tempio, quando era scappata con Deliza. Il solo pensiero di lasciarlo lì, esposto alla vendette di quell'odioso stregone, l'aveva atterrita.
E poi c'era il libro. Quel regalo l'aveva colta di sorpresa. Qualsiasi fosse il modo in cui se l'era procurato significava che in fondo a lei ci teneva.
Non si fanno certe cose per amicizia.
Smettila, dannazione, disse una voce dentro di lei. Stai marciando verso l'altare, dove stai per sposarti con l'amore della tua vita.
Ma aveva iniziato ad amare Vyncent prima di conoscere Oren. Lui non esisteva nemmeno nei suoi pensieri quando lo aveva incontrato.
Da allora era cambiato molto.
Lei era cambiata.
Non era più la Joyce che si era innamorata di Vyncent. Quella era una ragazzina che sognava romantiche avventure con principi stregoni che lottavano contro maghi crudeli.
Quella ragazzina esisteva ancora dentro di lei, ma ora era anche altro.
Aveva viaggiato e aveva visto il mondo. O almeno una parte di esso.
Aveva imparato la magia e l'aveva messa a frutto, con difficoltà e in modo goffo, ma stava imparando.
Davvero voleva rinunciare a tutto quello?
Davvero voleva tornare a essere la Joyce di una volta e dimenticarsi di tutto il resto?
Era arrivata a metà della navata quando le gambe iniziarono a tremarle. E non per la paura.
Voleva andare via di lì, correre senza voltarsi indietro e fermarsi solo quando le sarebbe mancato il fiato.
Il cuore le batteva all'impazzata e sentiva il calore salirle su per il collo e arrossarle le guance.
Alzò gli occhi verso l'altare in cima alla scalinata che occupava la parte finale della navata. Qui, al centro di un ottagono formato da vetrate istoriate, c'era un solido altare di marmo.
Davanti a esso attendevano suo fratello Razyan e l'Alto sacerdote del culto. E Vyncent.
Indossava un abito sfavillante che sembrava uscito da un romanzo della Stennig. Un completo blu scuro, blusa e pantaloni stretti in vita da una cintura dorata. Ricami anch'essi dorati decoravano la blusa. Sopra di essa indossava un mantello grigio scuro con i simboli del circolo di Londolin e di Valonde mescolati insieme.
I capelli biondo platino sembravano brillare sotto i raggi del sole che filtravano dalle vetrate istoriate che si susseguivano lungo la navata e decoravano di riflessi multicolori il tempio.
Lo amava così tanto, ma lo amava abbastanza da rinunciare a tutto il resto? E soprattutto, amava solo lui o c'era posto per qualcun altro nel suo cuore?
Perché aveva paura di trovare una riposta a quella domanda?
Nei romanzi d'avventura la principessa sa sempre che sposerà l'amore della sua vita, il principe stregone che l'ha salvata dal crudele mago cattivo.
Ma non era sempre così.
A volte capitava che la principessa sposasse il cavaliere valoroso di umile origine ma dall'animo nobile, capace di trionfare sopra ogni ostacolo e guadagnarsi l'amore della sua amata.
Che tipo di principessa era lei?
Di sicuro non quella dei romanzi d'avventura.
Lei non aveva una chioma bionda e scintillante con la quale affascinare il suo amato. E non era l'erede del grande e potente regno minacciato da un implacabile nemico. Il suo corpo non aveva forme generose o aggraziate che la facevano risaltare su tutte le altre e non aveva i poteri che la rendevano speciale.
Nemmeno i suoi baci erano normali. Che fosse in una cella puzzolente o in una fogna, poco importava.
Nemmeno riusciva a scegliere quale le fosse piaciuto di più.
Arrivati alla base della scalinata, suo padre si fermò e le fece cenno di procedere da sola.
Joyce aveva imparato il cerimoniale e salì le scale con grazia regale, facendo attenzione a non inciampare nel vestito.
Razyan le porse la mano com'era consuetudine da parte del testimone e l'aiutò a fare gli ultimi gradini. Quindi la condusse dinanzi all'altare, alla sinistra di Vyncent.
Lei sorrise imbarazzata e cercò di nascondere il rossore delle guance.
Vyncent si irrigidì, assumendo una posa regale.
"Possiamo procedere" annunciò il sacerdote. Iniziò a recitare dei passi da un libro di preghiere, ma Joyce non lo sentiva.
Voleva di nuovo andare via di lì. Se si fosse voltata indietro non sarebbe più stata capace di andare fino in fondo.
Chiuse gli occhi, cercando di concentrasi sulle parole del sacerdote.
"...elevando le nostre preghiere a Colui che tutto sa e tutto vede..."
Lo stava facendo davvero? Che sarebbe accaduto se, di punto in bianco, avesse detto di averci ripensato?
Era mai accaduto?
Certamente sì.
Le storie erano piene di racconti che parlavano di cerimonie che erano state interrotte per un improvviso ripensamento di uno degli sposi.
Erano oggetto si scandalo e di scherno.
Voleva dare quel brutto colpo alla sua famiglia? Voleva diventare la principessa che ci aveva ripensato proprio sull'altare?
Si morse il labbro.
"... celebriamo questa unione e preghiamo affinché sia benedetta da..."
"Joyce" le sussurrò Vyncent.
Lei alzò la testa di scatto. Aveva capito qualcosa?
"Tutto bene?"
Joyce annuì.
"Sicura? Hai una faccia..."
Cos'ha la mia faccia di strano? Anche tu la trovi strana? Sono forse le mie labbra?
"È tutto a posto."
Lui annuì ma non sembrava affatto rassicurato. "Se c'è qualcosa che..."
"Va tutto bene" disse con tono brusco.
Vyncent sollevò un sopracciglio.
"... pronunciare i voti coniugali" stava finendo di dire l'Alto Sacerdote. "Vyncent di Londolin, vuoi essere tu a iniziare?"
Vyncent le prese le mani e le portò all'altezza del cuore. "Joyce di Valonde, in questo giorno, davanti all'Unico, prometto di avere sempre cura di te, di non farti mancare niente, di non giacere mai con un'altra donna, di rispettarti, di prendermi cura dei nostri figli e delle nostre figlie, di..."
Joyce non riuscì a sentire il resto. Sta succedendo davvero, pensò. Non appena avrò pronunciato i voti sarà la moglie di Vyncent.
Vyncent smise di parlare e restò in attesa.
"Tocca a voi, altezza" disse l'alto sacerdote.
Joyce inspirò una boccata d'aria. "Vyncent di Londolin, in questo giorno, davanti all'unico, prometto di..." Si fermò. Aveva dimenticato la formula?
"Joyce?" domandò Vyncent. "Vuoi che ci fermiamo un secondo?"
"No" disse lei con tono perentorio. O non sarò capace di andare fino in fondo. "Prometto" disse ripartendo dal punto in cui si era fermata. "Di avere sempre cura..." Scosse la testa.
Dalla platea si levò un vocio sommesso.
"Joyce c'è qualcosa che non va?" chiese Vyncent preoccupato.
"È solo che..." Non riusciva a dirlo. Le parole non volevano venire fuori, erano come bloccate nella sua gola, incastrate in un ostacolo che non riuscivano a superare.
Il vocio si alzò di tono. Cos'era quella specie di rombo sommesso che proveniva dall'esterno? E perché all'improvviso le vetrate sembravano tremare? I fuochi d'artificio erano già stati sparati, nonostante il matrimonio fosse tutt'altro che già celebrato?
Joyce non osava guardare Vyncent negli occhi. In quegli splendidi occhi azzurri in cui una volta avrebbe desiderato perdersi per sempre e che adesso... adesso...
"Vyncent, io non posso" riuscì a dire.
Alzò gli occhi, pronta a incontrare i suoi. Ma lui non la stava guardando. Il suo sguardo era rivolto altrove, verso un punto della navata dove stava accadendo qualcosa.
Una guardia aveva spalancato l'ingresso e stava dicendo qualcosa. Gli spettatori delle ultime file si guardavano attorno spaventati e parlottavano tra loro.
Il pavimento tremò e fu scosso come dalla mano di un gigante. Joyce faticò a restare in piedi e si aggrappò all'altare.
Le vetrate istoriate esplosero, disseminando migliaia di schegge che piovvero su quelli che erano assiepati ai due lati della navata.
E non fu l'unica cosa a piovere su quelle persone.
Una attimo dopo, parte del tetto precipitò sugli spettatori schiantandosi con fragore assordante.
Joyce sussultò alla vista della gente che veniva schiacciata dalla valanga di detriti. L'orrore le fu risparmiato dal denso polverone che subito si alzò, avvolgendoli.
Il tempio si riempì di grida e rumori di esplosioni che provenivano dall'esterno.
Dal polverone emerse una figura titanica. Gambe tozze con dita uncinate, corpo muscoloso e braccia poderose che terminavano con mani simili a tenaglie. L'orrore era completato dalla testa simile a quella di un lupo e una bocca spalancata irta di denti.
Alta quanto un edificio di due piani, la creatura si muoveva con agilità nella navata, calpestando e dilaniando quelli che erano sopravvissuti al crollo del tetto.
 
***
 
Oren calò la spada verso lo stregone che gli puntava contro il dardo magico e lo colpì al petto.
Lo stregone urlò e fece un passo indietro, mentre al centro del suo torace apparve una lunga striscia rossa di sangue.
Oren non attese che si riprendesse e lo colpì di nuovo al braccio destro, staccandoglielo di netto. L'arto volò via e sparì alla vista.
Lo stregone urlò e lo maledisse mentre cercava di evocare un dardo con l'altra mano.
Oren stava già per caricarlo di nuovo quando qualcosa esplose nella schiena dello stregone. Lui si accasciò al suolo e vi rimase.
Solo allora Oren si accorse del cadavere dell'altro stregone riverso sul molo. Poco lontano, l'uomo e la donna che un attimo prima si stavano baciando erano al suolo in una posizione scomposta.
Bryce sopraggiunse in quel momento. "Tutto bene?"
Oren annuì. "Chi sono?"
"Non lo so, ma volevano uccidermi. Agenti di Malag, suppongo."
Un rombo sommesso esplose sopra le loro teste. Qualcosa volò sopra la città, tagliando in due il cielo e si abbatté sul tetto del tempo dell'Unico, facendolo esplodere.
Le teste di tutti i presenti si voltarono in quella direzione.
"Ci stanno attaccando" disse Bryce. "Andiamo al tempio. Di corsa."
Oren non se lo fece ripetere due volte.
Corsero per le strade piene di gente atterrita a incredula. Chi aveva assistito all'attacco stava cercando ancora di riprendersi, ma per il momento invece della paura sui volti di quelle persone regnava solo lo sgomento.
I pochi che si rendevano contro della gravità della situazione stavano iniziando a correre nella direzione opposta a quella di Oren  e Bryce, che dovettero lottare contro il fiume in piena di gente che si riversava dalle stradine laterali alla ricerca di una via di fuga.
Per un attimo perse di vista Bryce, poi la rivide mentre si faceva strada tra la folla allontanando con bracciate e fendenti quelli che la ostacolavano.
Non l'aveva mai vista all'opera, tranne la volta in cui erano stati attaccati nella biblioteca sotto il mausoleo dedicato a Bellir.
Bryce lottava come una furia e sembrava determinata a farsi strada tra la folla abbattendo quelli che si frapponevano tra lei e la sua meta, se necessario.
Un minuto prima sedeva sul molo fissando il mare con espressione triste e ora... non c'era più niente di quella ragazza fragile e debole.
Qualcosa esplose sopra le loro teste, seguita da una pioggia di detriti e tegole divelte dai tetti.
Oren cercò di ripararsi con le braccia per non essere colpito. Chi si trovava in strada si dileguò fuggendo nelle viuzze laterali.
Ormai erano in vista del tempio. Era a non più di mezzo miglio dal punto in cui si trovavano e già vedeva le guglie che svettavano verso l'alto, sormontate da un pennacchio di fumo nero che si levava alto nel cielo.
Ma che stava succedendo lì fuori?
C'era qualcosa di gigantesco che si muoveva davanti al tempio, nella piazza antistante.
Bryce gridò qualcosa e si gettò di lato, evitando un raggio di energia che invece colpì il selciato distruggendo parte della pavimentazione. Le schegge volarono in tutte le direzioni, colpendo la ragazza alle gambe e alle braccia.
Lei si rialzò con un movimento fluido ed evocò uno scudo magico. Dardi colpirono lo scudo, rimbalzando o venendo assorbiti.
Bryce reagì lanciando i suoi dardi verso un punto della strada poco più avanti. Oren vide una figura femminile muoversi di lato con agilità soprannaturale, eseguire un balzo e atterrare a una decina di passi di distanza.
La donna indossava un saio di colore nero con ricami dorati. Il viso era pallido e smagrito ed era seminascosto da lunghi capelli bianchi e fluenti.
"Tu devi essere Nimlothien, la strega bianca" disse Bryce fronteggiandola.
La donna esibì un ghigno. "E tu sei Bryce di Valonde. Sapevo che quegli incapaci non ti avrebbero ucciso. L'avevo detto a Rancey ma quello stupido ha insistito tanto... poco male, porterò io a termine il lavoro."
Bryce sollevò lo scudo, come preparandosi allo scontro. "Oren, vai al tempio."
Non se lo fece ripetere due volte. Iniziò a correre verso l'edificio e si lasciò alle spalle le due streghe. In lontananza sentì l'eco di esplosioni ed edifici che crollavano, ma non osò voltarsi. Qualunque cosa stesse accadendo era al di sopra delle sue capacità.
Un essere gigantesco sembrava a guardia dell'entrata. Due stregoni e una manciata di soldati lo stavano attaccando usando magie e dardi di balestra, ma l'enorme creatura respingeva ogni attacco. L'ampio torace e le gambe sembravano un puntaspilli e perdeva sangue nerastro da dozzine di ferite. Eppure era ancora in piedi.
Alla loro destra due gruppi di stregoni si fronteggiavano lanciandosi contro dardi magici.
Una strega emerse dal gruppo e sollevò le braccia. Un fulmine si abbatté sui soldati che stavano affrontando la creatura, colpendone due.
Oren una volta aveva visto un fulmine abbattersi poco lontano dalla sua capanna. Il fragore era stato così potente da scuotergli le budella.
Quello non fu niente al confronto di quel fulmine magico. Il contraccolpo fu così forte da sbilanciarlo.
I soldati reagirono lanciando i dardi delle balestre verso la strega. Due la raggiunsero al petto e al collo, uccidendola sul colpo.
Il mostro ne approfittò per avanzare e spazzare il terreno con le sue tremende braccia, spesse come tronchi d'albero.
Per i soldati non ci fu scampo e vennero sbalzati via come bambole di pezza gettate via da un bambino che ne aveva abbastanza di giocarci.
I due stregoni indietreggiarono continuando a bersagliare la creatura con i dardi magici.
Oren vide che l'entrata del tempio era libera e ne approfittò per lanciarsi in avanti. Come aveva sperato il mostro, troppo impegnato con gli stregoni, non badò a lui.
Si infilò sotto l'arco semi-crollato dell'entrata lasciandosi alle spalle gli stregoni che combattevano contro il mostro.
Quello che trovò all'interno del tempio lo atterrì.
Due mostri alti come palazzi si muovevano per la navata spazzando il terreno con le loro enormi braccia. Al posto delle mani avevano tenaglie. Uno di essi stava stritolando un soldato che urlava a squarciagola.
La gente, terrorizzata, si era accalcata sui lati della navata, cercando rifugio sotto il colonnato. Le streghe e gli stregoni intrappolati nel tempio lottavano contro i mostri bersagliandoli con dadi magici e altri incantesimi.
Riconobbe la strega Elvana intenta a scagliare i suoi dardi contro una delle creature.
Poco distante il corpo di uno dei mostri giaceva al suolo crivellato di colpi. Ai suoi piedi c'erano i miseri resti di un soldato. Oren adocchiò lo scudo e la balestra che erano caduti al poveraccio e vi si gettò sopra.
Prese lo scudo e ne saggiò la consistenza. Era ancora in buono stato a parte qualche ammaccatura. La balestre era carica ma non c'era traccia dei dardi, finiti chissà dove. Scosse le spalle e prese l'arma.
Si guardò attorno, decidendo come poteva dare una mano. Contro quei mostri non aveva alcuna speranza, ma poteva fare da bersaglio e attirarli lontani dagli stregoni in modo che potessero abbatterli.
Stava per partire di corsa verso uno di loro, quando vide alla base della scalinata la principessa Joyce.
Nella confusione generale era rimasta senza protezione.
Anche se non faceva più parte della sua scorta, l'istinto lo guidò verso di lei.
Stava per gridarle di andarsene da lì e cercare un riparo, quando una figura femminile sbucò dall'ombra e l'afferrò per le spalle, trascinandola via.
Joyce lottò contro di lei ma non poté fare molto per opporsi.
Oren corse nella loro direzione, schivò un dardo lanciato da chissà chi e raggiunse la base della scalinata nel momento esatto in cui Joyce e la donna sparivano dietro una porta nascosta dietro la pedana.
Qualcosa gli afferrò il braccio e li sentì avvampare il punto in cui era stato colpito.
Un uomo dai capelli chiari e il naso aquilino lo sollevò da terra senza alcuno sforzo e lo fece volare via verso una colonna.
Oren gridò quando colpì il duro marmo e rimbalzo a terra, rotolando. Si girò e stava per rialzarsi pronto a difendersi, ma l'uomo era già sopra di lui.
"Rancey" gridò qualcuno.
L'uomo sollevò la testa di scatto. Nello stesso momento due dardi esplosero a pochi centimetri dal suo viso, fermati solo dallo scudo magico che aveva evocato una attimo prima.
Rancey, se questo era il suo nome, indietreggiò di due passi e si preparò a colpire.
Oren girò la testa e incontrò il viso di Vyncent. Lo stregone era in cima alle scale e scagliava dardi contro i due mostri.
Rancey lo prese di mira. Oren raccolse un masso che si era staccato dal soffitto e glielo lanciò contro, colpendolo al viso.
Lo stregone grugnì qualcosa e si ritirò quando venne bersagliato dal lancio di alcuni dardi.
Oren non aveva idea da dove venissero né stette a domandarselo. Si alzò, raccolse la balestra e corse verso la porta nascosta dietro la scalinata. Vi si gettò contro con tutta la forza mentre dardi magici esplodevano attorno a lui.

Prossimo Capitolo Domenica 15 Ottobre

 
  
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