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Autore: MackenziePhoenix94    14/10/2017    1 recensioni
SECONDO LIBRO.
Sono trascorsi due anni dall'ormai ribattezzata Civil War.
Bucky Barnes, Steven Rogers, Sam Wilson, Clint Barton, Sharon Carter, Scott Lang e Wanda Maximoff sono scomparsi senza lasciare alcuna traccia.
Charlotte Bennetts si è trasferita nell'attico di Tony dopo che il suo appartamento è stato distrutto.
Nick Fury è semplicemente furioso perché, usando parole sue, il progetto Avengers è andato a farsi fottere.
L'Hydra sembra essere, ancora una volta, solo apparentemente sconfitta.
E poi c'è James, che di normale ha solo l'aspetto fisico.
Sarà proprio una decisione impulsiva del ragazzo a scatenare una serie di eventi catastrofici...
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brock Rumlow, James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers, Tony Stark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Charlotte socchiuse le labbra e due lacrime solitarie le scesero lungo le guance, rigandole il viso pallido e tirato; T’Challa fece cenno a tutti quelli presenti nel laboratorio di uscire, perché era un momento intimo, poi rimase in silenzio attendendo che fosse lei la prima a rompere il silenzio.

“Da quanto tempo si trova in questa cella?”

“Quasi tre anni”

“E perché è lì dentro? Che cosa gli è accaduto? Io so solo che ha perso il braccio sinistro…”

“No, non ti preoccupare, lui sta bene. È stata una sua decisione quella di farsi congelare. Ha detto che è la soluzione migliore per tutti fino a quando non verrà trovata una cura per quello che l’Hydra gli ha fatto”

“Anche io sto cercando una cura per quelle parole” mormorò Charlie tornando a fissare il volto di Bucky, poi spostò lo sguardo nel macchinario che monitorava le sue funzioni vitali “ma finora non ho trovato nulla che potesse essere utile”

“Vuoi rimanere da sola con lui per qualche minuto?”

“No, no, va bene così. Se non è un problema vorrei parlare subito con Zemo, non c’è un solo secondo da perdere”

“Vieni con me, la sua cella si trova nel piano più basso della struttura” rispose il giovane uomo, le fece cenno di seguirlo e lei obbedì, ma solo dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla cella criogenica.



 
“È un piacere conoscerla, signorina Bennetts. Io sono l’Agente Everett Ross, venga, sarò la sua scorta” disse un uomo sulla quarantina, che indossava un abito elegante e che portava un auricolare nell’orecchio sinistro; la ragazza gli strinse la mano e si presentò a sua volta.

“Charlotte Bennetts. Ma tutti mi chiamano Charlie. Mi devo preoccupare?” domandò lei, sollevando il sopracciglio destro, mentre entravano in quello che era un ascensore; Ross premette uno dei tanti pulsanti, le porte si chiusero ed il mezzo si mise in funzione.

“Lei è una nostra ospite e vogliamo che torni a casa sulle sue gambe, non ci piacciono gl’incidenti di percorso”

“Sto per parlare con una persona pericolosa?”

“Diciamo che la sicurezza non è mai abbastanza in casi come questo. In due anni non ha mai dato segni di un particolare squilibrio mentale, il suo comportamento è sempre stato irreprensibile ma non sappiamo se è tutta una recita. Si trova dentro ad una cella di massima sicurezza, non gli manca nulla ma non può uscire in alcun modo. Ci sono sempre degni uomini armati fuori dalla porta blindata”

“Porta blindata? Questo non mi rassicura molto”

“Come le ho già detto: la sicurezza non è mai abbastanza. Dovrebbe considerarsi fortunato data la gravità del suo crimine, T’Challa è stato fin troppo misericordioso nei suoi confronti perché non credo che tutti gli avrebbero dato una cella così bella” commentò l’Agente sistemandosi la cravatta nera; le porte dell’ascensore si aprirono ed i due attraversarono un lungo corridoio, arrivando davanti a quella che era una porta di metallo, sorvegliata a vista da due uomini in divisa, armati.

“Zemo è dietro questa porta?”

“Si”

“Molto bene. Non ho bisogno di uno di loro, entrerò da sola”

“Ne è sicura?”

“Si, sono in grado di difendermi da sola”

“Noi resteremo qui fuori, in caso ci fosse la necessità di un intervento immediato. Potete aprire la porta” ordinò Ross ai due uomini che obbedirono subito; Charlotte chiuse un momento gli occhi, prese un profondo respiro, ed entrò nella cella.
 
 
 
 Helmut Zemo aveva smesso di contare i giorni che passavano da molto tempo, ormai.

Mangiava e beveva solo per non essere costretto a farlo, perché più di una volta lo avevano portato in infermeria ed alimentato forzatamente tramite delle flebo; aveva perso numerosi chili da quando era stato arrestato e portato in Wakanda ma ciò gl’importava ben poco, dato che si augurava che ogni giorno fosse finalmente l’ultimo per lui.

Era riuscito nell’impresa che aveva progettato per un anno intero, gli Avengers si erano separati, nel gruppo si era formata una crepa così profonda che nemmeno il tempo sarebbe riuscito a risanare e così non avrebbero più spezzato vite innocenti, come quella di sua moglie, di suo padre e di suo figlio.

Tutto ciò che ora desiderava era solo ricongiungersi con la famiglia che aveva perso prematuramente, ma aveva il sospetto che ciò non sarebbe accaduto per diverso tempo; che il momento tanto agognato si sarebbe presentato solo con la vecchiaia, dopo aver scontato un ergastolo in quelle quattro mura arredate con molto gusto.

La sua era una cella lussuosa, ma rimaneva pur sempre una stanza alla quale poteva uscire solo se scortato e per un tempo limitatissimo.

Helmut Zemo aveva ormai imparato ogni singolo orario in cui aprivano la porta blindata per portargli la colazione, il pranzo, la cena o concedergli una doccia; così rimase sorpreso di sentire la porta spalancarsi quando aveva consumato il suo pasto seriale già da più di un’ora.
La sua sorpresa aumentò notevolmente quando vide entrare una ragazza dai lunghi capelli castani.
 
Charlotte rimase colpita nel vedere come fosse cambiato quel giovane uomo che era stato in grado di provocare una frattura nella sua squadra; lo aveva visto solo una volta, per pochi secondi, ma notò subito come il volto fosse notevolmente dimagrito e come i vestiti gli stessero larghi.

“Buongiorno, Zemo” disse Charlie sforzandosi di sorridere e di essere gentile, cercando di non pensare al fatto che colui che aveva di fronte a sé non si fosse fatto scrupoli ad usare Bucky.

“Oh, guarda chi c’è…” mormorò lui sollevando l’angolo sinistro della bocca, riconoscendo la giovane che voleva parlargli “Charlotte Bennetts. Reclutata dallo S.H.I.E.L.D ad appena sedici anni. Sei stata addestrata dall’Agente Natasha Romanoff, dall’Agente Clint Barton e da…”

“Si, le so anche io queste cose. Noto con piacere che mi hai riconosciuta, ci siamo visti in Siberia. Due anni fa, te lo ricordi?” rispose lei con un altro sorriso, si sedette davanti all’unico tavolino presente nella stanza e si sforzò a reprimere un brivido, non era spaventata ma non si sentiva a suo agio nel sapere che quel giovane uomo l’aveva studiata e sapeva tutto della sua vita e della sua carriera all’interno dell’organizzazione gestita da Nick Fury.

“Si. Eravate tu, Steven Rogers, Tony Stark ed il Soldato D’Inverno… Come stanno tutti loro?”

“Stanno molto bene”

“Davvero? Io so per certo che il Soldato si trova anche lui qui. Una volta sono passato davanti al laboratorio. Mi stavano portando a prendere una boccata d’aria ed ho visto la cella criogenica. Pensa che basterebbe solo premere qualche bottone per interrompere il flusso di ossigeno”

“Non vedo per quale motivo dovrebbe interessarmi questo argomento” rispose Charlie restando imperturbabile, finse si sistemarsi il coletto della maglietta che indossava, in realtà nascose la collana con il ciondolo a forma di stella rossa: Zemo era un uomo in grado di capire molto di una persona con uno semplice sguardo, di conseguenza non voleva dargli alcun vantaggio, soprattutto quello di fargli capire quale fosse il rapporto che c’era tra lei e Bucky.

“La mia era solo un’osservazione. So che tu e Rogers siete molto amici, quello che importa a lui dovrebbe importare anche a te”

“Sai per quale motivo sono qui?”

“No, non lo posso sapere. Purtroppo non sono ancora dotato del potere di leggere la mente alle altre persone. Ma posso cercare di capire che cosa le turba”

“Stai dicendo che in questo momento c’è qualcosa che mi turba?”

“Beh…” rispose l’altro, prendendo a sua volta posto nell’altra sedia vuota, fissando gli occhi incavati in quelli della giovane “non posso dirti con esattezza che cosa c’è che non va nella tua vita, ma sono sicuro che in questo momento è come un puzzle che non riesci a comporre. Hai tutte le caselle a tua portata ma non sai come incastrarle l’una con l’altra. Stai soffrendo”

“Tutti hanno qualcosa che li fa soffrire nella loro vita. Sono qui perché io e gli altri abbiamo bisogno del tuo aiuto”

“Tu e chi?”

“Lo S.H.I.E.L.D”

“Mi stai dicendo che avete bisogno della persona che ha diviso gli Avengers per sempre?”

“Ogni crepa può essere riparata”

“Questo è vero, te lo concedo, ma comunque i segni resteranno. Anche se vengono coperte allo sguardo non si può far finta che non esistano. Non si può fingere”

“Abbiamo bisogno di un uomo che conosca tutto dell’Hydra e tu sei quell’uomo. Un Agente è stato rapito e lo dobbiamo trovare il prima possibile, in gioco c’è molto”

“Capitan America conosce l’Hydra meglio di chiunque altro. Dato che sei una sua cara amica potresti chiedere aiuto a lui, no?”

“Al momento è impegnato in un’altra missione” mentì Charlotte, Zemo lo capì subito ma fece finta di crederci, perché voleva sentire che altro doveva dirgli “allora, ci darai il tuo aiuto?”

“Perché dovrei farlo? Che cosa ci guadagnerei ad aiutarvi?”

“Tutto quello che vuoi”.

Il giovane uomo si alzò dalla sedia e si avvicinò ad una belle quattro pareti.

“La mia famiglia è rimasta uccisa mentre gli Avengers combattevano contro Ultron. La tua organizzazione è in grado di riportarmi indietro mia moglie, mio padre e mio figlio? Ha questo potere?”

“No”

“Allora non alzerò un solo dito per dei bastardi come voi, hai capito? Non ci sarà nulla in grado di farmi cambiare idea. Nulla. Dovrai continuare a vivere senza di lui”

“Lui, chi?”

“Credi che non l’abbia vista la collana che porti? Ha un ciondolo a forma di stella rossa, credo che sia palese tutto quello che c’è dietro. E poi prima c’è stato una nota di panico nel tuo sguardo, poco fa, che ha tradito quello che provi per lui”

“Io non provo nulla per il Soldato D’Inverno. Mi ha fatto male in passato, molto male. Se ero dalla sua parte è stato solo per Steve”

“D’accordo” disse allora il giovane uomo, stirando le labbra in un sorriso che non arrivava agli occhi “allora non ti farà alcun effetto sapere quanto ha gridato mentre io pronunciavo le parole scritte in quel libretto rosso. Sai, ha provato a resistere ma non c’è riuscito. Credo che provasse del vero e proprio dolore fisico, forse in quel momento si è sentito esattamente come quando aveva il cervello spappolato dalle scosse elettriche”.

Charlie non era intenzionata ad ascoltare un’altra di quelle parole, era palese che fosse solo una trappola per farla cedere, ma lo attaccò comunque; lo afferrò per il bavero della maglietta, lo bloccò contro una parete ed iniziò a picchiarlo in modo incontrollato, colpendolo con i pugni in pieno volto.

Il peggio venne evitato dall’intervento dell’Agente Everett Ross e delle due Guardie armate: il primo afferrò la giovane e la trascinò fuori dalla cella, mentre gli altri soccorsero il detenuto, che aveva il volto completamente ricoperto dal sangue che perdeva sia dal naso che dalla bocca.

“Lasciami! Lasciami!” gridò lei, agitandosi in modo convulso, perché voleva solo liberarsi dalla presa dell’uomo e terminare il lavoro che aveva iniziato.

“Si calmi, signorina, così peggiora solo le cose” rispose Ross, tentando di calmarla.

Riuscì a portarla nell’infermeria della residenza e lì alcuni infermieri le somministrarono dei tranquillanti tramite una flebo.

Quando T’Challa venne avvisato di ciò che era accaduto andò subito da Charlie: la trovò sdraiata in una brandina, in uno stato di apparente tranquillità provocato dai farmaci.

“Come è andata?”

“Male. Non vuole saperne”

“Mi hanno detto che lo hai aggredito”

“Mi ha provocata ed io ho i nervi così a fior di pelle che ci sono cascata come una stupida. Cielo, cosa ho fatto…” mormorò la più piccola, si coprì gli occhi con una mano, maledicendosi per aver perso la freddezza che le era sempre stato insegnato di mantenere in qualunque occasione; la cosa peggiore, però, era proprio il fatto di aver offerto ad Helmut Zemo un vantaggio non indifferente.

Il Re del Wakanda guardò l’Agente con un’espressione affranta, perché era sinceramente dispiaciuto.

Chi aveva sofferto riusciva sempre a capire quando un’altra persona era disperata, ed era evidente che Charlotte lo era profondamente.

“Faresti meglio a mangiare qualcosa ed a riposare. Domani puoi tentarci una seconda volta”

“No, credo che andrò direttamente a dormire”.
   
 
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