Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _MartyK_    21/10/2017    2 recensioni
Myung Jae è una ragazzina nordcoreana di sedici anni che abita vicino al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Stanca della sua vita misera e monotona, una notte decide di fare l'impossibile, sfidando il caso e rischiando la vita: oltrepassare il confine per andare al sud.
Jimin è sudcoreano, ha diciassette anni appena compiuti e una passione sfrenata per la danza classica e quella moderna.
Il loro sarà un amore travolgente: riusciranno a superare le difficoltà o avranno la meglio le barriere politiche?
Dal capitolo 1:
Non era brava ad immaginare, anche perchè non conosceva il vero significato del termine. Tutto ciò che poteva immaginare ce l'aveva a pochi chilometri da casa e non poteva accedervi per uno stupido capriccio lungo più di sessant'anni.
[...]
Stava per addormentarsi se il fischio del treno non l'avesse fatta sobbalzare per lo spavento.
Sentì le rotaie muoversi sotto i suoi piedi e vide la ferrovia, le panchine e gli alberi circostanti muoversi all'indietro rispetto a lei e capì.
Il suo sogno era appena iniziato.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Durante il tragitto Myung e Jimin non proferirono parola neanche per idea, tutti e due erano troppo immersi nei propri cupi pensieri per farlo.
E poi Jimin aveva così tanta voglia di vederla tornare a casa che non voleva proprio saperne di sprecare tempo in chiacchiere inutili, semplicemente la teneva stretta a sè con la mano ancorata al suo polso e correva nella fitta foresta che precedeva il Sud.
Myung ogni tanto volgeva lo sguardo al cielo e un po' intorno a lei, quel posto le faceva paura, era pieno zeppo di animali selvatici e anzi, secondo molte fonti - si era informata girovagando su internet - lì vivevano un sacco di animali che anni prima erano considerati in via d'estinzione. I gufi e i corvi che gracchiavano non le permettevano di stare tranquilla e concentrarsi sui suoi passi.

Per fortuna Jimin aveva imparato un paio di scorciatoie che servirono ad uscir fuori da quella selva prima del previsto, infatti si ritrovarono dopo quasi un'oretta fuori da quel buco nero e di fronte alla civiltà.
Myung Jae si sentì a casa.
Perchè era quello il suo posto e mai potè essere così sicura di pensare una cosa del genere.


Nel mentre imboccavano la strada che portava alla stazione metropolitana, il cielo si era scurito e non prometteva nulla di buono. Le mancava sentire il frastuono delle automobili che sfrecciavano a suon di clacson, la gente che passeggiava tranquillamente con le cuffie nelle orecchie e attraversava impavida le strisce pedonali e quell'aura di sicurezza e stabilità che solo in una nazione libera si poteva percepire.
Sì, ecco, si sentiva libera.
Nessuna oppressione attanagliava la sua mente, i problemi sembravano essere spariti, e non le dispiaceva vagare a zonzo con la testa un giorno intero. Non si era neanche accorta di essere seduta in metro, venne risvegliata dal sorriso del ragazzo accanto.

- Come stai?- le chiese timido.
Myung accennò un sorriso e gli strinse la mano, intrecciando le dita e facendo una così forte pressione che quasi le si sbiancarono le nocche.

- Ora che ci sei tu, bene- mormorò poggiando il capo sulla sua spalla.

Dio, quanto le era mancato sentire il suo corpo sulla sua pelle. Jimin la imitò e tirò un sospiro, chiudendo gli occhi e beandosi del suono delle rotaie che correvano veloci lungo i binari. Si disse che Myung non aveva tutti i torti ad appisolarsi in treno o in metro, per quanto potesse essere irritante, bastava perdersi nei propri ricordi e la metro diventava un inutile sfondo.

Il loro pisolino si prolungò per le tre fermate successive, interrotto solo dal breve tragitto per prendere la seconda metro e poi per ritrovarsi in autobus, diretti a Seoul. La corvina strizzò gli occhi e sbattè le palpebre un paio di volte, giusto il tempo di fare mente locale e di capire dove si trovasse.
Notò che il tempo era peggiorato, le nuvole erano più grigie che mai e incominciavano a farsi sentire i primi tuoni. Sussultò quando vide la luce di un fulmine nella sua direzione e subito dopo il tuono invadere le sue orecchie.
Si strinse più a Jimin e strofinò la testa sulla sua spalla, contrariata. Il castano sorrise e con la mano libera le accarezzò i capelli, pettinandoli con le dita e sfiorando ogni singola ciocca fino ad arrivare alle loro estemità.
Durante quelle ore le loro mani erano rimaste unite, così come i cellulari avevano la chiamata aperta al mattino.
Una donna e il suo bambino sedevano di fronte a loro ed entrambi sorrisero alla visuale dei due amanti che si scambiavano tenerezze. Jimin se ne accorse e arrossì, allontanando la mano dal viso di Myung l'attimo dopo.
Quella scena gli ricordava ciò che era successo il giorno in cui andarono in spiaggia a Busan, sorrise ingenuamente.





 Verso l'ora di pranzo riuscirono a raggiungere la destinazione, l'autobus accostò alla sua fermata e i passeggeri cominciarono a scendere, chi spingendo, chi rispettando la fila. I due scesero dal lato meno affollato e corsero verso casa, il castano imprecò quando si accorse che i vestiti si stavano bagnando.

- Merda, anche la pioggia!- sbottò adirato. Myung Jae se la rise e abbassò lo sguardo.

- Andiamo, forza! O arriveremo a casa bagnati fradici- l'altro l'avvisò e la trascinò con sè prendendola per il polso come al suo solito, correndo come un forsennato verso la strada e imboccando scorciatoie e traverse a caso per evitare che la pioggia completasse il suo lavoretto.
Nel mentre si coprì la testa come meglio poteva.
Non servì a molto, dal momento che di lì a poco scoppiò un vero e proprio temporale, con tanto di fulmini e strade così bagnate che sembravano lastre di vetro. Entrambi cercarono di fare del proprio meglio per non inciampare a terra rovinosamente e correre il più possibile verso l'abitazione, solo ora Myung si accorgeva di quanto fosse lontana dal centro della città.

Le gambe dolevano e i polpacci risentivano dell'acido lattico che si era andato a formare nei muscoli, ancora pochi passi e poi potevano riposarsi buttandosi a peso morto sul divano. Jimin tirò un sospiro di sollievo non appena aprì la porta di casa.
La richiuse poggiandosi con la schiena contro la sua superficie e chiuse gli occhi per un istante, Myung intanto si era già lanciata sul divano. Era felice.

- Avanti, puoi parlare se vuoi. Tanto siamo a casa- sorrise lui accomodandosi affianco a lei.

- Ma siamo appena tornati! E poi è ora di pranzo, non mangio cibo commestibile da quasi un mese- ridacchiò amara la corvina.

- Allora parliamo di fronte ad un bel piatto di ramen, ti va?- propose il compagno.
Myung non potè far altro che annuire, dopotutto era Jimin. E poteva giurare che ci sapeva davvero fare con i fornelli.

















































* * *







































































 Si raccontarono di tutto e di più di fronte alle ciotole di ramen e a quelle di insalata, Myung gli parlò di come trascorreva ogni singolo giorno al Nord e di quanto la sua famiglia stesse ancora soffrendo per la sua sparizione: per evitare di coinvolgere Kim erano stati costretti a pagare un grosso debito.
Un debito che avrebbero dovuto tenersi per il resto delle loro vite.

Jimin invece le parlò di quanto fosse calata la sua media scolastica a causa sua, a scuola era sempre distratto ed era da un po' che aveva perso la voglia di uscire con gli amici il sabato sera. Con Jungkook si sentiva solo quando andava a ballare, i rapporti con Tae e Jin si erano raffreddati.

- E Yoongi?- chiese la ragazza portandosi le bacchette alla bocca e addentando un boccone di ramen. Jimin si morse il labbro inferiore.

- Abbiamo troncato i ponti, non siamo più amici- si limitò a rispondere. Inutile dire che Myung aveva gli occhi spalancati manco avesse visto un cerbiatto ucciso da un cacciatore.

- Ma... perchè?-

- E' una storia abbastanza lunga, posso solo dirti che c'entra lui col tuo rientro in patria. E' stato lui ad informare i suoi colleghi nordcoreani, d'altronde era ritornato in Corea proprio per compiere la sua missione. E poi, beh... non andavamo d'accordo già da prima che ti conoscessi, diciamo che non ho mai apprezzato il fatto che a lui piacesse fare quella vita lì. Una volta mi disse che era intenzionato a fare il militare anche dopo il periodo di leva- spiegò lui molto pacatamente.
Myung non riusciva a crederci, la sua espressione era un misto fra il sorpreso e il deluso. Yoongi le era da sempre sembrato un bravo ragazzo - certo, un po' taciturno, ma bravo. Mai si sarebbe aspettata di venire a conoscenza di questo suo 'lato oscuro', per così dire.

Scosse la testa e riprese a mangiare, sorrise nel vedere Jimin tutto intento ad osservarla mentre divorava la sua porzione di insalata.

- Non hai perso quest'abitudine- bofonchiò masticando voracemente. Il castano ridacchiò.

- Resterai pur sempre il mio daramjwi- rispose a tono, beffardo.






Una volta che ebbero finito di pranzare, fecero a turno per la doccia, erano ancora inzuppati e inoltre l'odore della pioggia addosso non era poi così piacevole. Jimin finì per prima e andò in camera a cambiarsi. Restò lì anche quando Myung ebbe finito, la ragazza invocò a gran voce il suo nome, aspettandosi di trovarlo in salotto quando in realtà di lui non c'era neanche l'ombra.

Attraversò il tetro corridoio e irruppe in camera sua, la sua ultima chance. Se lo ritrovò coricato sul letto intento a leggere un libro, eppure non sembrava molto interessato. Stette in silenzio con una spalla poggiata allo stipite della porta e incrociò le braccia al petto, arrossì quando Jimin puntò lo sguardo sul suo.
I suoi occhi avevano un'aura diversa, sebbene nessuna luce potesse fare da riflesso sulle sue iridi - dal momento che erano tutte spente e solo un po' di sole che spuntava dalle nuvole faceva loro capire che era ancora giorno -, rabbrividì nel notare una scintilla sfrecciare nei suoi occhi scuri.
Non sapeva definire con certezza come le sembrava il ragazzo in quel momento, ma poteva affermare che le piaceva da impazzire.

- Che libro è?- si azzardò a domandare. Jimin scosse la testa.

- Vieni qui- battè una mano sul materasso, la sua voce era così calda, accogliente. Le si scaldò il cuore.

Raggiunse un lato del letto e si posizionò esattamente di fronte a lui, le mani strette in pugni e le braccia distese lungo i fianchi, era nervosa.

- Mi sei mancata- esordì leccandosi il labbro inferiore. Myung deglutì.

- Me lo hai già detto- rispose con la voce un po' tremante. Jimin le sfiorò i fianchi e alzò lo sguardo verso il suo viso, regalandole uno dei suoi più dolci sorrisi.

- Te lo ripeterò all'infinito-

La ragazza sentì il bisogno di abbassarsi al suo livello e lentamente raggiunse le sue labbra, mordendo quello inferiore e lasciandogli un casto bacio a stampo.
Jimin non se lo fece ripetere due volte e se la caricò in braccio, circondandole la schiena e massaggiandogliela con lenti movimenti circolari.
Le labbra si unirono automaticamente, come se fossero fatte per stare assieme, nessuno poteva separarle. Myung premette contro la sua bocca e lui le dette il libero accesso, le loro lingue iniziarono una lunga danza scoordinata e impacciata, delle scariche elettriche invasero lo stomaco di lei.

Non era un bacio come tutti quelli che si erano dati, era diverso, più passionale. E lo capì quando si ritrovò distesa sul letto con Jimin sopra di lei impegnato a baciarle il collo.
Durante le due settimane non si era mai azzardato a fare una cosa simile.
Non che le dispiacesse, sia chiaro, solo si sentiva inesperta.

E, sinceramente, non sapeva nulla di tutto ciò che era inerente alla sessualità, in Corea del Nord veniva vista come una vergogna, una cosa che non avrebbe dovuto mai interessare gente come loro.

Si meravigliò della strana voglia che aveva in corpo, non si trattava soltanto di baciare il suo amante, era un qualcosa di più, un qualcosa a cui non sapeva dare nemmeno un nome. Jimin le scoprì l'addome e si fermò un istante ad osservare e memorizzare per filo e per segno tutte le cicatrici che aveva.
Le rivolse uno sguardo triste e deglutì.

- Chi è stato?- mormorò con voce atona.

- T-te l'avrei detto, non volevo pensarci ora come ora...- borbottò incerta Myung, pensando di averlo fatto arrabbiare.
Al contrario, Jimin le accarezzò una guancia e sorrise in modo malinconico.

- Tranquilla, voglio solo sapere chi è stato-

- Papà... e gli uomini dei campi-

Jimin si morse a sangue il labbro inferiore e annuì. Esitò un po' prima di abbassarsi a livello del suo ombelico e poggiare le labbra su una delle cicatrici.
Myung sussultò e sgranò gli occhi.

- C-che stai facendo?- miracolosamente riuscì a dire. Nel frattempo il castano le lasciò un altro bacio umido sulla pelle.

- Sto curando le tue ferite- mugugnò lui.

Le baciò tutto l'addome, non trascurando nessuna delle cicatrici che si ritrovava e facendo attenzione a quelle più recenti. Fu il più delicato possibile, prima di passare oltre e continuare ciò che aveva interrotto.
Chiese varie volte il permesso a Myung e sperò davvero che fosse pronta e sicura come diceva di essere, l'ultima cosa che voleva era farle del male.

Entrò in lei per la prima volta e catturò immediatamente le sue labbra, sapeva che stava provando dolore. Ella, dal canto suo, si aggrappò alla sua schiena con le mani tremanti e conficcò le unghie nella sua pelle.
Si sorrisero impacciati, Jimin incominciò a muoversi lentamente dentro di lei. Ad ogni spinta corrispondeva un bacio a fior di labbra, una carezza ai capelli o ai fianchi.
Il castano aveva deciso di prendersi cura di lei fin dall'inizio e Myung Jae non fece altro che restarsene al calduccio sotto la sua ala protettiva.

Si fidava di lui, e si fidava di lui anche in quel momento così intimo, sapeva che prima o poi il dolore sarebbe sparito. I loro corpi accaldati si abbassavano e si alzavano simultaneamente, a volte scontrandosi.
Per lei era rassicurante percepire la pelle calda del compagno aderire perfettamente alla sua, in un certo senso le faceva capire che non se ne sarebbe mai andato, che sarebbe stato sempre dalla sua parte.

- Non lasciarmi- sussurrò la corvina con la voce rotta dalle emozioni, Jimin le morse voglioso il labbro inferiore.

- Non lo farò mai-

- Me lo prometti?- fece lei esitante, fissandolo negli occhi.

Jimin annuì, solo allora si accorse di quante promesse aveva fatto e di quante non riusciva a mantenere, a partire dal rapporto con Yoongi. Di tutte le promesse non fu mai così sicuro di riuscire a mantenere almeno quella.
Sigillarono il loro per sempre con un dolce bacio finale, pervasi dalle emozioni successive al culmine del piacere.
Myung respirava affannosamente e Jimin era ritornato bagnato fradicio. La corvina gli passò una mano sulla fronte e gli levò alcune ciocche ribelli, portandole dietro la nuca.
Il castano si beò del suo tocco delicato, quasi angelico, e chiuse gli occhi con un sospiro felice.

La ragazza indugiò un po' prima di formulare la fatidica domanda, era imbarazzante.

- Jimin... ha un nome questa cosa che abbiamo fatto?- disse con voce flebile. Ed ebbe voglia di farsi piccola piccola sotto lo sguardo vispo e stralunato del compagno.

- Eh?- non si trattenne dal ridere.

- Voglio dire, è una specie di danza? Non ne ho idea, non l'ho mai fatta e poi all'inizio faceva male. Non credo che ballare faccia male. E poi ho sentito delle sensazioni fortissime e...- si fermò giusto il tempo di accorgersi del sorrisetto compiaciuto di Jimin.

- E qualsiasi cosa sia, è stata la più bella che io abbia mai fatto- concluse arrossendo.
Il castano le baciò una guancia e strofinò il suo naso con quello della ragazza, in un tenero bacio all'eschimese.

- Abbiamo fatto l'amore- sussurrò al suo orecchio.

- E' così che si dice? Fare l'amore?-

- In realtà ha anche un altro nome, ma è brutto, non è degno di quello che abbiamo fatto noi- sorrise.

- E qual è quest'altro nome?- Myung era sempre più curiosa, pretendeva di saperlo. Jimin fece una smorfia con la bocca.

- Sesso-

Myung lo seguì a ruota.

- Hai ragione, suona male. Fare l'amore mi piace, è più adatto a noi-

Tutt'a un tratto Jimin invertì le posizioni e poggiò la schiena sul materasso, caricandosi addosso la ragazza. Ella trovò automatico poggiare la testa sul suo petto e lasciarsi cullare dal flebile suono dei battiti del cuore dell'altro, si meravigliò di quanto fosse calmo.
Una tranquillità che finì per contagiarla.

Chiuse gli occhi, la sua mano vagava sul pettorale del compagno e accarezzava distrattamente la pelle liscia e lucida per il sudore, nel mentre Jimin le accarezzava i capelli e le massaggiava la testa con modi estremamente dolci e delicati, come i fiori di ciliegio.

E trovò strano il fatto che le sembrò di sentire nell'aria proprio il profumo dei fiori di ciliegio.


***
Annyeong popolo! ^^ vi avevo detto che avrei rimediato con un'abbondante dose di zucchero in questo capitolo, ebbene eccolo qui xD io spero solo di non avervi fatto venire la carie ai denti, ma dettagli. Oh già, continuate a prestare attenzione alle frasi in corsivo a fine capitolo perchè i fiori di ciliegio ve li ritroverete nel finale, fra tre capitoli esatti v.v  come sempre ringrazio chi sostiene questa storia, chi legge, chi recensisce e chi la inserisce nelle varie categorie del sito. Non voglio risultare ripetitiva, ma è la verità, è solo grazie a voi se ho voglia di scrivere e di migliorarmi ahah :')  ah, e badate pure all'angst e al drammatico, non li ho messi a caso u.u io vi sto avvisando in tutti i modi - evitando spoiler indesiderati - poi non venite a dirmi che avete versato fiumi e fiumi di lacrime o cose del genere HAHAHAH (in ogni caso sono pronta a nascondermi sotto il letto con la nutella, non si sa mai).  Beeeeene non vado oltre e scappo che è meglio lol, bacioniiiiiiii   _MartyK_ <3
   
 
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