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Autore: ayamehana    28/10/2017    8 recensioni
Certi amori sono destinati a durare in eterno; altri a bruciare e a estinguersi come la fiamma di una candela ormai consumata. Ranma e Akane hanno dovuto impararlo a loro spese, quando la loro relazione è terminata a pochi giorni dal matrimonio che li avrebbe legati per tutta la vita. Una rottura nata da un imbroglio, ma che l’erede della palestra Tendo ha interpretato come un «non siamo fatti per stare insieme».
Troppe parole, però, sono rimaste in sospeso. Sono passati sei lunghi anni; Akane è cresciuta ed è in procinto di sposare l’uomo di cui è innamorata… tuttavia, si è dimenticata di fare i conti con un’unica cosa: certi amori sono destinati a finire, solamente per ritornare ancora più forti.
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Non erano mai andati molto d’accordo, loro due; si erano amati con quella caparbietà tipica degli adolescenti… ma la loro relazione era stata fragile, si era incrinata con eccessiva facilità. Se si sforzava, riusciva ancora a vederne le crepe… in una fidanzata di troppo, nelle pressioni di due genitori invadenti… nella propria impulsività e nella timidezza intrinseca di Ranma.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Shan-pu, Shinnosuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note dell'autrice: Cucù! A volte ritorno anch'io con questa fanfiction... ho fatto passare più di un mese, lo so, e me ne scuso, però, come detto in precedenza, avevo perso l'ispirazione. - A tal proposito, ringrazio la mia betareader, Napee, per avermi aiutata a ritrovarla e per aver poi betato il tutto!

Prometto che cercherò di essere più costante... Salvo restando che riesca a terminare di scrivere il capitolo 7 (l'ho già iniziato, tranquilli!) entro il 25 Novembre! Detto questo, vi saluto e vi lascio alla lettura!


 
CAPITOLO VI

SOLO UN COLLEGA DI LAVORO


 
«I Tendo non vivono più qui da cinque anni, ormai.»

Ranma si rigirò nervosamente sul futon, mettendosi a pancia all’aria e allargando le braccia sul pavimento. Le parole di quel grassone non gli avevano dato pace, quella notte, nemmeno quando era sprofondato in un sonno agitato e privo di sogni. Se quella Shan-pu non mi avesse teso una trappola tanto meschina da costringermi a separarmi da Akane… a quest’ora la palestra sarebbe ancora sua… anzi, sarebbe nostra, pensò, serrando le mani a pugno. Come aveva fatto a cascare in un tranello tanto elementare? Lui, che era un esperto di arti marziali, poi.  
Ranma si diede lo slancio e si mise seduto sul materasso. Era inutile piangere sul latte versato; il passato, in fondo, era il passato e non si poteva di certo cambiare… purtroppo.

Un lieve bussare alla porta lo destò immediatamente dai suoi pensieri. «Ranma, sei sveglio?» gli domandò dolcemente sua madre, a cui il codinato rispose con un laconico «sì.»

«Mi potresti fare un favore, allora?»
 

Circa mezz’ora dopo, Ranma stava camminando per le strade di Nerima con una lista della spesa tra le mani. Che cosa da femminucce, pensò infastidito, grattandosi la testa. Ma non potevo certo dire di no a mia madre… «Ti prego», aveva esclamato Nodoka, facendogli gli occhi dolci. «Ho il frigo completamente vuoto e non riesco a portare tutte quelle buste da sola! Tu, invece, sei forte… Saprai cavartela sicuramente meglio di me!»

Il codinato sbuffò, scompigliandosi i capelli. Da dove avrebbe dovuto iniziare? Si avvicinò titubante ad una bancarella ed esaminò attentamente la frutta esposta. Dunque, mi ha detto di prendere un chilo di mele… Allungò una mano verso una mela rossa, ma le sue dita intercettarono quelle esili ed eleganti di una donna.

«Oh, mi scusi», le disse quella, girandosi verso di lui… prima di sbiancare completamente. «Ma tu sei…»

Ranma sgranò gli occhi, sorpreso quanto lei. Kasumi Tendo era pallida come un cencio e lo stava fissando come se avesse appena visto un fantasma. I lunghi capelli castani della ragazza erano legati in una morbida coda laterale, mentre il viso aveva mantenuto quei tratti dolci che l’avevano sempre caratterizzata. Forse era ingrassata un pochino sui fianchi, ma l’artista marziale non si soffermò troppo a guardarla per non metterla in imbarazzo. Lo sguardo, però, gli cadde inevitabilmente sul passeggino che la giovane donna stava trasportando, con dentro un paffuto neonato addormentato.

«E questo chi è?» chiese Ranma, accovacciandosi verso il bambino.

«C-Cosa ci fai tu qui?» balbettò Kasumi con voce tremante, ignorando la sua domanda. «Akane sa che sei tornato?»

Il codinato s’irrigidì sul posto e si lasciò sfuggire un sospiro. «Sì, l’ho incontrata ieri», si limitò a dire, giocherellando con il piedino di quello che doveva essere il figlio della maggiore delle Tendo.

«Oh…» mormorò semplicemente la ragazza, prima di chiudersi in un silenzio imbarazzante.

Era ovvio che quella situazione la stesse mettendo a disagio e lui non poteva certo peggiorare le cose, facendole domande inopportune sulla sua famiglia. «Senti, Kasumi, io…»

La giovane scosse la testa, facendo oscillare la lunga chioma castana. «Non dire nulla, ti prego. Hai chiesto a mia sorella di sposarti e l’hai lasciata poco dopo, senza dare alcuna spiegazione.» Ranma sentì il cuore lacerarsi poco a poco, mentre Kasumi, a modo suo, gli sputava in faccia  tutto il rancore che provava nei suoi confronti. «Ti sei comportato davvero male… Hai idea di quanto Akane abbia sofferto?!»

Il codinato alzò improvvisamente lo sguardo su di lei e, per un attimo, poté giurare di vedere delle lacrime inumidirle gli occhi. Kasumi, a quel punto, si morse il labbro e aggiunse timidamente: «Comunque, ho uno scatolone con delle cose tue, a casa. Quando ti va, passa a prenderle… le ho tenute per troppo tempo ed è ora che te le restituisca.»

«E tu dove…»

«Sopra l’ambulatorio di mio marito, il Dottor Tofu.»

Ah, quindi il dottore si è deciso a fare il grande passo, eh?! pensò Ranma, mentre un sorrisetto divertito si apriva sulle sue labbra. «D’accordo, passerò un giorno di questi… Ehm, grazie, Kasumi.»

«Non c’è di che», esclamò la ragazza con tono più gentile. «Promettimi, però, che poi lascerai Akane in pace. Sembra una tipa dura ma, in realtà, ha ancora il cuore a pezzi.»

Detto questo, Kasumi prese la borsa della spesa e girò sui tacchi, lasciando Ranma con la gola stretta in un nodo soffocante.
 

Dopo quella sottospecie di conversazione con Kasumi, Ranma si ritrovò a vagare per le vie di Nerima, totalmente dimentico della spesa per sua madre. Devo lasciare in pace Akane? pensò amaramente, scalciando un sassolino sull’asfalto. Certo, l’ho fatta soffrire, ma non intenzionalmente… si disse, alzando gli occhi sulla vetrina di un negozio di articoli sportivi. Il codinato si soffermò a osservare la merce esposta, tra cui una tuta da scii, un pallone da calcio autografato e… un karate-gi nuovo di zecca. Ora che ci penso, avrei proprio bisogno di una tuta nuova… La mia è vecchia e in alcuni punti è persino scucita! Beh, un’occhiata non fa certo male…

«Arrivo subito!» esclamò una voce maschile da dietro al bancone, quando l’artista marziale entrò nel negozio. «Se intanto vuole vedere la mercanzia esposta… Oggi facciamo il 10% di sconto su tutti gli articoli in vendita! Un vero affare, non crede?!»

Ranma annuì, cercando di individuare il proprietario di quella voce… gli sembrava vagamente familiare, ma non capiva da dove essa provenisse.

«Dannazione, dove l’avrò messa?! Sembra proprio che oggi abbia perso la testa… come se non bastasse il fatto che mi perda ogni giorno per le strade di questo maledetto quartiere!» sbraitò il commesso, aumentando la curiosità del codinato, che si avvicinò lentamente al bancone.

«Ehm… posso disturbarla un attimo per…?» disse Ranma, sporgendosi un po’ e individuando finalmente la matassa di capelli neri del commerciante, tenuta ferma da una bandana giallo canarino. Le labbra dell’artista marziale si aprirono in un sorriso. Ma certo! Quella voce e anche la bandana…! «Ma tu sei Ryoga!»

Ryoga sbatté rumorosamente la testa sullo scaffale sovrastante e imprecò a denti stretti. «Come conosci il mio nome tu?!» ringhiò, prima di accorgersi finalmente con chi stesse parlando. «Ranma…»

Il codinato si portò le mani dietro alla nuca con fare annoiato. «Già, come stai, vecchio mio?!»

Sul viso dell’eterno disperso, invece, passò una serie di espressioni… di incredulità, di rabbia… persino di panico. «No, maledizione, no!» affermò, raggirando il bancone e afferrando Ranma per un braccio, quasi volesse accertarsi che fosse proprio lui. «E adesso che faccio?! E se Akane scopre che sei tornato?! Cosa le dirò?!» borbottò tra sé e sé, mentre l’angoscia nella sua voce si faceva sempre più evidente.

«Che…?» fece in tempo a dire l’artista marziale, prima che Ryoga lo trascinasse in uno sgabuzzino e lo chiudesse dentro.

«Rimani qui, per piacere… devo trovare una soluzione», mormorò, girando la chiave nella toppa della serratura. «Ah, che faccio?! Chiamo Ukyo…? Forse lei saprà cosa fare! Sì, lei sa sempre come tirarsi fuori dai guai!»

Ma cosa…? Dopo un breve attimo di confusione, Ranma si avvicinò alla porta e cominciò a prenderla a pugni con rabbia. «Che diavolo stai facendo, imbecille?! Fammi uscire da qui… immediatamente!»

Ryoga, però, parve ignorarlo. «Ciao, Ukyo! Scusami se ti disturbo, potresti venire nel mio negozio, per piacere…? Sì, subito, è un’emergenza! Fai in fretta, ti prego!»

 
«Idiota di un Ryoga, fammi uscire!» ululò Ranma, assestando un ennesimo calcio alla porta dello sgabuzzino. Tese l’orecchio, ma dall’altra parte non arrivò alcuna risposta. Maledizione, quello stupido si è dimenticato di me! pensò, reprimendo un’imprecazione sul nascere.
Il codinato si guardò intorno in cerca di una finestra da dove poter scappare, ma pareva che l’unica fessura lì dentro fosse troppo piccola per uno della sua stazza. Ma perché quell’imbecille lo aveva chiuso a chiave in un posto come quello?! Come se non bastasse, poi, faceva dannatamente caldo! Ranma si afferrò la maglia e provò a farsi aria con quella. «Ryoga, te lo ripeterò un’ultima volta, poi spacco tutto: fammi…»

«Ryoga Hibiki!» tuonò una voce femminile dall’interno del negozio, catturando l’attenzione dell’artista marziale. Ukyo?! «Quante volte devo ripeterti che non posso sempre accorrere in tuo aiuto, mentre sono a lavoro?! Spera solo che questa volta sia veramente un’emergenza…! Giuro che se ti sei perso di nuovo qui dentro, farò attaccare dei cartelli stradali su ogni muro! Non puoi continuare così, che sia chiaro!»

«M-Ma Ukyo…» brontolò Ryoga in difficoltà, mentre Ranma se la sghignazzava sotto i baffi. Quello scemo non cambiava mai! «Questa volta non mi sono perso, che idiozie vai a dire?! Il problema è…» La serratura scattò e la porta si aprì con un cigolio.

«Ran-chan?!» esclamò Ukyo con voce rotta, portandosi una mano alla bocca.

Il codinato roteò gli occhi al cielo. «Pare proprio così! Ma cosa è preso a tutti, oggi?» sbottò, allargando teatralmente le braccia. «Prima Kasumi, poi Ryoga e ora… te. D’accordo, sono stato via per sei anni, ma…»

Ucchan sembrò sul punto di mettersi a piangere. «Quando sei tornato?» mormorò piano, tirando su con il naso.

«L’altro ieri.»

«E non potevi avvisare?! Sai quanto siamo stati in pena per te?!» esclamò la sua amica d’infanzia, mentre la tristezza lasciava spazio a una rabbia cieca. «Ma ti ha dato di volta il cervello, quella volta che hai deciso di lasciare Akane per rimanere in Cina?! Tu non hai idea di quanto mi ci è voluto per tirarla su… dopo che tu l’hai abbandonata!»

Ranma si morse il labbro. «Sbagliate. Continuate a criticarmi, mentre in verità non sapete cos’è successo», sibilò, serrando le mani a pugno così forte da impiantarsi le unghie nei palmi. «Ora scusatemi, ma non ho altro da aggiungere.»

Detto questo, il codinato scansò Ryoga con una spallata e fece per dirigersi verso l’uscita del negozio. Begli amici… pensò, prima che Ukyo lo richiamasse un’altra volta. Aveva gli occhi stralunati, ma il suo sguardo era duro come la pietra.

«Ranma, se oserai far di nuovo del male ad Akane… Prometto che questa volta, verrò in capo al mondo pur di prenderti a spatolate.»

L’artista marziale sollevò un lato della bocca in un sorriso. «Va bene. Se le cose stanno così, non vedo l’ora.»
 
***
 
Quando Akane si svegliò, quella mattina, un dolore lancinante la colpì all’altezza del collo, facendola sussultare. Sarà per colpa di tutta la pioggia, che ho preso ieri…? pensò, massaggiandosi delicatamente il punto dolente. Fuori, un uccellino strillò, intonando una canzoncina così fastidiosa, che all’artista marziale venne voglia di strozzarlo. E questo mal di testa? Non dirmi che sono pure raffreddata! si disse, mentre uno starnuto le sfuggiva dalle labbra. Ah, che bel modo di iniziare la giornata!

«Buongiorno, Akane!» la salutò Shinnosuke, quando la piccola Tendo entrò in cucina con una vestaglia addosso.

«Buongiorno…» borbottò lei di malumore, osservando con la coda dell’occhio il suo ragazzo che rigirava una frittella sulla pentola. Era piuttosto buffo, Shin, con quella sua traversa da casalinga annoiata e i capelli spettinati, lasciati sciolti sulle spalle. «Questa mattina non lavori?»

Il giovane smise di canticchiare a bassa voce e spense il fornello, prima di pulirsi le mani sul grembiule. «No, oggi mi sono preso un giorno libero per andare a trovare il nonno», le disse, servendole la colazione su un piatto, «… e penso proprio che dovresti prendertelo anche tu! Hai una faccia…»

Colta alla sprovvista, Akane si portò le dita sul viso. «Che ha di strano la mia faccia?»

Shin si allungò verso di lei e le posò un bacio sulla fronte. «Hai le guance così rosse che si potrebbe cuocere un hamburger sopra! Per fortuna, sembra che tu non abbia la febbre… forse solo qualche linea, ma nulla di grave.»

L’artista marziale lo guardò con rinnovato interesse. «E dimmi, da quand’è che ti sei dato alla medicina?» gli chiese, prima di attirarlo verso di sé per sfiorargli teneramente le labbra con le proprie.

Shinnosuke distese la bocca in un sorriso ironico, ma non privo di allegria. «Da quando ho iniziato a frequentare gli ospedali con più assiduità per via della mia… malattia

Akane si rabbuiò un po’, scostandosi da lui. «Come ti senti ultimamente? Hai bisogno di un controllo?» gli domandò, preoccupata. Odiava vederlo stare male, anche perché, in cuor suo, si sentiva ancora responsabile di tutto quello che Shin aveva dovuto passare a causa delle sue continue amnesie. Se solo quella volta non l’avesse aiutata in quel bosco, rischiando la vita…

Il suo ragazzo sembrò notare il suo disagio e le diede un buffetto sulla guancia. «Non ti preoccupare, su», le sussurrò dolcemente. «Non è mica colpa tua! E, comunque, sto benissimo! A parte qualche sporadico calo di memoria, ma nulla di grave…»

La giovane annuì, annotandosi mentalmente di chiamare un dottore al più presto. Era ovvio che lui stesse mentendo, anche perché, se fosse stato davvero bene, non avrebbe di certo ricominciato ad attaccare post-it ovunque e… cosa più importante, non si sarebbe dimenticato l’anello a casa, quando le aveva chiesto di sposarlo.

«Comunque, tu, oggi, te ne stai a casa a riposare, caso chiuso!» le disse Shinnosuke, sedendosi di fronte a lei.

Akane prese un pezzo di frittata e se lo ficcò in bocca. Era un po’ bruciacchiata, ma il sapore non era poi così cattivo. «Non se ne parla proprio! Ho promesso ai miei allievi che oggi avrei insegnato loro un nuovo kata!» E poi, devo convincere Taniguchi-sensei che, in quel dojo, basto e avanzo solo io come insegnante! Non esiste che mi metta a lavorare fianco a fianco con… sospirò, Ranma, come se nulla fosse accaduto!

Shin la osservò in silenzio, tagliuzzando la sua colazione con le bacchette. «D’accordo… ma se ti senti male, fammi un fischio, okay?» esclamò, addentando anche lui un pezzo di omelette. La sua faccia si contorse in una smorfia disgustata. «Akane, potevi dirmelo che questa frittata fa schifo!»

La piccola Tendo si chiuse nelle spalle. «Sarà, ma a me non sembra poi così malaccio…»
 
***
 
«Ranma, tesoro, hai preso tutto quello che ti ho detto di comprare, vero?» gli chiese sua madre dall’altra stanza, quando il codinato rientrò in casa, sbattendo la porta. «Che sbadata, nella lista della spesa, non ti ho scritto di…» Nodoka si affacciò dalla cucina e, quando vide che le mani di suo figlio erano completamente vuote, la sua espressione serena si fece più cupa. «Non hai preso nulla, dico bene?»

Il giovane scosse la testa. Aveva ben altro a cui pensare… al diavolo la spesa! «Mi dispiace, mamma, mi è passato di mente…» si scusò, dirigendosi verso le scale.

La donna, però, lo richiamò nuovamente. «Tutto apposto?» gli domandò, apprensiva. Notando lo sguardo di sua madre, Ranma si addolcì un po’.

«Sì, non è nulla di cui tu debba preoccuparti! Giuro che sto bene!» la rassicurò lui, salendo i gradini a due a due. La verità era che non aveva nessuna voglia di parlarne: gli sembrava di avere un groviglio di serpenti nello stomaco e quel peso non lo faceva di certo stare meglio! Pareva che tutti si fossero coalizzati contro di lui: Kasumi, Ryoga, Ukyo… ma soprattutto, lei. Il viso ferito e arrabbiato di Akane non voleva abbandonare i suoi pensieri.

Il ragazzo entrò in camera e si accasciò a terra. Perché aveva lasciato che le cose andassero in quel verso? Eppure, al tempo, quella di rimanere in Cina e di sottostare agli ordini di Shan-pu gli era sembrata la scelta migliore, seppur forzata… e l’aveva fatto solo e unicamente per lei, dannazione! Perché voleva proteggerla e perché, dopo aver stretto il suo corpo freddo ed esanime tra le proprie braccia, non avrebbe permesso a nessuno di farle del male! E nonostante tutto, Akane lo odiava… e non pareva essere l’unica!

Ranma si prese la testa fra le mani e, in quel momento, il suo telefono squillò. Alzò gli occhi di scatto e lo afferrò, prima di vedere il nome sul display ‘Keiko Taniguchi’, quella vecchia, che non sapeva se inquadrare come impicciona o solamente troppo apprensiva.

«Pronto?»

«Ciao, Ranma… tutto bene?» gli rispose la voce gracchiante della sua datrice di lavoro, dall’altro capo del ricevitore. «Oggi avresti voglia di fare un salto in palestra? Akane ha promesso ai suoi allievi di insegnare loro un nuovo kata e mi piacerebbe che tu assistessi alla lezione.»

Il codinato si mordicchiò l’interno della guancia. Ad Akane non avrebbe di certo fatto piacere vederlo, lo sapeva già.

«Allora?» lo incalzò la sensei davanti al suo mutismo.

Ranma sospirò. «Se proprio insiste, allora ci sarò.»

«Perfetto, ti aspetto per le tre! Mi raccomando, non tardare!»

E detto questo, la donna riagganciò, senza permettergli di replicare oltre.
 
***
 
Akane si premette le mani sulla pancia: tutta colpa di quella cavolo di frittata che aveva mangiato per colazione! Ma con che razza di ingredienti l’aveva preparata Shin?! E poi, ad accompagnare il mal di stomaco, vi era quel dolore alla testa, che non voleva darle pace da quella mattina! Presto le sarebbe venuta una febbre da cavallo, ne era certa!
Fece forza su se stessa per reprimere quella nausea incalzante ed entrò nella palestra Taniguchi.

«Noto con piacere che sei in perfetto orario, oggi!» la salutò Keiko da dietro il bancone della reception, distendendo le labbra in un sorriso a trentadue denti. L’artista marziale sbuffò sonoramente, passando oltre: si sbagliava di grosso, se credeva davvero che l’arrabbiatura le fosse passata così facilmente! «Siamo di buon umore oggi, eh?»

Già, di ottimo umore! pensò Akane, aprendo la porta dello spogliatoio e… ritrovandosi di fronte Ranma in canottiera e pantaloncini.

«A-Ah», balbettò il suo ex ragazzo, facendosi da parte. «C-Ciao, Akane!»

La giovane lo guardò con occhi che sprizzavano scintille. Ma che diavolo ci faceva lui lì? Aveva deciso di lavorare al suo fianco, nonostante i precedenti che li univano?! Voleva, per caso, rovinarle sia il matrimonio sia la vita? Akane si portò una mano ai capelli e se li scompigliò nervosamente. «Cosa ci fai tu qui, Ranma?» chiese, senza troppe cerimonie.

Il codinato si irrigidì e si girò verso di lei. «Non sembra ovvio? Sto lavorando.»

«Tu che lavori in questa palestra, come se nulla fosse? Ma fammi un piacere!» sbraitò lei, scaraventando la sua borsa su una panca. Si stava comportando come una bambina, lo sapeva bene, ma era più forte di lei. L’idea di lavorare con lui le dava il voltastomaco.

Ranma piegò la bocca in una smorfia annoiata. «Se solo mi stessi ad ascoltare, piuttosto che sputare sentenze come una serpe velenosa…!»

«Serpe velenosa a chi?» ringhiò Akane, puntellandosi i fianchi con le mani.

«A te, brutto maschiaccio senza sex appeal!» le rispose lui a tono, al ché lei si avvicinò e si preparò a tirargli un ceffone.

«Esci subito da qui, idiota che non sei altro!»

«Altrimenti?», la provocò il codinato, inarcando un sopracciglio.

 «Altrimenti ti rispedisco in Cina a calci sul fondoschiena!» esclamò la piccola Tendo, spingendolo fuori dallo spogliatoio e chiudendogli la porta in faccia.

Ma perché Ranma aveva il potere di farla arrabbiare tanto? E poi, come si permetteva a giudicarla in quel modo? Serpe velenosa, a lei?! Maschiaccio privo di sex appeal?! Com’era possibile che in sei anni non fosse cambiato affatto? Sbuffò, afferrando il suo karate-gi. Quella discussione le aveva messo una gran voglia di prendere a botte qualcuno. Chissà, magari grazie alla lezione di quel giorno, sarebbe riuscita a calmarsi una volta per tutte…
 
***
 
Ranma si soffermò ad osservare la porta chiusa, ricacciando indietro l’impulso di prenderla a calci. Quella stupida! Ma che diavolo le era preso? Capiva che era arrabbiata con lui, ma arrivare a comportarsi anche da bambina… Strinse i pugni e girò sui tacchi, incontrando subito lo sguardo eloquente della Signora Taniguchi. Prova a parlarle, vedrai che le cose tra voi due si sistemeranno, prima o poi, le aveva detto la sera precedente, infondendogli un po’ di coraggio.

«Parlare con quella?» esclamò, indicando lo spogliatoio. «Non ci penso nemmeno! Che se ne stia chiusa in quella maledetta stanza, lei e il suo dannatissimo orgoglio!»

Keiko rise. «Dai tempo al tempo, ragazzo», si limitò a dire, infilandosi una sigaretta tra le labbra. «Comunque, stanno arrivando i primi allievi… hai voglia di venire con me nel budou, così te li presento?»

Ranma si lasciò sfuggire un sospiro. «D’accordo», mormorò, seguendo la sensei verso la palestra.
 
***
 
«Allora, ragazzi, vorrei presentarvi il vostro nuovo insegnante, Ranma Saotome», iniziò Keiko, dopo che anche l’ultimo allievo fu entrato nel luogo degli allenamenti. «È stato in Cina e, stando a quanto mi hanno raccontato, conosce diverse tecniche marziali. Cercate di andare d’accordo con lui, va bene?»

«Sì!» risposero in coro i ragazzini, pendendo dalle labbra del loro nuovo maestro.

Akane storse la bocca: cos’aveva quell’imbecille di tanto interessante da meritarsi di essere visto come un esempio da seguire? E poi, l’essere stato in Cina non lo rendeva di certo migliore, anzi, lei non ci trovava nulla di straordinario. Incrociò le braccia sotto il seno, cercando di sbollire la rabbia che aveva accumulato nelle ultime ventiquattro ore… forse era anche la febbre a darle alla testa e a farla innervosire tanto! Si maledisse mentalmente, mordendosi l’interno della guancia. Mai una volta che do ascolto ai consigli di Shin!

«… Akane, ci stai ascoltando?» le chiese improvvisamente la Signora Taniguchi, mettendosi al suo fianco e posandole una mano sulla spalla.

La piccola Tendo si riscosse dai suoi pensieri e lanciò uno sguardo stupito alla sensei. «Eh?» domandò.

«Ho chiesto se ti andrebbe di mostrarci le tue tecniche di combattimento in un amichevole con Ranma», esclamò la donna e dal suo tono di voce, l’artista marziale riuscì a cogliere una certa malizia. Che diavolo aveva in mente?

E il kata che dovevo insegnare loro quest’oggi? E poi, perché devo combattere con questo qui?! avrebbe voluto dirle, ma il suo orgoglio le sussurrò che quella non sarebbe stata la risposta giusta. Non poteva mostrarsi così… debole di fronte ai suoi allievi. «Va bene, ma la avverto: non ci andrò piano, solamente perché un gruppo di ragazzini mi sta guardando.»

«Era proprio quello che volevo sentirti dire», esclamò Keiko, prima di abbozzare un sorriso, cui Akane rispose con un’ennesima smorfia. Quella donna era troppo impicciona, questo era certo!

La ragazza fece vagare lo sguardo tra i presenti e intercettò quello di Ranma, che la stava fissando con una sorta di ghigno sulle labbra. «Dunque, vogliamo iniziare?» le domandò lui, parandosi di fronte a lei e mimando un inchino con la schiena.

La piccola Tendo corrugò la fronte. Mi sta prendendo in giro o fa sul serio? si chiese, chinandosi a sua volta.

«Sappi che nemmeno io ci andrò piano solo perché si tratta di te», le sussurrò il codinato, gelido, provocandole un brivido di freddo lungo tutta la schiena. Senza pensarci oltre, l’artista marziale si mise in posizione e cominciò ad attaccare con un pugno, che Ranma schivò prontamente, compiendo un piccolo salto verso l’alto.

Akane strinse le labbra e provò a colpirlo con un calcio ma, ancora una volta, il suo piede fendette l’aria, picchiando a vuoto.

Che diavolo… questo idiota si sta prendendo gioco di me… «Forza, attacca anche tu, se ne hai il coraggio!» urlò… ottenendo solo un sorriso divertito da parte di quell’imbecille.

«Non ti ricorda un po’ la prima volta in cui abbiamo combattuto insieme, Akane?» le chiese lui, evitando un ennesimo pugno da parte della giovane.

«Taci!» ringhiò lei con una furia sempre crescente, per poi prendere una piccola rincorsa e partire di nuovo all’attacco. «Preparati, perché questa volta ti manderò a gambe all’aria!» esclamò, caricando un cazzotto talmente forte che, ne era sicura, sarebbe stato difficile da scansare anche per Ranma.

Il suo ex fidanzato, però, parve anticipare nuovamente la sua mossa e schivò con un salto e una piroetta, ponendosi alle sua spalle. «Debole come sempre, vedo», la canzonò, quando lei si girò per guardarlo in cagnesco.

«Tu… la vuoi smettere di prendermi in giro?!» urlò la piccola Tendo, al limite dell’esasperazione.

Ranma incrociò le mani dietro la testa. Si era forse dimenticato che stavano combattendo? «Oh, d’accordo… mi dispiace.»

Akane contò fino a dieci, ma non riuscì a reprimere la rabbia. «È la stessa cosa che hai pensato quando mi hai lasciata a pochi giorni dal nostro matrimonio?» sputò fuori con voce incrinata, attaccando il codinato con un ennesimo calcio… e questa volta, il suo colpo non andò a vuoto.

Il ragazzo, infatti, la guardò spaesato e cadde a terra, picchiando il fondoschiena sul tatami. «Eh?» fece in tempo a chiedere, prima di venire interrotto dalla Signora Taniguchi.

«Basta così, dichiaro concluso questo amichevole. Vi siete forse dimenticati i principi del karate?» domandò a entrambi, puntellandosi i fianchi con le mani. «Specialmente, tu, Ranma. Dovresti sapere che la disattenzione è causa di disgrazia in questa disciplina.»

Stupido… pensò Akane, ascoltando in silenzio la sfuriata della sensei. Si asciugò il sudore con la manica del karate-gi e respirò forte per riacquistare il fiato perduto. Bel combattimento… ma ora mi sento più debole… Forse è meglio se me ne vado a casa a riposare… si disse, per poi girare sui tacchi e dirigersi verso l’uscita del budou.

«Akane, aspettami!» provò a chiamarla il codinato, ma le sue urla vennero subito interrotte da un guaito di dolore, quando Keiko lo afferrò per un orecchio.  
 
***
 
«Per tutti i Kami, Akane, ti ho detto di aspettarmi!» gridò Ranma, seguendo la sua ex fidanzata fuori dal dojo. Quella ragazza era orgogliosa, incorreggibile e… stupida! Gli dava proprio sui nervi! Possibile che, nonostante fossero passati sei anni, il suo caratteraccio non fosse cambiato di una virgola?! Stupida e per niente carina, ecco che cos’era!

Il codinato roteò gli occhi al cielo e si preparò a insultarla con qualche insolenza, quando lei si bloccò e si girò di scatto. «La vuoi smettere di seguirmi?! Mi da fastidio!» sbottò la sua ex ragazza, incenerendolo con lo sguardo.

Ranma inspirò profondamente ed espirò. «Se solo mi lasciassi spiegare…» esclamò, cercando di imporre un tono riconciliante alla sua voce. Che diamine, da  quando ci siamo ritrovati, non abbiamo fatto altro se non litigare!

Akane alzò un sopracciglio. «Spiegare?» chiese con rabbia, puntandogli un dito sul petto. «Tu non mi devi alcuna spiegazione. Hai fatto la tua scelta, no? Ormai è troppo tardi per tornare sui tuoi passi, idiota che non sei altro!»

Il giovane sbuffò e si chiuse nelle spalle. «È vero… ti ho lasciata in modo brusco, ma ho avuto le mie ragioni. Non l’ho fatto con l’intenzione di farti soffrire, dico davvero…» mormorò, facendo un passo verso di lei e allungando una mano per carezzarle una guancia... mano che lasciò cadere, quando una voce, alle loro spalle, li interruppe.

«Eccoti qui, Akane!»

Ranma si allontanò velocemente da lei e si diede del cretino. Che cavolo mi è preso? Cosa stavo facendo? pensò, prima di focalizzarsi sul nuovo arrivato. Era un ragazzo alto, magrolino e con un fisico simile a quello di un fuscello… così snello che al codinato parve strano che un colpo di vento non l’avesse già spazzato via. I lunghi capelli castani del tipo erano legati in un buffo codino dietro la testa; mentre gli occhi, di un azzurro intenso e dalla forma magnetica, lo stavano fissando con aria curiosa. L’artista marziale non seppe dirsi dove lo avesse già visto, ma quel giovane gli parve tutt’altro che estraneo.

«Shin! Che ci fai tu qui?» urlò Akane, correndogli incontro, e a Ranma sembrò che qualcuno gli avesse rovesciato addosso un secchio colmo di acqua gelata. Shin? Shinnosuke? Quel Shinnosuke? Quell’imbecille che gli aveva quasi portato via Akane e per il quale lei aveva rischiato la vita?

Shin sorrise amorevolmente e cinse i fianchi della piccola Tendo, scatenando nel codinato una familiare gelosia che non aveva provato per tanto tempo. «Ero preoccupato perché stamattina non sembravi in forma… così ho deciso di venirti a prendere! A proposito, chi è lui, Akane?» chiese, indicando Ranma con un cenno della testa.

La ragazza sembrò irrigidirsi sul posto. «Ah, lui è… solo un nuovo collega di lavoro…» divagò.

Bugiarda, io non sono solo un collega di lavoro! Io sono…

Il nuovo arrivato allungò una mano e la porse all’artista marziale, che la guardò incerto. «In questo caso, piacere di fare la tua conoscenza. Sono Shinnosuke, il fidanzato di Akane.»

Fidanzato…? A Ranma mancò improvvisamente il fiato. Si allontanò da entrambi e distese le labbra in un sorriso di cortesia. «Io sono Ranma… e ora devo andare», esclamò, soffocando il tremolio nella sua voce.

Stupido che non sei altro! si disse subito dopo, ricacciando indietro il magone. Perché hai creduto che il suo cuore ti appartenesse ancora? Come hai potuto illuderti così? Come hai potuto, dannazione?! 

 
  
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