S |
ansa grida, ma
nessun suono lascia le
sue labbra. Il suo corpo vibra come le corde di un’arpa, i
suoi occhi urlano di
terrore. Anche se li chiude continua a vedere il corpo senza vita di
Loras, i
suoi capelli castani che ondeggiano nel vento.
Sansa guarda Loras e Loras guarda in
alto, lo sguardo puntato verso un cielo cupo che non può
più vedere.
Frocio.
Una parola impressa sul muro. Una
ciocca si scosta dal viso del ragazzo, e lei lo vede: una parola
impressa sulla
sua fronte.
Sandor beve dalla bottiglia, il
liquido gli cola giù per la gola. Margaery grida, ha perso
la ragione.
«Andiamo.»
La mano di
Clegane scivola fino al
suo polso, trascinandola dietro di lui.
Cercare di liberarsi è inutile.
Eppure Sansa fa un tentativo, poi un altro. Il negozio di liquori
è sempre più
vicino.
«No…
Per favore…»
Gli occhi
chiamano aiuto. Chiunque… qualcuno
intervenga, per favore…
Scorge una coda nera, il suo profilo
mentre attraversa la strada. Jon.
«Jon!» grida, ritrovando la voce.
Sandor aumenta la presa intorno al
suo polso, fino a farle male.
«Jon!
Jon, ti prego!»
Lui non
risponde. Non la sente
nemmeno.
Cammina deciso verso il negozio di
Petyr Baelish, come se il paese intorno a lui non fosse impazzito. Come
se
fosse tutto normale.
“Dimmi
chi è stato e avrai quel favore.”
L’insegna
del negozio di liquori
pende inclinata sopra le loro teste. La vetrina è distrutta.
Sandor non si spreca a inforcare la
porta: spinge Sansa sui vetri ed entra dopo di lei.
«Basta…»
Sansa piange, osserva i
palmi delle mani insanguinati. Ha paura. Ha dolore. Ha il terrore di
sentirne
altro. Di vedere altro sangue. Di essere violata.
Gli scaffali
sono vuoti, a parte le
macchie di bagnato e i cristalli rotti. L’odore di alcol
è così forte – così
come quello di fiammiferi accesi – che Sansa teme un
incendio. Un altro, oltre
a quello scoppiato ai confini del paese.
La sua pelle
brucia, lì dove si è
tagliata, lì dove Sandor l’ha stretta. La sua
mente va a fuoco, annebbiata dai
fumi alcolici, da quell’odore intenso di cerini.
D’istinto si guarda intorno cercando
una fiamma, senza trovarla.
Clegane beve un
altro sorso – come se
la bottiglia non finisse mai – si asciuga la bocca con la
mano. Persino le sue
scarpe sono sporche di vino… ma è nel suo sguardo
che Sansa riconosce
l’ubriachezza.
Non
è in sé.
Prende un
respiro profondo e chiude
gli occhi. Cosa vuoi farmi,
potrebbe
chiedere. Lasciami andare, non lo
dirò a
nessuno.
Quando li riapre, Sandor è sempre a
tre passi da lei. Ha le mani lungo i fianchi, ma i suoi occhi la stanno
spogliando, l’hanno già buttata a terra, stanno
abusando di lei.
“Dimmi
quel nome e avrai quel favore.”
Sarebbe davvero
capace di farlo?
“Sandor
Clegane.”
I piedi di lui
restano inchiodati
dove sono, ma le dita corrono alla cintola. Sansa vorrebbe urlare.
Dovrebbe salvarla, non aggredirla…
dovrebbe essere lui a entrare da quella vetrata distrutta e a portarla
fuori da
lì.
“Cosa
vuoi che faccia?”
Anche lei porta
una mano ai pantaloni.
La infila in tasca. Rivede gli occhi di Petyr, il suo sorriso che si
ferma alle
labbra.
“Tieni.”
Sansa lo estrae lentamente dalla
tasca, lo lascia scivolare nel palmo ferito. La sua pelle brucia
più che mai.
«Cos’hai
lì, ragazzina?»
Lei trema,
deglutisce e sorride.
Capovolge la mano, schiude le dita come il più bel fiore.
La scatolina più piccola del mondo è
come un topo per un elefante. Gli occhi di Sandor si spalancano.
«Ferma.»
Sansa la apre,
stacca un fiammifero e
lo accende. Poi lo lascia cadere.
I |
l negozio
è intatto. Sulla porta a
vetri non c’è nemmeno un graffio.
Jon entra facendo suonare il
campanellino. L’odore di zolfo è così
forte da trapanargli il cervello. «C’è
qualcuno?»
Fuori, i suoni del paese – di caos e
violenza –– sembrano essersi attutiti.
Scosta la tenda e si affaccia alla
vetrina. La libreria è chiusa. La gente corre per le strade,
ma è come se
qualcuno avesse messo il muto al televisore.
«Benvenuto.»
Jon si volta di
scatto, trovandosi
faccia a faccia con l’uomo di cui tutti parlano.
“Ha
tutto ciò che desidero”, è
l’ultima frase del giorno.
«Cosa
posso fare per te?»
Jon Snow ci
pensa. Abbassa lo sguardo
e lo rialza. «Il paese è nel caos.»
«Il
caos è una scala» dice. Stringe
gli occhi e continua a sorridere. «Che cosa
desideri?»
«Che
tutto questo finisca.» Fa un
passo avanti. «Che tu te ne vada.»
Petyr tira indietro la testa,
stupito. «Così presto? Sono appena
arrivato.»
«Ed
è ora che tu riparta. Tu e i tuoi
gi…»
Un’esplosione.
Jon si ritrova
impietrito davanti alla vetrina. Il negozio di liquori sta andando a
fuoco.
«Sei
stato tu» sussurra. «Prima era
solo fumo lontano, ora anche il paese sta bruciando.»
«Io non mi sono mosso da qui. A parte
quando ho portato dei bulbi a tua sorella…»
Sansa.
Il
giardino distrutto.
Jon lo afferra per il collo. «Sta’
lontano da mia sorella.»
«Non
posso» risponde. Per la prima
volta smette di sorridere. «Sandor Clegane l’ha
trascinata nel negozio di
liquori.»
Il calore lascia
il suo viso. La
rabbia scompare di colpo.
Jon sbianca e corre fuori, dove l’odore di zolfo è
meno forte, dove il volume si è rialzato di colpo.
«Puoi
ancora salvarla.»
Il mormorio alle
sue spalle gli
risuona in testa. Si colpisce le tempie e torna indietro.
«Come?»
Un luccichio negli occhi. Petyr
sembra felice della sua decisione.
Inclina la testa ed è come se il
paese intero si fosse capovolto. Jon sente la terra tremare sotto i
piedi.
«Sansa
potrebbe uscire dal retro in
qualunque momento… devi solo farmi un
favore…»
In quel momento
capisce tutto. Sa
perché le strade puzzino di zolfo, perché la
gente sia impazzita.
Conosce
l’identità dell’uomo che ha di fronte.
«La
rivuoi?»
Jon annuisce
piano, lentamente, dando
tempo all’altro di gustare la sua risposta.
La rivuole, ma non per sé, non per
un suo capriccio o per semplice affetto.
«Voglio
che Sansa viva.»
Ora gli occhi di
Petyr sono due
magneti gialli. Dev’essere la luce del giorno, il bagliore
del fuoco.
Perché
quella mattina erano verdi, Jon potrebbe giurarlo.
«Cosa
sei disposto a fare per
rivederla?»
Non
mi interessa rivederla, pensa Jon. Voglio solo che viva.
«Qualunque
cosa.»
I |
l fuoco si
arrampica sulla sua gamba
bagnata di vino, facendolo urlare.
Lascia cadere la bottiglia e si copre
il volto con le mani. A occhi chiusi si lancia verso quella che
dovrebbe essere
la strada.
Ma il suo corpo è in fiamme, i suoi
abiti bruciano e la sua mente esplode.
Sansa Stark è ancora dentro. Sandor
non sa che fine abbia fatto. Striscia sulla via, rotola su
sé stesso cercando
di spegnere il fuoco. È solo dolore. È solo
paura. La sua più grande, immensa
paura.
«Clegane!»
Jon Snow, il
fratello bastardo di
Sansa Stark, lo aiuta a estinguere le fiamme. Sandor sente la pelle
scottare
sotto i vestiti, toglie gli stivali carbonizzati e resta a terra. Jon
Snow è su
di lui.
«Cos’hai
fatto a mia sorella?»
Una mossa, come
scrollarsi di dosso
un po’ di polvere, e Jon è steso al suo fianco.
Sandor si rimette in piedi,
colpendolo con un calcio.
«Avrei
dovuto prenderla in mezzo alla
strada, invece di trascinarla qui… Ora avrei un bel ricordo
a cui pensare.»
«L’hai
bruciata viva!»
«No!
È stata lei a bruciare tutto con
quei suoi stramaledetti cerini!» Indica il negozio
“Ditocorto” prima di
afferrare Jon e lanciarlo dall’altra parte della strada.
«La tua bella sorella…
voleva uccidermi, quella cagna!»
Cozzano uno
contro l’altro, ma Jon è
più debole… è così facile
avere la meglio su di lui. Poi Sandor lo vede
estrarre un coltello.
Non ha paura delle lame. L’acciaio è
freddo, non brucia come il fuoco, non può incenerire la sua
carne.
«Avrei
dovuto lasciarti bruciare…»
mormora Jon Snow, il dorso della mano sulle labbra. «Ora
riavrei mia sorella.»
È un
istante. Sandor Clegane scorge
l’etichetta del negozio attaccata al coltello, e capisce.
Da quello scontro non sopravvivrà.
Non può sopravvivere.
Ma almeno porterà il bastardo con sé
all’inferno.
«Cos’ha
di speciale?» chiede,
l’attimo prima della tempesta. Quando l’aria
diventa elettrica e il mare si
prepara a implodere. «Il tuo coltello. Avvelena? Uccide al
primo colpo?»
Jon Snow sembra
rattristarsi, come se
non fosse ciò che vuole fare, ma ciò che deve.
«Brucia
ciò che tocca.»
E
l’attimo dopo sono uno sull’altro.
“ |
Apri
gli occhi.”
Una voce risuona nella sua mente. Un
suono che ha già sentito. Sansa Stark ha già
fatto quel sogno, quello in cui
non vede nulla. Sente solo quella frase, ripetuta e ripetuta. Si sforza
di
tenerli aperti, si sforza di mettere a fuoco, ma
c’è solo buio.
«Apri gli occhi.»
Stavolta la voce è reale. Quando
solleva le palpebre è avvolta dalle fiamme. Non
c’è nessuno con lei.
Il calore si fa intenso, come se
prima non fosse stata in grado di percepirlo. Ha solo paura.
«Voltati
e raggiungi la porta sul
retro.»
Sansa obbedisce. Gira su sé stessa,
quasi non si accorge di essere ignorata dal fuoco.
Non
sto bruciando. Dev’essere un sogno.
Incespica nei
vetri rotti senza
tagliarsi. Poi la vede: l’uscita è vicina, proprio
davanti ai suoi occhi. Deve
solo afferrare il pomello e ruotarlo.
Le fiamme non la toccano, eppure,
quando Sansa appoggia la mano sull’impugnatura della porta,
la sua pelle arde
come un fiammifero. Grida, grida e spinge, grida e ruota la maniglia,
lanciandosi fuori.
Il suo palmo è rosso, pulsante, e ha
incise le iniziali di chi ha fabbricato la porta: P. B.
«No…»
Piange, si afferra il polso e
osserva la mano.
Il paese
è caos, pazzia, violenza.
Fuochi che divampano ovunque. Il cielo è diventato solo una
nube nera di fumo.
Che
è successo qui…?
«Sansa.»
La voce del sogno. «Vieni
con me. Dobbiamo lasciare questo posto.»
Sansa cammina
per la via, aggira un
palazzo e si ritrova davanti all’unico negozio ancora
intatto: “Ditocorto.”
Entra, ha bisogno di un rifugio.
«Sansa.»
Petyr Baelish la sta
studiando. «Andiamo. Vieni.»
Le porge la
mano. Un gesto
insignificante… eppure Sansa lo vede per quello che
è. Il paese è nel caos, la
gente è impazzita, la sua famiglia probabilmente morta.
Il suo giardino non c’è più.
«Sei…
sei stato tu.»
Non è
una domanda. Petyr lo sa.
Sorride.
«Cosa
vuoi?» Sansa inclina la testa.
Solo un pazzo si fiderebbe di quell’uomo.
Glielo legge
negli occhi. L’odore di
fiammiferi non è più così fastidioso.
È quasi piacevole. Ora sa cosa vuole,
sente quella risposta nascere dentro di sé e,
istintivamente, porta le dita
sopra il ventre.
Sansa allunga la mano, stringe la sua.
Annuisce e lo segue fuori.
In mezzo alla strada, più avanti, i
suoi occhi si posano sui corpi senza vita di Sandor e Jon.
«Stai
bene?»
Lei non
risponde. Dopo aver perso il
suo giardino – i suoi fiori – è pronta a
perdere ogni cosa.
Fa un cenno di assenso e si aggrappa
a Petyr. Non ha più niente da desiderare, niente da chiedere.
Va con lui.
Note
dell’autrice:
La
tentazione di trasformare questa
storia in una long è forte.
I personaggi mi sono sembrati
perfetti per questo ruolo – tutti, persino quella
santarellina di Sansa! –
specie il mio am… (ehm, amico, la parola che cerco
è amico!) Petyr Baelish.
Jon, cavaliere senza macchia e senza
paura, mi è sembrato adeguato per la parte. Il Diavolo
sarebbe disposto a tutto
pur di avere la sua anima!
Ci sono tre cose che non ho detto, ma
che si dovrebbero intuire: i due favori di Sansa (quello della prima
parte e
quello della seconda), il favore di Jon… e ciò
che Petyr vuole. Se non dovesse
essere chiaro, sono prontissima a rispondere a qualunque domanda.
Fatemi sapere cosa ne pensate… Grazie
a chi leggerà!
Celtica