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Autore: Jeo 95    02/11/2017    0 recensioni
[Saga del Filo Rosso; Storia 1- Destino Maledetto]
***
La leggenda del Filo Rosso del Destino è una romantica leggenda che racconta di come al mondo, per ogni persona, ve ne sia una predestinata, la cosiddetta Anima Gemella.
Eppure non è l'unico Destino che il Filo Rosso può creare. Ve ne è uno più cupo, crudele, che da secoli colpisce determinate persone, accomunate tutte da particolare accessori.
Lo sanno bene Tikki e gli altri Kwamii, o almeno dovrebbero, poichè quello stesso destino sta per bussare alla porta dei loro Prescelti, ancora una volta.
Memorie perdute, passati remoti, mentre le vecchie e le nuove generazioni di Eroi si incontrano, Marinette dovrà trovare il modo di sfuggire ad un fato che non desidera.
Perchè lei è Ladybug, ed il suo destino è scritto col sangue.
***
Spero che vi incuriosisca almeno un po? :3 non so quante saghe saranno, dipenderà dall'audience xD
Bacioni e ringraziamenti a chiunque mi seguirà
Jeo 95 =3 (o ArhiShay)
p.s. La storia verrà aggiornata ogni Mercoledì u.u
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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N.d.A- ... io onestamente non ho neanche più le forze di trovare scuse xD ormai dovreste essere abituati, purtroppo nonostante tutte le mie belle parole faccio fatichissima a star dietro a tutto xD 
Anyway capitolo ricco stavolta, spero vi possa piacere u.u
Bacione a tutti e alla prossima!

Jeo 95 =3 (o ArhiShay)

 

p.s. mi trovate anche su

Writer's Wing 

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Fil Rouge


Livre 1

~ Destin Maudit~

  

Volando tra un tetto e l'altro dell'illuminata capitale francese, Ladybug continuava a ripensare ai racconti del maestro Fu, sulle cose che aveva visto, le azioni che aveva compiuto, dei compagni che aveva perduto.

Fu aveva vissuto due, forse tre, generazioni di portatori, e lui era l'unico che ancora conservasse la memoria delle avventure che avevano vissuto. In molti casi, specialmente quello della prima generazione a cui era appartenuto, dei portatori non restava null'altro che un ricordo.

«Il Miraculous della tartaruga è vita e conoscenza.» le aveva spiegato.«Ma è anche solitudine e sofferenza. Non tutti sono in grado di sopportarla.»

Il Kwami della tartaruga poteva allungare la vita, donare conoscenza e saggezza a chi ne fosse il portatore, con la triste conseguenza che, presto o tardi, i propri cari avrebbero lasciato solo il possessore del gioiello, costretto a vagare tra le epoche senza le persone a lui care.

E se anche qualcuno fosse rimasto, una volta lasciato il Miraculous, ogni ricordo ad esso legato si sarebbe distorto, pian piano cancellato dalle menti di coloro che un tempo ne erano stati i portatori. E toccava proprio a Fu e Wayzz l'ingrato compito.

Un triste destino, pensò Ladybug, raggiungendo la Tour Eiffel e fermandosi ad osservare la sua bella città con un peso soffocante sullo stomaco, un fato che nessun altro al posto loro sarebbe stato in grado di sostenere. Lei no di certo.

Era bellissima Parigi di notte, illuminata dalle luci dei negozi e delle strade, che quella sera avrebbero animato la città fino a tarda notte. Una serata tranquilla come lo erano state le ultime tre, e sperò che quel periodo di pace durasse quanto più possibile.

«Bonsoir my Lady.» s'irrigidì appena quando la voce di Chat Noir le arrivò come un soffio alle orecchie, ma cercò di mantenere la sua apparente professionalità.

“Ricorda, per te esiste solo Adrien! Adrien!” fu il mantra che si promise di non dimenticare.

«Cosa fai qui Chat Noir? Non è il mio turno stasera?» gli sorrise, perché dopotutto i dubbi che l'assillavano non erano colpa sua. Non volontariamente certo, ma anche quel gattaccio nero si stava rivelando un pericolo alla sua sanità mentale.

Come se già la situazione non fosse complicata abbastanza, doveva proprio diventare così attraente ogni giorno di più?! Perchè non poteva restare il solito micio pasticcione con un problema di egocentrismo?!

Chat Noir scosse le spalle, sedendosi al suo fianco e ciondolando le gambe sul vuoto. Probabilmente senza addosso il costume avrebbe avuto paura, ma nelle vesti di eroe non c'era nulla di meglio che ammirare Parigi dall'alto della sua torre più famosa.

«Ah, nulla di che my lady, sai come sono i gatti no? Sempre in giro a combinare gattastrofi.» rise, ma c'era qualcosa nella sua risata che non convinse per nulla Ladybug. Preferì però non indagare.

Chat Noir le si sedette accanto, ammirando più che la vista spettacolare sulla città il profilo della sua Lady, l'unica cosa davvero in grado di mozzargli il fiato. Era davvero bellissima, ed in quel momento avrebbe donato una qualsiasi delle sue nove vite per sapere chi si nascondeva dietro quella maschera.

Ladybug non lo guardava, non diceva nulla, semplicemente se ne stava ferma a fissare Parigi, persa in pensieri di cui Chat Noir non sapeva nulla. Avrebbe voluto confortarla, esserle d'aiuto, ma non sapeva davvero come fare.

Quando una leggera pressione alla spalla lo colpì, l'eroe si pietrificò sul posto, gelato, emozionato, mentre il capo della sua dolce Lady poggiava comodo su di lui. Se esisteva davvero una qualche divinità nell'universo, Chat Noir la stava silenziosamente ringraziando decine e decine di volte.

Era tutto così tremendamente... romantico e suggestivo! Loro due soli, seduti al terzo piano della torre, con le luci della città a rischiarare loro la via. Istintivamente e, forse, per speranza, Chat poggiò a sua volta il capo su quello della sua lady e non si mosse, forse terrorizzato dall'idea che anche il minimo movimento potesse spingerla ad alzarsi ed interrompere così quel magico momento.

«Tra poco non saremo più solo noi due... è un po' triste devo dire.»

La guardò storto, confuso, poi le guance gli si infiammarono. Non voleva dire... no, era impossibile. Aveva soltanto 14, quasi 15, anni! Lui non poteva... però le parole di Ladybug... ma non si erano mai nemmeno baciati!

«M-My Lady... n-non vorrai dire...»

Un biglietto gli sventolò sotto al naso, nel momento in cui lo prese tra le dita Ladybug si alzò, armandosi del suo fidato yo-yo, pronta a lanciarsi di nuovo tra i cieli di Parigi.

Chat Noir guardò il foglio di carta che stringeva tra le mani. In corsivo, con una calligrafia elegante e pulita che gli sembrava vagamente famigliare, c'era scritto un indirizzo che non conosceva.

«Vai da quella persona. Avrai tutte le risposte che cerchi.» lanciò lo yo-yo, che con precisione si arrotolò ad una sporgenza decorativa non troppo sotto di loro.«Buonanotte mon minou.» e con uno slancio, l'eroina sparì nelle tenebre.

Chat Noir la seguì con lo sguardo fin quando la figura della sua lady non sparì tra tenebre talmente profonde che nemmeno il suo sguardo felino potevano esplorare. Guardò ancora il biglietto, poi di nuovo il nulla in cui Ladybug era sparita, ancora nella mente le parole di lei.

“Tra poco non saremo più solo noi due.”

Parole strane, quasi tristi e che per lui non avevano alcun chiaro significato, un mistero che da solo non avrebbe mai saputo risolvere.

L'unico modo per avere delle risposte, era recarsi dove la sua lady l'aveva mandato, fiducioso ed ora anche un po' curioso.

 

***

 

«E poi, Chat Noir mi ha presa al volo come una principessa!»

Quando Ameliè parlava di cucina, della sua passione di mettersi ai fornelli e del suo sogno di diventare una chef stellata, gli occhi le si illuminavano come diamanti. La timidezza sembrava sparire, sostituita dalla voglia impellente di condividere con qualcuno le sue emozioni.

Da due settimane a quella parte, Lila aveva notato che la cucina non era più l'unico argomento in grado di scacciare la timidezza di Ameliè. Quando descriveva l'esatto momento in cui Chat Noir l'aveva salvata, un leggero rossore le imporporava le guance, ed inconsciamente iniziava a straparlare di lui, di quanto fosse bello, di quanto fosse coraggioso e leale. Tutto questo, a Lila, faceva venire soltanto il voltastomaco.

Non era tipo da smancerie, era più propensa alla passione lei, ancor di meno se i protagonisti di tale argomento erano Ladybug e Chat Noir. Nonostante tutto, ancora non era riuscita a perdonarli per ciò che era accaduto mesi addietro... o forse non riusciva a perdonare sé stesso per quanto aveva fatto.

«Certo che quando parla del micione, la ragazza ha la lingua lunga, neh?»

Lila s'irrigidì, prestando la minima attenzione ai discorsi trasognati di Ameliè e lanciando un'occhiataccia all'interno della propria borsa, dove una piccola volpe dai furbi occhioni color miele osservava divertita la sua nuova portatrice.

«Fa silenzio, potrebbe sentirti!» sussurrò Lila, vagamente alterata.

Veeke ghignò, agitando la folta codina con movimenti che alla sua partner umana risultavano provocatori e stizziti.

«Come se potesse, è troppo impegnata a fantasticare sul suo bell'eroe in calzamaglia nera. Oh be, per lo meno ha un bel primo piano del suo fondo schiena.»

Lila sospirò, richiudendo la borsa ed ignorando il Kwami al suo interno. Perché non l'aveva lasciato a casa, ancora non lo capiva.

Sorseggiò con nervosismo il suo adorato frappuccino al caramello, mentre il profumo del Thai Siam affianco le inondava le narici, ricordandole che non mancava poi molto all'ora di pranzo. Ponderò di chiedere ad Ameliè di pranzare assieme, magari proprio nel ristorante affianco, o magari in qualche locale italiano nel quale avrebbero potuto parlare di cucina assieme. Non era un asso, ma almeno quella del proprio paese la conosceva abbastanza.

Mentre beveva, lo sguardo le cadde d'istinto sulla collana, così simile al falso che aveva trovato in casa per caso, e se lo rigirò tra le dita per qualche secondo, ripensando al momento in cui aveva deciso di indossarlo.


 

Non c'era un solo muscolo del suo corpo convinto di star facendo la scelta giusta. Un'insistente vocina nella testa gridava di fermarsi, che se avesse aperto la scatola, tutto sarebbe finito per sempre, addio riposo, addio giorni di pace, addio tutto.

Eppure Lila non si lasciò fermare da niente di tutto questo. Dopo che Ameliè le aveva raccontato dell'Akuma che l'aveva attaccata, la giovane aveva preso una decisione difficile e sofferta, ma che valeva la pena affrontare per tenere la sua amica al sicuro.

Essere la gemella di Chloè Bourgeois non doveva essere facile, ancor meno se la presunta sorella era la causa della maggior parte di akumatizzati girovaghi per Parigi. E se hai la stessa faccia della persona più insopportabile della città, i guai sono sempre dietro l'angolo.

Non lo stava facendo per Fu, né per Ladybug o per chiunque altro. Lo stava facendo per Ameliè, lei soltanto, per l'unica ragione che poteva spingerla a combattere.

«Coraggio Lila, è solo una scatola!» e dandosi coraggio finalmente l'aveva aperta.

C'era una collana molto simile alla copia da lei trovata per impressionare Adrien, soltanto che questa, ragionò Lila, doveva essere l'originale, l'oggetto dotato di poteri che aveva visto in quel maledetto libro.

Indossandolo, si era poi guardata allo specchio e... niente. Nulla di nulla, era rimasto tutto perfettamente e noiosamente uguale.

«Prova un po' a guardarti attorno tesoro, neh?»

Per poco, Lila non urlò. Svolazzando ad un metro da terra, agitando una lunga coda pelosa, davanti a lei la stava fissando un... un... che diavolo era quello? Senza dargli tempo di prepararsi, Lila lo afferrò per la calotta, scrutandolo da vicino con attenzione.

«E tu saresti...?»

«Un Kwami ovviamente.»

Lila inarcò un sopracciglio.« Ma ovviamente! Come ho fatto a non capirlo subito? Sai, incrocio piccoli esseri volanti di dubbia provenienza tutti i giorni mentre vado a comprare il mio frappuccino dallo Starbucks giù nella via! Scusami, come ho potuto dimenticare cosa cavolo sia un kwami?»

Vide l'esserino osservarla curioso, per poi aprirsi in un ghigno compiaciuto. «Tu ed io andremo molto d'accordo.»

Per qualche ragione lo credeva anche lei. Liberò il piccolo Kwami dalla presa, che sistemandosi il pelo rossiccio finalmente si presentò.

«Io sono Veeke, Kwami Volpe della Musica! Piacere di conoscerti... ehm...?»

«Lila, Lila Rossi. Piacere mio.»

E quello era stato il loro primo incontro.

 

 

Lila non avrebbe mai voluto ammettere la sintonia che lei e Veeke condividevano, eppure, per qualche inspiegabile ragione, lei ed il Kwami sembravano partner perfetti. Benché a volte si rivelasse piuttosto fastidioso, in quei pochi giorni insieme aveva avuto modo di scoprire che avevano in comune più cose di quanto non sembrasse.

Eccetto l'assurdo amore di Veeke per le carote.

«Lila, mi stai ascoltando?»

Sobbalzò, ritrovando il viso incerto di Ameliè a pochi centimetri dal suo, che la guardava preoccupata. Istintivamente, Lila era arretrata di un passo.

«E-Eh?» si era quasi dimenticata di non essere in camera, sola, e di star invece facendo shopping con la sua amica.

Nemmeno il tempo di sbattere le palpebre, che gli occhi di Ameliè erano già umidi e prossimi alle lacrime.

«L-Lo sapevo... t-ti sto annoiando!» Lila sospirò. Eccola che ricominciava.«S-Stavo straparlando vero?! T-Ti ho dato fastidio vero?! Weeeeee non odiarmi Lila per favore!»

Le veniva quasi da sorridere ogni qual volta ricominciava con una delle sue scenate. La trovava tenere in qualche modo, e a dispetto di tutto non le dava affatto fastidio.

Si allungò sul tavolino abbastanza per poterle accarezzare il capo, così come avrebbe fatto con una bambina, sorridendole come soltanto lei era capace di fare.

«Calmati Ameliè, non ti odio affatto.» allungandole un tovagliolo, tornò a sedersi composta, abbassando lo sguardo ed esitando per alcuni secondi.«Stavo soltanto... pensando.»

Ameliè si asciugò il viso, soffiò il naso, e con ancora i singulti del pianto, guardò preoccupata la sua amica.

«A-A cosa stavi pensando?»

Ci pensò se dirglielo o meno, ma alla fine cedette. Con un sospiro, la guardò dritta negli occhi e la rese partecipe dei suoi pensieri.

«Sto pensando di tornare a scuola.»

Ci vollero diversi secondi, prima che Ameliè realizzasse quello che le era appena stato detto.

Quando finalmente capì, si coprì la bocca con entrambe le mani, gli occhi di nuovo luccicanti e prossimi alle lacrime.

«D-Davvero?! S-Sono coshi felisheeee!» e di nuovo pianse.

Lila sorrise, tenendosi il mento con una mano, l'altra stretta alla borsetta in cui Veeke continuava a borbottare.

«Ma possibile che questa ragazzina pianga per tutto? Per tutte le carote, mi romperà i timpani, neh!»

Un grido le costrinse a voltarsi, appena in tempo per vedere l'arco di trionfo crollare a causa di un gigante. La folla correva disperata in ogni direzione, cercando di salvarsi dal gigante che con un solo passo poteva schiacciarli tutti quanti.

«Presto fuggite tutti!»

Lila s'irrigidì. Quella voce... avrebbe riconosciuto quella voce dovunque, e non era sicura di poterla affrontare, non ancora.

Ladybug e Chat Noir atterrarono di fronte al locale La Flamme, un incrocio più avanti di loro, ma comunque troppo vicini perché Lila potesse essere tranquilla. Alla fine aveva ragione, non era ancora pronta per potersi avvicinare a loro, figurarsi combattere assieme.

«L-Lila, dobbiamo andare!»

La voce di Ameliè la riscosse. Guardò l'amica negli occhi, la stava implorando di fuggire assieme, mettersi al riparo, e forse avrebbe dovuto darle retta.

Sbirciò nella borsa, trovando lo sguardo dorato di Veeke che la osservava, chiedendole implicitamente cosa volesse fare. “Non hai nessun obbligo, fai ciò che vuoi”, fu grata di leggervi anche questo messaggio, perché sembrava che lui comprendesse i suoi timori, le paure e le incertezze.

Corse via con la mano di Ameliè stretta tra le dita, cercando il luogo più sicuro in cui mettersi al riparo da quel gigante impazzito.

«Nessuno mi chiamerà più nano! Ladybug, Chat Noir, consegnatemi i vostri Miraculous! Diventerò l'uomo più grande e alto di sempre!» lo sentì urlare, ma non si voltò a guardarlo.

«N-Non ce la faccio più!» ansimò Ameliè, ormai allo stremo delle forze.

Non potevano fermarsi, non in quel momento, al centro della ressa, dove sarebbero state travolte dagli altri cittadini in fuga.

«Resisti Ameliè!» doveva trovare un punto sicuro in cui portarla, lontano dalla folla e da quel mostro, almeno fino a quando Ladybug e Chat Noir non avessero trovato il modo di calmarlo e de-akumatizzarlo.

Le era bastata un'occhiata per capire che quel gigante doveva essere in realtà un bambino, probabilmente punto nel vivo a causa dei suoi complessi per l'altezza. L'akuma, d'altra parte, doveva trovarsi all'interno del bracciale dal quale sparava raggi luminosi che trasformavano tutti in bambini.

Come potevano quei due non esserci ancora arrivati? E soprattutto, se anche avessero già capito, perché non riuscivano a sconfiggerlo?!

Con la coda dell'occhio, mentre anche lei sentiva il fiato mancarle ed i polmoni bruciare, adocchiò l'entrata di un palazzo, proprio accanto al negozio di Antony Garçon, sembrava il posto perfetto in cui nascondersi per riprendere fiato.

«Per di qua!»

Strattonando Ameliè, forzando un po' contro la marea in fuga, Lila fu in grado di raggiungere il luogo sicuro, dove l'amica si accasciò al suolo, esausta e spaventata. Stringendo i pugni, si diede della vigliacca da sola, perché se avesse agito fin dal principio, la vita di Ameliè non sarebbe stata in pericolo.

Con uno sguardo più determinato che mai, Lila prese finalmente la sua decisione.

Sbirciò oltre il muro, il gigante non troppo lontano tentava di colpire i due eroi, che però sembravano troppo agili e veloci per lui. Nonostante questo però, l'akumatizzato si muoveva troppo, frenetico, rendendo impossibile anche solo pensare di avvicinarglisi. Stando a quello che gli aveva raccontato Veeke, forse lei poteva fare al caso loro.

Si avvicinò ad Ameliè e la prese per le spalle, guardandola seria come non aveva mai fatto prima.«Vado a cercare un posto sicuro in cui nasconderci, qui siamo troppo scoperte. Tu aspettami qui, tornerò presto.»

«C-Cosa?! M-Ma è pericoloso!»

L'afferrò per le braccia, in un disperato tentativo di fermarla, impedirle di fare una pazzia del genere. Ma il sorriso di Lila le fece capire che ormai era già deciso.

«Non preoccuparti, tornerò presto.» detto questo si rigettò nella mischia, con la voce di Ameliè nelle orecchie che gridava il suo nome.

S'infilò non troppo lontano, nell'ingresso di un altro complesso di appartamenti, lasciando che Veeke uscisse finalmente dalla borsa.

«Allora hai finalmente deciso, neh?»

«Devo proteggere Ameliè... farò tutto ciò che è necessario per tenera al sicuro!»

Veeke la guardò con attenzione. Tremava, evidentemente spaventata, eppure non leggeva alcuna ombra d'incertezza nel suo sguardo. Sorrise, quella ragazza diventava sempre più interessante.

«Veeke, trasformami!»

Ed avvolta dalla calda luce della trasformazione, Lila finalmente abbracciò il suo destino.

 

***

 

Appena approdato dal Tibet, dopo aver fatto una capatina ad Hong Kong per rassicurare i genitori, Wen era finalmente pronto per iniziare la sua nuova vita nella capitale francese. Davanti alla porta di quello che era sempre stato il suo modello di vita, ora Wen esitava per la prima volta in giorni di euforia.

«Non è da te esitare, di solito sei molto più diretto.» Wayzz gli parlò all'orecchio, nascosto sotto il cappuccio della felpa che Wen non aveva mai tolto sin a quando era approdato in città.

«Non sto esitando... sono solo emozionato.» a dispetto delle origini, Wen parlava fluentemente quattro lingue, poiché si era preparato tutta la vita per poter partire ed arrivare lì dove si trovava ora.

Aveva soltanto sedici anni e stava per realizzare il sogno della sua vita... era normale fosse emozionato!

Prendendo un profondo respiro, armandosi di quel sorriso che era la sua arma contro il mondo, infine Wen bussò. Quando la porta si aprì, ogni incertezza svanì nel nulla, l'emozione e l'euforia s'impadronirono di lui, ed in uno slancio sollevò da terra il vecchietto, intrappolandolo in un abbraccio.

«Che bello rivederti nonno Fu!»

Colto alla sprovvista, per poco al vecchio maestro non si spezzò la schiena per la violenza con cui era stato abbracciato.

«Anche io sono contento di rivederti Wen... ma per l'amor degli Dei, mettimi giù!»

Mollando la presa e rimettendo il nonno a terra, Wen si scusò più e più volte, abbassandosi il cappuccio e lasciando libera visuale sui suoi capelli, rasati ai lati, con il ciuffo completamente verde. Benchè nella famiglia l'avessero tutti rimproverato per quella scelta, Fu pensò gli donasse quel taglio particolare, era molto da lui.

«Prima o poi farai male a qualcuno con quei tuoi abbracci ragazzo... cerca di controllarti.»

Wen si grattò la testa, ridendo imbarazzato, mentre Wayzz era volato fuori dal suo nascondiglio, scuotendo il capo esasperato dal comportamento infantile e spregiudicato del suo nuovo partner.

Fu incrociò lo sguardo del piccolo Kwami e gli sorrise.«Come va con il nuovo portatore, Wayzz?»

«È chiassoso, fa sempre come gli pare e non riflette abbastanza. Sembra di star dietro ad un bambino troppo cresciuto.»

L'anziano maestro sorrise di nuovo.«Mi fa piacere che andiate molto d'accordo.»

Wayzz stava per ribattere, ma Wen non glielo permise.«Assolutamente si! Adoro Wayzz, mi ha insegnato un sacco di cose da quando l'hai mandato da me! Insieme siamo una squadra perfetta!»

Era felice di sentirlo, sapeva che affidare il Miraculous della tartaruga a suo nipote era stata la scelta giusta, poiché Wen aveva il cuore e la mente puri ed incontaminati. Era genuino, autentico, a volte ingenuo ma mai stupido, e a dispetto di ciò che la vita gli aveva riservato, sapeva guardare al futuro con gioia ed ottimismo. Nessuno era più adatto di lui a tenere tra le mani il Miraculous della vita e conoscenza.

«Sarete stanchi dopo il lungo viaggio, forza entrate, stavo giusto preparando il pranzo.»

Mentre richiudeva la porta alle spalle del nipote, Fu scorse qualcosa in lontananza, dall'altra parte della città, e bastò uno sguardo a Wayzz per capire che anche Volpina era finalmente entrata in azione. Non disse nulla, ma un sorriso compiaciuto gli addolcì il volto.

 


 

   
 
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