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Autore: Emma_Jane84    04/11/2017    2 recensioni
Bertram è un virtuoso del pianoforte, con la strada del successo spianata davanti a sé: fino a quando un incidente gli lascia una mano paralizzata e lo costringe ad andarsene da Vienna per tornare in Inghilterra, a guadagnarsi da vivere come insegnante privato.
Rose è cresciuta suonando le composizioni di Bertram, ma quando ha la possibilità di incontrare l'uomo che ha idolatrato fin dall'infanzia si trova di fronte a un'amara realtà: lui è sgarbato, scortese, un animale ferito che si rintana nell'ombra.
A spingerli l'uno verso l'altra c'è soltanto quella composizione che lui inizia la sera e lei prosegue di giorno. Sulle note di una sonata, due anime iniziano a parlarsi attraverso il pentagramma prima ancora di potersi guardare negli occhi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
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Quando il messo di zia Craythorne giunse a Broxenban Manor, dieci giorni più tardi, Rose si trovava nella serra.

Era riuscita a far attecchire l'arbusto di rosa selvatica, che per l'inverno avrebbe dovuto accontentarsi di un grande vaso nella serra, per poi essere trapiantato nel roseto di sua madre in primavera.

Certo, se fosse sopravvissuto. L'aveva osservato ogni giorno, disperando di vederlo migliorare: eppure, il bocciolo aveva piano piano rialzato la testa e schiuso i petali, rivelando un cuore screziato di rosso. Un secondo bocciolo era spuntato, e il giardiniere le aveva assicurato che la pianta si stava adattando bene al suo nuovo ambiente. Al ritorno da Bath, forse, avrebbe trovato altre rose nel pieno della loro miracolosa fioritura.

La governante venne ad avvisarla dell'arrivo di zio Edwin mentre era ancora intenta a eliminare qualche foglia rinsecchita dal suo arbusto prediletto. Rose sospirò, e si strofinò le mani nel grembiule da lavoro. Era in completo disordine, e per niente certa di aver messo tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno nei bagagli. Probabilmente aveva perfino della terra sul viso. Sua madre sarebbe stata furibonda.

Uscì dalla serra e si affrettò a raggiungere Mrs Kirby e Octavia sulla soglia di casa, lisciandosi le gonne nella speranza che non fossero rimaste tracce della sua attività di poco prima. Sua madre le gettò appena un'occhiata di rimprovero, storse il naso, e volgendo il viso verso la carrozza in arrivo rimise in piedi la sua maschera da perfetta padrona di casa.

Dalla carrozza scese quell'uomo piccolo e tozzo che era zio Edwin, vestito di un soprabito chiaro che evidenziava ogni imperfezione della sua figura, con la cravatta annodata all'ultima moda sotto il mento prominente.

«Prudence, tesoro! Ti trovo ogni volta più giovane» esclamò lo zio, baciando Mrs Kirby sulla guancia.

La donna sorrise. «Tu invece invecchi, fratello mio: è ora che ti sposi.»

«Che Iddio me ne scampi, allora sì che invecchierei tutto in un colpo. Rose, Octavia! Bambine mie, fatevi guardare. Siete i fiori più splendidi che io abbia mai visto.»

Le sorelle Kirby accennarono a un inchino scherzoso.

«Benvenuto nella nostra umile dimora, Sir Edwin» disse Rose, con esagerata deferenza. «Vogliate perdonarci se accogliamo il nuovo baronetto di Sua Maestà così miseramente.»

Lo zio scoppiò a ridere e le prese entrambe sottobraccio.

«Sciocchezze, ragazze mie, sciocchezze! I titoli non fanno che appesantire le spalle degli uomini, e io non voglio diventare gobbo anzitempo. Ascoltate il mio primo decreto da baronetto: io proibisco a qualunque mio parente di qualsivoglia grado o età di chiamarmi sir!»

«Fratello, ti prego» lo riprese Mrs Kirby.

«No, Prue, è la pura verità. È solo un vezzo, come le targhe di ottone sui cancelli dei poderi. Anche se levassero quella di Broxenban Manor, qualunque stupido che abiti nei dintorni saprebbe come arrivarci, non trovi? Broxenban non passa inosservata: come me,d'altronde» terminò l'uomo, battendosi le mani su uno stomaco non propriamente asciutto.

Rose e Octavia si scambiarono uno sguardo divertito, e a entrambe fu subito chiaro che il pomeriggio non sarebbe stato sgradevole come avevano temuto.

Le ore che seguirono furono anzi piacevoli e spensierate. Zio Edwin raccontò dei fasti della corte e criticò la metà dei suoi pari grado e buona parte dei nobili di lignaggio superiore; riportò loro le sue impressioni sui concerti e gli spettacoli che si davano in quel periodo in città, e infine le rassicurò sulla salute di zia Craythorne, presso cui era stato ospite a Bath prima di andare a Corte a ricevere la nomina. La gravidanza della zia procedeva tranquillamente verso l'ultimo mese: tuttavia, il medico le aveva proibito di uscire di casa in quel delicato periodo, il che doveva sicuramente indispettire molto una donna di mondo come lei.

«Se la zia non potrà fare da chaperon a Rose, chi prenderà il suo posto?» chiese Octavia.

«Charity mi dice che ci penserà una sua carissima amica, la vedova Redgrave, ad accompagnarla in società» precisò subito Mrs Kirby. «Ha una figlia della stessa età di Rose, che le terrà buon compagnia.»

«E che mi dite di mio padre, zio Edwin? L'avete visto a Londra?»

Le parole di Rose parvero spiazzare l'uomo per un momento. Mrs Kirby e Octavia la guardarono come se avesse infranto un vaso di cristallo.

«Ma certo che l'ho visto, rosella bella. Anche se non frequenta molto il club, perché è veramente impegnato.»

Rose pensò che niente poteva tenere realmente occupato suo padre a Londra. Il Parlamento avrebbe ripreso le sedute dopo Natale, e le sue proprietà erano tutte nel Surrey. Doveva esserci un'amante, una di quelle donne dissolute dei teatri. O forse, ed era assai più triste da pensare, Oliver Kirby si era semplicemente stancato di vivere accanto a una donna petulante e a due figlie inutili.

A interrompere quel momento di imbarazzo, giunse Miss Russell. Mrs Kirby le aveva concesso di restare a riposare nella sua stanza per la mattinata, perché ancora non si sentiva in forze dopo il malore del giorno precedente: ora si presentava pallida, ma sicura, nel suo sobrio abito marrone. Zio Edwin si affrettò ad alzarsi in piedi in sua presenza: si inchinarono uno all'altra.

«Mi congratulo con voi per la vostra recente investitura, signore.»

«Vi ringrazio, Miss Russell.»

Zio Edwin sorrise, e Rose non poté fare a meno di notare che per una volta non era riuscito a scherzare su quella faccenda. Sembrava anzi compiaciuto di quel riconoscimento: forse, dopo tutto, aver ricevuto un titolo nobiliare non era una faccenda che gli fosse indifferente come voleva dimostrare.

Quella sera, quando il whist era venuto loro a noia, le donne di casa e l'ospite si coricarono: sulla soglia della stanza delle ragazze, Miss Russell si soffermò un istante di più, mentre Rose si faceva aiutare da Jenny a togliere le forcine dai ricci biondi.

«Desideravo salutarti» disse l'istitutrice, avvicinandosi.«Domattina partirete presto, immagino.»

Rose vide cerchi neri intorno ai suoi occhi, e le prese la mano.

«Non parto tranquilla, sapendo che non siete in salute.»

La donna sorrise, accarezzandole la guancia. «Starò bene. Tu, piuttosto...non pensare troppo a ciò di cui abbiamo parlato, e divertiti a Bath. A volte lo dimentichiamo tutti, Rose, ma sei ancora così giovane!»

Rose ricambiò il sorriso e la rassicurò, ma dentro di sé sentì risuonare un sospiro. Non era affatto giovane: conosceva ragazze andate spose molto prima del tempo in cui lei aveva debuttato. Inoltre, non c'era tempo per il divertimento. Non per una primogenita con l'incombenza di doversi sposare al più presto per la salute dell'equilibrio famigliare. Avrebbe dovuto soltanto conseguire il suo scopo: spingere Colin Sterling a dichiararsi. Allora, tutto sarebbe cambiato per il meglio.

***

«Di nuovo, Miss Berkley. Seguite lo spartito, ve neprego.»

Con un notevole sforzo, Bertram Foster riuscì a fermare il tremore che gli aveva preso il sopracciglio in conseguenza dell'esecuzione, totalmente fuori tempo e stonata, della sua giovane allieva.

Miss Berkley, una giovane di quattordicianni appena, sembrava avere dita più adatte a impastare il pane che non a suonare il pianoforte; la sua espressione stolida quando cercava di spiegarle dove sbagliasse lo disarmava. Bertram non aveva mai avuto la vocazione dell'insegnante, ma con allievi simili anche il più paziente dei maestri avrebbe gettato gli spartiti alle ortiche.

Dopo aver fatto ripetere alla pupilla le prime otto battute del minuetto in Sol Maggiore di Bach per almeno quindici volte, l'uomo iniziò a maledire la mania dei genitori facoltosi di voler addestrare – perché di quello si trattava, una mera esecuzione meccanica e nulla più – le loro inette figliole a suonare il pianoforte. Purtroppo aveva ancora bisogno di soldi, e non poteva permettersi di rifiutare i pochi incarichi che gli venivano proposti. Si sentiva obbligato verso il suo amico Warren Craythorne, che gli aveva trovato quel lavoro, e verso Mr Craythorne, che lo ospitava a casa sua a Bath per permettergli di rifarsi un nome nella cerchia della gente che conta. Perciò, fece diligentemente ripetere all'inetta gli esercizi di diteggio, la fermò per solfeggiare il pezzo daccapo, e infine ascoltò una nuova esecuzione, immutata nel suo orrore. Lasciò casa Berkley con i brividi addosso per le agghiaccianti dissonanze udite, e cercò di ripetersi che quel martirio era necessario.

Da quando aveva lasciato Vienna, non poteva più permettersi di fare il difficile. Oh, Victoria e Max lo avevano supplicato di restare, ma vivere di elemosina nella loro casa, ed essere additato in società come il fratello sfortunato della bella contessa inglese, non era cosa che gli si confacesse. Bertram aveva sfiorato con le dita l'Olimpo della musica, aveva studiato con i migliori maestri e si era esibito al cospetto dell'Imperatore, tra gli stucchi dorati della sala degli specchi di Schönbrunn, nel salone dei ricevimenti della Hofburg... ed ora tutto questo non esisteva più.

Tutto ciò chel'Inghilterra aveva da offrire a uno dei suoi più promettenti concertisti era un ingrato incarico di insegnante di musica, presso chi, nella maggior parte dei casi, la musica non sapeva nemmeno che cosa fosse.

Per fortuna, la casa del suo ospite era un'oasi di pace a riguardo. I piccoli Craythorne si erano dimostrati allievi molto dotati: la giovane Elizabeth, di tredici anni, si era rivelata molto propensa ad apprendere, anche se le soddisfazioni maggiori erano arrivate dal più piccolo, Howard, che non aveva ancora compiuto dieci anni. Il ragazzo possedeva un orecchio allenato, e un ottimo senso del ritmo. Vista la riconoscenza che doveva a Warren e a Mr Craythorne, Bertram si era offerto di prestare i suoi servigi gratuitamente, e davvero non gli costava nessuno sforzo. Negli ultimi tempi, istruire i bambini di casa al pianoforte era la sua unica gioia al di fuori dell'alcol.

Una gioia che però si infrangeva subito, non appena gli veniva chiesto di posare un dito sul pianoforte. Fosse per spiegare un passaggio difficile, o per mostrare la corretta postura delle mani e del polso, Bertram si sentiva fulminare fin nel centro del suo essere ogni volta che i polpastrelli sfioravano i tasti. Doveva ritrarsi, immediatamente: non riusciva mai a farlo abbastanza in fretta, in ogni caso, e quella sensazione di malessere restava con lui per ore.

Scosse il capo, e bussò alla porta di casa Craythorne. Non poteva che biasimare se stesso della sua disgrazia. Se stesso, e nessun altro.

«Mr Foster, finalmente!» lo accolse la piccola Elizabeth Craythorne, lasciando il ricamo sulla poltrona. Anche il fratello minore alzò gli occhi dai suoi soldatini, e gli corse incontro ancora prima che il valletto avesse portato via il suo soprabito e il cappello.

«Oggi possiamo suonare un brano vero?» chiese Howard, con gli occhi azzurri luccicanti.

«Siamo stanchi di fare scale» lo sostenne Elizabeth.

Bertram accennò a un inchino. «Mi rincresce, Miss Elizabeth, Mastro Howard. Se volete imparare a suonare per davvero, non potete evitarele scale. Se voleste salire al piano di sopra, e le scale non ci fossero, che cosa fareste?»

«Credo che cercherei di arrampicarmi» asserì sicura Elizabeth, con gli occhi verde chiaro che scintillavano alla prospettiva.

L'uomo si lasciò sfuggire una breve risata. «Mi dispiace, ma mi rifiuto che si dica in giro che una mia allieva si arrampica sulle note. Perciò, anche oggi farete le vostre scale, signori, e questo è quanto.»

La ragazzina replicò con un leggero sbuffo, che le scostò i ricci biondi dalla fronte. Howard, invece, annuì diligente. Da come lo guardava, Bertram capiva che doveva nutrire per lui un'enorme ammirazione. Se solo avesse saputo chi era veramente l'uomo che aveva di fronte.

«Perdonate, Mr Foster» intervenne la governante, inchinandosi. «Mr Craythorne mi ha chiesto di dirvi di raggiungerlo in biblioteca, non appena foste rientrato.»

«Hai visto, anche oggi abbiamo evitato le scale!» bisbigliò Elizabeth al fratello. Bertram accennò a un ghigno.

«Dopo cena, signori, lavoreremo sul vostro diteggio» promise loro; e quell'appunto suonò come una sottile minaccia per entrambi i bambini, che decisero di tornare ai loro giochi finché era concesso loro di fare qualcosa di divertente. Bertram scosse il capo: erano così trasparenti! Potevano ancora permetterselo.

Come gli era stato richiesto, salì le scale che conducevano al piano superiore, e raggiunse la biblioteca.

Lì, seduto alla scrivania, lo attendeva Mr Craythorne. Era un uomo piccolo e magro, dal volto fine, con i capelli ingrigiti e radi che mostravano ormai poche tracce di bruno. Per vedere aveva necessità di portare sempre sul naso i suoi occhialetti rotondi, dalla montatura dorata: non aveva un volto ripugnante, ma per quel che Bertram ne sapeva non era tra gli uomini che la maggior parte delle donne avrebbero definito "attraenti".

Non appena alzò gli occhi dal suo libro, Craythorne sorrise e gli fece cenno di sedersi.

«Avete un committente, Mr Foster» disse, compiaciuto, aggiustandosi gli occhiali. «Oggi al club ho incontrato un vecchio amico di Londra: conoscendo il suo gusto per la lirica, gli ho parlato a lungo di voi e dei vostri talenti di compositore. Il compleanno della sua amata figlia si avvicina, ed essendo lei un'abile pianista desidera donarle una sonata scritta appositamente per l'occasione. Gli ho detto che avete studiato a Vienna e siete stato allievo di Mr Beethoven, e si è naturalmente dimostrato entusiasta all'idea di incontrarvi.»

Bertram sentì la pelle accapponarsi. Quale mezzana era diventata la sua arte! Gli si chiedeva di scrivere un pezzo alla bisogna, per il miglior offerente. Due note messe in fila in maniera non troppo complicata, ci avrebbe scommesso; altrimenti la fanciulla, che pretendeva di suonare il piano con le sue dita goffe, avrebbe potuto mettere in dubbio la propria capacità, e restarne umiliata a vita.

Bertram si sforzò di chinare il capo corvino e dire: «Vi sono infinitamente grato, signore, della pena che vi date per me.»

Invece, avrebbe voluto gridargli quanto detestasse la sua pietà. Ogni gentilezza che gli veniva rivolta gli suscitava in petto una rabbia feroce. Non tollerava quegli sguardi colmi di cristiana comprensione e di paterna disapprovazione, non tollerava le premure, e approfittava di ogni occasione per comportarsi scortesemente, come un bambino. Sapeva che gli era concessa ogni cosa, ora, e si odiava per questo. E odiava chi lo circondava, ogni giorno di più.

Mr Craythorne rispose con un sorriso. «Sciocchezze, Mr Foster. Non possiedo alcun talento se non quello di stimare il talento altrui, perciò servendo voi servo in un certo senso me stesso. Siete stato sfortunato di recente, questo è vero, ma sono convinto che ora siate pronto ad affrontare nuove sfide.»

Le parole fiduciose dell'uomo fecero pentire Bertram dei suoi pensieri. In lui si dividevano due anime: una profondamente felice della stima che Mr Craythorne gli dimostrava, e l'altra che disprezzava la sua carità e non desiderava altro che essere lasciata sola a languire, con la sua meschinità e il suo fato avverso.

Stava per congedarsi, quando Mr Craythorne lo fermò.

«Dimenticavo di dirvi che prima di cena arriveranno mio cognato, sir Edwin Vaughan, e la nostra giovane nipote, Miss Rose Kirby. Resteranno con noi per un po' qui a Bath, per trascorrere insieme il Natale e aiutare Charity in questo periodo delicato. Mi piacerebbe presentarveli, signore: sono persone gradevoli e istruite. Mia nipote, oltretutto, possiede un incredibile gusto musicale. Sono certo che un po' di compagnia giovane saprebbe rallegrare il vostro umore.»

Oh, cielo, no! Non avrebbe potuto reggere un'altra signorina di buona famiglia e il suo incredibile gusto musicale. Doveva cercare il modo più gentile per evitare quell'imprevisto.

«Vi prego di scusarmi, Mr Craythorne, non vorrei che scambiaste per maleducazione il mio rifiuto... ma vedete, se fosse possibile, per questa sera io...»

«La mano ha ricominciato a dolervi?»

D'istinto, Bertram flesse le falangi della mano destra. Solo quelle del pollice e dell'indice si mossero, come ogni volta.

«Sì, signore, è così,» mentì «Se foste così gentile da scusarmi con i vostri ospiti... voi capite...»

«Capisco perfettamente, non temete. Andate nella vostra stanza e riposate: più tardi manderò una cameriera con la cena per voi, e anche un buon unguento lenitivo. Desiderate che faccia chiamare il medico?»

«No, signore, vi ringrazio... sono certo che un po' di riposo sarà sufficiente.»

Quando raggiunse la propria stanza si serrò la porta alle spalle, e vi si appoggiò di schiena. Batté la testa una volta, due volte contro il legno, mentre malediceva mille e mille volte quella mano per metà inerte, che gli aveva strappato via i sogni, il futuro, la vita stessa.

   
 
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