Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: shiningreeneyes    05/11/2017    2 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 38

Ma perché non posso tenerlo?

 

 

Domenica, 9 Maggio

 

 

Fu quando mi svegliai la mattina successiva che ebbi modo di rendermi conto degli effetti di aver avuto un intervento chirurgico. Ero stato un po' preoccupato la sera prima, cosa che mi aveva fatto guardare il bambino per ore e ore, e l'anestesia non era completamente passata quando tornai a dormire verso l'01.00. 

 

Ciò che mi svegliò quella mattina furono i suoni di voci soffuse che parlavano da qualche parte nelle vicinanze, e qualcosa riguardo a quello - Dio sa cosa - mi fece svegliare di soprassalto con un urlo di panico. 

 

Era possibile che fossi diventato leggermente paranoico. Non che fosse una sorpresa; c'erano stati segni la sera prima quando un'infermiera era venuta a prendere il bambino in modo che potessi andare a dormire e avevo risposto lamentandomi e iniziando a piangere come se il mondo stesse finendo, soffocando una piccola, rotta domanda: "lo stai portando via da me, vero?"

 

"Lo prenderanno solo per la notte in modo che tu possa dormire, piccolo," aveva detto Harry, "sarà qui domani quando ti sveglierai, non preoccuparti."

 

"Ma perché non posso tenerlo? Non sono stanco," piagnucolai. Era una menzogna - mi sentivo pronto a svenire dalla stanchezza -, ma il bambino era nato solo da qualche ora e non volevo darlo già a qualcun altro.

 

"Si, lo sei," aveva detto Harry con un sorriso, "puoi passare più tempo con lui domani, ma adesso hai bisogno di dormire."

 

Vinse lui, naturalmente, con l'aiuto della dottoressa Hayes e di un'infermiera. Non appena avevano preso il bambino e furono usciti dalla stanza, avevo di nuovo ripreso a piangere ed Harry aveva sospirato. "Oh, Lou," disse, un po' esasperato, mentre metteva un braccio intorno a me e mi tirava vicino a sé, "sarà solo in fondo al corridoio, nessuno lo porterà via da te, te lo prometto."

 

Quando mi svegliai, però, e sentii quelle voci  sommesse che suonavano quasi preoccupate, non potei fare a meno di pensare che qualcuno fosse venuto a prendere il bambino. Oh Dio, e se lo avessero portato via senza dirmi niente?

 

Aprii gli occhi e vidi Harry ed Anne in piedi ai piedi del letto. "Dov'è lui?" chiesi con voce rauca, stanca e tesa. Entrambi girarono immediatamente la testa, e il viso di Anne si illuminò con un sorriso.

 

"Come ti senti?" chiese mentre si avvicinò al mio fianco.

 

"Dolorante, credo," sbattei le palpebre, "no, a dire il vero no," dissi esitante.

 

"Prova a muoverti un po'," disse con espressione di chi la sapeva lunga.

 

Ero un po' confuso riguardo a cosa si stesse riferendo, ma feci come mi disse e mi spostai leggermente e- oh. Gemetti perché, okay, si, sentivo un dolore forte nella parte inferiore dello stomaco. Come avevo potuto dimenticare tutto quello la notte prima, era una mistero per me, anche se scelsi di non soffermarmi.

 

"Ti sentirai meglio presto," disse con consolazione, "la dottoressa ha detto che il dolore dovrebbe iniziare a diventare solo intorpidimento tra circa una settimana o giù di lì."

 

Intorpidimento? Aggrottai la fronte. Quello non suonava bene. Comunque, avevo problemi più urgenti a cui pensare.

 

"Dov'è il bambino?" chiesi, guardando Anne e poi Harry, la cui espressione si trasformò in pura estasi in un secondo.

 

"È un bene che ti sia svegliato ora, in realtà," disse, "perché è l'ora del pasto, e puoi farlo tu."

 

Il sollievo che sentii per il fatto che nessuno era venuto e lo aveva portato via durante la notte era sconvolgente, e chiusi gli occhi per un attimo, prendendo un respiro profondo.

 

"Stai bene?" chiese Harry, guardandomi preoccupato.

 

Annuii velocemente. "Si, sto bene," dissi. Ci fu silenzio per un attimo e tossii, schiarendomi la gola. "Quindi è l'ora del pasto?" dissi poi, "cosa, vuoi che lo allatti?"

 

Sorrise. "Certo, se solo ti fossero cresciute le tette e avessi latte. Sarebbe bello guardarti mentre lo fai."

 

"Niente tette e niente latte, mi dispiace," dissi secco.

 

"Immagino che dobbiamo continuare ad usare il biberon," disse con un sospiro.

 

"Continuare a usare il biberon?" dissi confuso, "gli hai già dato da mangiare?"

 

"È nato più di dodici ore fa," disse divertito, "pensavi potesse sopravvivere senza cibo per così tanto tempo?"

 

Come farmi sentire un idiota. Il primo giorno ed ero già un cattivo genitore. "Certo che no," dissi con il rossore che si spargeva sul mio viso, "solo non... ci ho pensato." Mi fermai. "Allora chi è stato a... nutrirlo?"

 

"Io," disse Harry stranamente orgoglioso, "e non ho mandato tutto all'aria nemmeno una volta."

 

"Hai spruzzato il latte su tutto il suo volto e sulla tua mano," commentò Anne, "e non so come hai fatto visto che il biberon dovrebbe essere a prova di spruzzo."

 

Lui le mandò un'occhiataccia. "Era la prima volta, che cosa ti aspettavi? Non avevo mai tenuto un biberon per bambini."

 

"Beh, nessuno si è fatto male ed è quello che conta," rispose con un debole sorriso.

 

"Quindi ha mangiato abbastanza?" chiesi prima che Harry potesse rispondere con un cattivo commento.

 

Harry ridacchiò. "Oh, mangia abbastanza, sembra si stia mangiando l'intero biberon."

 

Si fermò per un attimo, e il suo volto si ammorbidì. "E si addormenta con il biberon in bocca, completamente esausto. Non ha molte energie."

 

"Anche tu ti sei addormentato con lui tra le braccia, quindi direi che anche tu non hai energie," disse Anne, ora con sguardo d disapprovazione verso di lui.

 

"Non dormo da tipo ventiquattro ore," disse lui, "cosa ti aspettavi?"

 

"Non dormi da ventiquattro ore?" esclamai, spalancando gli occhi, "ma che diavolo, Harry? Vai a casa e dormi!"

 

"Oh, rilassati, sto bene," disse con un gesto della mano.

 

Strinsi le labbra. "Beh, non ti è permesso tenere il bambino fino a quando non avrai dormito ," dissi, "potresti finire per farlo cadere o qualcosa di simile e potrebbe farsi male."

 

Per un secondo sembrò assolutamente sconvolto, e avevo quasi paura che avrebbe cominciato a gridare, ma poi sorrise, apparentemente soddisfatto per qualche motivo. "Vedi? Stiamo andando abbastanza bene con questa cosa dell'essere genitori," disse.

 

Sembrava così felice e ottimista, non ebbi il cuore di ricordargli che non avremmo avuto ancora per molto tempo la possibilità di essere genitori. Sembrava che i pensieri di Anne fossero simili ai miei, perché mi mandò uno sguardo pieno di significato e le offrii un sorriso triste in cambio.

 

Quando ebbi di nuovo il bambino tra le braccia l'orologio si avvicinava alle 12, e secondo Harry l'ultima volta che aveva mangiato erano più o meno le 9. "Ha fame o qualcosa del genere?" chiesi alla giovane infermiera che lo aveva portato. Il bambino stava piagnucolando e i suoi occhi, aperti in quel momento, erano pieni di lacrime e guardavano verso l'alto, anche se non erano focalizzati su niente in particolare. Era normale?

 

"Probabilmente ha fame," disse, "dovrebbe mangiare ogni due o tre ore, quindi è il momento di portare di nuovo il biberon fuori." Arrivò con un biberon pieno di quello che pensai fosse latte - o "latte in polvere" era probabilmente il termine corretto - e mi sorrise. "Vuoi farlo da solo, si?"

 

Annuii energicamente e il suo sorriso si allargò in modo soddisfatto. "Non so davvero... come fare," dissi con calma quando mi tese il biberon.

 

Lo accettai con esitazione, ma poi lo tenni ferma in aria. "Devo, tipo, tenergli la testa o-"

 

"Basta che ti assicuri che la tettarella sia riempita di latte in modo che non succhi aria," disse, "gli potrebbe far male allo stomaco, e sicuramente non lo vogliamo. Inclina un po' il biberon in modo che sia più facile per lui bere."

 

"Lui deve rimanere in questo modo?" chiesi, guardandolo, aveva la testa un po' più rialzata rispetto al resto del corpo. Indossava una tutina azzurra con piccoli orsetti stampati sopra e un cappellino sulla testa, i pugni erano stretti e le gambe erano piegate e alzate in aria.

 

Se fossi rimasto con le gambe in quel modo per così tanto tempo mi sarebbe venuto un crampo muscolare.

 

Lei non ebbe modo di rispondere perché all'improvviso, e senza alcun avviso, i piccoli singhiozzi si trasformarono in un vero pianto. O 'urla' era più corretto. Spalancai gli occhi e guardai l'infermiera. 

 

"Cos'ho fatto?" chiesi disperatamente, "mi odia?"

 

"Ha solo fame, caro, non preoccuparti," disse con un sorriso.

 

"Mi odia," mormorai, "mi odia perché non gli sto dando da mangiare." Abbassai lo sguardo e lo guardai tristemente. "Mi dispiace, piccolo, mi dispiace," dissi, "so che hai fame, ma sono veramente una frana in queste cose e non so che fare."

 

"Basta fare come ti ho detto e andrà bene," disse con tranquillità l'infermiera. "Inclina il biberon in modo che la tettarella sia piena di latte e poi mettilo sulle sue labbra, e lui saprà che fare."

 

Sentendomi abbastanza scoraggiato perché ero riuscito già a farlo piangere, sollevai un po' il biberon e lo inclinai, passando qualche secondo cercando di capire esattamente quanto avrei dovuto inclinarlo per farlo riempire del tutto. Quando lo capii, i suoi pianti erano diventati più forti e disperati, e quasi volevo piangere, perché ero così terribile a prendermi cura del mio bambino?

 

Fu un sollievo, però, quando esitante poggiai la tettarella contro le sue labbra e immediatamente sollevò i suoi piccoli pugni, come per provare a tenere la bottiglietta e iniziare a succhiare. Sorrisi al suo entusiasmo. Harry aveva ragione - sembrava stesse cercando di succhiare l'intero biberon. Tutti i bambini erano così o solo lui?

 

Preferivo pensare fosse unico.

 

"Quanto tempo devo farlo continuare?" chiesi quando era ormai passato un minuto o due e stava ancora mangiando come se non ci fosse un domani.

 

"Probabilmente si fermerà quando è pieno," rispose l'infermiera, "ma puoi provare a togliere il biberon ora e vedere cosa fa."

 

Lo feci, ma la risposta venne in forma di singhiozzo, lacrime e mani agitate, e non ci misi più di un secondo a riporre il biberon al suo posto. Non c'era bisogno di farlo cominciare a piangere di nuovo. "Non penso abbia finito," commentai.

 

Come previsto, Harry aveva ragione sul fatto che il bambino si sarebbe addormentato con il biberon in bocca. Continuò a succhiare felicemente per un bel po', ma quando era ormai arrivato alle ultime gocce, cominciò a rallentare e notai come le sue palpebre divennero più pesanti. Erano rimaste soltanto una o due gocce quando gli occhi gli si chiusero completamente e le sue mani allentavano la presa, e io sorrisi goffamente alla vista. "Penso che abbia finito ora," dissi piano, mentre allontanavo dolcemente il biberon e lo appoggiavo sul comodino. Ancora sorridente, accarezzai dolcemente la sua testa verso il petto, dove sentii il suo cuore battere forte, rassicurante, sotto le mie dita.

 

"Devo chiederti di darmelo ora," disse l'infermiera, e alzai lo sguardo, aggrottando la fronte.

 

"Perché?" chiesi, "non lo darai a qualcuno, vero?"

 

Lei rise e scosse la testa. "No, certo che no," disse, "ma ora devi andare a fare una passeggiata e non sei abbastanza stabile per portarlo con te e camminare allo stesso tempo."

 

"Andare a fare una passeggiata," ripetei dubbioso, "come? È fastidioso solo stare sdraiato qui."

 

"Lo so, ma ti riprenderai molto più velocemente se ti alzi e fai partire la circolazione sanguigna, ti aiuterà a prevenire la stitichezza e i coaguli di sangue."

 

Non avevo davvero bisogno di argomenti più convincenti di quelli - non avevo alcun desiderio di soffrire di nuovo di stitichezza, ora che era andata via da qualche giorno. Quindi, quindici minuti più tardi, mi alzi in piedi, guardandomi lo stomaco, che sembrava grande quanto il giorno prima. 

 

"Perché è ancora così grande?" mi lamentai mentre attraversavo la porta che dava al corridoio, Harry mi teneva il braccio sinistro e l'infermiera quello destro. 

 

Anne era rimasta in piedi nella stanza per prendersi cura del bambino. "Il bambino è fuori, quindi non dovrebbe tornare alla sua dimensione naturale?"

 

"Non funziona in questo modo, sfortunatamente," disse, "ci vorranno circa sei settimane per il tuo... beh, non so cosa succede dentro il tuo corpo, ma se fossi una donna, ci vorrebbero circa sei settimane prima che l'utero ritorni alla dimensione naturale, e anche dopo quello, ci vorrà del tempo e un sacco di esercizi prima che i muscoli addominali tornino a come erano prima."

 

Il mio cuore cadde e gli angoli della mia bocca scivolarono verso il basso. Mi girai di lato e mandai ad Harry uno sguardo triste. "Dovevamo andare al ballo il 17 giugno," dissi, "manca solo poco più di un mese. Sarò orribile e tutti rideranno di me."

 

'Non sarai orribile," disse con un sorriso "tu-"

 

"Si, lo sono," lo interruppi. Strinsi la mascella per un attimo. "Non verrò, dovresti portare Lauren."

 

"Stai diventando ridicolo," disse lui, roteando gli occhi, "ne parleremo quando sarà il momento, okay?"

 

Il resto della giornata la trascorsi nel letto con il bambino in braccio e Harry seduto - o sdraiato - accanto a me con un braccio intorno alle mie spalle e l'altro che accarezzava le braccia, le gambe e lo stomaco del bambino. 

 

Erano quasi le 21 e Anne era tornata a casa per la notte; quel giorno lei era andata presto a casa ed era tornata con Connor e Adrian che erano diventati entusiasti alla vista del bambino e anche se le cose erano diventate imbarazzanti quando avevano chiesto da dove era venuto, era bello averli avuti lì per un'ora o due.

 

"Ho ricevuto un messaggio da Liam prima," disse Harry stanco tra i miei capelli, dove il suo volto era sepolto, "ha detto che lui, Zayn e Niall verranno domani. Ti va bene?"

 

"Certo," dissi con gli occhi puntati sul bambino che dormiva tra le mie braccia. Esitai per un secondo. "Va tutto bene con quella faccenda? Da quel che ricordo, le cose tra voi tre sono... finite male ieri."

 

"Non significa che perderò la possibilità di mostrare mio figlio," disse con un sorriso ampio.

 

Inclinai la testa. "Seriamente, Harry," dissi, "sei ancora arrabbiato con loro?"

 

Smise di sorridere e guardò in basso per un secondo. "Non sono arrabbiato con loro," disse poi, "sono solo... deluso che non me l'abbiano detto."

 

"Volevano solo assicurarsi che nessuno lo scoprisse," dissi, "non aveva niente a che fare con te."

 

"Lo so, lo so," disse abbattuto, "solo- mi avrebbe aiutato sapere che non mi avrebbero giudicato per... beh, sai. Sapevano molto bene che avevo difficoltà ad affrontare tutto, quindi è solo- è frustrante che abbiamo deciso di tenerlo per loro."

 

"Loro lo sapevano?" chiesi. "Non gli hai mai detto di essere attratto dai ragazzi, no?"

 

"Non gliel'ho detto, ma lo sapevano molto bene."

 

Corrugai la fronte e mi leccai le labbra inconsciamente. "Okay, solo per essere chiari," dissi lentamente, "sei arrabbiato con loro per non aver avuto abbastanza fiducia in te da dirtelo, ma tu non ti sei fidato abbastanza di loro da dirglielo?"

 

Il suo volto si gelò e mi guardò senza espressioni. Non stava per urlarmi addosso, vero? Non quando il bambino era proprio lì tra le nostre braccia, già addormentato. Premetti le labbra tra loro e aspettai con ansia una sua reazione. "Odio quando hai ragione," fu ciò che disse alla fine.

 

Sorrisi, sollevato, e nascosi la testa sotto il suo mento. "Sii gentile con loro quando verranno domani, si?"

 

"Sono sempre gentile."

 

"Certo che lo sei."

 

"Mhm." Rimase in silenzio per un attimo. "Così sapevi di loro?"

 

Mi irrigidii per un secondo, ma non c'era accusa o giudizio nella sua voce, e quando non mi impose di alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi, lo presi come un buon segno. "Si, lo sapevo," risposi.

 

"Da quanto? Hanno semplicemente deciso di dirtelo?"

 

"No, io... ero nel bagno della scuola e sono entrati mentre si baciavano, quindi non avevano molta altra scelta se non dirmelo, credo," dissi, e non potei non aggiungere un tono di scuse nella mia voce.

 

"Oh." Spostò la testa di lato per posare la guancia contro la mia testa. "Quando è successo?"

 

"Molto tempo fa," dissi, "qualche settimana prima di Natale, credo."

 

"Me l'hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?"

 

Sospirai. "Non era il mio segreto da raccontare, Harry."

 

"Suppongo di no."

 

Silenzio. "Allora siamo okay con questo? Nessun rancore?"

 

Lui mormorò qualcosa e sentii un breve bacio che veniva premuto al lato della mia fronte.

 

"Nessun rancore," disse, "penso che abbiamo cose più importanti di cui discutere comunque."

 

"Tipo cosa?"

 

"Il bambino, Lou," disse piano, "cosa abbiamo intenzione di fare?"

 

Avrei dovuto aspettarmi che sarebbe uscito fuori prima o poi, ma con tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore, non ci avevo davvero pensato molto. Forse avevo solo soppresso il pensiero, chi lo sapeva? Il punto era che non mi ero permesso di pensarci, ma ora Harry aveva portato fuori la questione e non potevo fare altro se non rispondere. "Io- dobbiamo parlarne proprio ora?" chiesi, la mia voce piccola. "È tardi e sono stanco, non credo che sia il momento giusto per discuterne."

 

"Non ci sarà un'altra volta," mormorò, "è nato, è qui ora-" trascinò il pollice dolcemente sul viso del bambino, "e torneremo a casa martedì se tutto va bene, quindi dovremmo aver preso la nostra decisione per quel giorno."

 

Martedì. 

 

Due giorni. No, non erano nemmeno due giorni interi, solo uno e mezzo.

 

Pensare che in un giorno e mezzo il bambino sarebbe potuto essere portato via da me per sempre mi fece uscire un singhiozzo involontario nel collo di Harry e scossi la testa. "È troppo difficile," sussurrai, "io- io non posso lasciare che lo prendano, ma- sarebbe troppo egoista da parte mia tenerlo."

 

"Non sarebbe egoista."

 

"Si invece," soffocai, "perché io- io non ho i mezzi per dargli una buona vita e tutto ciò che merita. Voglio che abbia la vita migliore possibile, ma non sarà così con me come genitore, non importa quanto voglia tenerlo."

 

Non ne ero certo, ma giurai di averlo sentito tirare leggermente su con il naso. Ci vollero parecchi minuti prima di ricevere una risposta.

 

"Lo ami," disse, "e così anche io, e non posso pensare di darlo via, non così presto."

 

Non riuscii nemmeno a trovare una risposta; la mia testa doleva, il mio cuore doleva, il mio stomaco doleva e ogni singola parte di me era afflitta da sofferenza e dolore per la decisione che dovevo prendere in poche ore. Piansi silenziosamente nel collo di Harry e mi premetti il più vicino possibile mentre stringevo la presa intorno al bambino.

 

"Possiamo dargli una buona vita, amore, sai che possiamo," mormorò, "ti ho detto il mio piano; è solido e tutto funzionerebbe."

 

"Non stiamo nemmeno insieme, Harry," dissi triste, "ma proviamo sentimenti l'uno per l'altro e tu vuoi vivere insieme e crescere un bambino. È una follia e qualcuno si farà del male ad un certo punto."

 

"Perché?"

 

"Huh?"

 

"Perché qualcuno dovrebbe farsi del male ad un certo punto?"

 

"Perché vivremo insieme," dissi, "e io ti amo, ma ad un certo punto incontrerai qualcuno e lo porterai a casa e vi vedrò, e vi sentirò fare sesso, e io non posso- non posso farlo perché ti ho già visto stare con qualcun altro per tanto tempo, e fa tanto male, e se cominceremo a vivere insieme mi innamorerò ancora di più e andrà tutto di merda, specialmente perché ci sarà un bambino coinvolto, e non posso fare questo a me o a lui."

 

Avevo parlato così velocemente che mi mancava il respiro quando mi fermai, ed ero certo che, se avessi potuto vedere il volto di Harry, sarebbe stato completamente stupito. 

 

"Di che cazzo stai parlando?" sembrava assolutamente stupito, quello era sicuro. Non risposi e lui ridacchiò brevemente. "Quando ho detto che volevo che vivessimo insieme, intendevo come coppia."

 

Smisi di tirare su con il naso e mi bloccai sulle sue braccia. "Una coppia?"esclamai.

 

"Si. Voglio dire, ovviamente abbiamo tante cose da capire e non possiamo semplicemente immergerci subito in una relazione, ma potremmo prenderla con calma, concentrarci su come mettere a posto le nostre vite e vedere dove ci porta tutto," fece una pausa per un minuto e ridacchiò, "cosa, pensavi che avrei voluto vivere insieme come amici anche se ovviamente c'è molto di più?" Scrollai le spalle e lui ridacchiò di nuovo. "Non avrebbe mai funzionato, anche con la mia intelligenza limitata lo avevo capito."

 

Sbuffai una risata. "La tua intelligenza non è limitata," dissi, "a volte non ti si accende la mente."

 

"Si, beh, è la stessa cosa," disse facilmente. Ci fu silenzio per un attimo prima che lui sospirò. "Il punto è che non uscirei mai con nessun altro arrivati a questo punto, in nessun modo," esitò un po'. "Ho te," disse, "e ti amo."

 

Aveva già detto quelle due parole prima, ma era sempre stato qualcosa di frettoloso, in un ambiente diverso, e non era stata come una confessione. Quella però lo era, e sorrisi debolmente prima di sollevare leggermente la testa e guardarlo negli occhi. Certe cose è meglio dirle guardando la persona interessata negli occhi. Quella sembrava essere proprio una di quelle cose.

 

"Si," dissi piano, "ti amo anche io."

 

I suoi occhi brillavano di felicità e non esitò molto prima di abbassarsi e posare un bacio dolce sulle mie labbra. Finì dopo pochi secondi,  ma bastò a far aumentare la mia frequenza cardiaca e a lasciarmi con le farfalle nello stomaco.

 

Non riuscimmo a dire o fare altro perché la porta si aprì e l'infermiera - che avevo scoperto si chiamava Sydney - entrò. Sembrò un po' perplessa quando i suoi occhi caddero su di noi e arrossii quando si rese conto che la nostra posizione sembrava un po' compromettente.

 

"Mi dispiace interrompervi," disse con un sorriso che diceva che sapeva cosa stava succedendo, "mi stavo chiedendo se volete che lo prenda adesso."

 

Guardai il bambino e mi accigliai. Non volevo che venisse portato via, non in quel momento, ma allo stesso tempo ero stanco,  così stanco che sapevo mi sarei addormentato subito, e preferivo che non accadesse mentre lo avevo in braccio. 

 

"Si, va bene," dissi e mi spostai per ottenere una migliore presa su di lui, mentre lo sollevavo. Stava ancora dormendo, sembrava una bambola tra le mie braccia e posai un bacio sulla sua testa, mormorando un 'notte, piccolo' prima di tenderlo a Sydney.

 

"E io? Perché non posso dargli la buonanotte?" disse Harry, scandalizzato.

 

"Hai un corpo funzionante, puoi alzarti e farlo," ragionai.

 

Scosse la testa indignato. "Mi dice che devo alzarmi," mormorò, "ero comodo e tutto."

 

Il suo processo di 'buonanotte' non fu più veloce del mio; trascorse due minuti ad accarezzare tutte le parti del corpo del bambino, accarezzandogli le braccia e mormorando una serie di parole morbide: "dormi bene, dolcezza, stai al sicuro, si?" volevo prenderlo in giro per quello, perché davvero, che cosa poteva fare un neonato per mettersi in pericolo? Sembrava così preso, però, così perso nei suoi pensieri e dalla vista di fronte a lui, che non ebbi il cuore di fare qualcosa per interromperlo. 

 

Quando Sydney lasciò la stanza con il bambino tra le braccia, Harry riprese il suo posto accanto a me sul letto e io non esitai a stringermi vicino a lui e a chiudere gli occhi. Aveva uno strano odore, a dire il vero, probabilmente a causa del fatto che era sveglio da ventiquattro ore, avendo avuto a che fare con vari liquidi che gli erano caduti addosso, senza avere l'opportunità di farsi una doccia dopo.

 

"Penso che dovresti tornare a casa," dissi con uno sbadiglio, "hai un odore strano e devi essere esausto."

 

"Non ti lascerò qui," disse, "voglio esserci se dovesse succedere qualcosa."

 

"E cosa, non ti farai una doccia o dormirai o altro?"

 

"Posso dormire qui con te, no?" sembrava divertito per qualche motivo a me sconosciuto.

 

"Il letto è un po' piccolo," commentai, non realmente convinto; la verità era che non volevo mi lasciasse. Ma volevo che si facesse una doccia, comunque.

 

"Sopravviveremo," disse, e lo sentii allungarsi. Lasciai uscire un respiro di sconforto quando si alzò dal letto, costringendomi a usare i cuscini. "Non guardarmi così," aggiunse quando gli mandai uno sguardo tradito, "adesso vado a fare una doccia in modo che non soffochi nella mia puzza."

 

"Nella tua puzza?" dissi, "un miscuglio di cacca e latte direi."

 

Incrociò le braccia al petto. "Ho dovuto cambiare i suoi pannolini senza l'aiuto di mia madre, lei si limitava a restare ferma e a ridere. Mi sono sentito violato."

 

"Si, dalla cacca di neonato."

 

Cercò di mantenere uno sguardo minaccioso, ma gli angoli della sua bocca si alzarono. 

 

"Come vuoi," disse, "stai qui e fai un buon sonnellino, andrò a fare una doccia, okay?"

 

Sorrisi ampiamente. "Certo. Assicurati di sbarazzarti di tutta la puzza." Ricambiò il sorriso e si voltò per uscire quando mi ricordai di una cosa. "Ehi, hai qualche cambio?"

 

Si voltò con uno sguardo confuso sul viso. "Cosa intendi?"

 

"Io- beh, se dormi qui, hai bisogno di qualcosa per dormire, no?"

 

Lui scrollò le spalle. "Pensavo di dormire nudo, è quello che faccio di solito."

 

"Harry! Siamo in un ospedale, non puoi-" notai il sorriso crescente nel suo viso, così chiusi la bocca e gli mandai uno sguardo acido.

 

"Mamma mi ha portato dei vestiti quando è venuta con Connor e Adrian," disse facilmente, "mi ha anche portato dei pantaloni del pigiama."

 

"Hai dei pantaloni del pigiama?" ero davvero sorpreso.

 

"No, penso sia andata a comprarmeli," disse con uno sguardo pensieroso. Rimase lì per qualche secondo prima di girarsi per la seconda volta e avvicinarsi alla porta, aprirla e scomparire dalla mia vista.

 

La stanza era molto tranquilla, molto vuota e molto fredda quando non c'era nessuno a farmi compagnia, e mi resi conto che era la prima volta che ero completamente solo in nove mesi. Mi guardai lo stomaco, coperto da uno spesso strato di lenzuola e la mia bocca si piegò verso il basso quando mi accorsi che non c'era più niente, solo uno stomaco da persona in gravidanza che in realtà non era più in gravidanza.

 

Non avevo nessuno con cui parlare.

 

Forse era ridicolo, perché non era come se ricevessi delle risposte quando parlavo con il bambino settimana dopo settimana, ma almeno era lì e mi offriva un calcio o un colpo di tanto in tanto, facendomi sapere che non ero completamente solo. Adesso non era lì, però, il bambino. Non era nemmeno nelle mie braccia, era in una stanza senza di me, tutto solo e senza nessuno che si prendesse cura di lui. Okay, forse era un po' esagerato, ma comunque - non era lì con me.

 

Quando Harry tornò, i suoi capelli erano bagnati e indossava un paio di pantaloni del pigiama di flanella blu e nero - senza biancheria intima sotto - e io piagnucolavo, arricciato su me stesso e con il viso sepolto sul cuscino. 

 

"Lou?" disse con cautela mentre si avvicinava al letto, "cosa c'è che non va?"

 

Alzai lo sguardo e tirai su con il naso. "Non è qui," dissi freddamente.

 

Si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi con occhi preoccupati. "Chi non è qui?"

 

"Il bambino," risposi, "non è qui, è tutto solo e... non è qui con me."

 

"Non è solo, Lou," disse con un sorriso mentre metteva le gambe sul letto, "ci sono altri neonati, e gli infermieri sono lì per nutrirlo e cambiarlo e tutto, sta bene."

 

"Si, ma non è qui," mormorai tristemente, "dovrebbe essere qui, con me e te, non con alcuni sconosciuti. Si prenderanno cura di lui e tutto, ma non è dove dovrebbe essere." Lo guardai, e fui un po' sorpreso di trovarlo con le sopracciglia sollevate e un'espressione condiscendente sul viso.

 

"Odio davvero infierire quando sei giù di morale," disse mentre passava una mano sulla mia - probabilmente unta— frangia, "ma quello che hai appena detto e ciò che sto cercando di dirti da molto tempo e che tu hai rifiutato di ammettere."

 

Aggrottai la fronte. "Cosa intendi?"

 

"Ti sto dicendo da mesi che voglio tenerlo perché l'idea di altre persone che lo crescono mi fa male e che lui dovrebbe stare con noi. Anche tu l'hai appena detto, sai."

 

"Io- no, non è quello che ho detto," protestai debolmente, "volevo solo dire che io... lo voglio qui con me, non in una stanza diversa in cui non riesco a vederlo."

 

La sua espressione si trasformò in triste ed esasperata. "Davvero odio dover essere io a dirtelo, piccolo, ma... guardati." Fece una pausa per un secondo, guardando la mia espressione, e sospirò.

 

"Sei quasi isterico e stai piangendo perché è a dieci metri da noi. Come pensi che ti sentirai quando andrà con un'altra coppia e non potrai più vederlo?"

 

"Non dire così," dissi, scuotendo lentamente la testa e rifiutandomi di incontrare il suo sguardo, "non è- non voglio parlare di questo, Harry, per favore."

 

"Ti stai contraddicendo," disse, "e non aiuta affatto, perché dobbiamo prendere la nostra decisione abbastanza velocemente."

 

Mi morsi forte il labbro tremante per impedirmi di cominciare a piangere. "Smettila di forzarmi," dissi, la voce bassa, "non voglio pensarci, tanto meno parlarne."

 

"Porca puttana, Lou!" esclamò, "tutto quello che stai facendo è rifiutarti di affrontare ciò che dobbiamo affrontare!"

 

"Avevo già affrontato questo argomento, ma poi sei venuto e ti sei rifiutato di accettare di darlo in adozione!"

 

Strinse la mascella. "Questo non cambia il fatto che sarai completamente distrutto se lo daremo in adozione."

 

"Lo stai solo dicendo per ottenere ciò che vuoi," dissi freddamente, guardandolo sfacciatamente negli occhi.

 

Lui annuì lentamente, come se stesse metabolizzando le mie parole. "Okay, quindi non è vero?" disse, "starai bene se lo daremo?"

 

Girai lo sguardo e deglutii. Nessuna risposta venne fuori perché ero abbastanza sicuro che la mia voce si sarebbe spezzata se solo avessi provato a parlare. Invece scossi la testa e avvolsi le mie braccia attorno al mio corpo.

 

"Non starai bene, Lou," disse tranquillamente dopo un lungo silenzio, "sarai devastato. Non lo dico solo perché voglio tenerlo io, lo dico perché non riesco a sopportare l'idea di perderle lui e vedere te depresso allo stesso tempo. Non voglio vederti soffrire così, e credo tu soffrirai per tanto tempo, se lo daremo all'agenzia di adozione."

 

Naturalmente avrei sofferto, lo sapevo perfettamente, ma questo non cambiava il fatto che non potevo permettermi di essere egoista in quella situazione. Era troppo grande, troppo importante per me per prendere in considerazione i miei sentimenti. "Sarebbe così egoista tenerlo, Harry," sussurrai.

 

"Non sarebbe egoista, non quando sappiamo che possiamo prenderci cura di lui," si agitò per un momento prima di accostarsi e premere la fronte contro la mia, "e non sei egoista per pensare al tuo bene, sai." Fece una pausa e lo sentii inghiottire prima di continuare. "Sono... sono spaventato che finirai depresso se lo daremo via, e... mamma è d'accordo con me."

 

Sbattei le palpebre e mi tirai su un po' per poterlo guardare correttamente. "Che cosa-"

 

"Abbiamo parlato di questo quando eri in doccia," mi interruppe, "e lei è d'accordo con me che cadrai... a pezzi se lo daremo in adozione."

 

"Non lo sai," dissi, ma non uscì convinto, "forse starò bene dopo qualche giorno."

 

"Forse," disse, "ma ne dubito."

 

"Grazie per la fiducia," mormorai.

 

Sorrise e mi baciò la punta del naso. "Ne parliamo domani quando arriva mia mamma, okay? Forse sarà più facile prendere una decisione con un adulto presente."

 

Annuii tranquillamente e mi spinsi un po' più avanti. "Pensi che potremmo... sai, andare a prenderlo?" mormorai nel suo petto, "tipo, possiamo averlo qui stanotte?"

 

"Vado a chiedere," rispose e mi baciò rapidamente la fronte, prima che si alzasse dal letto e uscisse dalla stanza. Non ebbi il tempo di immergermi nella mia solitudine quella volta, perché tornò dopo soli tre minuti insieme a Sydney, che spingeva la piccola culla di vetro.

 

"Non riesci a stargli lontano per tanto tempo, vero?" disse con un sorriso.

 

Mi sedetti rapidamente nel letto, facendo una smorfia di dolore alla fitta del taglio sul mio stomaco e allungai il collo per vedere il bambino.

 

"Non sforzarti," disse Harry con un sorriso mentre prendeva il bambino e lo metteva sul petto. Mentre Sydney metteva la culla sul lato sinistro del letto ad un metro di distanza dal comodino, Harry si avvicinò e si sedette accanto a me. Sollevai le braccia immediatamente, facendo capire ad Harry di metterlo lì. Con un sorriso e uno sguardo rapido verso il bambino, Harry lo porse attentamente verso di me, e lo cinsi con una mano posata nella parte posteriore della sua testa.

 

"Ehi, piccolo," mormorai dolcemente, "scusa per tutte queste manovre."

 

Lui, naturalmente, non disse né fece niente visto che dormiva ancora, e sospirai felicemente. "Mi sei solo mancato, tutto qui," aggiunsi tranquillamente mentre lo poggiavo sulla mia spalla. Fece un piccolo rumore e sentii le sue manine, strette in due pugni, riposare sul mio petto, ma continuava a dormire.

 

Almeno non l'avevo fatto piangere per la seconda volta quel giorno.

 

 

Note traduttrice:

Ciao bella gente, chiedo immensamente scusa per il ritardo, ma ero a Londra a vedere il mio bellissimo bambino (sto ancora piangendo in realtà), anyway, ce l'ho fatta a pubblicare.

Probabilmente il prossimo capitolo lo inizierò a tradurre quando tornerò da Milano domenica prossima, giusto per avvisarvi.

Baci, Fra.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: shiningreeneyes