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Autore: lost in books    06/11/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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32
 
Lavi tirò un sospiro di sollievo quando sentì il rumore dell’incantesimo, scagliato dall’adepto che aveva appena ucciso, scontrarsi contro il muro di ghiaccio che aveva eretto.
“Che cosa sei?” gridò nel panico uno degli adepti “Uno spirito? Un’umana? Cosa?”
Lavi si risollevò da terra e si rivolse al mago con un ghigno sul volto “Nessuno dei due”
Con uno scatto fulmineo si portò alle spalle dell’uomo, che ebbe a malapena il tempo di rendersi conto di quello che stava per succedergli, e gli tagliò la gola.
Gli adepti rimasti erano furiosi ma, dal modo in cui la guardavano, Lavi aveva capito che non c’era solo rabbia in loro, ma anche paura.
“Coraggio, fatevi sotto. Chi è il prossimo?” li istigò.
“Maledetta!” urlò una donna che lanciò subito una magia contro di lei. Lavi non ebbe alcuna difficoltà a schivarla, i suoi movimenti erano fluidi, come l’acqua, e i suoi colpi precisi e letali. La donna che aveva provato a colpirla cadde a terra, un coltello da lancio, l’ultimo che la rossa aveva, conficcato all’altezza del cuore.
Ne rimanevano altri cinque.
I suoi nemici, avendo capito di essere di fronte ad un’avversaria ostica, decisero di fare fronte comune e di aiutarsi a vicenda, ma nonostante tutto, lei era troppo veloce, troppo forte e, senza apparente sforzo, era in grado di generare cristalli di ghiaccio a piacimento per attaccarli a distanza. Era tutto inutile.
Ora ne rimanevano soltanto due.
Preso dal panico, uno dei due ancora in vita cercò di scappare ma Lavi, accortasi di ciò, batté il tacco dello stivale a terra. Una scia di ghiaccio si avvicinò rapidamente all’uomo e, una volta raggiunto, lo racchiuse in una morsa ghiacciata, solo la testa libera da essa.
Lavi si avvicinò camminando lentamente, noncurante dell’unico altro avversario ancora libero di muoversi.
“Ti prego, non farlo. Mi arrendo alla Resistenza”
La rossa sollevò la sua daga, stava per colpirlo ma, quando ormai era a solo qualche millimetro dalla sua gola, si fermò.
La vecchia Lavi non avrebbe esitato, lo avrebbe ucciso senza farsi alcun problema, ma l’ultimo periodo passato con Serena, i fratelli Jarrell e la Resistenza l’aveva cambiata.
Abbassò la sua arma, decisa a risparmiarlo, quando vide il volto spaventato dell’uomo tramutarsi in un ghigno vittorioso.
Fu allora che Lavi sentì un dolore alla spalla destra, qualcosa si era attaccato alla sua pelle.
Si voltò e vide l’altro superstite con un braccio teso; era stato lui a colpirla.
Si guardò la spalla e vide una specie di ragno meccanico. Aveva strappato la camicia che portava attaccandosi alla sua carne, tingendola del suo sangue.
“Non so cosa sei esattamente ma visto che il tuo occhio sinistro è come quello di uno spirito ora non dovresti più essere in grado di muoverti. È fatto apposta per metterli fuori gioco”
Lavi era immobile, si fissava la spalla colpita.
L’adepto sorrise, preparandosi a scagliare un attacco abbastanza potente da eliminare la sua avversaria, quando lei scoppiò a ridere.
“Ti è andato di volta il cervello per caso?” la risata senza freno della donna stava facendo innervosire sempre di più l’adepto.
“Si può sapere cosa hai da ridere?” chiese quello ancora incastonato nel ghiaccio.
La risata di Lavi si fermò di colpo e, per lo stupore dell’uomo, lei mosse il braccio in cui stava stringendo la daga, lo stesso su cui era conficcato il ragno meccanico, e gli trapassò la gola.
La donna si voltò verso l’ultimo rimasto.
“Che cosa?!”
“Allora non mi hai proprio ascoltata prima” cominciò a camminare verso il mago, che prese ad arretrare, fino a che la sua schiena non incontrò qualcosa di freddo, il muro di ghiaccio che lei aveva eretto prima.
“Questi cosi non hanno effetto su di me” detto quello Lavi, utilizzando la daga, staccò il ragno dalla sua spalla senza battere ciglio.
“Come è possibile? Che cosa sei!” Lavi era ormai di fronte all’uomo che non aveva più modo di scappare, come un predatore che ha messo all’angolo la preda.
“L’impossibile” gli rispose lei, prima di trapassare il suo corpo con la lama.
 
Il ghiaccio che li aveva protetti fino a quel momento cominciò ad evaporare, rivelando l’esito dello scontro.
Gli adepti che li avevano attaccati erano tutti morti, solo Lavi era rimasta in piedi ed ora si trovava proprio davanti a loro, un braccio teso a toccare ciò che rimaneva del muro di ghiaccio. Era lei che lo stava dissolvendo.
Una volta che il ghiaccio fu completamente sparito, Serena poté osservare bene colei che li aveva protetti.
“Lavi, sei ferita!” la donna si era subito accorta del sangue sulla camicia di Lavi all’altezza della spalla.
“Non è niente” rispose la rossa spostando il lembo strappato per mostrarle la pelle martoriata “non sta già più sanguinando”
Serena si sentì sollevata “Dimenticavo che guarisci più in fretta del normale”
Lavi le sorrise ma ben presto la voce di Caio catturò la sua attenzione.
“Ma che razza di occhio è quello? Non è umano… aspetta, credevo fossi umana. Sei umana, vero?” il maggiore la guardava come se lei gli avesse appena detto che tutte le certezze che aveva nella vita fossero menzogne. Anche Tullio la stava guardando cercando di non far trapelare troppo lo stupore; l’unico dei tre che non la stava osservando come se le fosse spuntata un’altra testa era Emil.
La rossa si grattò la testa “Ora non c’è tempo per le spiegazioni, dobbiamo andarcene da qui” e, con sguardo dubbioso, aggiunse “e poi dubito che Caio sia in grado di capire in ogni caso”
“Ehi!” disse il preso in causa; Serena e gli altri due fratelli riuscirono a stento a trattenere il sorriso.
Lavi li guardò sollevata. Erano tutti sani e salvi, persino la ragazza spirito sembrava stare meglio. Serena era un bravo medico, aveva avuto modo di appurarlo lei stessa.
“Sera, come ti senti? Riesci a muoverti?” chiese Serena.
“Fa ancora male ma posso sopportare il dolore senza svenire” rispose la giovane, poi i suoi occhi rossi incontrarono quelli di due colori diversi di Lavi.
A differenza di Caio e Tullio, lei aveva capito quello che la donna era veramente, anche se era evidente che la cosa aveva stupito anche lei.
“Forza, andiamocene” ribadì Lavi. Erano ancora in un campo di battaglia in fondo, non proprio il posto migliore dove fermarsi.
Emil si avvicinò a Serena per aiutarla a sorreggere Sera ma quando tornò a guardare nella direzione in cui si trovava Lavi, i suoi occhi si sgranarono.
La rossa, vedendo l’espressione del ragazzo, si voltò e i suoi occhi incontrarono un uomo incappucciato, sorretto da un bastone e con metà del suo volto coperto da una maschera.
“Darcel” disse lei.
Il nuovo arrivato stava guardando a terra, dove si trovava abbandonata la benda che Lavi portava di solito sull’occhio sinistro.
“Dovevo capirlo subito. Avevo qualche sospetto quando ti ho vista per la prima volta al castello ma ora ne ho la certezza. Tu sei la figlia della traditrice. Era così ovvio, le assomigli pure”
“Che cosa…” era stata Serena a parlare, la sua voce così bassa che anche Lavi, piuttosto vicina a lei, fece fatica a sentirla.
Lavi non poteva voltarsi per vedere la reazione alle parole del Gran Maestro sul volto di coloro che ormai aveva cominciato a considerare degli amici, sarebbe stato troppo imprudente, ma sapeva che ora, non solo i tre fratelli, ma anche Serena, le avrebbero chiesto delle spiegazioni.
In quel momento aveva altro a cui pensare, come trovare il modo di farli allontanare da lì.
“Lo sai, tua madre mi ha fatto un favore quando è scappata facendo evadere quello spirito dell’acqua.
Suo padre, il mio predecessore, era così infuriato dalla sua fuga e ossessionato dall’idea di fargliela pagare per l’affronto subito che per me è stato più facile del previsto convincere il resto degli adepti a spodestarlo”
“È per questo che hanno smesso di darmi la caccia all’improvviso, allora”
“Esatto. Diciamo che non eri la mia priorità, ma visto che sei qui, ora ne approfitterò per catturarti. Sei la sola mezzosangue, figlia di un umana e uno spirito, mai vissuta, in fondo. Sei unica nel tuo genere, non vedo l’ora di studiarti”
“Aspetta, umani e spiriti non possono avere figli…” era stato Caio a parlare, apparentemente sempre più confuso, dal tono che aveva la sua voce.
“Non è il momento per le spiegazioni!” disse secca Lavi, sempre senza staccare gli occhi da Darcel “Dovete andarvene da qui”
“Mi dispiace contraddirti, ma ho un conto in sospeso con quella ragazzina” si intromise il mago.
“Dov’è Iliana? Che cosa le hai fatto?” disse Sera con il poco di voce che aveva.
“Non preoccuparti per lei. È in compagnia del mio signore”
“Siete dei mostri! Che cosa volete da lei?” Sera provò ad alzarsi, voleva attaccarlo, ma ricadde subito fra le braccia di Serena.
Darcel rimase in silenzio. Sembrò ponderare l’idea di rispondere alla domanda, in fondo non gli costava nulla.
Nessuno si muoveva, tutti aspettavano di vedere chi avrebbe agito per primo, quando Darcel finalmente parlò, la voce flebile a causa della sua salute.
“Siamo entrambi interessati a lei, ma i nostri motivi sono differenti. Quella del mio signore non penso si possa definire in altro modo se non ossessione, almeno per quanto ho potuto vedere. Mentre nel mio caso si è sempre trattato di sete di conoscenza. Volevo capire che cosa nascondeva la sua condizione, capirne a fondo la causa”
Il mago strinse con più forza il bastone oscuro “Sapete, ho sempre visto quello che Iliana definisce una maledizione come un dono. Essere immortale, sopravvivere a qualsiasi cosa, avere tutto il tempo di questo mondo per fare quello che vuole.
Pensate che quando ero solo un bambino lei era per me fonte di ispirazione, volevo diventare un grande mago come lei. L’unica cosa che la mia mente non riusciva a comprendere era proprio il suo modo di vedere il potere straordinario che aveva ottenuto.
Così, con il passare degli anni, ho cominciato a pensare che se lei non riusciva ad apprezzare quel dono, forse ci sarei riuscito io.
Una volta diventato Gran Maestro degli adepti ho tentato e ritentato di catturarla ma ho sempre fallito, fino a che non ho iniziato a lavorare con il mio attuale sire”
L’uomo fece una pausa, la mano che stringeva il bastone ora tremante, ma non per la paura. Quella che pervadeva il suo corpo non era altro che eccitazione.
“È stato solo quando ho potuto studiarla che ho capito il motivo del suo astio nei confronti della sua situazione”
“Che cosa vuoi dire?” chiese Sera, la sua attenzione completamente catturata dal racconto.
“Vedo che ti ho incuriosita, ragazzina” disse Darcel “Allora considera le mie prossime parole un mio dono di addio prima che ti tolga la vita”
La fronte di Sera si aggrottò per la rabbia, il Gran Maestro oscuro era per lei una presenza insopportabile.
L’uomo mosse le labbra, le sue voce flebile fra le tante grida in quel luogo di morte e violenza, ma quando le sue parole finalmente la raggiunsero, il suo volto corrucciato non poté far altro che sgranarsi per ciò che aveva udito.
 
La terra tremò nel punto dove fino a qualche secondo prima si trovava Iliana. Il fendente, caricato dalla magia dell’aria di una gemma spirituale in possesso di Lucien, aveva crepato il terreno e sollevato polvere tutto intorno.
“Non puoi schivare i miei colpi per sempre. Arrenditi e basta!” urlò il re.
Nascosta dalla cortina di sabbia sollevata dall’ultimo attacco, Iliana sapeva che Lucien aveva ragione. Prima o poi avrebbe fatto un passo falso e sarebbe stata colpita e questa volta non le avrebbe dato tempo per riprendersi. Non poteva neanche attaccarlo con la magia finché stringeva Aoguard nelle sue mani, in grado di assorbire l’energia delle magie lanciate su di essa e usarle a proprio vantaggio.
Doveva trovare un modo per togliere la spada dalle sue mani, e in fretta.
Ben presto capì che in quel momento le rimaneva solo un modo di combattere.
Tirò fuori dallo stivale il pugnale che portava sempre con sé. Era suo dal tempo in cui aveva intrapreso il suo primo viaggio per recuperare i frammenti. L’unico motivo per cui non lo aveva perso quando era stata catturata e messa in prigione ad Anthemis era perché, un attimo prima di perdere conoscenza al momento della cattura, aveva usato la magia per trasportarlo in un luogo sicuro. Quando era scappata con Sandir e aveva raggiunto la Resistenza guidata da Leon, una volta da sola, l’aveva fatto riapparire fra le sue mani. Non avrebbe lasciato prendere a nessuno quell’oggetto così importante per lei. Era con quello che aveva imparato a combattere senza usare la magia ed era un regalo di una persona molto importante per lei, la più importante. E quel giorno, la chiave per la riuscita del suo piano.
La polvere stava svanendo e Lucien e Iliana furono di nuovo in grado di vedere chiaramente ciò che stava intorno a loro.
Il re aveva già tirato fuori un’altra gemma spirituale e ne stava drenando l’energia nella spada. Della gemma ben presto non rimase niente.
“Lucien!” gridò la maga, attirando l’attenzione dell’interessato “te lo chiedo un’ultima volta. Ritira i tuoi uomini e farò tutto ciò che posso per rimettere a posto le cose. Ti aiuterò…”
“Smettila, lo sai anche tu che non è possibile. La notte in cui te ne sei andata era già troppo tardi”
C’era dolore oltre alla rabbia negli occhi del giovane re; a quella vista per Iliana fu come se una mano invisibile le stesse stringendo il cuore.
“Dovevo andarmene. Ma non potevo sapere che quel giorno sarebbe anche giunta la notizia della morte di tuo padre. Se lo avessi saputo…”
“Cosa? Saresti restata? E per quanto? Alla fine mi avresti lasciato solo comunque”
“Lucien…”
“Non hai idea di cosa ho provato quel giorno” la interruppe lui, la voce carica di risentimento “Non solo ho perso mio padre, ma anche la persona a cui tenevo di più al mondo. E lo vuoi sapere qual è la cosa più triste…sei ancora la persona a me più cara” i suoi occhi si addolcirono per un istante e, mettendo una mano su una tasca, ne tirò fuori un oggetto. Una volta rivolto il palmo della mano aperta davanti a lei, Iliana si rese conto che non era altro che la forcina che Lucien le aveva regalato anni prima, ancora in perfette condizioni “Anche se ci ho provato più e più volte in questi anni, non sono mai riuscito a liberarmene”
Prima che la maga potesse fare o dire qualsiasi cosa, la mano del re si strinse sull’oggetto che fu presto rimesso al suo posto, gli occhi di Lucien erano di nuovo pieni di rancore “Per me è diventato un promemoria. Ogni volta che lo guardo ripenso a quel giorno in cui te ne sei andata e il solo pensare a quel momento fa male come la prima volta” la mano con cui teneva la spada si strinse intorno all’elsa con più forza “e per farti capire quello che ho provato io, ucciderò tutti i tuoi amici, uno ad uno, fino a che non rimarrai da sola. Mi sembra equo, non trovi?”
“Mi dispiace” fu ciò che uscì dalle labbra della donna.
“Come?” fra tutte le reazioni che il giovane re si aspettava in quel momento, quella non era decisamente ciò che si immaginava.
“Se avessi fatto più attenzione, se fossi stata una persona migliore, tutto questo non sarebbe successo”
“Tutto quello che ho fatto, lo avrei fatto comunque, non capisci? Se non fosse stata Rafflesia, sarebbe stato un altro regno a cospirare contro il mio. Qualcun altro avrebbe cercato di farti del male…”
“Me ne sarei dovuta andare prima ancora”
“Non sarebbe cambiato niente!” la rabbia che il re provava sembrò dissiparsi per essere sostituita dalla rassegnazione “Non ti è ancora chiaro? Niente. Tutto quello che ho fatto era inevitabile. Tutto quello che ho fatto era per te, per proteggerti”
“No” Iliana scosse la testa, le lacrime sul punto di cadere “Non è così”
“È così invece. Lo sai bene anche tu perché sei la persona che mi conosce meglio di tutte e lo stesso vale per me nei tuoi confronti. Ilia, io ti…”
“Basta!” la voce della donna coprì il resto delle sue parole “Smettila” ma Lucien non volle ascoltarla, voleva che lei sapesse quello che provava uscire dalle sue labbra.
“Lo ho sempre fatto. Dal primo giorno in cui ci siamo incontrati, anche se ancora non me ne rendevo conto”
La maga rimase completamente immobile, solo le lacrime a scorrerle sul viso. Lucien mosse un passo verso di lei ma non fece niente per attaccarla, tutt’altro, le tese una mano.
“Adesso sono io che voglio chiedertelo per l’ultima volta. Ilia, vieni con me, torna ad Anthemis. Devi fidarti di me, so quello che sto facendo”
Iliana aveva sentito quello che aveva da dirle ma le parole in risposta non sembravano voler uscire dalla sua bocca. Nella sua mente c’era un unico pensiero: è tutta colpa mia.
Se non avesse accettato l’incarico offertole dal padre di Lucien, se non si fosse affezionata a lui e lui a lei, se avesse svolto il suo incarico con più attenzione…ormai era troppo tardi per cambiare le cose, le loro idee, scelte e azioni troppo diverse.
“Lo sai che non posso farlo” la sua voce usciva a fatica, ogni parola le faceva male, ferirlo gli faceva male, perché, nonostante tutto, teneva a lui.
“Come hai già detto, ti conosco troppo bene per non pensare che tu non abbia un piano diverso da quello dei tuoi alleati, ma io non posso farne parte. Tengo molto a te ma quello che provo non è lo stesso che tu provi nei miei confronti”
“Non mi lasci altra scelta allora” con un’espressione sconfitta in volto, Lucien si preparò ad attaccarla “non ti permetterò di andartene di nuovo, che tu lo voglia o no, anche se dovrò farti del male”
La donna si asciugò velocemente gli occhi e, decisa a fermare il suo vecchio allievo, disse “Non mi aspettavo nient’altro”
 
Senza perdere tempo, Lucien fendette l’aria con la spada, in direzione della maga. Il colpo aveva alzato di nuovo la sabbia, ma non abbastanza da nascondere la donna, che aveva evitato il fendente e stava correndo verso di lui a tutta velocità. Non aveva usato tutta l’energia contenuta nell’arma in quel colpo e così squarciò nuovamente l’aria, ma Iliana sembrava riuscire a schivare ogni attacco che lanciava. Era determinata a vincere tanto quanto lui.
La sabbia sollevata dai colpi ben presto rese impossibile vedere, e non poteva affidarsi all’udito con tutto il frastuono della battaglia intorno a lui.
Pensò di fendere l’aria verso l’alto con la spada per allontanare le sabbia ma non ebbe il tempo di mettere in pratica la sua idea. Aveva percepito la sua presenza all’ultimo istante ma per quanto i suoi riflessi fossero buoni, lei era troppo vicina per riuscire a schivare il pugnale che stringeva saldamente in mano.
 
Come sperava, Lucien aveva sollevato un gran polverone. Si era impegnata per riuscire a  schiavare i suoi attacchi, il suo piano dipendeva da quello. Conoscere il suo modo di combattere, visti gli anni trascorsi in sua compagnia, la aiutò parecchio. Ora che la sabbia nascondeva la sua posizione, doveva approfittarne. Lo localizzò con la magia e, tirato fuori il suo pugnale dalla manica in cui lo aveva nascosto prima, si lanciò all’attacco.
Gli fu presto chiaro dall’espressione stupita di Lucien che non sarebbe riuscito a schivare, lo aveva in pugno.
Stava per colpirlo quando la sua mente fu invasa dai ricordi: quando si erano conosciuti, il tempo che avevano trascorso insieme…
Le sarebbe bastato colpirlo in un punto vitale e quella stupida guerra avrebbe avuto fine. Ma non sarebbe mai riuscita a fare una cosa del genere, non l’avrebbe mai preso in considerazione. Puntò il pugnale verso la mano con cui Lucien stringeva la spada e colpì.
La sua lama incontrò la mano di lui, che mollò la presa sull’arma. Ci era riuscita, ora poteva usare la magia per attaccare. Lo guardò, ma invece di incontrare una faccia sorpresa, lo vide sorridere.
Lucien, incurante del dolore che si sarebbe procurato, afferrò la lama del pugnale e la strinse in un pugno, ferendosi, e con l’altra mano le afferrò il polso della mano libera.
Un dolore acuto si propagò dal suo polso espandendosi velocemente lungo tutto il braccio e poi sul resto del suo corpo.
La maga perse la presa sull’impugnatura e fu solo grazie alla forza che Lucien esercitava sul suo polso se lei non piombò a terra. Il re lasciò cadere il pugnale con un tonfo sulla sabbia e poi lasciò andare anche lei. Le gambe le cedettero e si ritrovò subito sdraiata a terra.
Ancora dolorante, mosse la testa per vedere bene la mano che le aveva stretto il polso: non c’era niente di strano. Lucien non aveva usato un artefatto o qualche altra cosa per ferirla. Quella specie di scossa che aveva pervaso il suo corpo proveniva direttamente dal semplice tocco della mano di Lucien.
La cosa ancora più strana era che lei aveva già provato una sensazione simile in passato e il particolare tipo di energia che aveva percepito nel re aveva qualcosa di familiare.
Mentre lei stava cercando di capire cosa fosse successo, Lucien ne approfittò per guardarla dall’alto in basso, un ghigno vittorioso sul volto.
“Ilia, pensavi davvero che ti avrei lasciato vincere tanto facilmente?” si passò la mano coperta di sangue su una manica e poi la rivolse verso la donna, che sussultò nel vederla guarita completamente. Non rimaneva niente della ferita.
Vedendo lo shock dipinto sul viso della maga, lui scoppiò a ridere “Questo non te lo saresti mai aspettato”
“Come è possibile?” biascicò lei.
“Vuoi sapere come riesco a guarire in fretta come te?”
In cuor suo Iliana aveva un’idea di cosa Lucien avesse fatto ma non voleva contemplare una cosa del genere, perché se lui le avesse dato ragione, allora aveva fatto una cosa davvero irresponsabile, della cui pericolosità si potevano rendere conto solamente lei ed i suoi vecchi compagni.
“Lo sai, è tutto merito tuo se Darcel è riuscito a farmi ottenere questa forza. Ci stavamo lavorando da anni ma è stato solo grazie allo studio della tua particolare condizione se ha funzionato”
A quelle parole, Iliana si morse il labbro inferiore con forza per il nervosismo. Quando era stata catturata, Darcel doveva aver capito cosa le era successo, come temeva, e doveva aver anche rivelato a Lucien l’origine della sua maledizione, non poteva essere altrimenti.
“Quando Darcel mi ha detto cosa ha scoperto, ho finalmente capito perché non riesci ad accettare ciò che ti è successo. Dopo tutto quello che hai fatto per fermare l’Oscurità, sapere che una piccola parte di essa dimora nel tuo corpo dev’essere stato un colpo tremendo”
 
“Non è vero, non ti credo” disse Sera.
“Credermi o no è una scelta tua, morirai comunque” sogghignò Darcel. Poi puntò il bastone oscuro e lanciò un incantesimo verso la ragazza e i suoi alleati.
Un rumore assordante si propagò tutt’intorno. Un muro di ghiaccio molto spesso aveva fermato l’attacco, anche se per un pelo.
“Sei veramente forte, nemmeno uno spirito nel pieno delle forze sarebbe riuscito a bloccarlo” commentò il mago, impressionato.
“Beh, sono una ragazza piena di sorprese” gli rispose Lavi per poi rivolgersi ai suoi “Che aspettate? Andatevene mentre lo tengo occupato”
La rossa sperò che nessuno avesse colto la fatica nella sua voce ma non fu così fortunata. “Lascia che ti aiuti. È troppo forte” disse Serena preoccupata.
“No, tu devi pensare alla piccoletta. Lui è mio” senza che lei lo volesse, un sorriso ferino le increspò le labbra. Sentiva la mancanza di una sfida vera e propria, inutile nasconderlo.
“No”
“Emil!” gridò Lavi.
Il ragazzo colse il suo messaggio senza bisogno di ulteriori parole. Tolse Sera dalle braccia di Serena e la prese in braccio, poi guardò i suoi fratelli. I due mossero qualche passo verso la principessa ma prima che potessero anche solo sfiorarla, lei si alzò in piedi da sola “E va bene, hai vinto tu” disse rivolta a Lavi.
“Fidati di lei, sa quello che fa” la rassicurò Caio.
“Lo spero” concluse Serena.
Il ghiaccio si era appena sciolto del tutto quando i tre fratelli e le due ragazze cominciarono a muoversi.
“Non così in fretta” Darcel puntò il bastone, ma quando stava per lanciare il suo attacco, una freccia fatta di ghiaccio urtò l’oggetto. Non era stata sufficientemente forte da fargli perdere la presa, ma era stato abbastanza da deviare l’attacco, finito a vuoto.
Darcel si voltò verso la figlia della traditrice.
Lei stava sorridendo beffarda e, facendogli segno di no con l’indice, disse “La tua avversaria sono io. Fatti sotto”   
 
Che qualcuno scoprisse ciò che aveva rivelato solo ai suoi vecchi amici e compagni era la sua paura più grande, una cosa che non voleva nessun’altro sapesse, soprattutto persone a cui si era affezionata, persone come Lucien.
“Non sono in molti quelli che capirebbero. La maggior parte ti volterebbe le spalle, si farebbe prendere dal panico sapendo che una parte di ciò che tutti temono è rimasta qui. Ma per me non è un problema, l’Oscurità non mi spaventa” continuò il re.
“Ciò che ha stupito sia me che Darcel era il fatto che tu sia sopravvissuta a quello che ti è successo. Nessuno dovrebbe poter resistere ad una cosa del genere, nemmeno il primo re degli spiriti ci è riuscito. Non so cosa è successo esattamente quando tu e i tuoi compagni avete trionfato, ma hai fatto ciò che nessuno era mai riuscito a fare prima e ne hai anche ricavato un potere straordinario”
“Come puoi pensarlo? Non augurerei a nessuno quello che mi è successo…”
“Questione di punti di vista” la fermò lui “tornando a noi, ti stavi chiedendo come è possibile che io sia riuscito a guarire poco fa. L’Oscurità non è ancora tornata, così abbiamo deciso di optare per una fonte di potere altrettanto forte” mentre parlava, Lucien si era tolto la pettorina e aveva lentamente cominciato a sbottonarsi la camicia, liberando la spalla destra.
Dove un tempo Iliana ricordava esserci una cicatrice dovuta ad un attentato alla vita di Lucien ancora bambino, ora si trovavano una serie di ganci metallici conficcati sulla sua carne, disposti a formare una circonferenza. E al centro di essi, appena visibile nascosto quasi completamente sotto la pelle, si trovava l’unico frammento in possesso del re di Anthemis.
“Hai idea del pericolo che corri! Tenere un frammento all’interno del tuo corpo ti ucciderà!”
Era troppo potente perché un corpo, umano o di uno spirito, potesse sopportarne la potenza, aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi il risultato di una follia simile in passato.
“Hai ragione, sarei dovuto morire. Ma è proprio grazie a te se Darcel ha capito come stabilizzare il frammento nel mio corpo, permettendomi di sfruttarne la forza” Lucien sparì dalla visuale della maga ancora a terra per poi ricomparire con Aoguard di nuovo fra le sue mani “E tu lo sai meglio di me che cosa vuol dire tutto questo”
Con le poche forze che aveva recuperato, Iliana cercò di allontanarsi da lui. Lucien aveva ottenuto un potere simile al suo e, a differenza sua, era in grado di usarlo o meno per suo volere. Se solo toccandola direttamente, attingendo al potere del frammento, l’aveva ridotta in quel modo, non poteva permettergli di sfiorarla un’altra volta.
Ma per quanto lei arretrasse, lui era più veloce di lei e ben presto la immobilizzò al suolo.
Vide Lucien sollevare Aoguard davanti ai suoi occhi, la sua lama illuminarsi di bianco, l’energia del frammento.
“Il potere del Talismano contro quello dell’Oscurità”
“Non farlo”
“Sappiamo entrambi che non ti ucciderà, ma farà molto male”
“Lucien”
Ma fu tutto inutile, il braccio del re di Anthemis si abbassò e Aoguard la trafisse.
Un grido squarciò l’aria.
 
“Avete sentito anche voi?” chiese Tullio.
“Sentito cosa?” domandò Caio guardandosi intorno aspettandosi un attacco alle spalle.
“Sembrava un grido” il maggiore colpì il fratello con una manata sulla nuca.
“Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ma io…” protestò Tullio massaggiandosi il punto colpito.
“È normale che tu abbia sentito un grido. Siamo circondati da gente che urla! Cosa ti aspettavi?”
“Ma ho un brutto presentimento. Come se stesse succedendo qualcosa di molto brutto… E non riguarda la battaglia in generale” si affrettò ad aggiungere prima che il maggiore lo colpisse di nuovo.
“Non preoccuparti e pensa a fare quello che ci ha chiesto Lavi” concluse il maggiore.
Rassegnato, Tullio fece come gli aveva detto Caio.
Mentre Emil stava tenendo in braccio Sera, gli altri due dovevano assicurarsi che tutti loro arrivassero in un luogo sicuro.
Se la stavano cavando bene: dei soldati di Anthemis li avevano attaccati lungo il tragitto ma i due fratelli li avevano combattuti egregiamente, sconfiggendoli. Le tecniche insegnategli dalla loro nuova maestra si erano rivelate decisamente efficaci.
Serena non staccava quasi mai gli occhi da Sera per paura che la sua ferita tornasse a peggiorare; doveva combattere contro il suo istinto per riuscire a distogliere lo sguardo, ma ricordava ciò che Leon non si stancava mai di ripeterle, soprattutto quando lei si spostava da un territorio all’altro con la base: tenere sempre gli occhi aperti per il nemico.
“Ci siamo quasi” disse sollevato Caio.
Serena guardò avanti. Erano ancora circondati da persone nel bel mezzo del combattimento ma da lì riusciva a distinguere in lontananza i maghi della Torre intenti a curare i feriti.
Il buon umore improvviso di Caio sembrò contagiare anche lei. Era riuscita nel suo intento, aveva salvato Sera.
Un rumore improvviso giunse alle sue orecchie, l’avvertimento di Leon risuonò nella sua testa.
D’istinto sollevò una barriera intorno a lei ed i suoi amici ma la fatica di quell’azione la costrinse in ginocchio. Era quasi del tutto senza forze.
Il suo gesto non fu vano visto che qualcosa venne a contatto della sua barriera.
“Guarda, guarda che fortuna” disse una voce poco distante dietro di lei.
La ragazza voltò la testa e si ritrovò a guardare un uomo incappucciato. Portava una tunica tipica degli adepti ma era più elaborata di quelle che aveva visto addosso a quelli che li avevano attaccati poco prima. Doveva quindi trattarsi di qualcuno di un certo livello fra di loro, un Maestro. Vicino all’incappucciato c’era un altro uomo. Il suo volto non era coperto e sembrava piuttosto giovane, la sua veste era come quelle che Serena aveva visto prima. Ciò che la colpì fu lo sguardo basso del giovane uomo, sembrava come se non volesse trovarsi lì in quel momento.
Caio e Tullio si prepararono a combattere, pur sapendo che non sarebbe stato uno scontro a loro favore.
“Dannazione. C’eravamo quasi” Serena sentì mormorare Caio a denti stretti.
L’incappucciato allora spalancò le braccia “Coraggio, che aspettate? Spero che almeno voi mi facciate divertire. Finora questa battaglia non è stata altro che una delusione dopo l’altra”
Infuriato dal tono beffardo dell’uomo, Caio scattò in avanti “Ti faccio vedere io!”
No, pensò Serena. Ma era troppo tardi, non poteva fermarlo.
Vide l’incappucciato dirigere un braccio verso il maggiore, Tullio correre verso il fratello per fermarlo e il giovane adepto chiudere gli occhi e stringere i denti, come se non volesse vedere la scena.
C’era solo una cosa che lei poteva fare e, pur sapendo i rischi che correva, agì senza rimpianti.
L’incantesimo del mago urtò un muro invisibile a pochi millimetri dalla faccia di Caio, che cadde all’indietro malamente.
Serena osservò la scena sollevata. Era riuscita a coprire Caio e tutti loro con una sua barriera, era riuscita a proteggerlo.
Non riuscì a frenare le risa per il sollievo ma quelle furono ben presto interrotte da un attacco di tosse piuttosto violento.
Emil, preoccupato, si inginocchiò mettendo Sera seduta al suolo.
La mano che la donna aveva portato alla bocca quando era stata colta dalla tosse era sporca di sangue.
Il rumore di un applauso riportò l’attenzione di tutti sull’uomo incappucciato.
“Ma che brava”
Non era visibile poiché l’urto fra la barriera e l’incantesimo aveva sollevato la sabbia, nascondendo temporaneamente i due adepti.
Per quanto fosse faticoso e doloroso, Serena stava riuscendo a tenere sollevata la barriera, la loro unica difesa, ma sapeva che a breve sarebbe svenuta o peggio. La sua vista, sempre più appannata, le confermò il suo timore.
La sabbia si diradò e Serena si accorse che qualcosa era cambiato. Il cappuccio del mago si era abbassato, rivelando un uomo di mezza età che la stava fissando.
“Visto che sei riuscita ad abbassarmi il cappuccio, ti lascerò per ultima. Sono o non sono generoso?”
Le parole dell’uomo la fecero arrabbiare ma lei non era stata l’unica ad essere colpita in qualche modo da quel mago.
Sentì Sera sospirare e, quando si voltò verso di lei, non poté fare a meno di rimanere turbata dall’espressione piena d’odio della giovane. Non era il tipo di reazione che aveva avuto con gli altri adepti, era diversa.
Serena non poteva saperlo ma Sera aveva già incontrato quell’uomo in passato. Il suo era un volto che non avrebbe mai potuto dimenticare, il volto dell’uomo a capo della spedizione che gli aveva portato via per sempre i suoi genitori.
 
L’ennesimo soldato cadde sotto la spada di Leon. Il cavaliere era sempre più stanco ma non si sarebbe fermato, non prima di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per riuscire a raggiungere Serena, anche se per farlo avrebbe esalato il suo ultimo respiro. Tra un assalto e l’altro aveva avuto modo di osservare l’andamento della battaglia, ma soprattutto aveva cercato di capire cosa ne fosse stato di Serena e Sera.
Aveva visto la sabbia alzarsi alta, aveva visto un muro di ghiaccio spesso. Ora, nel punto in cui aveva visto le due ragazze, era in corso un violento scontro. Ma quali fossero le parti coinvolte, questo non riusciva a capirlo.
“Maledizione!” gridò, pieno di frustrazione, abbattendo un altro nemico.
“Leon”, l’uomo si rese conto che Sandir lo stava guardando preoccupato.
Il cavaliere stava perdendo il controllo, non poteva più sopportare quella situazione. I due erano rimasti bloccati nello stesso punto praticamente per tutta la battaglia, e sarebbe rimasto così se non fosse successo qualcosa.
“Perdonami, dovrei dare l’esempio” Leon sapeva che il ragazzo nutriva grande stima nei suoi confronti, non stava facendo una bella figura.
“Non preoccuparti” disse Sandir “so che è difficile” poi fu troppo occupato a bloccare gli attacchi degli avversari per parlare oltre.
Nel giro di qualche minuto riuscirono a liberarsi dei soldati che li avevano raggiunti, consapevoli però di avere solo pochi attimi per prendere respiro.
Sandir era in ginocchio, il respiro affannato; Leon invece si stava sorreggendo con la spada.
I suoi occhi tornarono a cercare Serena ma non riusciva a vederla, la battaglia si era fatta sempre più caotica rendendo difficile distinguere qualcuno in quel mare di corpi.
Il cavaliere si rimise in piedi e si avvicinò a Sandir, sul bordo della roccia. Da lì vide che un nuovo gruppo di soldati li stava già raggiungendo.
“È come se ce l’avessero particolarmente con noi” considerò Sandir.
“Se solo ci fosse un modo per spostarci da qui velocemente senza dover passare per i soldati nemici” disse Leon, la sua mano libera stretta a pugno.
Quando il cavaliere rivolse il suo sguardo sul giovane, notò che si era come adombrato alle sue parole. Era come se qualcosa lo stesse turbando. Sembrava combattuto ma Leon non ne capiva il motivo.
Il giovane si alzò di colpo e lo guardò risoluto, c’era qualcosa di diverso in lui rispetto a qualche attimo prima “E se ci fosse un modo?”
Il cavaliere rimase perplesso. Di quale modo stava parlando? Non capiva cosa avesse in mente.
“Leon, allontanati per favore”
Vedendo l’espressione confusa sul volto dell’uomo Sandir aggiunse “fidati di me”
Ancora non aveva capito cosa il ragazzo avesse in mente, ma Leon decise di fare come gli aveva detto. Non aveva motivo per non fidarsi dopo tutto ciò che avevano passato insieme.
Sandir gli dava le spalle, lo sguardo rivolto alla battaglia. Restò così per qualche secondo, poi poggiò la spada per terra e fece un respiro profondo.
Girò il capo verso Leon, lo sguardo malinconico “Mi hai detto che non hai mai avuto occasione di volare a dorso di drago…beh, oggi è il tuo giorno fortunato”
Le sue parole non avevano senso ma poi quello che Leon vide gli mozzo il fiato in gola.
I familiari occhi verde acqua di Sandir stavano lentamente cambiando fino ad assumere un colore dorato, le pupille erano diventate fessure verticali e le sue mani, ora munite di artigli, si stavano riempiendo di scaglie.
“Sandir…?”
Un potente ruggito si propagò per tutto il campo di battaglia.
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Ci è voluto parecchio ma ecco il capitolo. È abbastanza lungo, quasi quanto i due precedenti messi assieme, ed è ricco di avvenimenti.
Chissà cosa succederà ora?
Alla prossima! 
   
 
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