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Autore: shirupandasarunekotenshi    06/11/2017    1 recensioni
"Finché il sole sorgerà e tramonterà,
finché ci saranno il giorno e la notte".
Primavera 1992.
Così poco tempo è passato dalle ultime battaglie. Non sembra mai abbastanza
-
Due divinità si incontrano in un luogo fuori dal tempo, il futuro della terra è incerto. Un'altra dea, per l'ennesima volta, si troverà a dover proteggere questo futuro e giovani guerrieri dovranno di nuovo mettere le proprie vite al servizio di un destino al quale non potranno sottrarsi.
Crossover Saint Seiya e Yoroiden Samurai Troopers
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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L'aveva sentito, fermo al binario numero sette della stazione di Kyoto, in attesa dello Shinkansen per Tokyo.

Era stranamente vigile, come se il sonno non volesse tornare per molto, molto tempo. Aveva ascoltato ogni avviso della stazione, come se dovesse ricevere qualche messaggio privato da qualcuno di loro.

Quel mattino avrebbe voluto ripartire subito, e, invece, il suo editor gli aveva chiesto una deviazione dal programma per incontrare un altro autore della casa editrice: avrebbe voluto rifiutare, ma una vocina terribilmente somigliante a quella di Shin l'aveva indotto – costretto – a rimanere, fino a sera.

Aveva trovato il biglietto del ritorno quasi per fortuna.

Tutta quella giornata l'aveva visto nervoso. Se l'alba l'aveva trovato di buon umore, questo era peggiorato con le ore che trascorreva nella vecchia capitale: aveva continuato a pensare intensamente a Ryo e Shin, trovando di continuo riferimenti all'acqua o ai gatti.

Non si sentì, però, perseguitato... era come se lo stessero chiamando.

Lui non era mai stato sensitivo o sensibile... in quel senso... come Shin e Seiji.

Ma quel giorno aveva sentito il richiamo.

Poi, in attesa del treno, là in stazione, aveva sentito chiaramente la voce di Shin che lo chiamava.

Torna... a casa...

La schiena di Touma si era irrigidita all'istante. Non si accorse nemmeno dell'annuncio del suo treno che giunse davanti a lui con una forte folata di vento.

Si riscosse abbastanza per salire e trovare il proprio posto, ma, seduto accanto al finestrino, perse lo sguardo e la mente nel paesaggio, alla ricerca di un'altra voce che lo rassicurasse.

C'era il silenzio, solo quello.

 

***

 

Touma saltò letteralmente giù dal treno, non appena questo giunse a Ueno; si fece strada un po' a spintoni, quasi cadendo un paio di volte, prima sulle scale, poi nei corridoi scivolosi che si allungavano sotto la superficie della città.

Quando giunse in superficie, dopo aver fatto i gradini due a due, si fermò per un attimo a riprendere il fiato e, al contempo, sentire l'aria: era strana, immobile e recava con sé un calore anomalo per il periodo.

Touma socchiuse gli occhi, annusando il profumo che recava: l'odore dei fiori di sakura era come impallidito, a malapena si sentiva... eppure gli alberi erano in fiore.

Touma si guardò attorno, spaesato, come se non riconoscesse quel luogo: dov'era finita la bellissima primavera che aveva lasciato solo due giorni prima?

E quel calore anomalo, come mai sembrava legarsi così tanto al suo collo, come se volesse stringerglisi addosso, tanto da soffocarlo?

Mosse i passi verso casa lentamente, procedendo quasi a fatica.

Dopo che aveva percepito il richiamo di Shin, alla stazione di Kyoto, non aveva più sentito nulla. Aveva tentato di chiamare ognuno dei nakama, insistendo con Shin e Seiji, ma la comunicazione era rimasta muta.

Forse non era stato abbastanza bravo.

Non lo era, non era una capacità che aveva mai potuto vantare.

Ma sperava, almeno, di poter ritrovare il potere di Seiji e Shin, di stabilire un contatto con loro che avevano il dono di poterlo fare, ovunque fossero.

Il vuoto, il silenzio assoluto.

Era qualcosa che spaventava terribilmente Touma.

Non lo sopportava più, era qualcosa che scovava un'angoscia antica, dimenticata... forse solo nascosta. Estraeva dal petto pensieri negativi, paure d'infanzia che non gli dovevano più appartenere, e invece...

Invece era lì che camminava, lo zaino che penzolava dalla spalla come uno straccio malridotto, i passi strascicati, uno sguardo angosciato negli occhi, già carichi di lacrime.

Non li sentiva.

Era vicino, vicinissimo a casa loro... eppure, il silenzio nel loro legame era pesante, ingombrante, incancellabile.

Non sentiva nessuno.

Non c'era nessuno.

“No... non può... essere...” mormorò tra sé. “E' colpa mia... sono un incapace... dovrò chiedere a Seiji... dovrà insegnarmi... dovrà farlo... non posso... altrimenti...”.

Ed ecco il grande castagno sull'angolo della loro strada: faceva sempre una così bella ombra, anche d'estate era un piacere fermarvisi sotto. Spesso c'erano gatti che tentavano ardite arrampicate e i ragazzi dovevano sempre frenare Ryo dall'unirsi a loro...

Ecco il lungo muro bianco, quello che ricordava Hagi, la città natale e caldissima di Shin – forse era per quello che avevano scelto quella strada, quella casa: sembrava di essere nel mezzo della campagna, in quella strada silenziosa dove passeggiavano solo pedoni e qualche bicicletta.

L'ombra proiettata dai prugni non era ancora totale, erano carichi ancora solo di fiori, ma le foglie sarebbero giunte presto.

Ecco il cane del vicino dottore che abbaiava.

Ecco il loro muretto, bianco, da dove sbucavano arbusti di ogni tipo, alcuni fioriti, altri sempreverdi: ti permettevano di spiare l'interno del giardino, senza far mai vedere troppo, ma allettando la curiosità dei passanti.

Ecco il cancellino d'entrata, di colore verde... l'aveva scelto Seiji, perché, diceva, si adattava all'ambiente rispetto al grigio dell'acciaio...

Ed ecco...

Casa...?

La stretta sulla gola di Touma si fece più insistente, tanto soffocante che si ritrovò a tossire per riprendere un poco di respiro.

Perché la loro casa era... bianca? Avevano deciso assieme il colore e non era... non era quello... non era...

La mano di Touma, tremante, si mosse sul cancellino, trovandolo aperto.

Lo spinse ed esso fece un cigolio sinistro, Touma avanzò di due passi, lasciandolo spalancato.

Dov'erano i bonsai che Seiji aveva posizionato sulla veranda? Diceva che era la loro posizione perfetta, per la luce, il calore...

E... la sua bici... perché era così, abbandonata a terra, accanto alla porta d'entrata? Era sempre nel retro, assieme alle altre quattro... e non avevano ancora iniziato a usarle.

E... il laghetto?

Dov'era l'amato laghetto di Shin? Con le sue koi, il suo zampillo così dolce...

Perché c'era solo terra battuta, erbaccia ovunque?

Perché casa loro sembrava abbandonata?

Si ritrovò davanti alla porta d'entrata con in mano le chiavi di casa, maneggiando furioso sulla toppa, ignorando completamente il campanello che leggeva “Hashiba Touma” e solo quel nome.

Spalancò l'uscio e urlò, per primo, il nome di Seiji. E poi Shin, Shu, Ryo. E Byakuen, lui e il suo ruggito...

Dov'erano?

Giunse in sala, trovandovi solo una poltrona e una biblioteca enorme ad occupare un'intera parete.

E il loro grandissimo divano?

Si infilò in cucina, sperando di ritrovare uno Shin canticchiante... e trovò una fredda cucina, fredda come l'acciaio che la ricopriva, avvolta nella penombra. L'unico suono che poteva percepire era quello del frigo, costante, noioso, gelido.

La loro bella cucina in noce... dov'era?

Corse su per le scale e, solo allora, si accorse dell'esistenza di una sola, unica camera.

Le lacrime già scorrevano sulle sue guance, ma Touma non se n'era accorto.

Chiamò il nome di Seiji, lo sussurrò privo di convinzione, di forza.

Voleva trovarlo, oh, lo desiderava così tanto.

Ma sapeva...

Era certo che, al di là di quella porta, avrebbe trovato solo la sua solitudine.

Aprì.

Le lacrime bagnarono guance, labbra. Caddero a terra.

Ma trovarono solo l'erba.

Là dove era stata una casa, la loro casa... non c'era più nulla.

Un campo abbandonato, disadorno al suo posto.

Touma, in piedi in mezzo al nulla, si accasciò al suolo.

E come un fiore privo del suo nutrimento, si accasciò a terra, facendosi nulla, diventando vento.

Non c'era più nulla.

Non c'era più nessuno.

  
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