15
La giornata più lunga
Quando rientrarono alla
Scuola, Tyrron la congedò e Nemeria si defilò in
camera sua. Noriko era già lì ad attenderla, i
capelli rossi sciolti e ancora umidi sulle spalle nude.
- Cosa sarebbe quella palla di pelo? -
Nemeria la fulminò con lo sguardo: - Si chiama Batuffolo ed
è un caracal. L'ho trovato che cercava da mangiare tra i
rifiuti per strada e Tyrron mi ha dato il permesso di portarlo qui. -
Lo depose sul letto e si inginocchiò alla sua altezza per
guardarlo negli occhi. Mentre lo trasportava lì, aveva
temuto più di una volta che volesse svincolarsi dal suo
abbraccio e scappare, ma il cucciolo invece si era rannicchiato contro
il suo petto ed era rimasto tranquillo per tutto il tempo. La pietra di
luna, si era accorta con stupore Nemeria, esercitava il suo effetto
calmante anche su di lui.
Allungò la mano e gli grattò la testolina, per
poi passare sotto il collo. Batuffolo socchiuse gli occhi,
inclinò la testa e si lasciò cadere di lato, il
collo ben teso esposto alle sue dita.
- Ha una zampa ferita. - osservò Noriko, - Dovresti portarlo
da Nande. -
- Lei potrebbe curarlo? -
- No, però potrebbe conoscere qualcuno in grado di farlo.
Portaglielo stasera, vedrai che saprà aiutarti. -
Nemeria annuì distrattamente. Gli occhi socchiusi di
Batuffolo convogliavano tutta la sua attenzione e le fusa rumorose le
facevano tremare tutta la mano, trasmettendole un piacevole calore.
- Nemeria? -
- Sì? -
- Ti ho fatto una domanda. -
- Scusami, ero... ero distratta. -
Noriko sospirò: - Perché lo hai chiamato
così? -
Nemeria si soffermò a rifletterci, ma continuò a
coccolare il cucciolo, che in quel momento si stava divertendo a
mordicchiarle la mano.
- Me lo ha chiesto anche Morad. -
- E cosa gli hai risposto? -
- Non lo so, sinceramente, mi è venuto spontaneo. - sorrise,
ripetendo le parole di Altea quando le aveva domandato la stessa cosa,
- So che i nomi sono importanti. Una... persona mi ha detto che tutti
ne hanno uno, anche gli animali. Non so se quello che ho scelto
è giusto. Non c'è una vera ragione dietro, ecco.
-
- Capisco. -
Noriko si sedette sul suo materasso e si allacciò i sandali,
un paio di calighe nuove quasi quanto quelle di Nemeria.
- Vuoi una mano a pettinarti i capelli? -
- No, grazie, faccio da sola.-
- Sicura? -
Trascorse un momento d'esitazione.
- Tu ci metti troppo. E poi prima di cena devi andare a farti cambiare
la fasciatura da Nande. -
- Non è vero! - sbottò quasi risentita Nemeria, -
Anzi, posso essere anche più veloce di te se voglio. -
Noriko abbozzò un sorriso. Aveva un ciuffo che le ricadeva
proprio sul naso e la chioma sfibrata in tante ciocche scomposte che
spiccavano come alghe rosse sulle fasce di contenimento del seno.
- Il pettine è lì dentro. - si arrese.
Le indicò una scatola con un coperchio di legno decorato con
motivi geometrici, lucido e rotondo. Nemeria diede un ultimo buffetto
alle orecchie di Batuffolo e, dopo aver preso il pettine, si sedette
vicino a Noriko. A un suo cenno, questa le diede le spalle. A discapito
di quello che credeva, i denti filavano tra i capelli senza alcun
intoppo. Le ciocche, sebbene umide, erano morbide al tatto, seriche, e
a ogni passata si separavano tra le sue dita come i fili ricavati dai
bachi da seta.
- Sono... davvero belli. - si complimentò Nemeria con
sincerità, senza smettere di pettinarli, - Fino ad ora non
me n'ero mai accorta. -
- Sono scomodi così lunghi, devo sempre portarli legati. -
- Vuoi tagliarli? -
Noriko non rispose subito. Inclinò leggermente la testa
all'indietro, in modo che Nemeria potesse sciogliere senza farle male
un nodo proprio alla base della nuca.
- Mi basta farmi una treccia, non mi va granché di
tagliarli. -
- Meglio, anche perché a me piacciono molto. -
Lo aveva detto di getto, senza pensare che, forse, a Noriko non
interessasse granché della sua opinione.
- Saremmo rimaste amiche anche se avessi deciso il contrario. - si
affrettò ad aggiungere, imbarazzata, - Però,
secondo me, stai meglio così. -
Noriko la guardò di sbieco, girando appena la testa.
- Siamo amiche, quindi? -
- S-sì... -
Noriko inchiodò lo sguardo su di lei. Nemeria trattenne il
fiato quando le loro linee visive si sovrapposero: il modo in cui la
guardava, con una freddezza quasi chirurgica, l'aveva sempre fatta
sentire nuda, come se fosse in grado di carpire tutti i suoi segreti.
Era quasi la stessa sensazione che le trasmetteva Tyrron, ma almeno di
Noriko si poteva fidare.
Come un fulmine a ciel sereno, Nemeria si rese conto che sotto la
superficie dell'acqua racchiusa in quelle iridi non c'erano sirene, ma
pesci e fiori di lago.
- Vuoi farmi la treccia? -
Quella proposta venne accompagnata da un sorriso e Nemeria non si
accorse nemmeno di star facendo lo stesso. Si appropriò del
cordone di cuoio e lo tenne tra le labbra, mentre armeggiava con le tre
grandi ciocche in cui aveva diviso la chioma. Si sentiva
inspiegabilmente felice, serena. Era come se tutte le emozioni di
quella giornata avessero attenuato il dolore, la solitudine, il senso
di colpa e il logorante senso di inadeguatezza, simili a spilli contro
un muro di pietra.
- Finito! - saltellò giù dal letto e le si
parò davanti, - Sì, ho fatto proprio un buon
lavoro. -
- Non sei stata proprio veloce, sai? -
Nemeria sbuffò: - Ci vuole tempo per fare le cose per bene.
-
- Sei comunque lenta. - Noriko si spostò la treccia sul
davanti e andò ad aprire la porta, - Portiamo prima la palla
di pelo da Nande e poi andiamo a cena? -
Batuffolo recalcitrò un po' prima di farsi prendere. Si era
acciambellato sul cuscino e dormicchiava tranquillo, con la coda
avvolta attorno al corpo. Quando Nemeria tentò di afferrarlo
la prima volta, spiccò un goffo balzo, atterrando alle
spalle della ragazza, sul fondo del letto, ma bastò
appoggiare la zampa ferita sul materasso per emettere un miagolio
sofferente.
- Non dovresti essere assonnato, tu? - lo prese in braccio e lo strinse
piano al petto, - Dai, Batuffolo, stai buono, adesso ti porto a farti
medicare. -
- Non ti capisce. - borbottò Noriko, roteando gli occhi.
- Sì, invece. -
Gli fece stringere tra le zampe la pietra di luna e Batuffolo, dopo un
breve momento durante il quale rimase imbambolato a fissarla,
cominciò a giocarci colpendola con l'arto sano.
- Mi devo ricredere. -
- Su cosa? -
- Sulle pietre, o almeno sulla tua. - Noriko fece un cenno col mento al
ciondolo, - Pensavo che fossero i ricordi che evocava a
tranquillizzarti, ma da ciò che vedo, anche la palla di pelo
ne subisce l'effetto. Ha davvero qualcosa di... -
- Magico? -
- … particolare, solo particolare. - le tenne la porta
aperta per permetterle di passare, - Avanti, muoviti. -
- Puoi aspettarmi in refettorio, ci so arrivare. -
- E all'infermeria? -
- Ci sono tornata oggi da sola. -
Stavolta fu il turno di Noriko ad essere stupita, sebbene non sembrasse
ancora convinta.
- Se proprio temi che mi perda, accompagnami. -
- Va bene. -
L'infermeria, rispetto alla loro stanza, si trovava al secondo piano e
le scale per arrivarci erano vicine a quelle che si collegavano col
piano terra. Nande era occupata a medicare una ragazza con i lunghi
capelli neri e il collo sottile e delicato. Aveva una tumefazione
violacea sulla scapola, una macchia scura come un'isola di sterpaglia
bruciata sulla pelle abbronzata.
Non appena si avvicinarono, la ragazza le lanciò un'occhiata
in tralice che scaraventò il cuore di Nemeria in fondo allo
stomaco.
- Ti medico dopo cena, ora devo finire qui. - disse mentre prendeva del
filo e lo faceva passare nella cruna di un ago arcuato e sottile, - Mi
ci vorrà un po'. -
- Posso aspettare, è solo un taglietto. Fai pure la mia...
amica. -
Zahra scese zoppicando dal lettino e trafisse Nemeria con i suoi occhi
gialli, ferali come quelli di un predatore.
“Un cobra.”
- Puoi anche stare seduta, posso farla accomodare su un altro letto. -
disse Nande a Zahra.
- Ma era da molto che non la vedevo e ci tenevo ad abbracciarla. -
Zahra compì qualche passo verso di loro e Noriko si
parò davanti a Nemeria. Batuffolo artigliò
l'aria, mostrò i denti e soffiò minaccioso.
- Non c'è bisogno di agitarsi. - sorrise beffarda e
alzò le mani in alto, - Quanto siamo suscettibili! E dire
che la volevo soltanto salutare. -
- Siediti, Zahra. -
La voce di Nande era autoritaria, non ammetteva repliche, eppure
Nemeria era certa che non avrebbe obbedito. Ebbe i brividi quando
l'Alatfal'yl si ristese sul letto. Oltre al livido sulla spalla, un
taglio profondo rosseggiava all'altezza del ginocchio, con i bordi
slabbrati e incrostati di sangue raggrumato.
- Togliti la tunica e spo... - Nande corrugò la fronte, -
È un caracal quello che vedo? -
Nemeria si umettò le labbra e deglutì un paio di
volte. Si impose di raddrizzare le spalle e la schiena, anche se la
pelle tirò sulle ferite ancora aperte.
- Mi stavo chiedendo se... se conoscessi qualcuno che può
curarlo. -
Nemeria tenne saldamente gli occhi in quelli di Nande, sperando che il
cuore tornasse al suo posto, anche se la presenza di Zahra incombeva su
di lei come un gheppio.
- So che tu ti occupi di noi, però magari hai dei contatti
fuori di qui che potrebbero... aiutarlo. -
- Ho un amico che si intende di animali. - rispose la donna dopo un
momento, - Potrei provare a chiedere, però tieni conto che
non potrebbe venire qui a controllarlo. Solo il personale autorizzato
può accedere alla scuola. -
Come se avesse capito, Batuffolo perse qualsiasi vena combattiva e si
fece piccolo piccolo tra le braccia di Nemeria, che, istintivamente,
sprofondò il viso nel pelo del collo. Era un cucciolo, la
pelliccia sporca nascondeva un corpicino gracile e debole. Sarebbe
bastato un niente per spezzare quella vita e Nemeria non poteva
perderlo. Il suo cuore era già un cimitero, aggiungere
un'altra fossa era inconcepibile.
Nande annuì, come se fosse riuscita a leggerle dentro.
- Posso controllarlo io, se vuoi. Per ora. Molte erbe che uso per
preparare gli impacchi vanno bene sia per uomini che per animali; se
però non saranno sufficienti, dovrai essere tu a chiedere a
Tyrron di far venire qui una persona esterna. -
- Sì, va bene. - accettò in fretta Nemeria.
Batuffolo sussultò e le affondò le unghiette
nella tunica, salvo ritrarle subito, quasi avesse intuito che
così facendo le avrebbe procurato dolore.
- Bene. Adesso ti medico, poi mi lasci il cucciolo. - sancì
Nande e, prima che Nemeria potesse ribattere, le fece cenno di
stendersi su un altro letto, - Più parli, più
tempo rimane qui con me. -
- E a cena, a differenza del pranzo, il cuoco non è
così flessibile. - aggiunse Noriko.
In risposta, Batuffolo si protese verso il pavimento, scalciando con le
zampine posteriori per scendere. Nemeria lo appoggiò a terra
con quanta più delicatezza poté e
obbedì.
- Devo dire che sei migliorata molto in soli due giorni. -
osservò Nande ammirata, percorrendo il profilo delle
frustate, - Ci metteranno quantomeno due settimane a guarire del tutto,
però adesso hanno un aspetto più sano. Ti fanno
ancora molto male? -
- Sì, basta poco perché senta dolore. Stanotte
è stato un incubo. -
- Posso immaginare. -
Le spalmò la stessa crema del pomeriggio, con un'aggiunta di
zenzero che le fece storcere il naso.
- Non c'è un Dominatore dell'acqua qui? -
- Sì, c'è, ma interviene solo in sporadici casi e
quando i padroni glielo ordinano. Le tue ferite non sono abbastanza
gravi per richiedere l'intervento di Serafim. - le fece cenno di
mettersi seduta, mentre lei cercava le garze, - Mina e gli altri
lanisti non lo permetterebbero, dopo quello che hai combinato. Ti
auguro di non doverlo mai incontrare, comunque. Se vieni mandata da
lui, significa che sei più di là che di qua. -
Nemeria rabbrividì e il gelo rovente dell'odio le
assalì le tempie. Quel sorrisetto compiaciuto... un giorno
Mina avrebbe pagato. Sospinse quel pensiero lontano e rivolse la sua
attenzione alle parole di Nande. Aveva sperato potesse essere Il'ya,
doveva ancora ringraziarlo per quello che aveva fatto prima e dopo lo
scontro con Zahra.
“Ma forse lei sa dov'è?”
Alzò la testa e guardò la Dominatrice. Se ne
stava stesa a pancia in su a guardare il soffitto, il braccio destro
pigramente appoggiato sugli occhi e i capelli sparpagliati sul basso
cuscino di paglia. Se soltanto ci fosse stata la possibilità
di parlarle senza rischiare un pugno in faccia, o peggio, Nemeria
glielo avrebbe chiesto volentieri.
Lo schiaffetto sulla spalla da parte di Nande la riportò
alla realtà. Aveva già ripreso l'ago arcuato in
mano.
- Allora ci vediamo tra un po'? -
- Non vado da nessuna parte. - tese il filo per assicurarsi che fosse
della lunghezza adatta e Zahra distese la gamba, - Ora andate, non
voglio distrazioni mentre lavoro. -
Nemeria indugiò. Batuffolo si era acciambellato di nuovo,
con il muso rivolto verso Nande e una palpebra a mezz'asta sull'occhio
aperto. Le venne da sorridere a vedere i suoi tentativi di rimanere
sveglio e vigile.
- Nemeria, ho fame. - la richiamò Noriko.
- Ah? Sì, andiamo, sì. -
Noriko la precedette. Nemeria si fermò sulla soglia e
lanciò uno sguardo alle sue spalle. Zahra la stava fissando.
Stringeva le labbra e i pugni in una smorfia di dolore a stento
trattenuta, mentre Nande operava sulla sua ferita.
“Non è invulnerabile.”
Quel pensiero le elargì la forza di girarsi e uscire. La
paura le faceva ancora tremare le ginocchia e il cuore era rimasto
impigliato chissà dove in fondo allo stomaco, eppure vederla
in quello stato, così umana e inerme, le aveva fatto capire
che non era stato solo un colpo di fortuna a farla vincere: Zahra
poteva essere sconfitta.
Scesero nel refettorio e presero posto vicino a Durga e Ahhotep. La
bambina, non appena le vide arrivare, tolse i piedi dallo sgabello che
aveva nascosto sotto il tavolo e lo porse a Nemeria, battendo la mano
per farla sedere.
- Un ragazzo lo voleva prendere, ma io gliel'ho impedito. -
raccontò, gonfiando il petto piena d'orgoglio, - L'ho difeso
con le unghie e con i denti, Tep è testimone. -
- Ma che gentile, grazie! -
- Sappi che ci sei mancata oggi all'allenamento con Sayuri. -
- A te, forse. - la corresse Ahhotep.
- Non fare l'antipatica, Tep. - la rimproverò Durga e le
puntò il cucchiaio contro, - Anche tu eri curiosa di sapere
dove fosse andata con Tyrron. -
- Non abbiamo fatto niente di che, davvero... -
- Ma noi siamo curiose. -
Ahhotep levò gli occhi al cielo e riprese a mangiare il suo
riso al curry senza ribattere.
- Allora? Non ti far pregare!- cinguettò Durga.
- Siamo andati all'arena a vedere lo scontro tra il Leone e il Grifone.
-
Durga strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta. I suoi
occhi brillavano per l'eccitazione.
- E com'è stato? -
- Bello, molto bello. - fece una pausa a effetto per godersi il viso
della bambina, - Sono davvero fortissimi. Il Leone, poi, anche se ha
perso, è stato magnifico. Il Grifone si è
comportato in modo molto leale e corretto, lo ha addirittura aiutato ad
alzarsi! -
- Che brutto, però. Io non so se riuscirei a colpire un
amico. -
Nemeria si prese un attimo prima di rispondere.
- L'importante è non causare ferite troppo gravi. -
- Quindi il Leone non si è arrabbiato? -
- A me non sembrava. -
Ahhotep scoppiò a ridere.
- Credete davvero che quei due siano amici? Non capisci che
è solo una finzione? Non può esistere amicizia
tra di noi, siamo schiavi destinati a diventare mostri. E chi credi ci
ammazzerà, eh? - si protese verso Nemeria, la pupilla nera
quasi iridescente nell'iride scura, - Potresti essere tu a dover
togliere la vita a uno di noi, o noi a dover fare la stessa cosa. La
morte di un Jin sarà eccitante per quelli là
fuori, ma la finzione di un'amicizia in condannati come noi, di un
amore, di un qualsiasi sentimento umano rende solo il tutto un teatrino
tragico ai loro occhi. Se credi che la gentilezza che hai visto oggi
sia vera, forse sei più stupida di quanto pensavo. -
Nemeria rimase senza parole, disarmata. La paura sorse dentro di lei,
minando la sua sicurezza e togliendo terreno al suo entusiasmo. Trasse
un lungo respiro tremante.
- Quindi smettila di illuderti, smettila di prenderci in giro tutti.
Tu, forse, ne uscirai viva perché sei la preferita di
Tyrron, ma noi creperemo qu... -
Si interruppe prima di concludere la frase. Nemeria seguì la
direzione del suo sguardo e trovò il viso arrossato di
Durga, le ciglia bagnate che fremevano sotto la pressione delle
lacrime. Non fece in tempo a dire o fare nulla che la bambina corse
via, fuori dal refettorio.
- Era proprio necessario essere così duri? -
sibilò Noriko, quindi si riempì il bicchiere con
l'acqua sporca del pranzo e la sorseggiò con calma, come se
non fosse successo nulla.
Ahhotep strinse il pugno e tornò al suo posto.
- Era necessario. Meglio che capisca subito come va il mondo prima che
si faccia male sul serio. -
- È solo una bambina. - protestò Nemeria.
Entrambe si girarono a guardarla. Lei spostò il suo vassoio
da un lato e puntò gli occhi in quelli di Ahhotep.
- Non lo è, ha smesso di esserlo quando è stata
portata qui. - replicò l'altra.
- Ah, davvero? Non mi sembra. È una bambina e tu... tu l'hai
dovuta far piangere per ferire me. Perché lo hai fatto? Non
potevi attendere che fossimo solo noi due? - domandò,
improvvisamente furiosa.
- È per il suo bene. -
Nemeria non riuscì a trattenersi. Il suono che fece poteva
ricordare una risata, se non fosse stata così carica di
rabbia e amarezza.
- Per il suo bene? Tu volevi solo ferire me e per sbaglio, nel tuo
maldestro tentativo di farmi del male, hai colpito la tua... come la
devo chiamare? Perché da quello che mi è parso di
capire, è un'amicizia a senso unico. -
- Tu non sai niente. - ringhiò Ahhotep.
- Non mi interessa. Ti conosco da appena un giorno e, per quello che mi
riguarda, potresti anche crepare domani, non me ne importerebbe nulla.
-
Nemeria sapeva che doveva fermarsi, ma qualcosa la spingeva a
continuare. La rabbia le infiammava la mente, il viso in lacrime di
Durga aizzava le fiamme, le ravvivava. Il collare era incandescente e
la pietra di luna un cuore di magma.
- Vuoi comportarti così? Fai come ti pare, ma Durga
è mia amica ora, e se osi farla piangere una seconda volta,
del tuo corpo non rimarrà altro che cenere. - la
minacciò e l'afferrò per il colletto della
tunica, obbligandola a piegare il collo all'indietro per poterla
guardare ancora negli occhi, - E non credere che non ne sia capace,
Ahhotep. Il tuo potere dell'aria potrà anche nutrire le mie
fiamme, ma sappi che basta una scintilla per far divampare un incendio.
-
La volontà di distruzione fluiva dai polpastrelli e le
arrossava la vista. L'attenzione degli astanti era puntata su di loro e
gli occhi di Ahhotep erano spalancati come quelli di un cerbiatto
dinanzi al lupo. Le guardie si staccarono dalle pareti e si
predisposero attorno al tavolo, le armi già sfoderate.
- Calmati, asir. - le ingiunse un soldato alle
sue spalle, - Lasciala. -
Nemeria non si voltò nemmeno. Se lo avesse desiderato,
avrebbe potuto bruciarla, lasciarle un marchio indelebile della sua
potenza e sarebbe stato giusto, una punizione equa per averla sfidata.
L'avrebbe temuta per sempre e mai avrebbe più osato alzare
lo sguardo di su dei.
Nessuno può mettersi contro Agni.
- Non lo ripeterò una seconda volta, asir.
- la spada della guardia luccicò al limitare del suo campo
visivo, - Obbedisci. -
Nemeria chiuse gli occhi e piano, molto piano, mollò la
presa. La tunica di Ahhotep era annerita dove le sue mani l'avevano
afferrata, l'odore di stoffa bruciata così forte da
appestare l'aria.
- Ora siediti e torna a mangiare. - ordinò la guardia.
- Non ho più fame. - borbottò Nemeria.
Prese il suo vassoio, con ancora la razione di riso intonsa, e
fronteggiò l'uomo. La superava di almeno una testa, le
spalle larghe, le braccia e le gambe coperte dall'armatura d'oricalco.
Gli occhi piccoli e porcini la scrutavano dall'ombra allungata della
tiara.
Nemeria lo oltrepassò a testa alta. La brace della sua
rabbia era ancora lì, sfrigolava nel suo petto sprizzando
scintille che accendevano un altro fuoco, più forte e
dirompente, che le scaldava il petto e annullava tutto il resto.
Persino Noriko sbiadiva in quel rosso accecante.
Il venticello serale la accolse come un vecchio amico, spirando sulle
braccia inumidite dal sudore come un balsamo fresco ed emolliente. Il
campo d'allenamento circoscritto dal quadriportico era deserto e, a
parte le sentinelle, non c'era nessuno in giro.
“Sei ancora qui?”
Sono sempre qui.
La voce dell'elementale era calma e risuonava fin nelle ossa.
“Grazie per avermi aiutata.”
Non ho fatto nulla. Quelle parole erano tue.
Nemeria inspirò a fondo e si portò una mano al
petto. Si rigirò la pietra di luna tra le dita e la strinse
nel pugno, incurante del calore che emanava.
Tu sei forte, Cuore di fuoco, devi solo imparare a crederci.
“Come mi hai chiamata?”
Una risata trillò forte nella sua mente e poi si
affievolì, perdendo d'intensità.
Col tuo nome nel buio.
Nemeria serrò le palpebre. Sentiva che l'elementale la stava
abbandonando, ma aveva bisogno che rimanesse, che condividesse la sua
forza. Non voleva più essere debole e, anche se temeva il
desiderio di distruzione insito nelle fiamme, la rabbia era una bella
sensazione, un'emorragia di potenza a cui non voleva rinunciare.
Non me ne vado, Cuore di fuoco, né ora
né mai. Ti basterà togliere il collare
perché io ti dia tutto ciò che desideri.
Capì che se n'era andata quando l'odore di pelle bruciata
sotto il collare la sopraffece. Si dovette appoggiare alla parete per
quanto le tremavano le ginocchia.
“Durga... devo cercare Durga.”
Aspettò che la vista si stabilizzasse prima di compiere
alcuni passi. Non doveva essere andata lontano, o quantomeno lo
sperava. Ispezionò il portico e il campo d'allenamento
dell'aria, senza alcun risultato. Quindi decise di andare in
avanscoperta negli altri tre corridoi, che presumeva portassero a
quelli degli altri tre elementi.
Andò verso nord e percorse il corridoio contornato ai lati
da colonne. L'acqua sgorgava dai capitelli e scorreva lungo di esse,
per poi incanalarsi nelle venature scavate nella pietra.
L'umidità saturava l'ambiente, era così intensa
da darle dei capogiri. Nemeria proseguì fino al campo vero e
proprio, uno spazio avvolto dal buio, dove lo scrosciare dell'acqua era
un rombo nel silenzio.
- Durga! -
Nessuna risposta.
Attese un po' prima di andarsene e infilare il corridoio che conduceva
al campo del fuoco. Qualcuno aveva disposto dei treppiedi e la luce
ambrata della brace spandeva un alone aranciato sulle colonne tozze e
rosse, simili a tronchi levigati. Nemeria lo percorse tutto,
finché non arrivò al campo dove si allenava con
Sayuri. Non c'erano posti dove nascondersi, ombre che potessero celare
alcuna presenza se non quella degli incubi.
Eccola di nuovo, la paura, la sua vecchia amica. Un brivido le
arricciò i peli sulle braccia.
“Non c'è nessuno qui” si disse, ma non
aveva il coraggio di compiere un solo passo in più: il vuoto
del buio, esteso in quel campo così grande, le gelava le
ossa. Tornò indietro quasi correndo. Solo dopo aver ripreso
fiato, imboccò quello che si trovava di fianco al campo
dell'acqua, un corridoio con le pareti dipinte di verde e un
acciottolato sregolato come pavimento, che si apriva in una stanza
esagonale. Piante rampicanti invadevano le pareti e penetravano
all'interno della ragnatela di crepe, simili a vene incise nella
roccia, come in cerca di una via di fuga. Si chiamavano Gemme del
Firmamento ed erano le uniche forme di vita che potessero sopravvivere
nel deserto. Nemeria scorse le curve delle loro radici nodose che
penetravano nella sabbia. Era un luogo che offriva spazio alle danze
delle ombre sulle rocce e sulle foglie delle Gemme che ciondolavano
dalla cupola.
- Durga? -
Si girò di scatto, in tempo per vedere Noriko entrare tutta
di corsa. Si fermò di colpo, non appena si accorse che lei
era lì, a pochi piedi di distanza. La treccia si era in
parte disfatta e i ciuffi le ricadevano scomposti ai lati delle guance
e sulle spalle.
- Perché? - chiese cauta e Nemeria intuì subito a
cosa si riferiva.
- Perché l'ha ferita. - rispose, trattenendosi
dall'aggiungere “Non è ovvio?”.
- Mi avevi promesso che non avresti attirato l'attenzione su di te. -
Nemeria non abbassò lo sguardo. Inspirò piano e
accorciò la distanza che le separava di qualche passo.
- Non potevo rimanere con le mani in mano. Hai visto com'è
scappata via? Che bisogno c'era di essere così brutale, di
sbatterle in faccia i fatti in quel modo? -
- Il rapporto tra Durga e Ahhotep non ti riguarda, Nemeria. Durga
sarà anche una bambina, ma Ahhotep ha quindici anni: che se
la veda lei. -
- Durga è mia amica. -
- La conosci da ieri. -
Nemeria incassò, presa in contropiede. Ma come poteva
rimanere impassibile davanti a ciò che era successo?
- Io... voglio solo che non pianga. So che qui dentro ci sono delle
regole diverse da quelle che ci sono là fuori, ma sono
scoppiata quando Ahhotep ha detto quelle cose. Non è giusto
che lei sia qui, non è giusto che debba combattere contro i
suoi amici e trasformarsi in un Jin. È troppo piccola! -
L'amarezza le arrivò addosso come una biga fuori controllo.
Le braci ardenti della rabbia, rimaste sopite fino a quel momento, si
estinsero, sommerse dall'inevitabilità di un futuro certo.
- Non voglio che Durga soffra, che tu stia male, che Ahhotep si
trasformi. - biascicò e si coprì il viso con le
mani, le lacrime che sgorgavano senza freni, calde e pesanti, -
Perché le persone attorno a me non possono essere felici?
Perché devo perdere tutto e rimanere da sola? -
Noriko l'avvolse in un abbraccio e le accarezzò la testa
mentre lei piangeva. C'era qualcosa di rassicurante in quei gesti
impacciati che leniva il dolore che aveva dentro.
- Non ti lascio, Nemeria. -
- Ma se rimarrai qui, se userai il tuo potere... -
- Sia che fossimo ancora lì fuori o lontane, in un paese
dove nessuno ci conosce, non cambierebbe nulla. È il nostro
destino ed è stato segnato quando siamo nate. - la strinse
per le spalle e appoggiò la guancia sulla sua testa, - Ma
non ti lascerò, te lo prometto. -
Noriko non mentiva, Nemeria questo lo sapeva. E i suoi occhi erano
tersi come le sue parole, chiari, il riflesso della luce che penetra e
illumina al di sotto della superficie di un lago.
- Perché fai tutto questo per me? -
Lo scorrere del tempo era scandito dai granelli di sabbia che le
turbinavano attorno alle caviglie.
- Forse perché mi sarebbe piaciuto che qualcuno ci fosse
stato per me quando ne avevo bisogno. Proteggendo te, proteggo anche
una parte di me. - esalò Noriko.
Mancava un pezzo, in quella frase, un'aggiunta importante che le
avrebbe permesso di comprendere davvero a cosa si stesse riferendo.
Tuttavia, avvertiva pure che, se avesse osato chiedere, Noriko si
sarebbe ritirata in se stessa. Così ricambiò
l'abbraccio, più forte di quanto potesse sopportare il
distendersi della pelle sulle ferite, ma ne accettò il
dolore e serrò i denti così tanto da farli
scricchiolare. Tirò su col naso e si strofinò via
il muco col dorso della mano.
- Anche io ci sarò sempre per te, Noriko. Te lo prometto. -
- Ti ringrazio. - le sorrise, unendo le loro fronti, quindi si
staccò, - Ora andiamo in infermeria a recuperare la palla di
pelo. -
- E... e Durga? -
- Sarà già tornata in camera, non c'è
abbastanza luce qui. -
- Ne sei sicura? -
- No, ma oggi ha rivelato ad Ahhotep che ha paura del buio e a
quest'ora le torce sono accese solo nel cuore della scuola e nei
corridoi interni. -
Nemeria non era convinta, ma anche se avesse voluto, a parte gli altri
campi, non aveva idea di dove andarla a cercare.
Noriko dovette scorgere l'indecisione sul suo viso, perché
aggiunse: - Domani mattina avrai tutto il tempo per darle delle
spiegazioni. -
Quello bastò a mettere a tacere la sua coscienza, almeno in
quel momento.
Si avviarono in infermeria. Le torce illuminavano il loro passaggio e
ne deformavano le ombre, allungandole fino a piegarle in modo
asimmetrico sulle pareti. Le guardie le seguirono annoiate con lo
sguardo, talune addirittura sbadigliarono al loro passaggio. Nemeria
riconobbe i volti di alcuni di loro, i medesimi che aveva scorto prima
di seguire Tyrron all'arena.
Nande le attendeva seduta dietro il suo tavolo, le gambe accavallate e
un libro di botanica adagiato sulle ginocchia. Quando le vide entrare,
infilò tra le pagine un pezzo di carta adornato con una
piuma verde e blu e venne loro incontro.
- Allora? Hai potuto fare qualcosa? - domandò Nemeria,
apprensiva.
- Non c'era granché. A parte la zampa ferita, non ha
né zecche né pulci e i denti sembrano sani. Non
ho le conoscenze per fare dei controlli più approfonditi, ma
sembra stare bene. L'ho dovuto sedare, però. Quando ti sei
allontanata, è diventato intrattabile. - le
mostrò le braccia, piene di morsi e graffi, - Essendo un
cucciolo, non mi ha fatto molto male. Devi prenderti cura anche della
sua educazione, se non vuoi che un giorno cavi un occhio alla persona
sbagliata. -
- Ora dov'è? -
Nande gli indicò la sedia di fianco alla sua, dove Batuffolo
riposava, il muso sprofondato nelle zampe anteriori. Nemeria si
avvicinò in punta di piedi e si inginocchiò al
suo fianco. Non osò accarezzarlo per paura di svegliarlo,
figuriamoci prenderlo in braccio e portarlo in camera.
- Non ti preoccupare, con quello che gli ho dato lo rivedrai muoversi
domani mattina. - sorrise Nande.
All'improvviso Nemeria udì un tonfo. Si girò di
scatto e vide Noriko in ginocchio, piegata su stessa, con le braccia
strette attorno al ventre. Il viso era una maschera di dolore.
- Noriko? Noriko, che succede? -
La domanda rimase insoluta. Nande si precipitò vicino a lei,
la prese sotto braccio e la condusse su un lettino. Dei rigoli di
sangue scorrevano tra le cosce di Noriko.
- Prendi il cucciolo e va' in camera tua. -
Nemeria intuì che non era il caso di ribattere.
Afferrò Batuffolo con meno grazia di quella che avrebbe
voluto e corse fuori.