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Autore: heliodor    24/11/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La scelta

Lo fece portare a palazzo dopo aver chiesto e ottenuto l'aiuto di quelli che erano presenti nel mercato.
"È mio amico" le bastò dire perché tutti si mettessero a sua disposizione.
Venne scortata da un piccolo corteo di persone. Per tutto il tragitto tenne la mano di Oren nella sua.
Non sapeva che cosa dire o fare.
Oren sembrava stesse dormendo. Gli occhi erano chiusi e quando tentò di aprirglieli, notò che erano rovesciati all'indietro.
Respirava, anche se debolmente e a un certo punto le sembrò che stesse sussurrando qualcosa, ma nella confusione non capì che cosa.
Mandò due guardie a palazzo chiedendo di avvertire Darran del suo arrivo.
Il principe le fece trovare una stanza già pronta con un letto e due guaritori fatti venire apposta per lei.
Liberarono Oren dalle cinghie che lo tenevano legato alla lettiga e lo adagiarono sul letto.
Sembrava più magro dell'ultima volta che lo aveva visto, ma non aveva ferite, a parte una piccola cicatrice sulla guancia e un'altra sulla fronte, ma entrambe rimarginate da tempo.
I guaritori si misero subito all'opera esaminando il corpo di Oren da cima a fondo.
Joyce venne fatta uscire come tutti gli altri in modo da dare tempo ai guaritori di fare il loro lavoro.
"Non preoccuparti" disse Darran intuendo la sua sofferenza. "Quei due sanno cosa fare. Sono i migliori guaritori di Mar Qwara."
Suo padre non si fidava dei guaritori. "Non sono nemmeno dei veri stregoni" soleva dire.
E aveva ragione.
La stregoneria non poteva guarire dalle ferite e dai malanni.
Quello era un diverso tipo di stregoneria che non era un dono degli dei, ma il frutto delle conoscenze acquisite dalle persone nel corso degli anni.
Era più simile alla magia, a pensarci bene.
E lei della magia si fidava.
I guaritori impiegarono solo alcuni minuti per dare il loro responso.
"Non è ferito e non ha nessuna malattia" disse il più anziano con voce sottile.
"E allora che cos'ha?"
Lui glielo mostrò.
Oren era stato rivestito con una tunica bianca che gli lasciava le braccia scoperte.
Qui Joyce notò con orrore che il braccio sinistro era ricoperto da un livido violaceo che raggiungeva l'attaccatura con la spalla.
Non aveva bisogno di udirlo dal guaritore per sapere di cosa si trattava.
Tuttavia, sentirlo dire le provocò un sussulto.
"È una maledizione" disse il guaritore anziano. "Una delle più brutte che abbia mai visto."
"Ma perché non rinviene?" gli chiese Joyce.
"È un bene che sia incosciente" spiegò lui. "Altrimenti a quest'ora soffrirebbe le pene dei sette inferi."
Lei ne sapeva qualcosa. Aveva assaggiato la morsa di una maledizione sulla sua pelle.
"Potete rimuoverla?" chiese al guaritore.
Lui assunse un'aria grave. "Faremo quello che possiamo, ma senza conoscere il tipo e le circostanze..." Scosse la testa.
"Ma voi siete dei guaritori."
"Questa è stregoneria. Tu dovresti sapere bene come funziona" l'ammonì lui. "Stai chiedendo di opporci a un potere molto più grande di noi. Chi ha lanciato questa maledizione voleva che il ragazzo soffrisse molto a lungo."
"E cosa potete fare?"
"A parte alleviare le sue sofferenze? Non molto, temo."
Non era quella la risposta che Joyce si aspettava. Lei voleva una soluzione. "Questo vuol dire che..."
"La maledizione si sta espandendo. Lentamente, ma lo sta facendo. Presto o tardi arriverà al cuore o ai polmoni e allora..."
Joyce non voleva sentire altro. "Deve esserci un modo."
"Si dice che uccidere chi ha lanciato la maledizione sia il metodo più sicuro per eliminarla" suggerì il guaritore più giovane.
Joyce lo sapeva bene. Solo così si era salvata quando Fennir l'aveva maledetta. Ma lei sapeva che era stato il traditore a maledirla. Nel caso di Oren non aveva idea di chi fosse stato e perché. Aveva dei sospetti, ma anche se si fossero rivelati veri non aveva alcun modo di trovare, raggiungere e uccidere quella persona.
Passò il resto della giornata a vegliare Oren come meglio poteva. Ogni tanto Darran o Chare passavano per vedere come stava e se c'erano dei miglioramenti.
Joyce cercò di parlare a Oren, ma lui non rispose. Se la sentiva non poteva parlare.
Tutto ciò che riusciva a fare era deglutire un po' d'acqua e ingoiare dei piccoli pezzi di cibo.
"Almeno non morirà di fame e sete" disse Joyce. Ma quanto sarebbe durato?
Secondo i guaritori, che tornarono il giorno dopo, poche settimane.
"Due, forse tre. Quattro se riusciamo a rallentare la maledizione" disse il più anziano.
Joyce, stanca e delusa per quelle notizie, tornò a vegliare Oren per il secondo giorno.
Nel frattempo i mercanti della carovana portarono a palazzo le poche cose che avevano trovato col ragazzo. Tra queste c'erano una bisaccia piena di carne essiccata, una borraccia, delle monete d'argento e un libro.
Era 'Il sogno della Strega' di Boldo Manard. Joyce non lo aveva mai letto ed era certa che non facesse parte della collezione della biblioteca di Valonde.
Oren doveva averlo comprato da qualche altra parte, forse nel porto dove si era imbarcato per raggiungere il vecchio continente.
Joyce aveva interrogato i mercanti per sapere dove l'avevano ritrovato.
"Era sulla via per Oriath, strega rossa" disse il mercante con tono deferente.
"È un piccolo regno a occidente di Mar Qwara" spiegò Darran.
"C'è un porto?"
"No, ma da lì è possibile viaggiare vero oriente per trovarne parecchi. Forse è sbarcato in uno di quelli."
"È lontano da Odasunde?" aveva chiesto Joyce.
Darran si era accigliato. "Perché vuoi saperlo?"
"Dimmelo e basta, per favore." Non era in vena di discussioni.
Il mercante aveva scosso le spalle. "È dall'altra parte del continente."
Quindi Oren non aveva viaggiato con l'alleanza, ma era partito da solo.
Perché?
E cosa lo aveva spinto a viaggiare verso Mar Qwara?
Possibile che la stesse seguendo o che sapesse qualcosa? E se era vero, perché allora Vyncent o Bryce non si erano messi in viaggio a loro volta?
Qualcosa li aveva trattenuti o...
Non riusciva a pensare all'alternativa.
Era troppo orribile quel pensiero, così tanto che si sentì mancare.
Darran l'aiutò a stendersi su di un divanetto.
"Devi riposarti" disse il principe. "Sono due giorni che non dormi per vegliare Oren."
"Tu non capisci" bofonchiò Joyce.
"Io capisco benissimo" disse Darran sorridendo. "Ma tu devi riposare. Adesso."
Joyce voleva protestare, ma non ne aveva la forza. "Se non faccio qualcosa morirà."
"So che farai tutto ciò che è in tuo potere" disse Darran. "Ma a volte ciò non basta."
"Io ci riuscirò."
"E io te lo auguro."
Joyce riuscì a dormire qualche ora. Quando si svegliò era buio.
Aprì gli occhi e colse un'ombra che si muoveva ai piedi del divanetto. Non c'era nessun altro nella stanza a parte lei e il visitatore.
"Spero che la ricompensa sia stata di tuo gradimento" disse Robern.
Joyce avrebbe voluto saltargli addosso e prenderlo a pugni, ma si trattenne. "È stato uno scherzo di cattivo gusto, il tuo."
"Scherzo?"
"La tua non è una ricompensa, se mi restituisci Oren per poi sottrarmelo di nuovo."
"Non sono stato io a maledirlo."
"E allora chi?"
"Non lo so, non ero presente quando è successo, ma scommetto che tu hai già un'idea."
Joyce l'aveva in effetti. Solo tre persone, per quanto ne sapeva, potevano avere maledetto Oren.
Gauwalt, l'evocatore.
Non l'aveva visto, ma era certa che fosse presente all'attacco contro Valonde, il giorno delle sue nozze. Aveva evocato i mostri che avevano attaccato il tempio, devastandolo.
Wena, la strega rinnegata.
Lei si era battuta con Oren e avrebbe potuto maledirlo, ma era morta. Aveva visto il suo corpo cadere a terra senza vita dopo essere stata colpita da due dardi al petto, passata da parte a parte.
Rancey.
Era lui il candidato principale. Aveva attaccato il tempio e poi l'aveva salvata da Wena, ma solo per tentare di rapirla subito dopo. Non aveva idea di cosa fosse successo dopo che era precipitata nel portale, ma era probabile che Rancey fosse sopravvissuto, anche se stava per battersi con Bryce.
E se Rancey era ancora vivo questo poteva significare che sua sorella...
No, non riusciva a credere che lui l'avesse sconfitta. Bryce era la strega suprema, invincibile per definizione. È vero, era ferita e stanca per la battaglia, ma era sicura che ce l'aveva fatta.
Rancey era scappato in qualche modo e la sua maledizione era ancora attiva. Doveva trovarlo e ucciderlo per salvare Oren.
Il problema era che non aveva idea di dove si trovasse.
Poteva essere in una casa di Mar Qwara o mille miglia distante, per lei non sarebbe cambiato molto.
Robern si avvicinò a Oren. "Tieni davvero tanto a questo ragazzo."
"Puoi fare qualcosa per salvarlo?" chiese Joyce alzandosi.
"Non sono un guaritore."
"Allora sei inutile" disse senza nascondere la sua delusione.
"Al contrario, posso aiutarti, Joyce di Valonde."
"Allora dimmi come salvarlo."
"Devi uccidere la persona che l'ha maledetto, pensavo che lo sapessi già."
"E dove si trova? Dimmelo" esclamò Joyce esasperata.
"Posso dirti dove si trovava e dove probabilmente si troverà" rispose Robern. "Ma non ho idea di dove si trovi in questo momento."
"Portami dove sarà" disse subito Joyce.
"Non è così semplice."
"Dimmi che cosa devo fare."
Robern annuì. "Vieni alla montagna sacra domani sera, al tramonto e ti dirò come fare."
Detto questo scomparve.
Rimasta sola, Joyce si rimise sul divano. Era esausta e si concesse qualche altra ora di sonno.
Impiegò il giorno successivo a prepararsi per l'incontro con Robern.
Al calare del sole uscì dalla torre e per non farsi riconoscere trasfigurò in Sibyl. Percorse la strada fino all'uscita, ma si fermò poco prima della porta. Levitò e si diresse alla montagna sacra.
Atterrò nei pressi dell'entrata del santuario. La grotta era ancora lì, anche se mezzo miglio più avanti era stata sigillata da tonnellate di roccia.
A nessuno era più concesso accedere al santuario. Sefu era stato di parola.
Percorse un centinaio di metri nella grotta, fino a trovarsi in un punto dove si allargava diventando una sala circolare con una sola entrata e una sola uscita.
Al centro esatto l'attendeva Robern.
Lo stregone vestiva gli stessi abiti del giorno prima.
"Allora" disse Joyce. "Sono qui."
Robern annuì. "Lo vedo."
"Dimmi cos devo fare."
"Una scelta."
Joyce si accigliò.
"Una scelta, Joyce di Valonde" ripeté Robern.
"Cosa devo scegliere?"
Robern agitò un braccio nell'aria. Un portale apparve alla sua destra. La sua luce pulsante rischiarò la tenebra.
"Se scegli questa via" disse Robern. "La guerra contro Malag sarà più breve. Meno sofferenze, meno spargimento di sangue, meno dolorose perdite per tutti, te compresa. Ma dovrai sacrificare Oren." Agitò di nuovo il braccio.
Alla sua sinistra apparve un secondo portale. "Se scegli questa via, la guerra sarà più lunga. Ci saranno più morti e dolorose perdite per te, Joyce di Valonde, ma Oren avrà una possibilità di sopravvivere. Hai compreso bene le mie parole?"
Joyce le aveva comprese. Inspirò a fondo. "Perché mi costringi a una simile scelta?"
"Non a tutti è consentito scegliere" si limitò a dire Robern.
"E se faccio la scelta sbagliata?"
"Non esistono scelte giuste o sbagliate. Esistono solo delle conseguenze che dobbiamo accettare e con le quali dobbiamo convivere."
"E se decidessi di non scegliere?"
Robern fece spallucce. "Tu sei libera di seguire il tuo destino, Joyce. Io non posso interferire in alcun modo. I portali resteranno attivi fino al tramonto di domani. È questo il tempo che ti è concesso per decidere. Scegli con saggezza la strada che vuoi seguire."
Robern sparì, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Ho tempo fino a domani, pensò Joyce. Devo prendere una decisione e alla svelta.
Tornò al palazzo e prese una borsa a tracolla. Vi infilò dentro poche cose: un mantello nero, una tunica di ricambio, dei sandali, della carne essiccata presa dalle cucine e una borraccia d'acqua. Prese anche le monete di Oren, sicura che per il momento a lui non sarebbero servite. Prese anche Il sogno della Strega. Lo avrebbe letto nei ritagli di tempo.
Passò parte della giornata successiva a prepararsi, quindi andò a trovare Darran.
"Devo partire" gli disse senza tanti giri di parole.
"Sapevo che sarebbe successo prima o poi. Hai trovato un passaggio?"
"In un certo senso..."
"Puoi dirmi dove andrai o è un segreto?"
In verità non ne ho idea, si disse. "È meglio che se tu non lo sappia."
"Abbandoni Oren al suo destino?"
"Mai" esclamò Joyce. "Ma devo andare. È importante."
"Lo so, lo immagino."
"Veglia su di lui, per favore."
"Farò in modo che non gli manchi niente" promise Darran.
"Grazie. Me ne ricorderò."
"E noi ci ricorderemo di te. Prima di andare vuoi conoscere le ultime novità?"
"È qualcosa che dovrei sapere?"
Darran face spallucce. "Forse potrebbe esserti utile. Pare che Sefu sia intenzionato a unirsi all'alleanza che sta combattendo contro Malag. Fino a oggi siamo rimasti neutrali, ma non potremo esserlo a lungo ora che l'alleanza sta combattendo l'arcistregone sul continente vecchio."
È una buona notizia, pensò Joyce. Peccato che per lei non facesse molta differenza. "Saluta Chare e gli altri per me."
"Lo farò. Parti subito?"
Joyce annuì. Era inutile rimandare ancora.
"È un addio?"
"Non lo so."
"Mi mancherai" disse il principe.
"Anche tu." Ora che non doveva più nascondersi e che poteva frequentare Chare liberamente, Darran era diventato più calmo e riflessivo.
Sembrava cresciuto e maturato in quei pochi giorni.
Glielo disse.
Lui sorrise imbarazzato. "È solo che ora ho una speranza. Prima cercavo solo di dimenticare, di seppellire la sofferenza sotto le folli avventure in cui mi cacciavo. La speranza è tutto, Sibyl. Senza siamo persi."
Joyce non rispose. Si limitò a salutarlo di nuovo e se ne andò.
Tornò alla montagna sacra. Il tramonto era lontano e i due portali erano ancora lì, in attesa.
Joyce sedette in un angolo, il libro di Oren sulle gambe.
Aveva già preso la sua decisione, ma sperava lo stesso che fosse quella giusta. A dispetto di quello che diceva Robern, era convinta che una scelta fosse migliore dell'altra e sperava di aver scelto bene.
Si alzò e si sgranchì le gambe.
Le ombre della sera si stavano allungando. Era il segnale che precedeva il tramonto.
Joyce si avvicinò a uno dei portali. Esitò.
"Sto facendo la cosa giusta?" si chiese ad alta voce.
Sospirò. No, non ne aveva idea. Erano ore che si poneva quella domanda senza trovare una risposta soddisfacente.
Poteva solo scegliere e searare di averci visto giusto.
E se sbaglio?
Se sbaglio dovrò convivere per sempre con il mio errore. Era da una vita che lo faceva.
Basta, si disse.
Camminò dentro uno dei portali. Lasciandosi avvolgere dalla luce pulsante. Vide le pareti di roccia dissolversi nell'aria e avvertì la consueta sensazione di cadere.
Alla fine aveva fatto la sua scelta.

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