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Autore: EvelynJaneWolfman    26/11/2017    1 recensioni
Nulla sconvolge il grigio e monotono mondo di Scott, tranne Dawn, la ragazza che gli ha rubato il cuore ai tempi del liceo e che non vede da anni. E quando finalmente la rincontra, i due si lasciano andare ad un momento di passione, sempre sognato da entrambi, prima di dirsi addio nuovamente. O almeno questo è quello che pensa lui, perché due mesi dopo a bussare alla sua porta è proprio la bionda con una sconvolgente notizia: aspetta un bambino! Scott non accetta quell'improvvisa bomba nella sua vita, non è in grado di prendersi cura di un bambino. Come se non bastasse in paese lo odiano tutti, complice il comportamento orribile dei suoi genitori nei confronti della comunità, e sa che per suo figlio crescere accanto a lui significherebbe vivere le stesse situazioni orribili che ha vissuto egli stesso nella sua infanzia, trasformandolo nel mostro che è ora. Dawn però è caparbia, tenace e non si arrende: vuole un padre per suo figlio e l'uomo che ama per sé. Ed è disposta a tutto pur di farsi accettare da lui, anche sconvolgere la vita degli abitanti di quel piccolo paese, portando alla luce segreti e crudeltà ancora da scontare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Cazzo, ho la colonna vertebrale a pezzi.» Si lamentò Scott, stirando la schiena all'indietro nel tentativo di alleviare la sensazione di dolore ed intorpidimento che provava. Tentativo che fallì miseramente. «Dawn, torniamo dentro. Ormai è sera e non abbiamo risolto granché, proprio come ti avevo detto.» Borbottò.

La ragazza annuì e si alzò in piedi, anche a lei faceva male la schiena e più volte la tentazione di lasciar perdere tutto e di rientrare era stata forte, ma era riuscita a non cedere. Seguì Scott dentro casa, ringraziandolo in silenzio per l'aiuto che le aveva dato, la sua compagnia era stata di conforto nonostante avesse tenuto il muso per tutto il tempo. Adorava proprio quello di Scott, il suo essere così scorbutico, cafone e maleducato fuori ma premuroso dentro. Sapeva che il ragazzo odiava quei lati di lui, che avrebbe preferito fregarsene completamente ma non era nella sua indole, già stata modificata troppo a causa degli eventi passati. Chissà cosa si provava a doversi nascondere sotto una maschera, ogni giorno, per proteggersi dal mondo esterno. Doveva essere orribile.
Lei non si era mai nascosta, non perché fosse migliore o più matura, semplicemente non ne vedeva il motivo, a cosa sarebbe servito poi? Avrebbe ugualmente sofferto a causa della sensazione di soffocamento, nessuno poteva indossare una maschera a lungo senza che, prima o poi, questa pesasse. E Scott stava già avvertendo il senso di oppressione e confusione dettato dalla sua testa e dal suo cuore, che erano entrati ormai in conflitto. Dawn ovviamente faceva il tifo per il cuore, voleva vedere la maschera del ragazzo cedere, ma quando ciò sarebbe avvenuto come avrebbe reagito il rosso? Avrebbe accettato i propri sentimenti? La scoperta di riuscire ancora a provare qualcosa? Il suo essere umano?

Perché era questo Scott, un semplice essere umano; incapace di eliminare le emozioni che più detestava, quelle che secondo lui non valeva la pena provare. Per prima l'amore, che l'aveva sempre ferito più di tutte, quell'amore che aveva sempre cercato negli altri e che mai aveva ricevuto in cambio. Ed anche quando ciò era avvenuto, era stato troppo breve per poterne conservare il ricordo; Caroline lo aveva amato e Dawn lo sapeva, ma sembrava che quell'amore non fosse stato abbastanza forte da strappare il ragazzo dall'oscurità in cui era caduto.

«Vado a farmi una doccia, tu preparati pure qualcosa.» Grugnì in modo quasi incomprensibile il rosso, dirigendosi verso il bagno e lasciandola sola in mezzo al salotto. Non sapendo cosa fare, prese alla lettera le parole di Scott e si diresse in cucina per prepararsi qualcosa, appena aprì il frigo le parve chiaro che il cibo scarseggiasse in quella casa. L'indomani si sarebbe recata in paese ed avrebbe comprato qualcosa, per il momento doveva accontentarsi delle due cosce di pollo che se ne stavano solitarie su un ripiano del frigo, di alcuni pomodori ed un po' di lattuga.

Accese il fuoco e mise a cuocere il pollo, quindi iniziò a preparare un'insalata con i pomodori e la lattuga. Non sarebbe stata una gran cena, ma era la prima che lei è Scott avrebbero fatto come una vera famiglia...

Il solo pensiero la emozionò e le mani tremarono un po', ma continuò la sua opera con estrema cura e dedizione; anche se con poco avrebbe preparato la miglior cena di sempre!

***

La doccia non era stata rilassante come Scott si era immaginato anzi, con la schiena a pezzi era stata dura riuscire a lavarsi in zone di solito di difficile accesso. Tutto merito di quella pazza bionda, sperava fosse già andata a dormire così lui avrebbe potuto vedere la televisione in santa pace e magari bevuto un po' di birra, per rilassarsi.

Si avvolse un telo di spugna alla vita ed uscì dal bagno, appena varcò la soglia venne subito investito da un profumino delizioso che gli fece brontolare lo stomaco come mai prima d'ora. Credeva di non aver appetito dopo lo stress subito tra le erbacce, invece quell'odorino aveva risvegliato il suo stomaco, di sicuro c'era lo zampino di Dawn e qualsiasi cosa stesse cucinando doveva essere delizioso. Entrò in cucina a passo lento e felpato, la prima cosa che catturò la sua attenzione fu la tavola, coperta da una tovaglia rossa a quadri bianchi – quella che sua madre aveva sempre odiato e mai usato –, apparecchiata per due. Era da molto tempo che non vedeva una scena simile, aveva smesso di mangiare a tavola con i suoi all'età di sei anni, quando anche sua madre aveva cessato di prendersi cura di lui per guadagnarsi le attenzioni del marito. Dawn, che fino a quel momento gli aveva dato le spalle per concentrarsi interamente sulla cena, si voltò verso di lui e gli sorrise come sempre. Una persona normale avrebbe sobbalzato visto il modo silenzioso in cui era entrato, ma non Dawn, per quanto potessi arrivarle di spalle in silenzio lei avrebbe sempre percepito la tua presenza e questa era una delle stranezze più assurde della ragazza. Per lei, ovviamente, era tutta una questione di auree.

«Oh, ti sei già lavato?» Chiese la bionda, aveva le guance leggermente rosse e distoglieva spesso lo sguardo da lui. Scott sghignazzò, ricordando di essere coperto solo da un misero telo di spugna.

Quindi Dawn non era così indifferente come sembrava, forse anche lei ricordava ogni singolo giorno l'unica notte che avevano passato insieme. Be'... visto il risultato di quella notte, se la ricordava eccome. Lui invece, la ricordava per motivi differenti che non avrebbe mai ammesso.

«Siediti pure, Scott, la cena è pronta; non è molto ma domani provvederò.» Gli ordinò premurosa la ragazza, che aveva già recuperato tutto l'autocontrollo ed ora lo fissava negli occhi senza nessun imbarazzo.

Questo un po' lo irritò, per una sola volta avrebbe voluto vederla perdere il controllo. Sembrava che nulla riuscisse ad intaccarla, o comunque ad intaccarla a lungo. Sembrava così algida in alcuni casi, anche se non lo era in alcun modo, e sembrava non poter provare emozioni intense ma lui sapeva che non era così, la Dawn che aveva tenuto tra le braccia due mesi prima era l'esatto opposto di quella seduta ora a tavola. In quel preciso istante gli sarebbe piaciuto stringersela contro e mandare all'aria tutta quella sua compostezza quasi eccessiva, a tratti finta, per poter di nuovo sentire il sapore delle sue labbra ed il completo abbandono del suo corpo. Ma non poteva, mai più avrebbe assaggiato le labbra di Dawn o toccato la sua pelle nivea e morbida né aspirato l'odore di camomilla dei suoi capelli. Non poteva permettersi di perdere nuovamente il controllo, anche perché ora si trovava in quella situazione a causa della sua stupidità.

Donne. Da sempre spingevano gli uomini a commettere i peggiori errori, affascinandoli e rendendoli dei perfetti imbecilli. Lui più di chiunque altro sapeva cosa significasse farsi raggirare da una femmina, essere così affascinato da pendere totalmente dalle sue labbra, rimbambirsi ad un punto tale da non rendersi conto della tela che pian piano ti sta tessendo attorno, fino a quando non è troppo tardi. Quell'errore, era stato il più grande della sua vita, quello che aveva definitamente fatto appassire il suo cuore.

«Forza, non restare lì impalato o si raffredderà.» La voce di Dawn, calma, dolce ed anche stranamente felice, calmò la tempesta di odio e rancore che si stava agitando dentro di lui, e come un automa si sedette. Mangiò in modo silenzioso e fin troppo lento, non alzando mai lo sguardo sulla ragazza, anche se aveva avvertito lo sguardo su di sé per tutto il tempo. Senza complimentarsi per la cena o ringraziarla, si alzò e si diresse in soggiorno per guardare la televisione. Lei non si lamentò né gli chiese com'era stata la cena, la sentì sparecchiare la tavola e lavare i piatti, tutto in modo molto calmo mentre nei suoi ricordi quelle piccole faccende non erano affatto fatte in modo silenzioso. Sua madre aveva sempre gridato per ogni stoviglia sporca, anche la più piccola, ricordandogli che era lei quella che doveva spezzarsi la schiena in quella casa, non lui. Ma alla fine, la donna aveva smesso di fare anche quello, prendersi cura della casa per lei era diventato irrilevante e Scott aveva imparato da solo a fare il bucato e cucinare.

Da una parte era contento che le cose fossero andate così, non aveva mai avuto bisogno di nessuno e nella vita aveva sempre saputo cavarsela da solo. Avrebbe dovuto insegnare lo stesso a suo figlio? Avrebbe dovuto trattarlo con condiscendenza o sufficienza, dicendogli sempre "cavatela da solo" come avevano fatto i suoi? Il solo pensiero lo fece star male, non l'avrebbe mai fatto. E poi, c'era Dawn, lei era la reincarnazione dell'istinto materno, ed anche se lui fosse stato un padre orribile lei avrebbe compensato le sue mancanze. Però lui non voleva che lei compensasse un bel niente, era diverso dai suoi genitori, non migliore ma diverso, e l'avrebbe dimostrato almeno a suo figlio. Gli abitanti di quel posto non avevano mai creduto che lui potesse essere migliore di suo padre e sua madre, Dawn lo vedeva come il martire che non era e suo figlio l'avrebbe visto per com'era in realtà. Lo pregava.

Passi silenziosi e quasi inudibili lo irrigidirono sul sofà, quei passi erano ovviamente di Dawn e sembravano dirigersi proprio verso di lui. Rimase teso, come una corda di violino; che volesse sedersi accanto a lui per guardare anche lei un programma televisivo? Pregava proprio di no, soprattutto perché il quiz truccato che stavano mandando in onda di sicuro non era il suo genere. Anche se lui non conosceva i suoi generi.

«Io vado a dormire, buonanotte Scott.» Si limitò a dire la bionda, senza aggiungere rimproveri per non averla aiutata o altro, come ogni altra donna avrebbe sicuramente fatto.

«Mmh.» Mormorò in modo distratto, tenendo ben puntati gli occhi sullo schermo e sull'uomo calvo che tentava, invano, di vincere centomila dollari. La sentì salire le scale e solo quando udì la porta della sua stanza chiudersi il suo corpo si rilassò nuovamente, ricacciando indietro la delusione.

***

Non riusciva a dormire, era da più di mezz'ora che si rigirava tra le lenzuola ma il sonno ancora non aveva prevalso sulla sua coscienza. Forse perché questa sembrava più forte quella sera, continuava a pensare a Scott e ad ogni secondo si sentiva più sveglia di quello precedente. 
Non riusciva a smettere di pensare allo sguardo stupito del ragazzo quando i suoi occhi si erano fermati sulla tavola imbandita. Poi quello sguardo era diventato vacuo, la sua aura si era tinta di colori sempre più cupi e Dawn aveva subito capito che stava ricordando qualcosa della sua infanzia, qualcosa di estremamente doloroso e triste.

Da una parte si era sentita colpevole, voleva solo cenare con lui come una vera famiglia ma a quanto sembrava l'unica cosa che aveva ottenuto era stata quella di catapultare Scott in un ricordo – o forse più ricordi – dolorosi, che sicuramente non voleva ricordare.

Il passato non andava di certo dimenticato ma affrontato, e lei lo sapeva bene, eppure sembrava che il rosso non fosse ancora pronto o non trovasse il coraggio per farlo. Lei però non voleva in alcun modo forzarlo, e ricordargli involontariamente cose negative era sicuramente un forzarlo in qualche modo. Sospirò inquieta e strinse il lenzuolo tra le dita. Cosa doveva fare per far sì che la loro diventasse una famiglia? Per quanto tentasse di dimostrarsi sicura, aveva una gran paura di sbagliare o di affrettare troppo le cose e di bruciare le poche chance che le rimanevano per entrare nel cuore di Scott. Lo amava così tanto, odiava vedere i suoi occhi così cupi, tristi e tormentati; voleva riavere su di sé lo sguardo che lui le aveva donato quella magica sera di due mesi prima. Quello sguardo le aveva dato la certezza che Scott sapesse amare ancora, che nel suo profondo non avesse mai smesso di farlo e di sperare nell'essere amato a sua volta. Eppure non si rendeva conto del suo amore, forse era lei incapace di dimostrarlo e di sicuro lui interpretava i suoi gesti in tutt'altro modo che amore. Se solo non fosse stata così inesperta di quel sentimento, forse avrebbe saputo cosa fare, però non lo sapeva; non sapeva cosa fare e si affidava semplicemente ai comandi del cuore. Il cuore l'aveva trascinata in quel paese, il cuore le aveva impedito di fermare Scott quella magica notte, e sempre il cuore l'aveva fatta perseverare. Ed ora Scott aveva accettato di prendersi cura di lei e del bambino, questo era già qualcosa. Eppure doveva ammettere di avere, nel profondo si sé, paura: paura di non essere mai amata da lui nello stesso modo in cui lo amava lei, di sicuro anche Scott si era sempre sentito così quando cercava l'affetto e l'approvazione altrui.

Sospirò nuovamente nel constatare che il sonno era ormai andato via senza di lei, scostò le coperte e si alzò per dirigersi in cucina a prendere un po' d'acqua. Chissà se Scott si trovava ancora sul divano, lei non l'aveva sentito salire le scale e chiudersi in camera. Scese giù in salotto, il televisore era ancora acceso ma il rosso non si trovava lì, la cosa la mise un po' in agitazione ma si impose di non farsi prendere da inutili paranoie. Forse era andato in bagno, non era di certo scappato, almeno pregava fosse così. Una folata di vento entrò in casa, facendola rabbrividire, e solo allora notò che la porta d'ingresso era leggermente aperta.

Allora è scappato davvero!, si allarmò. Lentamente, si avvicinò alla porta e l'aprì uscendo sul portico. Scott era proprio lì, seduto sui marci scalini in legno, che guardava il cielo; non aveva percepito la sua presenza, come sempre, e lei trattenne l'istinto di correre da lui e stringerlo tra le sue braccia. Il ragazzo non avrebbe apprezzato di certo un gesto simile anzi, l'avrebbe di sicuro allontanata in malo modo.

«Scott? Tutto bene?» Sussurrò piano, un suono quasi impercettibile. Scott però la sentì eccome, lo vide sussultare leggermente ma non si voltò verso di lei.

«Cosa ci fai qui? Dovresti dormire.» Rispose altrettanto piano e stranamente calmo lui, una parte di lei si era aspettata la solita risposta tagliente ed infastidita quindi fu sorpresa di sentirlo così calmo.

«Non riuscivo a dormire, troppi pensieri, e a quanto pare deve essere lo stesso per te.» Dawn gli si avvicinò piano e gli si sedette accanto, una mossa azzardata, lo sapeva bene. Ma il ragazzo ancora una volta la stupì e non diede alcun segno di fastidio nell'essere stato privato della sua solitudine.

«Già.» Fu la semplice risposta che ricevette da lui, ancora con il volto sollevato verso il cielo. D'istinto, sollevò anche lei il viso e rimase stupita dalla quantità enorme di stelle visibili nel cielo.
A Toronto non si potevano ammirare così tante stelle, e per lei quella fu una vista a dir poco magica che le fece sfuggire un verso di stupore.

«Non hai mai visto così tante stelle, vero?» Le chiese il rosso con un impercettibile riso nella voce.

«No, questa è la prima volta.» Ammise, voltando il capo verso di lui. Lo trovò a fissarla intensamente, quello sguardo le fece dimenticare le stelle e la meraviglia nel vederle, ormai era lui l'unica cosa che riusciva a vedere. I suoi occhi vennero poi catturati dalle labbra del ragazzo, erano rosse e non troppo carnose ma nei suoi ricordi calde, soffici e gentili. Avrebbe tanto voluto risentirle sulle sue, ma nemmeno quello sarebbe accaduto e lei era troppo codarda per fare il primo passo, la fermava soprattutto la paura di essere respinta. Tornò a puntare le iridi grigie in quelle azzurre del ragazzo per evitare di pensare ancora a contatti fisici che non avrebbe avuto né quella sera né le prossime, e fu una mossa totalmente sbagliata perché lesse negli occhi di Scott il suo stesso desiderio. Era strano, lei non aveva mai provato nulla del genere, eppure si sarebbe avventata volentieri su quelle labbra e pregato di farle provare le stesse cose della loro unica notte insieme.

Diede la colpa agli ormoni della gravidanza e tentò di non pensarci troppo su. Scott distolse lo sguardo da lei e lo riportò nuovamente verso il cielo, con sua grande delusione.

«Credo che siano state le uniche cose di questo posto che mi siano mancate, le stelle intendo.» Riprese all'improvviso il rosso, forse per distrarre entrambi da pensieri e sensazioni che ancora non erano in grado di affrontare. «Quando ero a Toronto le uniche cose che rimpiangevo di casa mia erano le stelle, ma le avrei rimpiante volentieri per sempre.» Commentò con amara ironia, facendole stringere il cuore in una morsa dolorosa. Quanto avrebbe voluto cancellare il suo dolore con un solo gesto della mano o con un bacio, come si fa con i bambini quando si fanno male. Ma con Scott un solo bacio non sarebbe bastato a consolarlo di tutte le ferite, e nonostante lei fosse disposta a dargliene quanti ne servissero per farlo stare meglio, sapeva che lui non li avrebbe mai chiesti né accettati.

Si avvicinò ancora di più a lui e lentamente coprì la sua mano con la propria. La pelle del ragazzo era fredda e lui non si ritrasse anzi, si voltò nuovamente verso di lei. E finalmente lo rivide, quello sguardo vivo e ardente di desiderio che per due lunghi mesi aveva sognato e pregato di riavere su di sé.

Scott avvicinò lentamente il viso a quello di Dawn e lei fremette d'impazienza sapendo che stava per baciarla, che finalmente avrebbe risentito il sapore delle sue labbra ed il loro calore. Erano ormai vicinissimi, poteva avvertire il respiro di lui sulla propria bocca e socchiuse gli occhi aspettando di perdersi nelle sensazioni che solo Scott le faceva provare. In un secondo però, il caldo respiro di lui lasciò spazio alla fredda brezza della notte e Dawn ritornò bruscamente alla realtà.

Scott si era alzato e si stava dirigendo verso casa. «Farai meglio ad entrare in casa se non vuoi prenderti un malanno.» Le disse prima di scomparire dietro la porta.

Per la prima volta Dawn capì cosa significasse sentirsi frustrati e leggermente in collera con un uomo.

  
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