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Autore: heliodor    26/11/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Krikor

"Inginocchiati" disse l'enorme uomo pelato con fare minaccioso.
Roge, in piedi di fronte a lui, gli rivolse una smorfia di disgusto. "Come hai detto?"
"Ti ho detto di inginocchiarti. Non ci senti, marzif?"
Un marzif era una persona appena arrivata nella prigione senza sbarre che era Krikor. Un marzif era l'ultima ruota del carro, il gradino più basso, la forma di vita con meno diritti di tutto quel folle posto.
E Roge era uno di loro.
Anche a distanza di giorni, tutti lo consideravano ancora un marzif. Lo trattavano alla stregua di un cane e si comportavano di conseguenza.
Era costretto a mangiare gli avanzi dei suoi compagni e a sottostare ai loro pesanti scherzi, quando avevano solo voglia di divertirsi.
Il primo giorno Balkor l'orbo gli aveva quasi staccato un orecchio dandogli un pugno.
Era successo per caso e all'improvviso, senza che lui l'avesse provocato.
Roge, riverso al suolo e insanguinato aveva fatto per rialzarsi, ma Tursk, un altro prigioniero, glielo aveva impedito. "È meglio se rimani buono dove sei" gli aveva detto.
"Mi ha colpito" aveva protestato Roge.
"E allora? Balkor lo fa con tutti i nuovi arrivati. È il suo modo di fare. Vuole solo vedere di che pasta sei fatto."
"Io non mi faccio mettere i piedi in testa da quello lì."
"Se non vuoi che la testa te la stacchi a morsi, ti conviene rimanere a terra."
L'attenzione di Balkor era già rivolta a un altro prigioniero.
La nave su cui viaggiavano non aveva mai attraccato al continente, ma si era limitata a raggiungere un tratto di mare a poche miglia di distanza. L'equipaggio li aveva costretti a salire su una scialuppa e poi li aveva spinti verso la costa.
Avevano navigato a vista per due giorni, prima di avvistare la terra.
Erano in sette sulla scialuppa, ma due morirono poco prima di toccare terra.
Gli altri cinque, tra cui Roge, si avventurarono nella foresta che cresceva rigogliosa a ridosso della spiaggia.
Lì erano stati catturati uno alla volta. I cacciatori erano altri prigionieri e li avevano trascinati al loro campo. Una accozzaglia di tende e capanne malmesse.
"Questo è il villaggio di Sicka" aveva detto Alketa, la strega dalle forme abbondanti che li aveva accolti. "Ora siete dei nostri e ci resterete fino alla morte."
Non era una prospettiva allettante per Roge, che non aveva intenzione di restare lì. "Devo tornare da mio padre."
Alketa gli aveva rivolto un'occhiata tra l'incredulo e il divertito. "E tu chi saresti?"
"Roge, della reale casa di Valonde."
La strega gli aveva riso in faccia. "Qui sei solo un marzif come un altro. Se provi ad andartene senza il nostro permesso di prenderemo e ti cucineremo. Non siamo cannibali ma ogni tanto la carne umana non ci dispiace, soprattutto se di sangue così nobile."
"Provateci a fermarmi."
Roge si era mosso verso il confine del villaggio, delimitato dalla macchia di alberi che cresceva a ridosso.
Alle sue spalle Alketa aveva pronunciato un paio di frasi in una lingua straniera.
Due stregoni si erano avventati su di lui, ma Roge era balzato di lato con velocità innaturale, due dardi pronti a esplodere in entrambe le mani.
Solo allora aveva sentito il torpore invadere il suo corpo.
Voltando la testa di scatto, aveva visto Alketa puntargli contro le braccia. Dai palmi aperti emanava un'energia di colore azzurro chiaro, che pulsava come se fosse viva. Quell'emanazione lo aveva avvolto, intrappolandogli le gambe e la parte bassa del bacino.
Non poteva muovere la parte inferiore del suo corpo.
Alketa stava usando una ragnatela magica contro di lui. Il suo viso era concentrato sulla sua preda e non poteva fare altro senza interrompere l'incantesimo.
Era una situazione di stallo, ma c'erano gli altri due stregoni che potevano muoversi e che le diedero manforte.
Furono su di lui in pochi attimi e lo scaraventarono a terra.
Roge sentì il torpore scomparire, ma nel frattempo i due stregoni lo avevano afferrato per le braccia e lo trascinarono verso il centro del villaggio.
"Sei sleale" urlò alla strega.
Alketa alzò le spalle. "Non possiamo permetterti di andartene in giro da solo. La foresta è pericolosa."
"Questo non è giusto" protestò lui.
"Un giorno ci ringrazierai. Ora devi solo imparare un paio di regole."
Fu Balkor a insegnargliele.
Il grosso stregone era alto e muscoloso. Indossava una tunica sbrindellata, fatta con pezzi di stoffa raccattati chissà dove e cuciti alla buona.
"Chi sono i nuovi?" domandò ad Alketa.
La strega indicò i cinque radunati al centro del villaggio.
Nel frattempo un centinaio di streghe e stregoni erano apparsi, formando un cerchio attorno ai nuovi arrivati.
"Una delle peggiori infornate che abbia mai visto" disse Balkor il grosso. "Guarda questo qui" disse afferrando in malo modo uno dei prigionieri, un ragazzo sui vent'anni tutto pelle e ossa. "È più morto che vivo. Non durerà più di una settimana."
Roge conosceva a stento il ragazzo. Non parlava la sua lingua e si limitava a osservare e restare in silenzio. Aveva mangiato pochissimo sulla nave e lì il cibo era già abbastanza scarso. Era stato l'ultimo a imbarcarsi e già quando era salito a bordo era conciato da buttare via.
"Come ti chiami?"
Il ragazzo non rispose.
"Ti ho chiesto come ti chiami" ripeté Balkor sbatacchiandolo come un cencio.
"Si chiama Fodor" disse Roge. Era la parola che ripeteva più spesso, quindi tutti avevano preso a chiamarlo così. Non che avesse molta importanza, ma non era bello essere privo di un nome.
Balkor lo fissò con sguardo furente. "L'ho per caso chiesto a te?"
"No ma..."
Roge non fece in tempo a completare la frase che Balkor gli assestò un pugno alla tempia. Fu così forte e improvviso che lo mandò al tappeto in un istante, stordendolo.
Il sangue prese a uscire copioso da una ferita sopra l'orecchio e lui sentì il colletto della tunica inumidirsi.
A quel punto Tursk si staccò dal gruppo di spettatori e si avvicinò ai prigionieri.
"Che fai? Non ho ancora finito con loro" disse Balkor.
"Se li danneggi tutti non ci resterà molto" disse Tursk aiutando Roge a rialzarsi.
"Sono solo dei marzif."
"Non arrivano più tanti come una volta e dobbiamo rimpiazzare le perdite."
Balkor sospirò. "Portali via. Dagli da bere e mangiare. Anche al piccoletto. E ricuci la ferita al chiacchierone."
"Mi chiamo Roge" disse rimettendosi in piedi a fatica.
"Nome stupido" disse Balkor.
Roge voleva rispondergli per le rime ma si morse la lingua. Non voleva un altro pugno. Era chiaro che non poteva misurarsi fisicamente con Balkor, perciò doveva scoprire quanto era forte come stregone e poi affrontarlo su un terreno a lui congeniale.
Era quello il modo giusto di fare. Quello che suo padre gli aveva insegnato.
Il ricordo di re Andew lo fece stare più male del pugno di Balkor.
"Venite" disse Tursk guidandoli verso una delle capanne.
I nuovi arrivati sedettero su brande ricavate da miseri pagliericci. Tursk prese ago e filo e iniziò a ricucire la ferita di Roge.
Fu doloroso ma resistette per tutto il tempo pensando ad altro, soprattutto al motivo per cui era finito in quell'inferno.
"Perché sei qui?" gli chiese Tursk mentre puliva la ferita.
"È una storia lunga."
"Io ho tempo."
Roge sospirò.
"Parlarne ti aiuterà."
"In che modo?" chiese Roge.
"Nemmeno tu immagini quanto possa farti bene. Andiamo, Roge della casata di Valonde. Immagino tu sia di nobili origini, se non hai mentito."
"Ho detto la verità."
"Quindi cosa sei? Un cugino del re? Suo nipote?"
"Terzogenito."
Tursk corrugò la fronte. "Un principe allora. Molto raro di questi tempi. Come ci sei finito qui? Hai disonorato una principessa? Hai ordinto un complotto contro tuo padre?"
Niente di tutto questo, pensò Roge. "Volevo solo dare una mano. Far finire la guerra."
"Quale guerra?"
Roge lo fissò stupito. "Non sai che stiamo combattendo una guerra?"
"Qui le notizie arrivano di rado. Non sappiamo cosa accade negli altri continenti."
"Capisco" disse Roge. "Allora non sai che Malag è ritornato."
"Malag? L'arcistregone?"
Roge annuì.
"Non era stato ucciso da quell'eroe, un secolo fa?"
"Così dicevano infatti, ma era una bugia, una menzogna. Malag non è affatto morto, ma è vivo e vegeto."
"Quindi tu combattevi contro di lui?"
"In un certo senso. Lo avrei voluto, ma non mi era permesso. Mi consideravano troppo debole e inesperto."
"Un giovane stregone, dunque. È questo che ti ha fatto arrabbiare?"
"Io non sono arrabbiato" protestò Roge.
"Strano. Mi era sembrato di percepire una certa rabbia nelle tue parole."
"Ti è sembrato male."
"Ancora non mi hai detto come sei finito qui."
"Scusa, ma non ho molta voglia di parlarne."
Tursk scrollò le spalle. "È la stessa storia per tutti. I primi tempi nessuno dice perché è a Krikor, ma col tempo vorrai parlarne. Col tempo  ricordare la tua esistenza com'era prima sarà l'unica cosa che ti terrà in vita e sano di mente."
Quelle parole avrebbero dovuto spaventare Roge e invece lo resero ancora più determinato nelle sue intenzioni. "Come faccio ad andare via?"
"Scusa?" Tursk aveva finito di ricucirlo e stava riponendo ago e filo.
"Ti ho chiesto come faccio a lasciare questo posto."
"Non puoi lasciare il villaggio. È pericoloso. Ormai sei stato marchiato come uno di noi e gli altri villaggi non ti accoglierebbero."
"Ci sono altri villaggi come questo?"
Tursk annuì. "Anche più grandi e fortificati. E un castello, ma è molto più a nord ed è in rovina. Lì ci vive solo la strega nera con i suoi seguaci. È gente cattiva, ma per fortuna non si fanno vedere spesso dalle nostre parti."
"Io comunque non voglio lasciare il villaggio. Voglio lasciare questo dannato posto."
"È impossibile."
"Perché?"
"Il continente minore dista cinquemila miglia dal vecchio continente. Nessuna nave fa rotta verso questo posto e persino quelle che trasportano i prigionieri si limitano a sbarcarli quando sono a una dozzina di miglia di distanza dalla costa. Questo per evitare che qualcuno cerchi di attaccarli per impossessarsi delle navi."
"Ma ci sarà pure un modo. Costruirò una nave."
"Nessuno sa farlo. Siamo streghe e stregoni, non carpentieri."
"Ma tu hai imparato a ricucire una ferita, come un guaritore."
"Questo è facile, ma costruire una nave..."
Roge scosse la testa. "Vuoi dire che nessuno è mai riuscito a fuggire via da questo posto?"
"Non è un caso se mandano i rinnegati a Krikor. È l'unico modo per assicurarsi che non facciano mai ritorno."
"Ma io so di rinnegati che sono riusciti a scappare."
Tursk si guardò attorno e abbassò la voce. "Succede molto di rado che qualcuno si perda nella foresta. Ci sono rovine, costruite dagli antichi abitanti di questo continente. È un popolo che è scomparso misteriosamente migliaia di anni fa, durante la grande guerra contro i maghi supremi. Si dice che abbiano costruito dei portali in grado di trasportare chiunque verso gli altri continenti, ma è una leggenda."
"E tu sai dove si trova uno di questi portali?" chiese Roge sentendo rifiorire la speranza dentro di sé.
"Se lo sapessi credi che sarei ancora qui? È solo una leggenda, una storia che i prigionieri si raccontano per non impazzire per la disperazione. Senza questa falsa speranza la maggior parte si ucciderebbe. O ucciderebbe gli altri."
La prima notte era stata la più dura. Doversi abituare al pagliericcio gli costò un doloroso mal di schiena al risveglio. E poi c'erano le cimici, gli insetti e altri piccoli animali che si muovevano attorno al villaggio e dentro.
La mattina dopo gli venne offerta una ciotola di brodaglia e del pane raffermo. Entrambi avevano un sapore e un odore terribili, ma erano la prima cosa di una certa cosnsitenza che mandava giù da giorni.
"Siete nuovi e dovete ancora ambientarvi" aveva detto Alketa. "Ma i prossimi pasti ve li dovrete guadagnare. Qui vige una sola regola: chi lavora di più mangia di più e vive meglio degli altri."
"Tu da quanto tempo sei qui?" gli aveva chiesto Roge.
"Tre anni."
"E sono tanti?"
Alketa ghignò. "Solo uno su dieci sopravvive così tanto."
"Tu come ci sei riuscita?"
"Tenendomi fuori dai guai. Ed è lo stesso consiglio che do a te, Roge. Sta lontano dai guai e ne uscirai vivo. Forse."
"Da dove vieni?"
Lei l'aveva guardato storto. "Mi stai interrogando."
"Sono solo curioso."
"Londolin" rispose lei.
"Conosco un tizio di quelle parti, un certo Vyncent."
"Mi pare di averlo sentito nomiare qualche volta" disse lei.
"Perché sei qui?"
"Non ci conosciamo ancora abbastanza per questo genere di confidenza, Roge di Valonde. Se hai finito con la zuppa seguimi."
Roge ubbidì. Fuori dalla capanna streghe e stregoni si stavano radunando nello spiazzo che fungeva da piazza del villaggio.
Balkor era già in piedi e stava urlando qualcosa.
Accanto a lui c'era un tizio pelato più grosso e massiccio, se mai era concepibile. Era alto almeno due metri con bicipiti gonfi come rami d'albero.
Rispetto agli altri, tutti magri e denutriti, sembrava un gigante al cospetto di bambini.
Roge e i nuovi arrivati marciarono verso il centro della piazza e si mescolarono agli altri.
Balkor li degnò appena di uno sguardo. "Valzar e la sua banda di predoni sono tornati" stava dicendo. "Ieri hanno depredato uno dei nostri magazzini per la terza volta questo mese."
Dai presenti si levò un mormorio.
"Lo dobbiamo trovare e uccidere" disse Balkor. "E mi servono dei volontari per una battuta di caccia. Carne e zuppa fresche per chi accetta. Una capanna tutta sua per chi ci aiuta a catturare Valzar. Una donna, o un uomo di sua scelta, per chi ci porta la sua testa."
Balkor rimase in attesa che qualcuno si facesse avanti.
Roge individuò Tursk tra la folla e gli si avvicinò. "Chi è Valzar?" chiese a bassa voce.
"Zitto" disse Tursk. "O ci metterai nei guai."
"Ti ho solo chiesto chi..."
"Taci!" esclamò Tursk.
"Pare che abbiamo un volontario" disse Balkor. La folla si divise, lasciando solo Tursk e Roge.
"Balkor" disse lo stregone. "Tu lo sai che io non sono molto ravo a..."
Balkor afferrò Tursk per il collo e lo trascinò fuori dal cerchio. "Ormai ti sei fatto avanti."
"Se muoio o vengo ferito chi curerà quelli che si ammalano?" chiese Tursk tremando.
"Tu cerca solo di non morire e al resto penseremo noi. E se qualcosa dovesse andare storto, troveremo qualcun altro che faccia il tuo lavoro."
"Ma io..."
"Ormai ti sei offerto. Non vorrai fare arrabbiare Cirkel, vero?"
Il gigante pelato gonfiò i muscoli.
"Sono troppo debole per una caccia" disseTursk con tono supplice.
Balkor lo sbatté a terra in malo modo. "Vuoi davvero farci arrabbiare? Guarda, se qualcun altro si offre al posto tuo, ti concederò di restare al villaggio."
Nessuno si mosse.
Roge, che era rimasto in silenzio, fece un passo avanti. "Ci vado io." Tursk lo aveva aiutato e sembrava davvero troppo debole e malmesso per qualsiasi cosa Balkor avesse in mente di fare. Inoltre era colpa sua se adesso era nei guai.
Balkor gli rivolse un'occhiataccia. "Un altro volontario? Bene, con te siamo a due."
"No, ho detto che vado al posto di Tursk."
"Non puoi decidere tu" disse Balkor. Si fece avanti e tentò di afferrarlo per il collo, ma Roge stavolta non si fece cogliere di sorpresa ed evitò la presa, scansandosi di lato. Gli afferrò il braccio e gli appoggiò l'altra mano al petto, facendogli lo sgambetto.
Balkor finì a terra ma si rialzò con un movimento agile. Nella mano aveva un dardo magico.
Roge gli mostrò il suo, già pronto a colpirlo al petto. "Da qui non mancherò il bersaglio. Puoi essere forte ma io sono veloce."
Balkor annullò il suo dardo e Roge fece lo stesso.
Il gigante pelato si avvicinò ai due. "Come ti chiami?" disse con voce squillante sorprendendo Roge. Tutto si sarebbe atteso meno che un tono simile.
"Roge di Valonde."
"Inginocchiati."
"Come hai detto?"
"Ti ho detto di inginocchiarti. Non ci senti, marzif?"
"Mi inginocchierò solo davanti a un re" rispose.
Cirkel rise. "Mi piaci. Ammiro il coraggio quando lo vedo. Tursk, puoi andare."
Lo stregone non se lo fece ripetere due volte. Si alzò e si allontanò di corsa tornando nella folla anonima.
"Nessun altro?" chiese Balkor.
Alketa si fece avanti. "Io ci sono."
Balkor si accigliò. "Tu sei dispensata. Hai già partecipato alla caccia del mese scorso."
"Sono fuori allenamento" disse la strega. "E ho voglia di menare un po' le mani." Si avvicinò a Roge. "Ti avevo detto di stare lontano dai guai."
Roge fece spallucce. "Mi interessa quella capanna. E se faccio fuori quel Vanzer chiederò te in premio. Contenta?"
"Si chiama Valzar." Alketa rise di gusto. "Sei proprio un bel tipo. Ma non sai che cosa ci aspetta lì fuori. Probabilmente metà di quelli che andranno a caccia non torneranno più."
"Scaveremo le loro tombe, allora."
"Spero che nessuno la scavi per me."
"Avete finito voi due?" disse Balkor interrompendoli. "Allora, nessun altro?" chiese rivolgendosi alla folla. "Devo scegliere io?"
Altri due stregoni si fecero avanti. Poi un terzo e un quarto. Dopo una breve consultazione un gruppetto di cinque avanzò compatto posizionandosi vicino a Roge e Alketa.
Balkor li osservò a metà tra il soddisfatto e il disgustato. "Speravo in meglio, ma ce li faremo bastare. Voialtri siete solo dei codardi" disse rivolto a chi era rimasto tra la folla.
Dai presenti si alzò un mormorio ma nessuno osò dire apertamente ciò che pensava.
"Venite" disse Balkor. "Dobiamo prepararci."
"E adesso che succede?" chiese Roge ad Alketa.
Lei ghignò. "Ora andremo a caccia, Roge di Valonde."

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