2.
The Dreamer And
The Wine
Tony Stark –
Gemma Dell’Anima
Nello scroscio del vino, il
murmure del presente e un ringhio ovattato.
Nella schiuma che imbelletta il
vetro, il futuro cosparso di vuoti impercettibili che risucchiano aria e
ossigeno.
Nel fondo liquido, il grumo del
passato, rimasugli che hanno il colore del sangue, densi, enfi come annegati,
stracci divelti di ricordi e momenti.
È lì, in un bicchiere colmo di
vino e liquore e veleno, è lì e soltanto lì, che Tony Stark sa riflettersi il
vero volto della propria anima.
E gli fa orrore.
Il terrore gli agguanta le
viscere. Lingue di fuoco si rovesciano nella carotide e il respiro si fa incandescente,
al punto di arroventargli la gola –E non è forse, gli suggerisce una voce, non
è forse a questo che si riduce la tua esistenza? A questo fuoco che non crea,
bensì distrugge?
E in questo caleidoscopio di
fiamme tu spasimi, genio di follia e disperazione, in questo amplesso volgare e
prostituito ti strappi dal cranio visioni e occhi e pensieri e voce e identità
e sangue. Preghi un dio fermentato di fracassarti le ginocchia e ti genufletti,
il torace colmo di un enthusiasmos che
obnubila la ragione e i sensi. Non aspetti altro, non desideri altro che
agitarti come un Menade al folle ritmo dei bicchieri che si svuotano e si
susseguono e poi affondare i denti nella carne, strapparti pelle e ossa e
ridere, ebbro, nell’attesa della Morte che sempre corteggi, ma mai si concede. Non
aspetti altro che la Morte. Il picco dei sensi. Il crollo. La volta del cielo e
il grembo dell’Inferno. È per arrivare alla tomba che avveleni la tua anima di
liquore e follia. Ogni brindisi è una libagione all’Erebo che ti attende.
Tony vuole smettere di guardare.
Vuole coprirsi gli occhi con le mani, vuole essere al contempo cieco e sordo, non
vedere, non sentire, essere niente, essere nulla.
Tuttavia, sa che non può
sottrarsi: ciò che gli sta accadendo non è qualcosa di fisico, non lo può
combattere, non lo può ridurre al silenzio. Non c’è armatura che possa
proteggerlo, nessuno schermo che possa abbassarsi per isolarlo dal mondo. Lui
stesso non ha fisicità, non può sperare di girare la testa, non può fare niente
se non assistere al tragicomico spettacolo della sua anima ora schiusa al
ludibrio del mondo.
Un’anima sporca di lordura,
vomito e saliva, un’anima che ride del riso incontrollato, svenevole degli
ubriachi.
La sua anima lo sta fissando e
Tony la fissa di rimando, per la prima volta dopo anni. Sente la nausea
arrivare fino alla bocca, dove cementifica insieme denti e lingua: sono uguali,
sono identici, la sua anima liberata dai ceppi dell’indifferenza ride, sorride,
e la risata lasciva fa traballare il pomo d’Adamo e subito si trasforma, si
muta in acidi e sangue. Lo stomaco quasi gli arriva alla bocca tanta è la forza
dei conati e Stark si ritrova d’improvviso piegato in avanti, con le mani che
pressano sull’addome e cercando di aprirsi la via verso gli intestini. La spina
dorsale si torce e ramifica scariche di dolore lungo la schiena e le braccia e
il cuore guaisce, una stilettata d’infarto gli rovescia gli occhi nelle orbite e
sopra la volta cranica lo attende un oceano rosso di vino, sospeso in un
esofago di vetro.
Sulle pareti curve, inframezzato
dal lucore di cadaveriche gocce di condensa, il volto che lo fissa ad ogni
respiro ha la pelle tirata sugli zigomi e il livore delle labbra è un tutt’uno
col pallore della carne; le ossa lasciano intravedere il profilo aguzzo delle
scapole, dei gomiti, delle nocche; il completo stazzonato e straziato racconta
per ogni macchia una storia diversa e i nodi del tessuto sono intrisi di vomito
e sudore e drink rovesciati. Eccolo, che annaspa e ansima, e tende le mani, le
dita e i polpastrelli tremano, vibrano, non sanno più mantenere la presa all’aria
e le mani sbucciate hanno dimenticato la grazia dell’invenzione e la musica del
sogno. L’ha barattato per un goccio di più; ha smembrato, strappato e ogni
pezzo, ogni frammento di sé venduto al miglior offerente e al peggior barista.
Nello stomaco non gli rimane che
il sapore della polvere e del vomito, della strada, del lerciume, dell’abbandono,
dell’addio.
Vergognosa, imbarazzante, lurida
e putrida, egoista, malsana, suicida, , ecco cos’è la sua anima.
Una porta che si chiude, una
stanza vuota, un silenzio assordante –Il freddo di una pistola. Il caldo del
sangue.
Non può scappare. Non può
fuggire. Non può girare gli occhi altrove.
La sua anima è lì, che lo guarda
e ghigna dal fondo di un bicchiere.