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Autore: FrancescaPotter    30/11/2017    1 recensioni
Questa è una serie di OS sui personaggi di Shadowhunters; tendenzialmente sono ambientate dopo TWP e riguardano la vita di tutti i giorni delle coppie principali, ma non escludo di poter scrivere anche dei missing moments o simili.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Jace Lightwood, Julian Blackthorn, Simon Lewis
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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An unexpected surprise
 
«Oddio» sussurrò Emma, sedendosi sul bordo della vasca. Le tremavano le gambe e le braccia.
Non poteva essere, doveva esserci un errore. I cinque test di gravidanza che aveva fatto durante la mattinata però sembravano pensarla diversamente, anzi, questi si dicevano tutti d’accordo: era incinta. Un’altra volta.
Quella mattina si era svegliata con un forte senso di nausea, tanto che non era neppure riuscita a fare colazione. Non ci aveva dato molta importanza, dando la colpa a un male di stagione o a qualcosa che aveva mangiato la sera prima, ed era andata a farsi una doccia. Quando si era spogliata aveva scorto di sfuggita il proprio riflesso nello specchio, rendendosi conto che c’era qualcosa di diverso. Non se ne era preoccupata molto fino a quando non si era specchiata di nuovo e aveva notato che sul suo fianco destro non c’era più nessuna runa. Era stato in quel momento che era andata nel panico. Disegnava sempre lì la runa anticoncezionale, ogni tre mesi. Sarebbe dovuta scomparire a fine dicembre, com’era possibile che non ci fosse già più?
«Julian!» aveva urlato con voce tremante. «Julian, che giorno è oggi?»
Aveva sentito Julian avvicinarsi alla porta del bagno.
«Cosa?»
«Che giorno è oggi?» aveva ripetuto Emma sulla soglia di una crisi di panico.
«13 dicembre? Forse 14…» Julian probabilmente aveva controllato sull’orologio che portava sempre al polso. «Sì, è il 14. Perché?»
Emma era convinta che la runa dovesse durarle fino al 20 di dicembre. Com’era possibile che non ci fosse già più?
Più tardi quella mattina avrebbe scoperto di essersi confusa. Aveva sbagliato: era convinta che i tre mesi sarebbero scaduti a fine dicembre, quando invece erano scaduti a fine novembre. Emma non poteva credere di essere stata così stupida, ma il mese appena passato era stato parecchio stressante per lei: Rose aveva avuto l’influenza, c’erano stati dei problemi con dei demoni nella zona di Malibu e Emma, Julian, Mark e Cristina avevano passato più di due settimane fuori ogni sera per trovare il loro covo. Il risultato era che Emma aveva fatto confusione, la runa era sparita da quasi un mese e lei adesso era incinta.
Emma lanciò l’ennesima bacchetta bianca nel cestino e si appoggiò una mano sulla pancia, non sapendo come sentirsi. Per la prima volta da quando si era resa conto che aveva dimenticato di disegnare la runa prese atto del fatto che sarebbe diventata madre un’altra volta.
«Non buttare il test di gravidanza nel cestino» stava dicendo Cristina dall’altro lato della porta. «Se Mark lo trova, dà di matto».
Emma guardò con aria colpevole il cestino nel quale ne aveva appena lanciato non uno, bensì cinque, e sbuffò. «E dove dovrei buttarli?»
Era da tutta la mattina che beveva e faceva test di gravidanza. Si sentiva ridicola. Per fortuna Mark non era in casa, altrimenti si sarebbe insospettito.
Cristina sospirò e diede un colpetto contro la porta. «Posso entrare?»
Emma prese un respiro profondo. «Sì».
La sua amica le si sedette accanto con un sorriso e le prese la mano. «Qualunque cosa accada, andrà tutto…»
«Sono incinta» mugugnò Emma, sentendo una forte pressione premerle contro al petto. «Almeno, questo è ciò che dicono i test».
Cristina trattenne il fiato e la strinse a sé. «Oh, cuata. È fantastico! Julian sarà così contento!»
Il pensiero di Julian fece fare al suo cuore una capriola e le fece venire gli occhi lucidi.
«Non posso dirlo a Julian se non sono assolutamente sicura». Il panico si stava impossessando nuovamente di Emma. Si allontanò da Cristina per guardarla in faccia e iniziò a singhiozzare. «Non posso, Tina, non posso. Devo esserne certa, perché se per caso dovesse trattarsi di un malinteso sarebbe una delusione troppo grande per lui».
Julian aveva tentato di convincerla ad avere un altro figlio quando Rose aveva due anni. Emma non se l’era sentita, Rose era un impegno a tempo pieno e, con un Istituto da gestire, sarebbe stato difficile badare a due bambini piccoli. E poi l’esperienza del parto non era un’esperienza che aveva voglia di ripetere. Quando Rose aveva compiuto cinque anni avevano smesso di discuterne e non ne avevano parlato più. Emma non poteva fare a meno di domandarsi se Julian sarebbe stato contento adesso.
E se avesse ormai accantonato l’idea di avere un altro figlio e non ne volesse più?
Emma era mortificata per aver fatto confusione con la runa: ne avrebbero dovuto parlare prima, decidere insieme di avere un altro figlio. Eppure non poteva fare a meno di essere felice e si sentiva una stupida per aver voluto aspettare così tanto.
Cristina le accarezzò piano i capelli. «Ma Emma, hai fatto tutti quei test…»
«Non importa!» esclamò lei. «Non dirò niente fino a quando non avrò visto un Fratello Silente».
«Perché stai piangendo ora?» le chiese Cristina, passandole un fazzoletto con espressione grave. «Non sei contenta?»
«Certo che sono contenta». Emma accettò il fazzoletto e si soffiò il naso. «Ma io e Julian non parliamo di un secondo figlio da anni. E se lui non ne volesse più un altro?»
«Oh…» Cristina si bloccò, osservando qualcosa alle sue spalle.
Emma si voltò di scatto e trovò Mark sulla soglia del bagno che le osservava, il capo inclinato e i capelli biondi che gli si arricciavano leggermente sopra alle orecchie. Cristina aveva lasciato la porta aperta, pensando che fossero le sole in casa: i bambini erano all’Istituto, e così anche Mark. Almeno fino a cinque minuti addietro.
«Perché sta piangendo?» chiese, entrando nel bagno con cautela, come se Emma fosse stata un animale feroce che avrebbe potuto attaccarlo da un momento all’altro.
«Lo sai che se Julian scopre che l’hai fatta piangere» continuò Mark rivolto a Cristina. «Non avrà pietà neppure di te, Tina?»
Alla menzione di Julian Emma riprese a piangere più forte di prima. Non era da lei piangere in quel modo, ma Emma credeva che fossero gli ormoni i responsabili di quella reazione esagerata.
Cristina aggrottò le sopracciglia. «Non l’ho fatta piangere io».
«Giusto». Mark sorrise. «Non saresti in grado di far piangere nessuno. Cos’è successo, comunque?»
«Niente». Emma cercò di calmarsi e si asciugò gli occhi con il fazzoletto che le aveva dato Cristina. «Niente. Non hai visto niente. Dimentica tutto».
Mark alzò un sopracciglio. «Devo chiamare Julian?»
«No». Emma si alzò e gli puntò un dito contro al petto. «No, Mark Blackthorn, non chiamerai proprio nessuno».
Mark parve leggermente spaventato e le toccò piano la spalla. «Sei sicura di star bene?»
Emma si prese il viso tra le mani e scosse il capo.
«Sono gli ormoni» disse Cristina. «È normale essere più emotivi del solito».
Mark spostò lo sguardo da Emma a Cristina e poi di nuovo su Emma.
«Cosa vuol dire?» chiese. «Spiegatemi».
«Forse» disse Emma. «Sono incinta. Forse».
Mark la fissò per un istante, come se stesse processando la notizia, poi sorrise le la abbracciò, sollevandola da terra.
«Oh, un altro piccolo fiorellino in arrivo» disse con la voce spezzata. «Lo hai detto a Julian?»
«No». Emma sospirò, poggiando il capo sulla sua spalla. «Prima devo vedere un Fratello Silente».
Mark la rimise a terra e le diede un bacio tra i capelli, continuando a stringerla a sé. «Julian sarà contentissimo».
Emma si sentì mancare. «E se non lo fosse?»
Oddio.
«Emma». Mark si allontanò e la guardò come se fosse impazzita. «Stiamo parlando di Julian».
Emma scrollò le spalle e tornò a sedersi sul bordo della vasca. Abbassò il capo e fissò ostinatamente le piastrelle azzurro chiaro.
Non se lo aspettava, ecco tutto. Non se lo aspettava ed era terrorizzata.
«Come faccio a gestirne due?» borbottò stropicciandosi le mani.
«Due bambini?» Cristina si mise a ridere e Mark con lei. «Se ce l’abbiamo fatta noi con quattro, ce la potete fare anche voi con due».
«E poi Rose è grande ormai» disse Mark. «Sa badare a se stessa».
Emma non era totalmente d’accordo. Rose era una bambina estremamente intelligente per la sua età, però era ancora piccola, era ancora la sua bambina che aveva bisogno di tutte le sue attenzioni.
«Non lo so» sussurrò, incurvando le spalle.
Cristina le prese la mano. «Andrà tutto bene, Emma. Te lo prometto».
Emma sospirò e cercò di credere alla sua amica. Dopotutto, se lei e Julian erano riusciti a crescere quattro bambini quando avevano poco più di dodici anni, sarebbero riusciti a crescerne due adesso, giusto?
Emma sperava tanto di sì.
 
---
 
Emma ritornò all’Istituto. Andò dritta in cucina per cercare qualcosa di leggero da mangiare –non aveva fatto colazione e stava morendo di fame- ma notò che Rose e Julian erano nella stanza della televisione. Non si era preparata all’effetto che la loro vista le avrebbe fatto; sperava di riuscire ad evitarli almeno fino all’ora di cena. Colpita da un capogiro, appoggiò una mano allo stipite della porta per reggersi in piedi.
«Emma?» Era Julian. Dalla sua voce sembrava preoccupato.
Emma aprì gli occhi e cercò di sorridere con naturalezza. «Ehi» disse, avvicinandosi al divano sul quale erano seduti. Julian stava tenendo Rose in braccio. «Che succede?»
Rose si stropicciò un occhio e scosse il capo. Emma le si inginocchiò di fronte e le mise una mano sul ginocchio.
«Rose non si sente ancora molto bene» spiegò Julian appoggiando il mento sul capo di Rose e stringendola a sé. «Vero, Rosie?»
Rose aveva avuto l’influenza ed erano riusciti a farle scendere la febbre solo da un paio di giorni.
«Povera bambina» sussurrò Emma spostando la mano sulla sua fronte. «Hai ancora la febbre?»
«No» rispose Rose. «Mi fa male lo stomaco».
«Forse è la stessa cosa che hai preso tu» continuò Julian, puntando i suoi occhi verde-azzurro su Emma. «Stai ancora male?»
Emma sbiancò, prendendo consapevolezza del fatto che Julian non sospettasse davvero nulla. E come avrebbe potuto?
«No» mentì Emma. «Sto bene, non era niente».
Diede un bacio sulla guancia a Rose e poi se ne andò. Non sarebbe riuscita a sostenere lo sguardo di Julian per un istante di più. Voleva dirglielo ma non voleva dirglielo: doveva essere sicura prima.
Si precipitò in corridoio e si mise a camminare a passo veloce verso la propria camera. Aveva già tirato fuori il cellulare, quando sentì Julian che la chiamava.
«Emma!»
Emma si voltò e lo vide, in piedi dall’altra parte del corridoio che la guardava come se fosse impazzita.
Le si avvicinò e le mise una mano sul braccio.
«Cos’è successo?»
Emma aggrottò le sopracciglia. «Non è successo niente».
«Ma…» Julian esitò. «È da questa mattina che sei strana e prima, con Rose… credevo che fosse successo qualcosa ma che non volessi parlarne di fronte a lei».
Emma scosse il capo. «Va tutto bene, sono solo un po’ stanca».
Julian non sembrava tranquillo. Un’ombra era calata sul suo viso, un’ombra che Emma non vedeva da anni. «Emma» disse con urgenza. «Capisco quando menti. Ti prego, se c’è qualcosa che non va, dimmelo».
Tutto quello che avevano passato quando erano ragazzini non era stato dimenticato, né da Emma né da Julian; la paura che l’equilibrio che erano riusciti a costruire in quegli ultimi anni venisse spazzato via era un pensiero costante di entrambi.
Emma si alzò in punta di piedi e gli prese il viso tra le mani. «Ti prometto che non è successo niente di brutto». Parlò con voce ferma, lentamente così che non potesse dubitare delle sue parole. Poi premette con forza le labbra contro quelle di Julian e lui l’attirò a sé passandole le braccia attorno alla vita.
«Ti amo tanto» sussurrò Emma. Gli accarezzò i capelli alla base del collo, dove la pelle era morbida e delicata, non rovinata da marchi e cicatrici. «Ti prometto che va tutto bene. Okay?»
Julian annuì e le diede un bacio sulla fronte. Emma poggiò la testa sul suo petto e lo strinse forte, sentendo il suo cuore batterle contro l’orecchio.
«Rose sta ancora tanto male?» Emma cercò di cambiare discorso.
«Sì, non è riuscita a mangiare nulla». Julian sembrava più rilassato.
«Torna da lei». Emma alzò il capo e lo guardò negli occhi. «Io vado a chiamare Magnus, magari ha qualcosa che può farla stare meglio».    
Julian le accarezzò i capelli con la mano e la lasciò andare.
Appena Emma fu di nuovo sola, prese il cellulare e compose il numero di Jem.
Dopo qualche squillo, lui rispose.
«Pronto, Emma?»
«Ho bisogno del tuo aiuto».
 
---
 
Emma si era incontrata con Jem e Fratello Enoch a casa di Mark e Cristina per evitare di far insospettire Julian. Emma sapeva che lui aveva già capito che c’era qualcosa che non andava e non voleva alimentare quella convinzione.
«Sei incinta» le aveva detto Fratello Enoch nella mente dopo averla visitata, mentre lei se ne stava seduta sul letto con la schiena appoggiata a tanti cuscini. «Tre settimane. Il bambino è in salute e tra un paio di settimane saprò dirti il sesso. Devi essere prudente con questa gravidanza però, non puoi essere sconsiderata come quando avevi vent’anni».
Emma aveva sentito le lacrime salirle agli occhi e si era coperta la bocca con la mano per non scoppiare a piangere di nuovo. Odiava gli ormoni. Non era stato così con Rose.
«Cosa?» aveva chiesto con apprensione Mark; lui e Cristina avevano insistito per rimanere con lei durante la visita, e davanti alle sue proteste Mark le aveva detto: casa mia, regole mie.
«Sono incinta» aveva ripetuto Emma. «Di tre settimane».
Cristina aveva battuto le mani ed era corsa ad abbracciarla, e così anche Mark.
Emma era ritornata a casa con il cuore più pesante e allo stesso tempo più leggerlo. Ora arrivava la parte più difficile, la parte che più la spaventava: doveva dirlo a Julian.
Era consapevole che fosse stupido preoccuparsi per la sua reazione, perché sapeva che sarebbe stato contento… dio, sarebbe stato così contento. E anche Emma realizzò che lo era. Era sinceramente felice, ma la preoccupazione che Julian potesse non essere tanto entusiasta quanto lei la stava divorando viva.
Si mise una mano sulla pancia e prese un respiro profondo. «Ora andiamo a dirlo a papà, okay?»
Entrò piano in cucina, aspettandosi di trovarlo lì, ma Julian non c’era. Controllò nel suo studio e poi nella palestra, ma non ebbe fortuna neppure lì. Allora decise di andare nella loro camera per riposare un po’. Era incinta dopotutto, e la notte precedente aveva dormito malissimo; si meritava un po’ di riposo. Si sdraiò sul letto, sotto alle coperte e, nonostante non avesse intenzione di dormire, si addormentò quasi istantaneamente.
Quando riaprì gli occhi fuori era calata la sera e la stanza era debolmente illuminata dalla lampada a stregaluce che c’era sul comodino. Emma si sentiva al caldo e capì subito che era perché si trovava tra le braccia di Julian. La stava abbracciando da dietro, così che la sua schiena fosse premuta contro al petto di lui, che si alzava e abbassava regolarmente.
«Em?»
Emma sentì il suo respiro sfiorarle la guancia.
Si girò e si ritrovò il suo viso a pochi millimetri dal proprio. I suoi occhi chiari la stavano osservando con apprensione, una ruga di preoccupazione tra le sopracciglia. «Stai bene?»
Emma annuì e si mise a sedere. «Che ore sono?»
Si alzò, liberandosi dalla presa di Julian, e andò a guardarsi allo specchio. La sua treccia era ormai sfatta e aveva il mascara sbavato.
«Quasi le sei» rispose Julian, scostando le coperte di lato e raggiungendola davanti allo specchio.
Emma si slegò i capelli. Fece per farsi un’altra treccia, ma Julian la precedette.
«Lascia» le disse, prendendole i capelli dalle mani con gentilezza. «Faccio io».
Emma gli permise di passarle le dita tra i capelli e di intrecciarli nuovamente con cura. Si abbandonò al suo tocco gentile e chiuse gli occhi. Adorava quando Julian le toccava i capelli; era rilassante e la faceva sentire in pace con il mondo intero.
«Emma» Julian aveva terminato la treccia. Le diede un bacio sulla spalla e la strinse a sé. «C’è qualcosa che ti preoccupa». Emma trattenne il respiro e si irrigidì; Julian la stava abbracciando dal dietro, le mani appoggiate sulla sua pancia. Emma le fissò e poi alzò lo sguardo, incontrando quello preoccupato di Julian attraverso lo specchio.
«Me lo puoi dire. Lo sai, vero?» continuò lui con serietà. Aveva capito che qualcosa non andava, Emma lo vedeva chiaramente dall’espressione determinata del suo viso.
Emma si allontanò con gentilezza da lui, iniziando a camminare avanti e indietro.
Julian si sedette sul letto e la osservò dal basso verso l’alto.
«Mi stai davvero facendo preoccupare» disse. Era evidente che si stesse sforzando per rimanere calmo.
Emma lo guardò e sentì gli occhi bruciare. «Mi dispiace tanto» iniziò. «Mi dispiace così tanto, ma Rose ha avuto l’influenza e quei demoni a Malibu con tutte le pattuglie, io… ho sbagliato». Emma faceva fatica a trovare le parole e le tremava la voce. «Pensavo che la runa avrebbe smesso di funzionare a fine dicembre e invece era fine novembre. Sono una stupida, mi dispiace, ne avremmo dovuto parlare. Non sarebbe dovuto succedere così».
«Emma». Julian aveva gli occhi spalancati. Probabilmente credeva che fosse impazzita. «Ma cosa…?»
«Sono incinta». Emma si bloccò davanti a lui e cercò di non abbassare lo sguardo.
Julian spalancò la bocca e rimase in silenzio per quelle che a Emma parvero ore, come se stesse cercando di metabolizzare la notizia. Poi scosse il capo e parlò con cautela. «Non è vero».
Emma scoppiò a piangere e si coprì il viso con le mani.
«Non stai scherzando?» Emma non riusciva a capire dal tono di voce se Julian fosse stupito, felice, scioccato o arrabbiato. «Sei davvero incinta?»
Emma annuì, cercando di calmarsi ma senza riuscirci.
«Oddio». Julian si alzò l’abbracciò forte, accarezzandole i capelli e dandole un bacio sulla guancia, poi un altro sulla tempia e poi di nuovo sulla guancia.
«Perché stai piangendo?» chiese Julian tra i suoi capelli.
«Non sei arrabbiato?» sussurrò Emma, alzando il capo per poterlo guardare.
«No». Julian aveva gli occhi lucidi. «No. Sono felice, Emma. Come potrei non esserlo?»
«Non l’abbiamo programmato» spiegò Emma. «E ho sbagliato io, magari tu non volevi…»
«Em» la interruppe lui con voce spezzata. Emma notò che gli tremava la mano quando la alzò per sistemarle una ciocca di capelli che era scappata dalla treccia dietro l’orecchio. «Sei un’idiota. Non mi interessa se non lo abbiamo programmato. Ho sempre voluto un altro figlio».
«Lo so». Emma gli allacciò le braccia attorno al busto e seppellì il viso contro al suo collo, sentendo il battito accelerato del suo cuore.  «Lo so, ma non ne parlavamo da così tanto tempo».
«Pensavo che tu non lo volessi». Ora Julian sembrava preoccupato. «Tu sei contenta?»
«Sì» disse Emma, sentendo il cuore più leggero. «Sì, sono tanto contenta, Jules».
Julian si chinò su di lei e le baciò le lacrime sulle guance e poi le labbra. Emma ricambiò il bacio e per la prima volta da quando aveva scoperto di essere incinta si concesse di respirare. Julian lo sapeva, era contento, era davvero contento, e sarebbe andato tutto bene.
«Avremo un altro bambino» sussurrò Julian, come se facesse fatica a crederci; si abbassò e le diede un bacio sulla pancia, poi ci poggiò sopra una mano e si raddrizzò. «Quante settimane?»
Emma represse l’istinto di mettersi a piangere di nuovo. «Tre».
Julian sorrise, ma il sorriso gli si congelò sulle labbra, come se si fosse reso conto di qualcosa di terribile. «Emma, l’altro giorno quel demone mantide ti ha quasi morsicato» disse orripilato. «Eri già incinta». La guardò dritta negli occhi, dando inizio a quella discussione che avevano già avuto più volte quando Emma era rimasta incinta di Rose. Julian avrebbe voluto che Emma rimanesse a casa sin dai primi mesi, ma lei si era opposta fermamente ed era uscita con lui e Cristina in pattuglia fino al sesto mese. Questa volta però era diverso, non era più così giovane e Fratello Enoch le aveva raccomandato di non stancarsi troppo. «Devi stare attenta. Lo so che va contro la tua natura, ma non puoi...»
«Lo so» sospirò Emma. Julian continuava a tenere la mano sulla sua pancia, e Emma si sentiva come se il suo cuore fosse sul punto di esplodere. «Lo ha detto anche Fratello Enoch. Prometto che farò attenzione e che sarò prudente».
Julian annuì serio. «E se è un’altra femmina?»
Emma ghignò. «Se è un’altra femmina la chiamiamo Cortana».
Julian si mise a ridere e alzò gli occhi al cielo. «Per la millesima volta, non chiameremo nostra figlia come la tua spada».
Emma decise di lasciar cadere il discorso per il momento. «Che problema c’è se è femmina?»
«Nessuno» rispose Julian con un sorriso. «Sarà solo la mia rovina assieme a Rose».
«Rose sarà contentissima» disse Emma. «Impazzirà, ci chiede un fratellino da un sacco di tempo».
«Quanto dovremo aspettare prima di dirglielo?»
Emma alzò le spalle. «Ancora qualche settimana».
Julian annuì e poi si passò una mano tra i capelli. «Non ci credo ancora». Aveva gli occhi lucidi, genuinamente contento. «È la cosa migliore che potesse capitare».
«Sì, lo è».

NOTE DELL'AUTRICE
Eilà! Sì, sto praticamente scrivendo gli annunci di tutte le gravidanze, bene ma non benissimo. xD 
Nulla, come al solito è super sdolcinata ma ehil, io all'inizio della raccolta vi ho avvisati! Quindi spero vi sia piaciuta. :)
Ripeto che io non so cosa succedera in Queen of Air and Darkness e non so se Mark e Cristina staranno mai assieme, ma a me piacerebbe di sì. <3 

A presto,

Francesca 
  
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