“Duro? No. Sono fragile, mi creda.
Ed è la certezza della mia fragilità che mi porta a
sottrarmi ai legami.
Se mi abbandono, se mi lascio catturare, sono perduto.”
(José Saramango, “Lucernario”)
Il sole riversava i suoi caldi raggi sull’abitazione dei
Guardiani e del Demone d’Oro, illuminando l’intero giardino e riflettendosi
sullo specchio d’acqua dei piccoli laghi, in modo tale da conferire
all’ambiente circostante un’atmosfera di pace e serenità. Qualche notte prima,
i tre erano ritornati finalmente a Tuula ove si erano subito riposati e avevano
recuperato le energie; durante il tragitto non vi erano stati più alcuni
affronti verbali tra Hadmon e il pistolero, i giorni erano passati avvolti da
un profondo silenzio, durante i quali Selene di tanto in tanto si abbandonava
al flusso delle miriadi di domande che avrebbe voluto rivolgere ad Hanzai circa
il fantomatico incidente di quattro anni prima; non potendo trovare risposta
impiegava tutto il tempo a disposizione a formulare ipotesi, sperando non tanto
di trovare una soluzione, quanto di scacciare via l’immagine del bacio che le
era stato strappato e di tenere a bada i nascenti sentimenti che nutriva verso
Jhin.
In quei tre giorni di viaggio avevano avuto l’occasione di
fare tappa in piccole città, in cui si erano procurati i pasti e Hadmon aveva
recuperato le medicine necessarie a curare la febbre di Selene; le piccole
fialette che lei aveva bevuto, le avevano fatto recuperare presto le energie e
nel giro dei successivi due giorni di viaggio la malattia aveva completamente
abbandonato il suo corpo e lei era tornata in forze. Nonostante la sua veloce
ripresa Hadmon le aveva raccomandato che sarebbe dovuta stare a riposo per i
prossimi due giorni in modo tale da non avere ricadute. Durante il viaggio di
ritorno, Selene non aveva più avuto occasione di parlare con il Demone d’Oro e
lui aveva fatto il possibile per innalzare di nuovo il freddo muro e cercare di
soffocare ogni forma di affetto. Nonostante
questo l’avesse dispiaciuta Selene aveva cercato di accettare la questione e
aveva tentato di seppellire tutto.
Quella mattina Hadmon, aveva lasciato l’abitazione molto
presto per dedicarsi alle ricerche, invece Selene era stata costretta a stare a
letto e riposare dato che di tanto in tanto le venivano meno le forze; Jhin come
al suo solito era rimasto isolato nella sua stanza per la maggior parte del
tempo, entrambi i Guardiani durante la giornata che aveva seguito il loro
arrivo avevano provato ad avvicinarsi all’uomo, preoccupati per la sua salute
ma erano stati respinti bruscamente. Inoltre avrebbero dovuto trovare
l’occasione per discutere sulla versione da fornire al Consiglio, il quale il
pomeriggio stesso li aveva convocati per il resoconto della missione e per
maggiori chiarimenti circa la lettera che Roak aveva spedito a Klein; quando
quella notizia era giunta a loro, Selene e Hadmon avevano sussultato e subito
si erano preoccupati delle eventuali ripercussioni che quella missione avrebbe
avuto sulla situazione del pistolero. Purtroppo nessuno dei due Guardiani aveva
più avuto occasione di comunicare l’informazione all’uomo e Hadmon aveva
affidato il compito a Selene e nonostante la Guardiana non volesse avere a che
fare con lui, fu costretta ad accettare quell’incarico.
Così in tarda mattinata Selene, si era alzata in preda ad
uno dei suoi incubi e aveva pensato costantemente al momento opportuno per
presentarsi di fronte la porta del Demone d’Oro e spiegargli la situazione;
purtroppo, ogni volta che decideva di farsi avanti, le vicende dei giorni
precedenti la facevano dubitare e finiva per rinunciare. Alla fine si era fatta
l’ora di pranzo e lei non era riuscita a concludere nulla e aveva ripiegato sul
suo letto dove si era riposata, in preda a un’improvvisa stanchezza. Sdraiata
sulle lenzuola bianche, cercava di scacciare dalla sua mente l’immagine degli
occhi scarlatti di Thanatòs e i suoi ringhi feroci; contemplava distrattamente
il cielo azzurro che si intravedeva dalla finestra, mentre cercava di raccogliere
il coraggio di recarsi dal pistolero. Dopo qualche minuto aveva deciso di
alzarsi e agire; molto velocemente pranzò in solitudine, anche quella mattina
Ana era assente e aveva speso i giorni in cui loro erano mancati presso la sua
vera residenza a Tuula, fortunatamente sarebbe tornata la sera stessa come
aveva comunicato in una sua lettera. Dopo il pasto salì le scale e si fermò di
fronte alla porta della stanza di Jhin; prima di bussare si bloccò, doveva
farsi coraggio anche se odiava l’idea di dover conversare con lui dopo che in
quei giorni era riuscita a tornare quasi alla normalità. Prese un lungo sospiro
e picchiettò la porta due volte. Silenzio. Tentò nuovamente e subito la porta
di fronte a lei si aprì di scatto e la figura possente di Jhin si materializzò
dall’ombra della stanza.
-Cosa… - disse Jhin, bloccandosi quando vide la
guardiana di fronte a lui.
Non appena Selene vide la reazione diffidente del pistolero
indietreggiò di un passo, spaventata dal suo occhio scarlatto che ora le
rivolgeva uno sguardo affilato; in silenzio l’altro fece per richiudere la
porta, ignorando completamente la sua presenza.
-Devo parlarti…- spiegò esitante Selene.
-Non disturbarmi – ribatté seccamente Jhin.
A quella frase Selene infastidita, bloccò la porta con le
mani prima che il pistolero potesse richiuderla; la aprì e varcò la soglia: era
stanca di essere sempre trattata con disprezzo dall’uomo, in quel momento
l’avrebbe ascoltata. Il Demone d’Oro si irrigidì e si preparò ad affrontarla
verbalmente per riversare nuovamente tutto il suo odio su di lei, ma prima che
potesse proferire parola lei lo anticipò.
-Adesso mi starai a sentire, questa volta
non mi ferirai allontanandomi – disse Selene, stringendo i pugni.
-Vattene! Non voglio vederti e né sentirti,
sei solo una presenza scomoda – ringhiò Jhin, posandole una mano sulla spalla
per mandarla via con la forza.
Una rabbia viscerale alimentò le membra di Selene, non
appena l’uomo sfiorò la sua armatura lei gli afferrò il polso e glielo scansò;
se inizialmente voleva solo comunicargli il volere del Consiglio, adesso le
interessava solo di porre fine al suo modo di fare che la demoliva: odiava il
suo profondo rancore, la sua rabbia e la sua paura, e più di ogni altra cosa
non tollerava più l’idea che venisse trattata sempre come feccia.
-NON TOCCARMI! – sbottò Selene, poi vedendo
l’altro stringere i pugni, avanzò di un passo nella sua direzione e proseguì –
tu non hai nessun diritto e dico nessuno, di potermi calpestare come meglio
preferisci! Mi hai trattata come feccia, nonostante io sia venuta più volte da
te nel vano tentativo di potermi avvicinare e aiutarti, e adesso non lo farai
di nuovo! –
-Aiutarmi?! Ascolta le tue patetiche
parole, io non ho mai avuto bisogno del tuo misero aiuto. Davvero pensi che io,
il Demone d’Oro ne abbia mai necessitato?! Tu non hai idea di chi io sia…- urlò
Jhin, in preda alla rabbia; quello sarebbe stato il suo ultimo e sofferto
tentativo di allontanarla.
-Oh no, sì che lo so! Io so benissimo chi
sei Jhin, tu sei un uomo che ha paura
–
-Come osi…-
Detto così Jhin scattò in avanti e le afferrò il viso e si
chinò su di lei, improvvisamente sentiva la sua anima e il suo cuore venir
chiamati in causa: non avrebbe potuto mai ammettere quella verità.
-Ripetilo. Se hai il coraggio. Cosa dovrei
temere? Sentiamo, una patetica donna?! – sibilò minacciosamente Jhin, vedendo
l’altra scansare con forza la sua mano, ma subito lui le riafferrò il mento.
-Tu hai paura, di questo – disse Selene, posando la mano sul suo cuore e pronunciando
quelle parole che come lame incisero la sua corazza rivelando i suoi punti deboli
– tu temi di poterti avvicinare a qualcuno, a me… peggio ancora per rifuggire
da essa, calpesti gli altri così come hai fatto con me, in modo da mascherare
le tue ombre –
-Non dire idiozie, non hai idea di cosa
stai parlando. Non conosci minimante il mio passato, come pretendi ti potermi
capire anche minimamente?! – sbottò Jhin, non poteva sfuggire alla realtà.
-Non ti conosco affatto è vero. Quel poco
che ti sono stata accanto mi ha permesso di capire che te hai una profonda
paura di portare allo scoperto la tua anima tetra e piena di cicatrici; temi di
poter riporre la fiducia in qualcuno per evitare di rimanere emotivamente coinvolto
– spiegò Selene con voce rabbiosa, deglutendo a vuoto quando l’altro la mise a
muro con poca grazia.
-Non dire idiozie. Sono stanco di sentire
le tue scemenze, io non ho bisogno di sciocchi sentimentalismi, io non temo nulla – sussurrò minacciosamente
l’uomo: quelle parole erano più rivolte a sé stesso che a lei.
-Perché mi hai baciata allora? Perché subito
dopo sei sfuggito? - chiese Selene spavaldamente, notando l’altro porre le mani
sul muro in modo da non permetterle alcuna fuga.
In silenzio Jhin incassò l’affronto, lui aveva agito baciandola
perché ormai aveva finito con l’innamorarsi di lei ma subito aveva avuto paura di quel bacio, aveva capito sin
dall’inizio che significava esporre entrambi e lui temeva di affrontare i
fantasmi di un passato lontano che continuava a ricordargli che le sue mani
erano sporche di sangue innocente e indelebile. Lui aveva paura di venir
coinvolto sentimentalmente, e soprattutto di rischiare di essere costretto a ripetere
un omicidio su una donna a si sarebbe potuto legare. L’ira che lo aveva spinto
ad affrontarla verbalmente scemò via; il suo tentativo di allontanarla era
fallito e il muro che aveva eretto tra loro nei giorni precedenti si era sgretolato
completamente in quel momento: odiava il modo in cui la sua armatura era stata
di nuovo infranta eppure non poteva non lasciarsi avvolgere dalla gentilezza con
cui lei lo aveva fatto. Purtroppo prima
di poter parlare, furono interrotti dall’arrivo di Ana; si sentì mortificato
quando vide l’espressione rassegnata dell’altra che si allontanò, raggiungendo
la soglia della porta. La sua ragione gli suggeriva di rimanere in silenzio, di
tagliare ogni cosa sul nascere finché sarebbe stato in tempo, e quindi di
lasciarla andare via; sentiva il suo cuore lacerarsi all’idea di poter essere
odiato da lei, e mentre un vortice di paura e diffidenza avvolgeva la sua
mente, la sua anima gli gridava che avrebbe dovuto fermarla. La vide voltarsi
un’ultima volta e inchiodare i suoi profondi occhi color ghiaccio, e a quel
punto sussultò.
-Ad ogni modo, oggi pomeriggio il Consiglio
ci ha convocato, questo era ciò che dovevo dirti – disse Selene, voltandosi e
volgendo lo sguardo a terra – è stato tutto un errore. Avvicinarmi a te, è stato
un errore sin dall’inizio –
-Si, è così. È stato un errore –
Quelle parole risuonarono pesanti nella stanza, una menzogna
che serviva a Jhin per provare a troncare quel legame e ritornare alla
normalità; così gli aveva suggerito la sua mente, e di fronte all’espressione
desolata qualcosa all’altezza del suo cuore era andato in frantumi e lui era
stato costretto a serrare la mascella e stringere i pugni, per trattenere
quell’insolito e odioso dolore che si era fatto largo nel petto e non lo
avrebbe lasciato più andare.
La sede del Consiglio era nascosto tra le colline di Tuula;
in silenzio Hadmon, Selene e Jhin, si erano diretti nella piazza centrale della
città dove lì Hanzai aveva atteso il loro arrivo. Stranamente, contrariamente a
quanto i Guardiani si aspettavano, il maestro non mostrò alcun riserbo per come
si era evoluta la missione; non si era espresso circa l’affronto di Jhin e la
lettera del sovrano di Roak. Anzi, con il suo modo affettuoso, il maestro li
aveva salutati; il calore di Hanzai, aveva in parte risollevato Selene, ancora
turbata dalla discussione che aveva avuto con Jhin il pomeriggio stesso e
agitata all’idea che il Consiglio potesse scoprire l’inflazione che loro due avevano
commesso.
In silenzio i quattro si erano avviati verso l’alta pagoda
dove i Guardiani erano stati accolti il giorno del loro arrivo; lungo tutto il
tragitto era calato il più profondo dei silenzi, Hadmon percepiva che qualcosa
non andava: Jhin camminava alle loro spalle e fissava rancorosamente la figura
dell’anziano che ora conversava tranquillamente con Selene, riguardo il breve
soggiorno a Roak. Il suo sesto senso, che mai era caduto in errore, gli
lasciava intendere che tra la compagna e il pistolero vi fosse una sorta di
tensione, a testimonianza di ciò era l’espressione tesa di Selene che lei,
nascondeva alla perfezione, ma che lui coglieva perfettamente. Gli occhi color
ghiaccio di lei erano come velati da una pesante ombra, facendogli perdere la
luminosità che aveva avuto nei giorni precedenti; certamente lui non aveva
contribuito di fatto a migliorare il suo stato dopo averla salvata dalle
grinfie di Zed, e peggio ancora, preso dalle ricerche, non era riuscito a
cogliere un momento per stare in tranquillità con lei e scusarsi. In ugual
misura era dispiaciuto per come erano precipitati i rapporti con Jhin: dopo la
loro discussione e il ritorno a Tuula, era come se la parentesi di Vindor, in
cui il pistolero sembrava essersi aperto con loro, non fosse mai esistita e il
gelo fosse di nuovo calato tra di loro. Ormai era quasi certo che il Consiglio
nascondesse qualcosa e ad avvalorare la sua tesi, vi erano più di qualche
evento: l’eccessiva vaghezza con cui Hanzai si era riferito al libro scritto
dal Guardiano che aveva dominato Thanatòs, fino alla testimonianza del
bibliotecario che la mattina stessa gli aveva confessato che quel libro era
stato rubato e consegnato nelle mani di Noxus anni addietro; secondo alcune
voci, infatti, il Consiglio era a conoscenza del furto che avrebbe compiuto
Noxus e nonostante ciò, non era intervenuto per metterlo al sicuro, infine il
bibliotecario aveva concluso che il libro si trovava nella collezione privata
del grande giustiziere Draven perciò sarebbe stato difficile da recuperare.
Sebbene quella notizia non lo avesse scoraggiato minimamente, sapeva che il
Consiglio stesse nascondendo qualcosa, come Jhin infatti gli aveva fatto
notare, loro avevano omesso appositamente informazioni importanti sulla falce
Darkin, non si erano preoccupati di mettere in pericolo la vita di Selene e
peggio ancora, l’Ordine delle Ombre conosceva l’identità di Selene. Tuttavia il
pensiero che più premeva nella sua mente era quello legato alle parole di Jhin
stesso, circa le azioni del Consiglio e ai fantomatici avvenimenti di quattro
anni addietro; la sua curiosità era aumentata nei giorni precedenti, così come
il suo dispiacere che gli aveva fatto ammettere di essersi comportato in modo
scorretto con il Demone d’Oro e che aveva fatto nascere in lui il desiderio di
sistemare le cose e riaprire la parentesi di Vindor, restaurando la situazione
quasi amichevole che si era creata tra loro.
In quel momento Hadmon, preso dai suoi pensieri non si
accorse di essere rimasto indietro con Jhin; Hanzai e Selene erano molto più
avanti rispetto a loro, perciò il dragone colse subito l’occasione per
rimediare alla discussione che avevano avuto.
-Jhin, hai un momento? Vorrei parlarti…- disse Hadmon,
rallentando il passo.
Jhin sorpreso, rimase in silenzio e gli fece cenno di
continuare; negli occhi del compagno non riuscì a cogliere alcuna malizia, ma
solo uno sguardo limpido e sincero e questo lo sconcertò. Di nuovo la paura di
potersi fidare si fece largo in lui.
-Volevo scusarmi con te, per quanto accaduto
a Vindor. Ho rovinato ogni cosa e ho minato la fiducia che te avevi riposto in
noi, perciò scusami, spero che tu possa fidarti nuovamente di noi…- spiegò
Hadmon, volgendo gli occhi al cielo e poi inchiodandoli nel suo -… sappi che
faremo il possibile per farti scagionare, sono quasi certo il Consiglio non sia
onesto con noi e questo non posso tollerarlo –
-Sono sorpreso, perché questo cambiamento?
– chiese sospettosamente Jhin, incrociando le braccia.
-Una serie di eventi hanno alimentato dei
sospetti che ho avuto sin dal primo momento in cui siamo arrivati a Ionia, vi
spiegherò tutto quando tornerò. Accetterai le mie scuse? – domandò Hadmon.
Con immensa sorpresa Jhin vide Hadmon porgergli la mano e
sorridere nella sua direzione; la sua anima gelida si sentì tirare e decise di
riporre la fiducia nei due Guardiani, e quando strinse la sua mano, sentì il suo
fardello di segreti sanguinosi, pesare di meno sulle sue spalle.
-Lo prendo come un si – concluse raggiante
Hadmon, posando una mano sulla sua spalla.
-Non allargarti troppo, non avrai anche
intenzione di baciarmi – scherzò Jhin, posando lo sguardo sulle spalle di
Selene e sentendosi in parte dispiaciuto di nascondere al compagno il particolare
della mattina stessa.
Hadmon rise divertito e riprese a guardare il cielo azzurro,
contento di aver risolto quel piccolo diverbio tra di loro. Improvvisamente
vide un’aquila virare su di loro e scendere su di lui: un messaggero dell’Isola
dei Guardiani. Uno strano sentore si fece largo nel suo cuore mentre slacciava
la pergamena legata alla zampa dell’animale che subito volò via. Aprì il
messaggio e rabbrividì non appena lesse il contenuto; sentì il fiato mozzarsi e
la terra venire meno da sotto i suoi piedi, al punto che cadde sulle ginocchia.
Il contenuto di quella lettera non sarebbe dovuto pervenire alle mani di
Selene, almeno fino al giorno successivo. Cosa le avrebbe detto?
-Che ti prende? – chiese Jhin sconcertato dal suo
volto pallido.
Jhin vide Hadmon porgergli la pergamena, timorosamente la
prese in mano e la lesse in silenzio, paralizzandosi di fronte al contenuto; guardò
di fronte a lui la figura di Selene e il suo corpo fragile che si ergeva sotto
l’alta pagoda e sentì il cuore mancare un battito, mentre ripercorreva
mentalmente le righe di quella lettera il cui destinatario era la Guardiana
stessa.
-Hai intenzione di dirglielo? – chiese,
temendo la risposta e immaginando la reazione della donna a quella notizia.
-Fino a domani lei non dovrà saperlo – disse
Hadmon.
Improvvisamente Hanzai e Selene li richiamarono, dicendo
loro di sbrigarsi; i due si scambiarono un’ultima occhiata di intesa e si
avviarono verso il tempio, non dopo che Hadmon era rimasto sorpreso dalla
preoccupazione che Jhin aveva mostrato verso Selene e ancor di più di come la
sua espressione si fosse incupita non appena aveva notato le figure degli alti
membri del Consiglio e di Shen.
Dal secondo piano della pagoda, i due Guardiani e Jhin erano
seduti al tavolo dove si sarebbero riuniti i membri del Consiglio, in attesa
che i gran maestri discutessero della lettera di Roak. Jhin picchiettava
nervosamente la sua mano dorata sul tavolo, non appena aveva posato lo sguardo
su Shen e Klein aveva sentito la rabbia ribollire nelle vene;
contemporaneamente ad ogni minuto che passava, percepiva la preoccupazione
aumentare: lui aveva infranto il divieto di avvicinarsi a Selene, e sicuramente
Roak nella sua malizia, aveva infuso i dubbi nei membri del Consiglio che
sicuramente li avrebbero tempestati di domande. Posò l’attenzione su Selene e
ne studiò il viso, nel farlo trovò pace per un istante dalle preoccupazioni e
dalle miriadi di pensieri che attraversavano la sua mente; studiò i suoi occhi
ghiaccio, scendendo alle sue labbra, correndo con la mente al momento in cui le
aveva strappato quel rapido bacio. Nei giorni a seguire raramente era riuscito
a scacciare via quell’immagine dalla mente, nei suoi sogni la sua anima fredda
trovava pace in quel momento di calore, che però veniva presto spiazzato
dall’orrore e dal sangue; dopo quella mattina, quell’immagine era divenuta
sempre più insistente ed era stato costretto ad abbandonarsi al flusso di
sensazioni che di tanto in tanto riscaldavano il suo cuore.
Ben presto i suoi pensieri furono interrotti dall’ingresso
dei membri del Consiglio, seguiti da Shen che diedero il via alla riunione.
Inizialmente Klein, ringraziò i due Guardiani per il loro lavoro svolto e si
scusò per l’attacco alla carovana da parte di Zed che aveva quasi costato la
vita di Selene; a quel punto intervenne Shen che precisò di essere rimasto
sorpreso dal fatto che l’Ordine delle Ombre fosse a conoscenza del ruolo di
Guardiana di Selene. Hadmon spiegò che il contributo di Jhin era stato fondamentale
per il recupero della Guardiana, tuttavia i tre compagni notarono che a quelle
parole l’espressione di Shen e Klein si tramutarono in serie; prima che
qualcuno di loro potesse intervenire, Klein richiamò un successivo argomento:
l’affronto al sovrano di Vindor. A quel punto l’uomo posò gli occhi sulla
figura di Jhin situata di fronte a lui, in piedi e diametralmente opposto alla
sua posizione al tavolo. Di fronte a tutti i presenti, il capo del Consiglio lesse
la lettera e Jhin e Selene deglutirono a vuoto.
-“Sospetto un possibile attaccamento del Demone d’Oro
alla Guardiana, per favore faccia attenzione” –
Alle ultime parole di Klein, Jhin strinse i pugni e notò lo
sguardo esitante di Selene e Hadmon, preoccupati sicuramente che quella frase
avrebbe complicato la sua situazione.
-Come ha intenzione di giustificarsi? -
osservò Klein verso il pistolero.
-Non so di cosa stia parlando, io non nutro
alcun interesse nei confronti di questa donna – osservò Jhin freddamente,
pronunciare quelle parole fu particolarmente difficile.
-Lei è d’accordo signorina Selene? –
-Si, in tutto il rispetto, il sovrano Roak
si trova nel torto –
-Se proverai ad avvicinarti a lei, sai cosa
ti spetta…- intervenne Shen, dal suo tono proveniva solo rabbia.
In silenzio Hadmon e Selene, rimasero sbalorditi da quella
dichiarazione che fu subito ripresa da Klein; entrambi notarono lo sguardo di
Jhin incupirsi e lui rimanere in silenzio, incassando momentaneamente il colpo.
-In ogni caso, quanto mi preme risolvere di
più è il tuo affronto verso Roak. Non apprezzo molto le eccessive libertà che
ti prendi Demone d’Oro; esiste una gerarchia a questo mondo, un modus operandi
e delle regole da rispettare, e te sai bene che chi infrange quest’ultime viene
punito – spiegò Klein, incrociando le braccia, facendo cenno a Shen di
posizionarsi dietro il pistolero.
-Io non prendo nessuna libertà, Klein, ho
semplicemente riferito cosa era accaduto. Conosco fin troppo bene il vostro
modo di agire, nascondete particolari scomodi in modo tale da sfruttare gli
altri come pedine, per appropriarvi di manufatti che non vi spettano; celi le
tue meschine azioni dietro un falso ideale di ordine e pace nel paese, ma io so
chi sei, conosco i fiumi di sangue che indelebilmente hanno macchiato le tue
mani. Hai agito così quattro anni fa e così hai fatto recentemente, omettendo
il particolare che la falce darkin trattenuta troppo a lungo dalle mani di
Selene, avrebbe risvegliato il mostro che è in lei...- ringhiò Jhin, stringendo
i pugni e serrando la mascella per la rabbia.
-Vi avevo vietato di rivelare le vostre
identità – intervenne Shen, guardando duramente i due Guardiani.
A quelle parole Jhin comprese che anche i due Guardiani
oltre a sottostare agli ordini del Consiglio, erano in rapporti con l’Ordine di
Shen stesso; questo bastò a mandarlo su tutte le furie: era stanco delle
menzogne, di riporre la sua fiducia negli altri e vederla andare in frantumi.
Fissò rabbiosamente Hadmon e Selene, a stento tratteneva il suo odio e il
desiderio di colpire entrambi: era stato raggirato con l’inganno e alla fine
aveva finito per riporre fiducia in loro, aiutando persino il dragone a salvare
quella stupida donna di cui si stava innamorando. Era stato tradito.
-È stata una situazione di emergenza,
inoltre siamo stati attaccati da Zed, ma non eravamo stati avvisati che lui
conosceva la mia identità – spiegò Selene, deglutendo a vuoto.
-Di questo non eravamo a conoscenza nemmeno
noi, ad ogni modo di una cosa mi ero raccomandato: non rivelare la tua
identità, peggio ancora confessare che sei il detentore di Thanatòs. Quando ti
avevo parlato privatamente ti avevo fatto due richieste e speravo onestamente
che le avresti rispettate, oltre alla raccomandazione, ti avevo chiesto di non
farti ammaliare da questo uomo e attualmente non sono molto sicuro che tu non
abbia infranto il mio secondo divieto. Se Roak ha esposto la sua ipotesi è
perché ha avuto modo di notare qualcosa il giorno in cui vi ha ricevuti; se
stai nascondendo qualcosa per salvare questa feccia dalla sua punizione, posso
assicurarti che non comporterà nella di buono – disse minacciosamente Shen.
-Se dovesse accadere una cosa del genere il
Supremo Consiglio di Ionia cui rispondiamo, sarebbe inorridito e sorpreso dalla
vostra condotta signorina Selene; perciò vi pongo nuovamente la domanda di
Klein, voi siete in alcun modo, seppure minimamente, legata a questo uomo? –
domandò Kusho, incrociando le braccia.
-Vi ha già risposto, tra la mia compagna e il
Demone d’Oro non sussiste alcuna relazione. Vi prego di non prendere alcun
provvedimento su Khada Jhin, ha rispettato il suo compito ed è stato provocato
dal sovrano di Vindor al che lui ha reagito di risposta – spiegò Hadmon, nella
direzione di Kusho e Klein.
Selene ringraziò mentalmente il compagno per essere
intervenuto in suo aiuto, di fronte agli occhi meticolosi di Kusho aveva temuto
che non sarebbe riuscita a esporre una falsa versione dei fatti senza essere
scoperta; tuttavia nonostante l’intervento di Hadmon, sentiva su di sé lo
sguardo affilato del pistolero: percepiva la sua rabbia e il suo odio che di lì
a breve avrebbero preso il sopravvento. Era cosciente che il suo sguardo si
fosse incupito nel momento in cui Shen aveva parlato e rivelato il legame tra
l’Ordine di Kusho, lei e Hadmon; ricordava ancora il giorno in cui aveva
chiesto informazioni a Jhin su Zed, e lui le aveva spiegato le identità del
fratellastro e di Shen, nella sua voce e nel suo occhio scarlatto aveva colto
solo il puro odio. Lei e Hadmon avevano tradito il briciolo di fiducia che lui
aveva riposto in loro, e questo bastò a far crescere la sua preoccupazione; a
peggiorare la situazione vi era il suo sesto senso che le suggeriva che a
breve, se Shen o Kusho avrebbero continuato a parlare, Jhin avrebbe agito
istintivamente e rovinato ulteriormente la sua posizione, e per quanto volesse
negarlo, lei voleva in tutti i modi salvarlo dalla sua condizione: ne era
innamorata.
-È questa la verità signor Hadmon? – domandò
Hanzai, mentre alle sue spalle gli anziani del Consiglio annuivano come ad
appoggiare la domanda del maestro.
-Si, il sovrano Roak ha detto lui stesso
delle frasi appositamente provocatorie, che io stesso non ho apprezzato; ha
fatto riferimento ad avvenimenti passati e suggerito che Jhin sarebbe dovuto
morire quattro anni fa. Nessuno ci ha spiegato questi avvenimenti, ma ci siamo
sentiti in dovere di prendere posizione e difendere quest’uomo, non tolleriamo
l’eccessivo rancore mostrato verso di lui – commentò Hadmon, incrociando le
braccia; era quasi certo che in quella riunione nessuno tollerasse la presenza
di Jhin e peggio ancora, molti lo avrebbero preferito morto.
Per quanto Jhin odiasse doversi far difendere da coloro che
avevano tradito la sua fiducia, decise di continuare a restare in silenzio;
tuttavia a stento tollerava gli sguardi sprezzanti che ogni uomo lì presente
gli rivolgeva, soprattutto quello di Shen e Klein che con superiorità gli
rivolgevano lo stesso sguardo che aveva ricevuto il giorno dell’incidente e
quello contribuiva a far crescere in lui la sete di sangue e vendetta che
attendeva da anni. Accanto a lui, Shen era pronto ad agire se lui avesse fatto
azioni spropositate, perciò mise la mano sul fodero in pelle della pistola,
pronto ad un eventuale azione del ninja; conosceva bene il genere di punizioni
inflitte dal Consiglio, le cicatrici sul suo corpo bruciavano ancora al solo
pensiero.
I due Guardiani videro Klein e Kusho scambiarsi un’occhiata
di intesa e sospirare pesantemente, per poi rivolgersi ai presenti chiedendo se
alcuni avessero pensieri da esporre a riguardo; quando nessuno dei membri
proferì parola, allora il capo del Consiglio di Ionia decise di sciogliere la
riunione, dichiarando che non sarebbero stati presi alcuni provvedimenti sul
pistolero ma questi avrebbe dovuto prestare attenzione alle sue future azioni.
Sebbene quelle parole rincuorarono i due Guardiani, fecero adirare Shen il
quale non poté più trattenere il suo disprezzo.
-Per questa volta, ritieniti fortunato di aver avuto
un partito che ti ha salvato; ti attenderò, al tuo primo passo falso, i cani
come te, devono apprendere la disciplina o morire. Sappi che qualora ti
avvicinerai a Selene e tenterai di tessere la tua tela intorno a lei, ti farò
rimpiangere il giorno in cui non sei morto insieme a Joanna, feccia – ringhiò
Shen vicino a Jhin, in parte, provocandolo appositamente.
Persa definitivamente la pazienza, Jhin slacciò il fodero
della sua pistola, afferrò Sussurro tra le mani e la puntò contro Shen; a sua
volta il ninja, avendo capito le sue intenzioni, sfoderò la sua spada e la
puntò al suo collo.
-Come osi… - ringhiò Jhin furioso.
Prontamente i due Guardiani, scattarono per separare i due
combattenti. Per non destare sospetti, Hadmon si precipitò su Jhin e lo colpì
dietro il collo, stordendolo e facendogli perdere i sensi, mentre Selene si
pose tra i due, spostando la lama di Shen con le sue stesse mani che si
ferirono.
-Ninja del vostro Ordine, non dovrebbero
lasciarsi prendere dall’odio. Khada Jhin è sotto la nostra custodia, a nome di
entrambi, preferirei che parole di questo genere, le stesse pronunciate da
Roak, non vengano dette in nostra presenza. Noi lavoriamo per voi, ma non
tolleriamo tutto questo disprezzo – osservò Hadmon, caricandosi sulle spalle il
corpo svenuto di Jhin.
-Attenzione da che parte state; è un
battito di ciglia, e anche voi, come mio fratello, passerete dalla parte
sbagliata; questo vale soprattutto per te Selene – disse Shen, severamente.
-Ho già ribadito che nessuno di noi due
correrà questo rischio. Sia io, sia Hadmon, stiamo agendo secondo le nostre
modalità; in particolare io non ho nessun legame con quest’uomo, mi dispiace
solo che possano essere nati questi sospetti – disse Selene, mentendo: quelle
parole furono pesanti come macigni e affilate come le lame che trapassarono il
suo cuore.
-Se le vostre parole sono la verità, vi porgo
le mie sentite scuse. Hanzai ci terrà informati sui vostri progressi – concluse
Shen, rinfoderando la sua spada.
Al termine di quella discussione, Selene aiutò Hadmon a
portare Jhin verso l’abitazione poco distante da lì; purtroppo data la
posizione isolata di quest’ultima nessun mezzo li avrebbe potuti aiutare nel
trasporto del corpo dell’uomo. Accompagnati da Shen e con Klein e Hanzai al
loro seguito, Hadmon e Selene giunsero fuori dalla struttura, dove Klein li
congedò non dopo aver messo i due in guardia entrambi e detto a Selene di
prestare molta attenzione; nonostante Klein spiegò che il suo era solo un
consiglio che avrebbe contribuito ad avere vita facile nell’abitazione, Selene
giurò che lo sguardo affilato che l’uomo le rivolse e il tono severo con cui
pronunciò le sue parole, fecero apparire il suo monito simile a una minaccia.
Dopo quell’avvertimento Klein, Hanzai e Shen, rimasti ormai gli unici membri
del Consiglio, si diressero verso la carrozza che li avrebbe condotti presso la
sede segreta del Consiglio Supremo di Ionia, ove avrebbero riferito il successo
della missione; Hadmon e Selene, invece si avviarono silenziosamente verso
l’abitazione.
Di fronte a loro il sole si stava lentamente nascondendo
dietro le colline di Tuula, lasciando che il fresco e il buio serale,
avvolgesse l’intero paesaggio; Selene in cuor suo sapeva che quel pomeriggio erano
riusciti a risolvere ogni controversia grazie alla diplomazia di Hadmon, il
quale sicuramente voleva delle spiegazioni circa i sospetti che nutriva il
Consiglio su lei e Jhin.
-I sospetti del Consiglio erano fondati Selene?
Voglio dire, te ti stai affezionando a Jhin? – chiese Hadmon.
Per qualche minuto Selene rimase in silenzio, riflettendo;
poteva mentire al compagno, eppure non sarebbe stato da lei, non era in grado
di dire bugie ad Hadmon questo perché lui sapeva leggere perfettamente la sua
anima semplicemente guardando i suoi occhi ghiaccio. Tuttavia quanto accaduto
tra lei e Jhin, sebbene lei volesse negare che avesse una certa rilevanza,
proprio non ci riusciva.
-Si erano fondati – disse Selene amaramente, sentendo
gli occhi pizzicare mentre la preoccupazione e lo stress del pomeriggio
precedente lasciavano le sue stanche membra.
Silenziosamente Selene lasciò che le lacrime percorressero
le sue guance; non riuscì a placarle, sebbene odiasse mostrarsi in quella
condizione. Odiava con tutta sé stessa il suo cuore che si era innamorato di
quell’uomo, costringendola a provare un sentimento a loro proibito; odiava il
fatto che quel filo invisibile non volesse abbandonare il suo cuore, ma lo
tirava insistentemente fuori dalla sabbia sotto cui lei celava i suoi
sentimenti e peggio ancora era estremamente dispiaciuta di aver fatto passare
ad Hadmon ore di tensione a causa di un suo errore. “Perché…”si chiese
mentalmente.
-Scusami Hadmon…- sussurrò Selene, asciugando le sue
lacrime – scusa se ti ho recato tutti questi problemi oggi pomeriggio –
Accanto a lei Hadmon sorrise teneramente, le prese
gentilmente la mano mentre con l’altra teneva il corpo di Jhin; gliela strinse
calorosamente e subito lei posò gli occhi su di lui, fermandosi lungo la
strada. Non avrebbe rimproverato mai la compagna e né tantomeno limitato le sue
idee, anzi l’avrebbe difesa con ogni mezzo in suo possesso davanti al
Consiglio.
-Non dire stupidaggini, Selene. Non mi hai
dato nessun problema, mai me lo darai; se ho stipulato un patto con te ci sarà
un motivo, così avresti potuto darmi da fare per l’eternità – scherzò Hadmon,
facendola ridacchiare e tranquillizzare, poi proseguì – cerca di rilassarti,
questa piccola parentesi la conosceremo solo io e te, sappi che da me avrai
sempre e solo l’appoggio –
-Grazie Hadmon… in ogni caso, dobbiamo
indagare sull’incidente di quattro anni fa, qualcosa del Consiglio mi puzza –
osservò Selene, notando l’amico annuire.
Hadmon confessò che i suoi sospetti erano cresciuti dopo il
commento fatto da Shen su Jhin, poi cambiando argomento le disse di aver
trovato il libro che loro cercavano e a quella confessione la donna si illuminò
al punto che lasciò la presa sul braccio di Jhin e abbracciò il compagno,
ringraziandolo per tutto il suo lavoro. Il Guardiano le spiegò che il libro si
trovava a Noxus e che nell’eventualità in cui avessero ricevuto un incarico con
quella destinazione, lo avrebbero recuperato e studiato, altrimenti sarebbero
andati loro di persona al termine della loro permanenza a Ionia. L’espressione
di contentezza che si dipinse sul volto di Selene, riempì di gioia anche
l’amico il quale desiderava più di qualsiasi altra cosa salvarla dal suo
destino. Insieme ripresero a camminare e Hadmon scherzosamente colse
l’occasione per chiederle di più su cosa fosse accaduto tra lei e Jhin, ridendo
fragorosamente quando l’altra divenne rossa come un pomodoro; fu allora che
Selene gli spiegò gli avvenimenti della locanda e rise quando Hadmon sgranò gli
occhi all’udire della notizia che l’aveva baciata. Scherzare li rallegrò
entrambi, soprattutto avere del tempo da spendere insieme, cosa che non avevano
avuto da quando Hadmon aveva iniziato le sue ricerche; ormai le vicende del
pomeriggio erano acqua passata e loro ben presto arrivarono all’abitazione dove
lasciarono Jhin nella sua stanza, ancora svenuto, e poi passarono il resto
della serata in compagnia di Ana. Tuttavia sebbene passarono una serata
tranquilla, mentre osservava il cielo stellato in cuor suo Hadmon sapeva che
presto avrebbe dovuto dare consegnare a Selene la pergamena proveniente
dall’isola dei Guardiani, e mentre il buio avvolgeva la loro abitazione,
osservando la figura di Selene, sperò che il suo fragile corpicino avrebbe
retto quel fardello.