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Autore: Giuf8    02/12/2017    2 recensioni
E Ethan e Jackson? Come si sono conosciuti? In che zona di Londra? Chi ha fatto la prima mossa? E il primo bacio?
Non potevo proprio lasciare questa storia solo nella mia testa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ethan, Jackson Whittemore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LUCI
 
Jackson
 
Jackson si guardò per l’ennesima volta allo specchio sentendosi ancora più stupido. Ai suoi piedi giaceva una pila di indumenti scartati. Era andato a centinaia di appuntamenti nella sua vita, o almeno così gli sembrava, e mai una volta il vestiario lo aveva messo in difficoltà. Osservò di nuovo la sua immagine riflessa mentre si abbottonava una camicia azzurra che gli illuminava lo sguardo, aveva deciso di abbinarla con un semplice paio di jeans di modo da alleggerire il look elegante.
Era nervoso come non lo era mai stato in vita sua e non riusciva proprio a capirne il motivo.
“Forse è perché è un ragazzo” si disse “In fondo con le ragazze è semplice, so cosa piace loro, basta che una cosa sia dolce o… brillantinata ed è fatta. Un ragazzo è tutta un’altra storia. Inoltre non so che tipo di occhiate potrebbero lanciarmi le altre persone per la strada. Dovrebbe essere lui a riaccompagnarmi a casa o il contrario?”
Si accorse che stava iperventilando e cercò, inutilmente e per l’ennesima volta, di calmarsi.
“E se fosse solo Ethan ad agitarmi?” non appena quel pensiero gli balzò in mente seppe quanto fosse vero.
Ethan aveva stravolto tutto il suo essere, era partito dalle fondamenta e le aveva abbattute. Tutte le certezze che Jackson si era costruito con tanta fatica erano state minate.
Mai gli era importato di qualcuno, qualcuno che praticamente ancora non conosceva, a quel punto. Si, aveva amato Lydia, ma con lei era stato diverso, già prima di uscire si conoscevano e di lei aveva amato prima l’aspetto esteriore e solo col tempo aveva capito di amare anche qualcosa sotto quel finto atteggiamento da oca con cui continuava ad atteggiarsi. Jackson si vergognava ad ammetterlo, ma c’era voluto Stiles per farglielo capire.
Ethan, per qualche motivo, era diverso. Lo agitava ad un livello profondo, viscerale, sembrava toccare luoghi del suo essere che nemmeno lui conosceva.
Sentì il suo lupo agitarsi. C’era anche quella faccenda, come avrebbe fatto a tenergliela nascosta? Perché non poteva di certo dirglielo, vero? Da quando era stato trasformato però, non era mai uscito veramente con qualcuno e non sapeva come il lupo o, peggio, il canima avrebbero reagito se la cosa si fosse fatta… seria.
Sapeva quanto vicini fossero quando si sentiva agitato e i battiti gli salivano nel petto, era per quello che in quel momento gli avvertiva lì, appena sotto la superficie.
Lanciò un occhiata all’orologio maledicendosi per aver perso tanto tempo a rimuginare. Afferrò la giacca dall’appendiabiti e lasciò il rifugio sicuro della sua stanza.
Prese un taxi a cui comunicò l’indirizzo che gli aveva inviato Ethan il giorno prima.
“Presentati qui alle otto, al resto penso io” questo era tutto ciò che lasciava trapelare il messaggio.
L’auto accostò vicino a una curva del Tamigi e, non appena Jackson scese ed ebbe il tempo di guardarsi intorno, rimase senza parole.
“Un porto” pensò allibito “Come primo appuntamento mi ha portato in un porto”.
Jackson rimase pietrificato dai suoi stessi pensieri… non aveva ancora digerito completamente il fatto di uscire con ragazzo e il suo cervello ragionava già per appuntamenti.
Ethan lo aspettava appoggiato a una ringhiera, le mani in tasca, e si illuminò non appena lo vide arrivare.
Jackson si concesse un istante per osservare l’abbigliamento dell’altro: un paio di jeans grigi, un pullover bianco da cui spuntava il colletto di una camicia borgogna, gli mancò il fiato.
“Ti avverto che se la tua intenzione è quella di uccidermi sono un ottimo nuotatore” disse e se ne pentì subito perché si sentì ancora più stupido.
“Oh, non oserei mai, anche se ammetto che il pensiero di vederti con quella camicia bagnata addosso mi ha sfiorato” rispose l’altro avvicinandosi e dandogli un lieve bacio sull’angolo della bocca. Durò meno di un attimo e non era nemmeno un bacio vero, ma bastò a far girare la testa a Jackson che si scostò e rimase a fissarlo imbambolato.
“Vogliamo andare?”
“Dove esattamente?” chiese perplesso Jackson.
“Tu seguimi” e dicendo così lo prese per mano come se fosse la cosa più naturale del mondo e lo trascinò giù vicino all’acqua.
Proprio in quel momento da dietro la curva del fiume arrivò uno di quei traghetti turistici che fanno avanti e indietro lungo il fiume per tutto il giorno.
Solo allora Jackson notò una piccola comitiva di persone armate di macchine fotografiche che si erano radunate poco più in là.
“Non vorrai mica?”
“Oh si, perché hai paura?”
“No, però…”
“Allora sta zitto e seguimi”
Jackson obbedì, non poteva fare altrimenti, Ethan trasudava felicità e impazienza, sembrava essere molto più emozionato lui che sapeva esattamente che cosa aveva organizzato per tutta la serata di quanto lo fosse l’altro. Non ci volle molto perché quei sentimenti iniziarono a coinvolgere anche lui. Ethan, stava imparando, era esuberanza allo stato puro, certo aveva anche lui i suoi demoni, tra simili ci si riconosce e Jackson lo sapeva. Lo vedeva nel modo che aveva di corrugare la fronte mentre diceva qualcosa di apparentemente insignificante, nel modo in cui scostava lo sguardo non appena questo si faceva troppo profondo, quasi avesse paura di essere letto dentro. Sotto quella coltre di felicità statica erano uguali loro due, ma Jackson nascondeva i suoi demoni solo con la rabbia, stare con Ethan era una boccata di aria fresca che non aveva nemmeno sperato di poter trovare e di cui nemmeno sapeva di avere bisogno.
“Insomma dai! Sembra un bambino la mattina di Natale” pensò osservandolo mentre si protendeva verso il traghetto che ancorava al porticciolo e si voltava a guardarlo raggiante, quasi l’avesse costruita lui la barca.
“Patetico” il ringhio del lupo si sollevò dalle parti più recondite del suo essere e lo fece sobbalzare.
“Ehi tu, sta buono” gli disse e senti questo ritrarsi.
Ethan tornò a prendergli la mano, che aveva temporaneamente mollato nell’esaltazione dell’attracco, e lo trascinò sul ponte del traghetto.
“Ehi Mike!” salutò con un cenno quello che sembrava il capitano che contraccambiò.
“Vieni saliamo” disse trascinandolo su per le scale, era una forza inarrestabile.
Sul tetto del traghetto Jackson vide, in un angolo, un divanetto con tanto di tavolino e coperte. Si rese conto solo in quel momento di quanto l’aria si era fatta fredda condensando il loro fiati in bianche nuvole di vapore.
Si girò verso Ethan proprio nel momento in cui il traghetto veniva messo in moto. Una moltitudine di lucine dorate si accese di colpo, decorando la notte col loro chiarore artificiale.
“Wow” Jackson non riuscì a fermare quell’esclamazione.
“Ti piace?” chiese Ethan a metà tra lo speranzoso e il compiaciuto.
“Ethan è…” ma le parole gli morirono in gola, non lo sapeva descrivere.
“Vieni o ti congelerai” e gli fece cenno di raggiungerlo ai divanetti consegnandoli una coperta.
Jackson notò che si era procurato due coperte e apprezzò il gesto dell’altro. Ethan lo interessava come nessuno persona aveva mai fatto, ma era un’esperienza del tutto nuova per lui e una solo coperta crea davvero molta intimità.
Rimasero fermi così per un po’, chiacchierando e a tratti godendosi semplicemente la presenza dell’altro mentre erano cullati dallo sciabordio dell’acqua.
Quando passarono sotto il London Eye un bambino salutò nella loro direzione, ma Jackson non era sicuro che Ethan, con la sua vista da umano, potesse vederlo e fece finta di nulla. Rimase sorpreso quando questo alzò la mano per contraccambiare il saluto e si voltò verso di lui, quasi fosse stato scoperto a fare qualcosa di sconveniente.
Subito dopo puntò il dito verso una finestra “Ecco”:disse, “Quella è la finestra del mio soggiorno”.
Jackson si lasciò scappare un fischio “Devi avere un mucchio di soldi”.
Ethan si strinse nelle spalle “Gli ho ereditati” e non aggiunse altro, facendo morire l’argomento.
“Hai fame?” chiese per spostare l’attenzione su altro.
Per risposta lo stomaco di Jackson brontolò sonoramente facendolo arrossire.
“Lo prendo come un si” rise Ethan avvicinandosi a una sorta di servo muto che si aprì rivelando un enorme piatto di fish and chips e due birre.
“Non sapevo cosa ti piacesse, così sono andato sul classico”
“È perfetto”
Misero i piatti sul tavolino e continuarono a parlare mentre spiluccavano.
“E così sei nuovo di Londra” disse Jackson.
“Sì, sono nato in America e mi sono sempre spostato, sai prima per il lavoro dei miei, poi ti rimane nel sangue e non riesci più a smettere”
“Non c’è un posto che hai sentito più tuo?”
“Si una cittadina… bah piccola e strana, non saprei come altro definirla, però l’ho sentita davvero casa mia… per un po’”
“Sembra la descrizione di Beacon Hills” pensò Jackson “E poi non lo è più stata?”
Lo sguardo di Ethan si adombrò, ma fu solo per un secondo prima che fosse sostituito da un sorriso beffardo e, mentre gli si fece vicino, gli disse:”Poi sono dovuto venire a Londra perché avevo qualcuno da incontrare…”
Rimase per un istante a osservarsi negli occhi e poi esplosero entrambi a ridere.
“Scusa troppo sdolcinata, ma me l’hai servita su un piatto d’argento” disse Ethan tra le lacrime protendendosi verso Jackson.
“Dovevo aspettarmelo… quello, le coperte, le luci…” e strisciò sotto la trapunta dell’altro.
“Non ti piacciono le luci?” chiese Ethan improvvisamente serissimo “No, perché sai sono cose importanti da sapere l’uno dell’altro e poi tra un po’ è Natale e io amo le luci e…”
“Non me ne frega niente delle luci” lo interruppe i nasi praticamente a sfiorarsi, i respiri un tutt’uno.
“Come sarebbe a dire che non…” la protesta di Ethan fu smorzata dalle labbra calde di Jackson che in una danza lenta gli stuzzicarono il labbro inferiore, percorrendolo con punta della lingua. La sua bocca tornò a cercare quella dell’altro, perdendosi in essa, mordendo e succhiando. Si beò quando Ethan si lasciò sfuggire un mormorio di approvazione e approfittò del momento per schiudergli le labbra. Le loro lingue si intrecciarono, esplorandosi, cercandosi fameliche. Il rumore dei loro baci a riempire il silenzio della notte.
L’altro circondò con le braccia il collo di Jackson e accarezzando la pelle morbida della nuca e scendendo lentamente sulla schiena, sul torace e a lambire il colletto della camicia. Jackson sentiva le mani di Ethan come fuoco su di sé, lo bruciavano, ma più lo bruciavano più ne voleva in una tortura infinita.
E baciarlo… a Jackson non era mai piaciuto tanto baciare qualcuno.
Ethan, sempre senza interrompere il bacio, se non per prendere qualche rapida boccata d’aria, si mise a cavalcioni sopra a Jackson.
Fu un istante. Quasi non si rese conto di come quel gemito di piacere si trasformò in un basso ringhio. Chiuse forte gli occhi per impedire ad Ethan di vederli brillare, sentiva le unghie arcuarsi diventando letali artigli. Non se ne rese conto, un istante prima stava dando il bacio migliore della sua vita, quello dopo stava spingendo via brutalmente Ethan.
Questo, inspiegabilmente, non cadde rovinosamente al suolo, ci mise tuttavia alcuni secondi per elaborare le dinamiche dell’accaduto, secondi che furono preziosi a Jackson.
Fece respiri profondi e sentì gli occhi tornare del colore originario, i battiti del cuore rallentare e gli artigli ritrarsi. Non appena fu in grado di parlare si rivolse a Ethan.
“Scusami” disse, la voce roca anche se non sapeva bene se fosse per il bacio o per la perdita del controllo.
“Ehi, tranquillo Jackson, non è successo nulla” disse sedendosi accanto a lui “In realtà è più colpa mia che tua, dovrei andarci piano sapendo che è… una cosa nuova, per te.”
Lo guardò negli occhi “Solo che mi è dannatamente difficile se mi baci in quel modo”
Jackson fece una risata nervosa.
Rimasero a guardarsi ancora in affanno finché la voce di Mike non gli urlò:”Ragazzi, siamo arrivati”
Scesero a terra, le gambe malferme anche se entrambi dubitavano che fosse colpa della barca. Rimasero a guardare mentre Mike si allontanava a bordo del suo traghetto fin quando questo no fu più visibile.
Jackson stava pensando a che rischio aveva corso quella sera, a quando poco ci fosse mancato. E se la prossima volta non fosse riuscito a controllarsi e Ethan avesse scoperto che cosa fosse in realtà? O peggio, se lo avesse morso? Non poteva condannare anche lui a quella vita, non se lo meritava.
“Senti Ethan…” l’altro si voltò verso di lui con un sorriso estatico sulle labbra.
Jackson magari non amava, ancora, Ethan, ma andava pazzo del suo sorriso. Si immaginò quelle labbra gonfie di baci piegarsi in una smorfia di orrore non appena gli avesse detto:”Sono un lupo mannaro”. No, prima dell’orrore ci sarebbe stata l’incredulità, solo dopo l’orrore e, infine, Jackson che era da tempo che non si trovava così bene con qualcuno, sarebbe stato di nuovo solo.
“Si?” gli chiese Ethan che era ancora in attesa che completasse la frase.
“Per la prossima volta… Non amo la cucina tailandese, per il resto non ho gusti difficili” questo si concesse Jackson, solo un’altra uscita, un’altra settimana in cui sentirsi ancora parte di qualcosa.
“Ma le lucine vanno bene, vero?” chiese Ethan facendo ridere l’altro che roteò gli occhi.
“Si, le lucine vanno bene.”
“Perfetto allora” e si chinò a dargli un casto bacio sulle labbra.
 
Ethan
 
Ethan entrò nel suo appartamento felice come non gli sembrava di essere mai stato, si sentiva fluttuare appena sopra il livello del suolo. Iniziò a spogliarsi mentre canticchiava tra sé un motivetto allegro. Si ritrovò a passare in boxer davanti allo specchio, mentre era alla disperata ricerca di una maglietta. Faceva davvero troppo freddo per dormire solo in mutande. Le vide appena nella penombra della notte. Si fermò di fronte al suo riflesso osservando le ombre scure di due botte che andava formando sopra le sue spalle. Cercò di ricordare se avesse battuto da qualche parte durante il giorno, ma non gli venne in mente nulla.
“A meno che…” gli tornò in mente la scena di Jackson che lo spingeva lontano.
“Ma no, un umano non potrebbe lasciarmi questi segni, devo essere io che sono sempre più sbadato”
Si mise a letto cercando di addormentarsi, ma era tutto inutile.
Si chiese se fosse mai stato così felice, lo dubitava.
Jackson era tutto ciò che aveva sempre cercato, certo doveva andarci cauto con lui, quella sera ne era l’esempio lampante. Tuttavia sentiva di essere perfetto per quel ragazzo degli occhi azzurri.
“Anche se ha detto che non gliene frega niente delle lucine… posso perdonarlo” si disse per poi maledirsi un istante dopo imponendosi di fare il serio una volta tanto.
Osservò il computer.
“Più serio di così” si disse alzando le spalle.
Andò sul sito della Royal Opera House, sfogliò il calendario finché non arrivò a un anno esatto da quella sera e acquistò due biglietti per lo spettacolo serale. Incredibilmente molti posti erano già stati venduti.
Ethan adorava l’opera e sarebbe stato un buon pretesto per vedere Jackson tirato a lucido e in smoking.
Emise un sospiro al solo pensiero.
Era sempre stato quel tipo di ragazzo. Magari non proprio il tipo che sa esattamente cosa cerca, ma era sempre stato in grado di capire quando una cosa era stata messa sul suo cammino apposta per lui. Jackson Whittemore era una di queste e mai, per nessun motivo al mondo, se lo sarebbe lasciato scappare. 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione, ma sono stati giorni frenetici.
Spero che questo capitolo vi piaccia e spero anche di riuscire ad aggiornare la settimana prossima, ma tengo davvero molto al nuovo capitolo, quindi spero che mi perdonerete se non sarà così.
Come sempre ringrazio chiunque dedichi il suo tempo a leggere le mie storie, chi le aggiunge alle proprie liste e chi si ferma a commentare…
Non so nemmeno dirvi quanto mi renda felice!
Un abbraccio e alla prossima
 
   
 
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