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Autore: heliodor    04/12/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Un gioco pericoloso

"Sbaglio o tra voi non corre buon sangue?" chiese a Zefyr a bassa voce.
"Le cose non sono come pensi" si era limitato a dire lui.
Stavano percorrendo un lungo corridoio di pietra, le pareti adornate di arazzi finemente lavorati.
Eryen guidava il gruppo, seguita dagli stregoni e le streghe che si erano seduti al tavolo durante le cena.
Nessuno si ea preso la briga di presentarli a Joyce, ma lei aveva ascoltato i loro discorsi e aveva imparato la maggior parte dei nomi.
Aldus camminava a destra di Eryen ed era grande e grosso. Indossava una tunica azzurra con ricami in oro e argento. Da quello che era riuscita a capire, era un nipote del re di Malinor, tanto che un paio di volte era andato a corte ospite dei cugini.
Eryen sembrava avida di conoscere i particolari di quei ricevimenti e l'aveva tempestato di domande.
Aldus aveva risposto con cortesia, ma riusciva a nascondere a stento il fastidio.
"Ci considera dei provinciali" disse Zefyr a bassa voce. "E probabilmente ha ragione. O almeno la maggior parte di noi lo è. Tu per esempio non lo sembri affatto."
"Cosa vuoi dire?"
Zefyr scrollò le spalle. "Lo intuisco dal modo in cui stai a tavola, come parli. Persino il tuo accento non sembra dell'oriente."
"Ho avuto una tutrice che veniva da Valonde" disse Joyce inventando una storia lì su due piedi.
"Racconta" la incitò lui.
"Era una donna molto paziente e buona" disse Joyce cercando le parole giuste. "Mio padre l'assunse per darmi un'educazione come si deve. Diceva che doveva sembrare una di quelle raffinate ragazze del grande continente."
Zefyr le regalò un sorriso che sembrava sincero. "Ecco perché parli così bene l'antico valondiano."
"Una vera fortuna, non trovi?" disse lei cercando di essere naturale.
"Molto. Avrei voluto anche io una tutrice come la tua."
"Per diventare una perfetta ragazza del grande continente?"
Lui rise di nuovo.
Le piaceva il modo in cui piegava le labbra e socchiudeva gli occhi.
"In verità, sarei stato più interessato a viaggiare. Mi piace osservare le cose da vicino."
"Allora perché non ti metti in cammino?" domandò Joyce. A un tratto era interessata a quello strano ragazzo e non sapeva spiegarsi il perché. Forse per noia o forse perché fino a quel omento era stato l'unico a mostrarsi gentile nei suoi riguardi. O almeno a non fingersi tale.
O forse era per quel sorriso accattivante?
Zefyr allargò le braccia. "Come vedi, ho dei doveri qui a Nazedir. Non posso lasciare tutto e andarmene."
"Perché no?"
Zefyr sospirò. "Sono una Lama d'Argento. Il nostro voto è per tutta la vita."
Joyce aveva sentito parlare delle Lame d'Argento, ma non ne aveva mai incontrata una. Quell'ordine militare operava solo nel vecchio continente, dove era sorto secoli prima.
Non sapeva molto altro, ma poteva chiedere a Zefyr il resto.
Nel frattempo avevano raggiunto la sala dei giochi, come Eryen l'aveva chiamata.
"In verità" disse Zefyr. "È più una sala d'arme e una palestra."
Infatti lungo le pareti erano allineate armi e rastrelliere, armature e manichini di legno. C'erano anche dei pesi, dei manubri, corde, aste di legno e di ferro e poi scudi rotondi, rettangolari e ovali.
Joyce aveva già visto un luogo del genere, nei sotterranei di Valonde. Era lì che suo padre aveva addestrato i suoi fratelli. E Bryce.
Lei, Joyce, aveva trascorso ore e ore annoiandosi per quelle lezioni che sembravano interminabili.
I suoi fratelli erano stati costretti ad apprendere tattiche e imparare incantesimi che non avrebbero mai potuto lanciare.
"Li dovete conoscere lo stesso" aveva detto suo padre. "La conoscenza è potere. La magia da sola spesso non basta."
Ora Joyce se ne stava rendendo conto.
Sapeva ben poco di stregoneria e tutto quello che aveva appreso lo doveva all'esperienza. Se almeno avesse potuto tornare indietro avrebbe ascoltato con più attenzione quelle lezioni.
La parte più interessante era l'addestramento con le armi bianche. Bryce e i suoi fratelli avevano imparato a usarle tutte mentre lanciavano i loro incantesimi.
Bryce sapeva caricare una balestra con la destra mentre con la sinistra evocava uno scudo magico.
Joyce a stento riusciva a brandire un'arma e se non si concentrava sullo scudo questo rischiava di sparire da un momento all'altro.
Come pensava di competere con stregoni che si erano allenati per anni solo per quello?
Era impensabile.
"Organizziamo una sfida" aveva suggerito Eryen.
Karym, una strega dai capelli tinti di viola si era mostrata subito d'accordo. "Dividiamoci in due squadre. Tamisa Eryen sarà il capitano dei blu e Angus quello dei rossi."
"Tenetemi fuori da questi giochi" disse Aldus con aria di superiorità.
Karym era parsa delusa ma non aveva protestato più di tanto.
Alla fine per fare il capitano dei blu si era offerto un giovane stregone che non doveva avere più di venti anni.
Tutti lo chiamavano Edvard.
Eryen scelse due stregoni e Aldus, ma questi rifiutò di nuovo.
"Mi sembrava di essere stato chiaro" disse con aria seccata.
"Fai almeno il giudice" propose Karym.
Aldus sospirò. "Come volete."
Eryen gli rivolse un'occhiata furente, ma fu solo per un istante. Quello dopo era di nuovo l'amabile strega che era cortese con tutti.
"Jasmyna" disse a un certo punto. "Tu non vuoi partecipare?"
Chiamata in causa, Joyce le concesse un sorriso forzato. "Tamisa, io non ho poteri."
"Ma certo, che sciocca" disse Eryen. "È un vero peccato. Deve essere davvero una brutta cosa nascere senza il dono."
Sempre meglio che nascere con la tua faccia, voleva risponderle Joyce. "Il dono non è per tutti. E anche chi lo possiede spesso è incapace a usarlo."
Eryen la ignorò, preferendo dedicarsi ad organizzare il gioco.
"Non cadere nelle sue provocazioni" le disse Zefyr.
"Ma che le ho fatto?"
"Niente. Eryen è fatta così. Apprezza solo chi le lecca i piedi. Non vorrei essere nei panni di Aldus."
"Perché?"
"Aspetta e vedrai."
Non ci fu da attendere molto.
Eryen fece piazzare due manichini in fondo alla sala, davanti a una parete sgombra. Lei e gli altri si piazzarono dalla parte opposta, distanti non più di cinquanta o sessanta passi.
Joyce e Zefyr, insieme ad Aldus, si misero su uno dei lati, vicino all'ingresso.
Dei valletti vestirono i manichini con dei pezzi di armatura.
Joyce aveva visto anche quello, una volta. Al circolo di Valonde, dove Vyncent e Bryce si allenavano.
Era stata una giornata meravigliosa, quella. La ricordava ancora con nostalgia.
"Si possono usare solo i dardi" disse Eryen. "Vince il primo che stacca la testa al manichino."
Uno alla volta streghe e stregoni tirarono verso i bersagli, alternando i membri delle due squadre.
Quando arrivò il turno di Eryen, nessuno aveva centrato la testa del manichino.
Lei si piazzò in posizione, le braccia puntate verso il bersaglio e lanciò l'incantesimo.
Il dardo esplose sopra la testa del manichino, mancandola di molto.
"Si è mosso" disse Eryen lamentandosi come una bambina.
Un nuovo stregone stava per prendere il suo posto, ma lei non si mosse.
"Ripeto il tiro."
"Mi spiace, ma hai già tirato" disse Aldus.
Eryen gli rivolse un'occhiataccia.
Tutti guardarono Aldus stupiti.
"Adesso è il turno di Calpys" aggiunse Aldus con espressione seria.
Calpys, uno stregone dai capelli ricci color della paglia, si fece avanti.
Eryen gli rivolse uno sguardo accigliato.
Calpys fece un passo indietro. "Credo... credo che Eryen debba ripetere il tiro."
"È vero" disse Karym. "Il bersaglio si è mosso."
"Si è mosso, sì" disse anche Edvard. "Eryen deve tentare di nuovo."
"Soddisfatto?" fece Eryen rivolta ad Aldus.
Lo stregone sospirò. "È un'assurdità. I manichini non possono muoversi.  È il turno di Calpys, ma se vuole può rifiutare e cedere il suo posto a quello successivo."
Eryen strinse i pugni e mostrò i denti. "Ma non li hai sentiti? Sei sordo per caso? L'hanno visto tutti che il manichino si è mosso. Il mio tiro era irregolare."
"E io ti dico che non si è mosso."
Eryen guardò gli altri come in cerca d'aiuto. "Voi non dite niente?"
Karym si strinse nelle spalle.
"Calpys?" fece Aldus.
"Aspetta" disse Eryen. "Anche Jasmyna ha visto che si è mosso, non è vero? Diglielo pure tu."
Chiamata in causa, Joyce annaspò come un naufrago alla ricerca di un pezzo di relitto cui aggrapparsi.
Tutti gli occhi puntarono su di lei.
"Attenta a quello che dici" le sussurrò Zefyr.
Joyce non sapeva cosa fare. "Io non so..."
"Avanti, dillo" la incitò Eryen. "Di' che l'hai visto muoversi."
"Io..." Joyce si strinse nelle spalle. Era tutto così assurdo. "Tamisa Eryen, i manichini non possono muoversi."
Eryen digrignò i denti. "Si è mosso, invece. Anche tu sei cieca oltre che senza poteri?"
"Questo non..."
Joyce non riuscì a terminare la frase.
Eryen alzò il braccio di scatto. Qualcosa brillava nel suo palmo.
Joyce ebbe appena il tempo di reagire a quella vista. Fu l'istinto a dirle che cosa fare. Si piegò di lato, abbassando la testa verso Zefyr.
Il ragazzo l'attirò a sé, cingendole la spalla con il braccio sinistro.
Joyce sentì il dardo sibilare sopra la sua testa e infrangersi contro la parete esplodendo come un proiettile.
Tutti trattennero il fiato.
Persino l'imperturbabile Aldus era impietrito, gli occhi sgranati. Si voltò verso Eryen, la mano alzata e uno scudo nell'altra. "Sei impazzita per caso?"
"Visto?" stava dicendo Eryen agli altri. "Si è mosso proprio come lei. Che vi dicevo?"
"Eryen" gridò qualcuno dal fondo della sala.
Gajza era sotto l'arco dell'entrata.
Alla sua vista l'espressione di Eryen mutò da rabbiosa e selvaggia a serena e composta. "Maatsiba" disse.
"Che cosa stavi facendo?" chiese Gajza marciando con decisione verso di lei.
"Niente. Giocavamo."
Gajza lanciò un'occhiata alla parete alle spalle di Joyce. Si vedeva ancora il punto annerito dal dardo.
Sollevò una mano di scatto e colpì Eryen al viso, facendole voltare la testa di lato.
La ragazza si portò la mano alla guancia, gli occhi pieni di lacrime. "Che cosa ho fatto?" chiese piagnucolando.
"Maat Vas" disse Gajza.
Joyce non comprendeva il dialetto che parlavano a Nazedir, ma dall'espressione contrita degli altri dedusse che non era un complimento.
"Taami varos" disse Eryen.
Gajza sollevò di nuovo la mano, ma stavolta la tene sospesa, come in attesa di qualcosa.
"Mas avarik" disse Eryen.
Gajza annuì e abbassò la mano. "Per stavolta farò finta di non aver visto" disse ad alta voce. "Ma devi chiedere scusa."
Eryen annuì. Guardò prima Aldus e poi Joyce. "Vi chiedo perdono per il mio comportamento."
"Ora vai" disse Gajza. "Rimarrai nelle tue stanze."
"Per quanto?" chiese Eryen.
"Finché io lo riterrò necessario."
Eryen le rivolse un inchino e corse via.
Appena fu uscita, le streghe e gli stregoni si scambiarono delle lunghe occhiate.
"E voi che aspettate?" disse Gajza con disgusto. "Andate anche voi. Il vostro posto è al circolo."
Nessuno di loro rispose.
Solo quando furono usciti, sotto lo sguardo severo di Gajza, la strega si avvicinò ad Aldus.
"Quella ragazza è dovoi" disse lo stregone.
"Ti prego di moderare i termini" disse Gajza, severa. "Sei pur sempre un ospite."
"Non mi è mai capitato nulla di simile."
"Tu sei il più anziano. Dovevi vegliare."
"Se avessi saputo di cosa è capace quel piccolo mostro... pensavo fosse solo arrogante."
"Ti ho detto di moderare i termini" lo avvertì Gajza. Non c'era niente di buono nel suo sguardo.
Aldus annuì e andò via a testa bassa.
Gajza si rivolse a Joyce. "Torna nelle tue stanze e restaci."
"Anche io sono in punizione?"
Gajza non rispose. "Tu" disse a Zefyr. "Assicurati che stia bene."
"Non prendo ordini da te."
Gajza sospirò. "Lo farai, finché tuo padre non sarà tornato."
"Io sono..."
"Tu sei un soldato di Nazedir" disse Gajza alzando la voce. "Comportati come tale."
Zefyr chinò la testa in avanti. "Sì, vadiba."
Soddisfatta, Gajza annuì e li lasciò soli.
Zefyr scortò Joyce alle sue stanze.
"Poteva uccidermi" disse fermandosi di fronte alla porta.
Zefyr annuì.
"Perché? Non le ho fatto niente."
"È per via di tuo zio."
"Jhazar? Che ha fatto lui di così brutto?"
"Tra lui e Gajza non corre buon sangue. Eryen ti vede come un'estensione di tuo zio, quindi se umilia te, umilia lui."
"Ma è assurdo."
Zefyr si strinse nelle spalle. "Lei è fatta così."
"Che cosa ci guadagna a umiliarmi davanti a tutti?"
"L'approvazione di Gajza, credo."
Joyce aprì la porta e fece per entrare.
"Se vuoi posso restare di guardia" si offrì Zefyr.
"Il castello non è così pericoloso" disse Joyce.
"Volevo solo essere gentile. Non fraintendere. Lo so che sei una donna sposata."
"Quasi sposata" lo corresse Joyce. Non era del tutto falso. E poi le faceva piacere che Zefyr avesse usato la parola donna invece di ragazza o ragazzina.
Lui fece un passo indietro. "Col tuo permesso."
"Grazie di tutto."
Zefyr fece un cenno vago con la mano e se ne andò.
Joyce richiuse la porta a chiave per sicurezza. A un tratto non si sentiva più tanto tranquilla in quella fortezza.
Era passato meno di un giorno e avevano già cercato di ucciderla.
Sedette sul bordo del letto, come faceva spesso per raccogliere i pensieri. Doveva decidere che cosa voleva fare.
Restare con Jhazar era impensabile. Più passava il tempo e più si avvicinava il momento in cui la maledizione avrebbe raggiunto il cuore di Oren.
Quella era la sua priorità.
Trovare e uccidere Rancey, a qualunque costo. Non aveva idea di dove si trovasse il tirapiedi di Malag, ma era certa che una volta raggiunto suo padre, lui l'avrebbe aiutata a trovarlo.
Bryce e Vyncent potevano ucciderlo facilmente. Avrebbe chiesto a loro di farlo, se li avesse incontrati.
Non le veniva in mente un piano migliore, ma per il momento era bloccata lì finché Jhazar non concludeva il suo accordo con Selena.
La signora di Nazedir aveva discusso a lungo con lui a cena e dopo il pasto si erano appartati per parlare ancora.
Che cosa si erano detti?
Joyce avrebbe voluto saperlo.
Qualcuno bussò alla porta facendola sussultare.
Che Eryen fosse tornata per riprendere il discorso interrotto prima?
In quel caso Joyce l'avrebbe accolta usando i suoi incantesimi. Se doveva morire voleva almeno farlo combattendo.
Non essere sciocca, si disse. Se fosse venuta per farti del male non avrebbe bussato alla porta. L'avrebbe sfondata.
"Chi è?"
"Jhazar."
Andò ad aprire.
"Ho sentito che c'è stato un piccolo incidente con Eryen."
"Ha cercato di uccidermi" disse Joyce facendolo entrare.
"Sembra che non ci sia riuscita."
"Molto divertente, ma io non sto ridendo."
"Perdonami, cercavo solo di rallegrarti."
"Lo farò quando sarò lontana da qui, diretta verso il luogo in cui si trova mio padre."
"Sono venuto a parlarti proprio di questo" disse Jhazar facendosi serio.
"È successo qualcosa di brutto?" chiese Joyce preoccupata.
"No, ma dobbiamo ritardare di qualche giorno la partenza."
"Non hai ancora l'accordo con Selena?"
Jhazar scosse la testa. "Sì, ma lei ha convocato una dieta di tutti i vassalli di Nazedir. Vuole che sia una decisione collegiale. È stata Gajza a convincerla che quella fosse la cosa giusta da fare."
"Perché si oppone all'accordo? Non ha paura di Malag?"
"L'arcistregone non ha ancora attaccato queste terre. È naturale che siano diffidenti."
"Ma è solo questione di tempo."
Jhazar sospirò.
"Non è così?" chiese Joyce.
"Malag è imprevedibile. Credo stia temporeggiando per instillare il dubbio nei vassalli di Nazedir e convincerli che l'alleanza è inutile."
"Ma noi siamo alleati, no? Il re di Nazedir non può ordinare ai suoi vassalli di scendere in guerra al suo fianco? Mio padre lo farebbe."
"Qui funziona diversamente" disse Jhazar. "I nazediriani non possono mettersi contro tutti i loro vassalli uniti. Se la dieta sceglierà di restare neutrale o, peggio, allearsi con Malag, non potranno opporsi. Selena non rischierà una guerra civile."
"E che cosa accadrebbe all'alleanza?"
"Niente di buono" disse Jhazar cupo. "È per questo che devo convincere la dieta ad appoggiare la nostra causa. Se perdiamo un alleato potente come Nazedir, la guerra sarà compromessa."

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