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Autore: bambolinarossa98    07/12/2017    1 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
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REVISIONATO IL 08/06/2019


 
Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 12. Lo Scorpione Velenoso - Bianchi Gokudera, la mia Guardia del Corpo
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 4.683
Note: ATTENZIONE! Linguaggio scurrile.
 
 
 
 
- Si può sapere che succede?! -
Marinette oramai ne aveva fin sopra i capelli di tutte quelle cospirazioni ai suoi danni, c'era un limite a tutto! Incrociò le braccia e fissò le persone davanti a sé, aggrottando le sopracciglia.
- Gradirei una spiegazione. -
Bianchi si mise il casco sottobraccio aggiustandosi i capelli - Reborn mi ha chiesto di venire qui e fingere di assassinarti: voleva che testassi le tue abilità in combattimento e la tua reazione a determinate situazioni - spiegò tranquillamente.
Dino sospirò - Dopo quello che è successo con gli uomini di Verde Reborn ha creduto necessario metterti accanto qualcuno che ti proteggesse ventiquattro ore su ventiquattro per salvaguardare la tua vita ed evitare interferenze con l'addestramento. Bianchi ha cercato di avvelenarti per capire fino a che punto sai difenderti e come ti comporti in caso di un attacco diretto: aveva un limite di tempo di ventiquattro ore - aggiunse.
- Dove volete arrivare? - chiese Marinette, sospettosa.
- In poche parole, da questo momento in poi sarò la tua guardia del corpo personale - sintetizzò la donna. La ragazza sgranò gli occhi, fissandola allibita.
- Cos... tu... che?! - balbettò, sconvolta, fissando da lei a Dino e Lal ad intermittenza - Insomma, dov... dove si è ma vista una guardia del corpo che tenta di avvelenare la sua protetta! - esclamò, scioccata.
- Tranquilla, ho ridotto il tasso di mortalità nei miei piatti: saresti stata male per un po' ma non tanto da morire - minimizzò Bianchi, serenamente.
- E ti pare lo stesso normale?! - sbottò lei - E poi cos'è questa storia dei cibi avvelenati? -
- Bianchi è un'Hitman Privata specializzata nella Poison Cooking, l'Arte della Cucina Velenosa - rispose Lal.
- E la cosa vi sembra normale. -
- Non potresti avere una guardia del corpo migliore di lei: è conosciuta come Lo Scorpione Velenoso e nel campo della mala è molto temuta - spiegò Dino - Non abbiamo niente di cui preoccuparci se lei è con te - aggiunse, decisamente tranquillo.
- Se lo dite voi - sospirò Marinette, passando le dita sulle tempie: lei continuava a trovare quella situazione decisamente assurda. Come tutto il resto, tra l'altro.
- Ah, e starò a casa tua. Non è un problema, vero? - domandò lei, con leggerezza.
- Anche tu?! -
- Io e Dino abbiamo già predisposto dove farti dormire - rispose Lal.
- Ma... - cercò di protestare Marinette, venendo bellamente ignorata.
- Ottimo - si limitò a dire Bianchi.
- Torniamo a casa adesso? - chiese Dino, incamminandosi.
- Ma... -
- In effetti sono un po' stanca - ammise la donna, seguendo il gruppetto.
- Ma... - Marinette sbatté le palpebre, incredula, prima di mormorare debolmente - Perché tutti a casa mia? -
 
 
Marinette aveva decisamente voglia di gettarsi da un balcone. Non era da lei sentirsi in quel modo, ma mai come allora la stanchezza l'aveva presa tanto da desiderare la morte. Beh, forse ripensandoci la morte no... magari era meglio il coma.
Suvvia, più si è meglio è, no?
- Ti prego, non rifilarmi i vecchi proverbi da nonno saggio... non sono dell'umore - borbottò lei, abbandonata sul letto e con la testa affondata nel cuscino.
Forse era già in coma, era finita sotto un camion mentre andava a scuola e tutto quello era solo un sogno. O almeno era quello che sperava.
- Dai, Marinette: Bianchi dormirà in camera con noi e Dino si sposterà sul divano. Non è un problema così grave, no? - cercò di confortarla Tikki, seduta accanto al suo viso.
Il Kwami ha ragione, non abbatterti, ti ci devi solo abituare. Presto avrai a che fare con di peggio.
Un lamento soffocato si levò dal giaciglio - Quindi questo è niente? -
Decisamente niente.
- Grazie, Radi, mi sei di conforto. -
Una risatina divertita le giunse alle orecchie ma lui non replicò. Invece, qualcuno bussò alla botola.
- Marinette, sto entrando! - esclamò Bianchi, prima che la sua testa sbucasse dal pavimento.
- Mmh - fu la risposta soffocata che ottenne.
- Stavi dormendo? -
- Mh... no, tranquilla - sospirò, alzandosi dal materasso - Facevamo due chiacchiere - spiegò, scendendo la scaletta.
- Ti ho portato una cosa - rispose la donna porgendole un pacchetto azzurro.
Marinette la guardò sorpresa - N-non ce n'era bisogno. Grazie - mormorò, imbarazzata, prendendolo. Tolse il coperchio, sperando che non fosse un altro bento, e sgranò gli occhi: all'interno vi era un completino intimo perfettamente piegato, sui toni dell'arancione con disegnati centinaia di proiettili dorati.
- L'ho fatto io: me la cavo bene nel cucito - spiegò Bianchi, sorridendo. Marinette non seppe cosa rispondere: per essere bello era bello, ben fatto e decisamente originale, solo... un completo intimo la metteva un po' a disagio.
- È... wow. Grazie, Bianchi! - esclamò, sinceramente grata.
- Mi sono fatta dare le tue misure da Lal, spero che ti vada bene. -
Marinette arrossì un po' - Oh, sicuramente - rispose, non volendo sapere come facesse Lal ad avere le sue misure.
- Ragazze, è pronta la cena! - chiamò Sabine da sotto.
- Arriviamo, mamma! - esclamò Marinette, chiuse il coperchio e posò la scatola sulla scrivania mentre Bianchi si avviava di sotto.
- Oh, e va lavato a mano o rischia di rovinarsi - aggiunse, mentre scendevano le scale.
- Me ne ricorderò - sorrise lei. Almeno Bianchi era qualcuno con cui andava d'accordo, sebbene fosse abbastanza strana anche lei. In effetti si sarebbe stupita di trovare qualcuno normale in quella Famiglia...
Già seduto intorno all'isolotto Tom sembrava seriamente chiedersi perché casa sua d'un tratto fosse diventato un porto di mare. E Marinette si chiedeva la stessa identica cosa.
Quando si sedette a tavola e vide sua madre mettere in frigo dei budini al cioccolato si ricordò di cosa le aveva detto Chloé quella mattina. Schiarendosi la gola prese coltello e forchetta.
- Sai, papà, il padre di Chloé organizzerà una festa per San Valentino all'Hotel Palace - cominciò, spezzando quel silenzio - Ci sarà una gara su chi preparerà il cioccolato migliore, che verrà servito in uno dei ristoranti di punta del sindaco, e sei stato invitato a partecipare. -
- Una gara di cioccolato? - chiese Dino, drizzando le orecchie.
- Sembra divertente - commentò Sabine, chiudendo il frigorifero.
- Oh - rispose Tom colto di sorpresa - Beh, non ho mai fatto del cioccolato vero e proprio - ammise, titubante.
- Mancano ancora due settimane al 14 febbraio - notò Marinette - Avresti tutto il tempo per esercitarti. Potrebbe essere un'ottima pubblicità per la boulangèrie. -
- E poi una festa all'insegna del cioccolato... e chi se la perde! - aggiunse Dino, entusiasta.
- Bianchi cucina, magari potrebbe aiutarti lei... - propose Marinette, prima di venir fermata da un sonoro "NO!" urlato da Dino e Lal, che lasciarono sorpresi tutti e tre.
- Spiacente, Marinette, ma non posso farlo - rispose Bianchi, pulendosi la bocca con il tovagliolo.
- Perché? - chiese la ragazza, confusa.
- Perché Bianchi ha la capacità innata di tramutare in veleno tutto ciò che tocca - spiegò Dino, sudando freddo.
- Reborn mi ha chiesto di non cucinare se non per uccidere, quindi non posso aiutarvi - sospirò Bianchi - Però posso fare da assaggiatrice: sono un'ottima forchetta - aggiunse, tranquillamente.
- Oh - rispose Tom, che evidentemente stava facendo uno sforzo immane per surclassare su quei "uccidere" e "veleno" - Beh, è pur sempre un aiuto - annuì.
- Giusto - rincarò Marinette, domandandosi quanto tempo sarebbe passato prima che il padre desse di matto. O prima che lo facesse lei.
Il solo fatto che tu riesca ad accettare tutto questo è simbolo di sanità mentale. Io non mi preoccuperei.
Marinette però si chiedeva fino a quando sarebbe riuscita ad accettare tutto quello. Sospirò, infilzando un involtino di pollo con la forchetta e portandoselo alla bocca, mentre Tom e Bianchi discutevano dei vari tipi di cioccolato che potevano preparare. Le scappò un sorriso vedendo Dino e Sabine chiacchierare tranquillamente e non poté fare a meno di pensare che, su quella tavola, non si era mai respirata un'aria così famigliare.
 
 
 
Marinette non riusciva a capacitarsi di essere entrata in un negozio del genere. Le sembrava quasi di sognare mentre ammirava i vestiti appesi alle stampelle o piegati accuratamente sugli scaffali. La sua famiglia era benestante, vero, ma non ricca: entrare in un negozio marchio Agreste era un desiderio raggiungibile solo vincendo al superenalotto.
Eppure lei ora era lì e questo lo doveva solo alla donna che in quel momento stava studiando una fila di jeans sportivi con aria critica.
- Ehm... Bianchi? - chiese, titubante.
- Sì? - rispose lei, scavando in una pila di indumenti alla ricerca della sua taglia.
- Cosa stiamo cercando esattamente? -
La donna ci mise un po' a rispondere, valutando attentamente un paio di jeans prima di metterli a posto.
- Qualcosa che possa andare bene per le occasioni particolari - disse infine - Se abbiamo intenzione di partecipare a quel ricevimento, il 14, non possiamo certo andarci vestite come al solito - aggiunse - Vedi se c'è qualcosa che ti piace, io vado a cercare un paio di jeans decenti - concluse, sparendo dietro un espositore di camice. Marinette si guardò intorno, dubbiosa, poi si diresse verso una fila di vestitini, magliette e giacche, scorrendole lentamente.
Trovò un vestito corto e bianco molto carino, ma oltre a costare un occhio della testa era decisamente fuori stagione. Stava valutando una giacchetta nera che sarebbe stata perfetta con la camicia bianca che aveva comprato da poco, quando una voce poco distante da lei la fece sobbalzare.
- Ho detto che lo voglio champagne. Champagne, capito? Questo è panna! - sbraitò la ragazza, facendole sgranare gli occhi.
- Oh, chiedo scusa, ero sicuro fosse champagne... vado subito a cercarne un altro - farfugliò un commesso, correndo via.
Marinette ci mise due secondi a fiondarsi dietro uno scaffale, sbirciando oltre un paio di sciarpe azzurre, trovando conferma ai propri dubbi: Chloé era in piedi in mezzo al negozio, decisamente irritata, con Sabrina al suo fianco che reggeva un blocco note.
Beh, non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Chloé comprasse Agreste, ma trovarsela lì la prima e unica volta che ci andava lei... beh, quella era proprio sfiga!
Cercando di essere il più silenziosa possibile sgattaiolò via tenendosi piegata per non farsi vedere, ma...
- Marinette? -
La ragazza si bloccò sul posto, stringendo gli occhi: ma perché tutte a lei? Voltandosi lentamente si ritrovò Adrien in piedi alle proprie spalle, che la fissava perplesso a pochi passi da lei.
- Adrien! - esclamò, sorpresa, stirando un sorriso - Che ci fai qui? - chiese, cercando di sembrare perfettamente a suo agio benché fosse effettivamente ad un passo dal baciare il pavimento.
- Chloé - rispose il ragazzo a mo' di spiegazione, alzando le spalle - Tu, invece, perché stai... scappando? - domandò, chiaramento incerto.
- Chloé - sospirò Marinette, alzandosi - Cerco di evitare i suoi consigli sulla moda - ammise.
- Oh, capisco - annuì lui - Ma... cosa ci fai qui? -
- Beh... - cominciò lei, non sapendo effettivamente cosa rispondere, quando Bianchi sbucò da un angolo con un paio di jeans ed una veste bianca poggiati sul braccio.
- Marinette, che cosa ne pensi di questo? Secondo me ti starebbe benissimo... - commentò la donna, indicando la veste, ma si fermò notando il ragazzo.
Adrien inarcò un sopracciglio, fissandola per qualche secondo, prima di dilatare le pupille.
- Io la conosco! - disse infine, indicandola - Sì, l'ho vista qualche settimana fa: stavate parlando su Skype - aggiunse, guardando da lei a Marinette.
Bianchi fissò la ragazza, che alzò le spalle, prima di porgergli la mano.
- Bianchi Gokudera, sono un'amica di Marinette - si presentò - Ma dammi pure del tu, ho solo un paio di anni più di voi - aggiunse. Il ragazzo la strinse.
- Adrien Agreste, andiamo in classe insieme - rispose.
- Adrikins! -
Marinette poté giurare di vedere un brivido scorrere lungo la colonna vertebrale del ragazzo, che si voltò verso Chloé.
- Che cosa ne pensi di questo? O è troppo formale per un ricevimento? - domandò lei, mostrando un vestitino azzurro con leggere balze sulla gonna e un giglio bianco sul petto. Marinette non poté proprio fare a meno di pensare che Chloé avesse gusto in fatto di vestiti: quell'abito era proprio carino.
- Beh... credo sia meglio qualcosa di più sobrio - commentò lui sorridendo. Ma la ragazza stava guardando oltre la sua spalla, adocchiando le due donne.
- Marinette - esclamò sorpresa.
- Chloé - salutò lei, facendo un cenno con la mano.
- Tu quì? -
- Io quì. -
- Non pensavo potessi. -
- Nemmeno io - ammise lei, allegramente.
- Lei è...? - chiese Bianchi, rivolta a Marinette.
- Oh, lei è... -
- Chloé Bourgeois - l'anticipò la ragazza, mettendo giù l'abito - Frequentiamo la stessa classe. -
- Bianchi Gokudera, un'amica di famiglia - rispose lei, prima di assumere un'espressione curiosa - È lei che ha organizzato la festa per San Valentino? - chiese. Marinette annuì.
- È la figlia del sindaco - rispose.
- L'unica - precisò la ragazza, compiaciuta.
- Già - rispose Marinette, titubante, prima che scendesse un pesante silenzio sul quartetto.
Ah, i silenzi imbarazzanti: non sai mai come uscirne.
Ma perché si ostinava ad indossare quell'anello? Perché era così masochista? Perché?!
- Uhm... Bianchi resterà con noi per un po' e avevo pensato di portare anche lei e Dino alla festa di San Valentino. Non è un problema, vero? - chiese, rompendo quel mutismo che li aveva messi tutti a disagio... tranne Bianchi che sembrava impassibile.
- Dino? - chiese Adrien, inarcando un sopracciglio - C'è anche lui? -
- Oh, sì... già da un paio di settimane - rispose semplicemente lei. Chloé scrollò le spalle.
- Se proprio volete, non è un problema - rispose, ignorando bellamente chi fosse questo Dino ma guardando Bianchi in modo sospettoso.
- Ottimo! - rispose Bianchi, poggiando una mano sulla spalla di Marinette - Vieni, voglio farti provare un paio di cose - aggiunse, tirandosela via.
- Ah... ehm... - Marinette incespicò nei suoi stessi piedi, tentando di stare al passo con la donna e, di conseguenza, camminare all'indietro - Ci vediamo in giro! - salutò, ricevendo dei cenni perplessi in risposta, prima di sparire dietro alcuni scaffali.
Bianchi la trascinò nei camerini, gettando dentro diversi capi di vestiario - Vedi come ti stanno, prendiamo quelli che ti piacciono di più - disse, per poi chiudere la tendina e lasciarla davanti lo specchio con una montagna di vestiti poggiati sulla testa e sulle braccia.
Le donne e la loro mania per lo shopping, sospirò Radi, Qualcosa mi dice che sarà una cosa lunga.
Marinette sospirò, rassegnata: lo pensava anche lei.
 
 
 
Ti sento spossata: non sarai di certo stanca?
- Che fai, sfotti? -
Un denso aroma di caffé diluito nel latte le giunse alle narci rilassandole completamente i sensi. Sospirò, sistemando il viso nell'incavo tra gli avambracci e chiudendo gli occhi.
Sai cosa ho notato?
- Mmh? - mugugnò, leggermente curiosa, adattando il brusio di voci intorno a lei ad un semplice ronzio di sottofondo simile ad una litania.
Non mi hai mai chiamato nonno.
La parvenza di sonno insinuatasi nel suo cervello s'interruppe bruscamente, facendole sentire nitidamente la coppia al tavolo dietro il loro litigare sul modo corretto di condire il thé.
- Eh? -
Mi chiami sempre per nome. Non mi hai mai chiamato nonno.
Quell'improvvisa confessione la lasciò turbata: era vero lo aveva sempre chiamato Radi, sebbene lo vedesse e lo avesse riconosciuto appieno come suo effettivo tris-nonno materno... ma non era mai riuscita a chiamarlo in quel modo. Più che altro perché le sembrava più giovane di quanto dovesse effettivaemente essere in realtà, e anche perché...
- Mi suona strano - ammise, senza aprire gli occhi o alzare il viso. Dall'altro lato ci fu silenzio per qualche secondo, tempo nel quale la voce della coppia tornò ad essere un semplice ronzio indistinto.
Puoi dirlo almeno una volta?
Marinette socchiuse un poco gli occhi, mettendo a fuoco le pareti rosse del locale - Il solo fatto che tu viva in un anello e mi parli attraverso la mente è folle di suo... se poi devo anche chiamarti tris-nonno tanto vale che infili le scarpette rosse e prenda il sentiero dorato per il Regno di Oz - commentò. Lo sentì ridere dolcemente, poi un brivido le corse su per la schiena come se qualcuno la stesse toccando... o accarezzando.
Richiuse gli occhi, lasciandosi avvolgere dal tepore del bar in cui si erano fermate, e dopo meno di un minuto scivolò in uno stato di dormiveglia. Quando riaprì gli occhi era seduta su un tappeto dai disegni arabi, in una stanza che somigliava molto ad un ufficio con le pareti circondate da librerie, dando le spalle ad una scrivania posta davanti una grande vetrata che dava su un cielo nero puntellato di stelle.
- Sono solo le sette di sera - notò lei, portandosi le gambe più vicine al petto e gli occhi fissi sullo spettacolo astronomico che le veniva offerto. Radi fece scorrere le braccia intorno alla sua vita e poggiò il mento sul suo capo, facendola sistemare meglio con la schiena al proprio petto.
- Siamo in inverno - ricordò pigramente - Giornate corte e tanto freddo. -
- Ottimo modo per descrivere una stagione - acconsentì lei. Scese il silenzio per qualche secondo.
- Allora, mi chiami nonno? - chiese Radi. Marinette inarcò un sopracciglio, perplessa.
- Ma ci tieni così tanto? -
- Ehi, mi è stato negato l'onore di essere chiamato "padre"... almeno questo! - si difese lui. Marinette scosse il capo, ridendo, e poggiò la testa alla sua spalla.
- Perché non riesco a vederti in faccia? - chiese, dando voce al dubbio che l'assillava da mesi. Radi ci mise qualche secondo a rispondere e quando lo fece la sua voce era leggermente divertita.
- È ancora presto - mormorò dolcemente - Un giorno, forse, saremo pronti anche per questo. -
Marinette non capì cosa intendesse ma rinunciò a tentare di comprendere le sue frasi enigmatiche, tanto non ci riusciva mai.
- Allora, mi chiami nonno? - ripeté, allegramente. Marinette sospirò e voltò di poco il capo verso di lui.
- Ti ficcherei volentieri un dito in un occhio se sapessi dov'è - ammise. Radi rise di gusto, poggiando la propria fronte alla sua.
- Lo avevo detto io che eri sadica! -
Marinette chiuse gli occhi e si rilassò contro di lui.
- Nonno - disse, e quella parola rieccheggiò nel silenzio della stanza più forte di quanto avesse creduto.
Radi non rispose, ma poté sentirlo poggiare il viso sulla propria spalla.
- Te l'ho mai detto che ti voglio bene? - disse, con una voce talmente sdolcinata che la ragazza poté giurare di sentire i gradi del proprio diabete salire di qualche decina di tacche.
- Ti accontenti di poco - commentò. Lui rise sommessamente ma non rispose. - E comunque mi suona sempre strano - aggiunse lei.
- E non rovinare il momento! - la riprese lui, prima di drizzarsi di scatto, d'un tratto rigido. Marinette alzò gli occhi su di lui, perplessa.
- Cosa? - chiese. Vide le labbra dell'uomo farsi sottili.
- C'è qualcosa che non va - mormorò. Pochi secondi dopo la sua immagine si dissolse e Marinette ritornò bruscamente al tavolino del bar; riaprì gli occhi e si alzò, la testa che le girava e la lontana percezione che qualcuno le si fosse avvicinata.
- Tutto bene? - chiese la voce di Bianchi accanto a lei, posandole davanti un bicchiere di plastica pieno di cappuccino. La ragazza si riscosse ed annuì.
- Credo... di essermi addormentata - ammise, strofinandosi gli occhi e riottenendo la vista: Bianchi stava prendendo posto di fronte a lei.
- In effetti è piuttosto tardi, sarà meglio tornare a casa in fretta - rispose, portandosi alle labbra il bicchiere col caffé. Marinette si sentiva stranamente a disagio e quando provò a cercare Radi con la mente si accorse che lui non c'era più; la cosa la turbò, mentre prendeva il cappuccino e si riscaldava le mani con esso: cos'era successo tutto ad un tratto? Perché era sparito così all'improvviso? Bevve un sorso della bevanda ma, sebbene quella le scaldava il corpo, continuava a sentire un gelo innaturale dentro di sé.
Poi un brivido freddo le corse su per la schiena, causandole un sussulto che minacciò di far volare via il bicchiere. E lei conosceva quella sensazione.
- C'è qualcuno - esclamò, balzando in piedi e guardandosi intorno: riusciva a sentire un intento omicida molto violento nelle vicinanze. Bianchi assottigliò lo sguardo e si alzò.
- Ne sei sicura? - chiese. Marinette annuì: riusciva a sentire nitidamente una presenza ostile molto vicina a loro.
- Usciamo da quì - esclamò la donna, prendendo i sacchetti con la spesa e guidandola fuori dal bar.
 
 
Stagliandosi contro il cielo imbrunito della sera l'uomo fissava le due donne uscire dal locale con occhi sottili, i lunghi capelli bianchi mossi leggermente a ritmo con il vento che spazzolava la sua divisa giacca, pantaloni e anfibi neri. Una brezza serale si levò dal centro della città, spazzando con un gesto le strade illuminate di Parigi. Strinse i denti ed alzò il capo.
- Tsk - sbottò - E chi poteva essere se non una mocciosa del cazzo - commentò, con disprezzo.
Un cric-cric secco gli fece spostare gli occhi alla sua destra, verso il ricevitore nero incastrato nel suo orecchio.
- Non lamentarti - risuonò una voce dal suo interno, sottile e canzonatoria - Tu hai dato la notizia e quindi era giusto che andassi tu a controllare - ricordò. L'uomo ringhiò. - Non dire scemenze, Lus: quel bastardo poteva benissimo aspettare che venisse quì il marmocchio! - sbraitò, incazzato - Che tra l'altro sapeva e non ha detto niente... ma io lo so che lui ha mandato me qui solo per ripicca! -
- Beh, non hai fatto un bel figurone in quell'occasione - ricordò la voce.
- Taci! Tu hai fatto di peggio! - sbraitò lui.
- Shishishi! - una risata risuonò dall'altro lato, facendo gonfiare una vena sulla tempia dell'uomo - I due perdenti che si litigano la figura peggiore... che spettacolo pietoso! -
- Jare, jare... ecco perché non volevo dire niente - sospirò una vocetta infantile, abbastanza seccata.
- Tu non volevi dire niente per non far incazzare il Boss, visto che andavi ad aiutare quelli là - ricordò la prima voce.
- Moccioso spocchioso - lo canzonò la seconda voce - Alla fine il Boss si è incazzato lo stesso e te le ha cantate per benino. -
- Una fine migliore di quella che ha fatto lui - replicò il bambino.
- Shishishi! Non ti conviene rientrare per un bel pezzo, Vice: il Boss ha fatto scorte di bottiglie di liquori e bicchieri in pregiatissimo cristallo26 - ridacchiò la seconda voce. L'uomo digrignò i denti, la vena che diventava sempre più grossa e il suo istinto omicida che saliva a mille.
- Quanto mi state sul cazzo, fottuti coglioni! - esplose, si strappò il ricevitore e lo gettò sul tetto del bar, calpestandolo con rabbia, quasi immaginando che fossero i volti dei suoi compagni di squadra. - Ringrazio di non dovervi vedere! - urlò, con il fiatone e gli occhi iniettati di sangue. Poi si voltò verso le due figure che si allontanavano e calciò via i rimasugli del trasmettitore, che volarono in un vicolo vicino; con un gesto secco saltò giù dal locale e si incamminò sulla loro scia, ignorando bellamente i passanti che si ritraevano da lui alla vista della lunga lama agganciata alla sua mano sinistra.
 
 
 
Marinette fece una smorfia guardandosi nervosamente intorno: aveva sentito la presenza omicida farsi più forte e di Radi ancora nessun segno.
- Senti, Bianchi... questa non mi sembra la strada di casa - notò, vedendola addentrarsi in città. La donna la guidò in una stradina laterale, verso il centro commerciale.
- Se ci inseguono è meglio non portarli dritti a casa: giriamo un po', facciamo perdere le nostre tracce e poi torniamo indietro - disse - Oppure li attiriamo lontano e li uccidiamo - aggiunse, con naturalezza. Marinette inarcò un sopracciglio, incerta.
- Mi preoccupa il modo in cui ragioni - ammise.
- Sono pur sempre un'assassina - rispose lei, infilandosi in un vicolo.
- Giusto - rispose lei, guardandosi alle spalle interrogativa: sentiva l'intento omicida affievolirsi lentamente, fino a sparire quasi del tutto. Non si era allontanato anzi, le stava ancora seguendo, solo... beh, sembrava aver perso ogni voglia di farle a pezzettini. - Lo sto perdendo - ammise - Il suo intento omicida sta sparendo però è sempre dietro di noi. -
Bianchi sembrò rimuginarci su - Può darsi che stia cercando di nascondere la sua presenza, stai in guard...! - la donna si fermò di colpo, sobbalzando, e Marinette sussultò: un rumore secco alle loro spalle, che somigliava terribilmente ad un corpo che cadeva di peso sull'asfalto, le fece gelare sul posto. Non c'era bisogno di un esperto per sapere che vi era qualcuno dietro di loro.
- Vooi... - la voce che aveva parlato era bassa e rauca, terriblmente agghiacciante quando si è in un vicolo buio nel bel mezzo della notte, ed anche italiana: Marinette non poteva sbagliarsi. - Ferme dove siete. -
Lei deglutì, voltandosi piano: la figura che si stagliava in fondo alla stradina era anche più alta di Bianchi, con lunghi capelli candidi che scendevano fin sotto la vita e una lunga spada nella mano sinistra. Indossava una specie di impermeabile nero con un simbolo rosso sulla spalla e pantaloni e anfibi coordinati. Bianchi strinse le labbra e si parò davanti a Marinette, gettandole le buste tra le braccia e facendosi apparire in ogni mano un piatto di cibo avvelenato.
Sebbene la situazione fosse abbastanza pericolosa di suo Marinette non poté proprio evitare alla propria voce di esprimere quel pensiero.
- Dove li tenevi quelli?! - chiese, stranita.
- Non ora, Marinette - fu la risposta spiccia della donna. L'uomo alzò gli occhi al cielo.
- Togliti di mezzo, Scorpione Velenoso, non sono quì per te - disse, muovendo la mano con la spada in un gesto secco.
Dille di mettere giú le armi.
Marinette trasalì, sentendo la voce di Radi risuonarle nella mente.
« Dov'eri finito?! » chiese.
Non ora, Marinette.
Lei aggrottò le sopracciglia, offesa.
- Fermati, Bianchi! - esclamò, posandole una mano sul braccio.
- Tu non sai chi è lui, Marinette! - rispose lei e sembrava preoccupata. In effetti Marinette non sapeva chi fosse... e sinceramente non ci teneva poi tanto a saperlo.
- VOOOI! - l'urlo dell'uomo si espanse per tutto il vicolo e Marinette sussultò, voltandosi di scatto verso di lui: aveva detto proprio "VOOOI!"?
- Sono quì per te, mocciosa del cazzo! - sbraitò, puntandole contro la spada: solo allora si accorse che la mano, coperta da un guanto nero, era chiusa a pugno e l'elsa della spada era legata sul dorso tramite delle bende. - Sei tu Marinette? Il Braccio Sinistro dell'altro moccioso? - chiese.
- A quanto pare - pigolò lei, in risposta: ma perché quel tizio urlava sempre?
Lui sembrò sondarla da capo a piedi, con sguardo minaccioso, poi abbassò la spada e si ficcò la mano libera nella tasca della giacca; ne estrasse qualcosa di piccolo e nero che s'infilò nell'orecchio destro.
- Ho trovato la mocciosa, che devo fare adesso? - chiese.
Marinette poté sentire una voce disturbata venire dall'altro lato.
- Shishishi! La facciamo a pezzi? - chiese. Lei sbiancò, Bianchi si drizzò e una vena spuntò sulla tempia dell'uomo.
- Ho già rotto sei ricevitori per colpa tua, Bel: questo è l'ultimo rimasto! Levati dalle palle e passami il Boss! - sbraitò.
Ci fu parecchia confusione dall'altro lato, numerose voci si sovrapposero in un tripudio di gida, parolacce e minacce di morte; l'uomo si voltò verso il vicolo, dando loro le spalle, ed iniziò a sbraitare in italiano: Marinette poté sentire distintamente il suo intento omicida salire ai massimi storici ogni secondo che passava.
- VOOOI! Cazzo signi... brutto basta... questa me la paghi! - in un moto di stizza l'uomo si strappò la trasmittente e la gettò contro il muro, polverizzandola. Poi prese un respiro profondo e la sua aura assassina si affievolí notevolmente.
Poi si voltò verso le due donne.
- Tsk - sbottò - Non posso ucciderti, altrimenti verrebbe considerato tradimento... ma non credere che sia felice della tua esistenza! - informò, irritato, lasciandola sbigottita.
Aveva un bruttissimo dubbio e si augurò seriamente di sbagliarsi. Sentì Radi ridacchiare nella sua mente e la cosa la innervosì un po': lui sapeva. Non sapeva cosa ma era sicura che sapesse.
Persino Bianchi mise giù i piatti, continuando a guardarlo sospettosa. - Che cosa ci sei venuto a fare quì, quindi? - chiese. L'uomo ringhiò.
- Lasciamo perdere o do di matto - rispose lui, infastidito - Piuttosto, so che Cavallone è quì: devo parlare con lui - aggiunse, con un tono di voce più basso.
Marinette si sporse dietro Bianchi, inarcando un sopracciglio: quel tizio strano conosceva Dino?
- Dino al momento si trova a casa di Marinette - rispose, tranquillamente - Non so quanto sarà felice di vederti, però - aggiunse.
- Poco me ne frega: ho del lavoro da fare e intendo farlo in fretta - rispose l'uomo, stizzito.
- Ma... - mormorò Marinette, leggermente intimorita - ...chi sei tu? - azzardò.
L'uomo puntò gli occhi grigi su di lei, apparentemente impassibile. Fu Bianchi a rispondere.
- Il Vice Capitano dei Varia, la Squadra d'Assalto al servizio del Nono - rispose, e Marinette poté sentire distintamente tutte le sue speranze venire spazzate via come sabbia al vento - Superbi Squalo. -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note🎶:
26Xanxus, tra le tante cose, è solito lanciare bottiglie e bicchieri in testa a Squalo.
 
 
Angolo della ritardataria:
Personaggi di Katekyo Hitman Reborn apparsi in questa storia:
 
Reborn: 
Reborn-in-Campus
Dino: 
Dino-katekyo-hitman-reborn-18605890-352-500
Lal Mirch: 
Lal-1
Bianchi: 
Bianchi
più di un mese. Più di un mese per scrivere questo capitolo... ed alla fine non c'è quasi niente dentro.
Faccio veramente pena.
Comunque, sì, ho deciso di far apparire Squalo. Non sarà un personaggio di spicco all'inizio, ma mi sarà molto utile in futuro *si sfrega diabolicamente le mani*.
Non ho molto da aggiungere, in effetti, anche perché vado di fretta, vi ricordo la mia pagina facebook https://www.facebook.com/bambolinarossa98/">Multiverse e noi ci vediamo al prossimo capitolo con: Squadra d'Assalto Varia - Squalo della Pioggia!
Baci,
bambolinarossa98
   
 
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