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Autore: _Heide    08/12/2017    1 recensioni
Percorrere di nuovo quei corridoi, affacciarsi dalle porte delle aule ed essere circondati da tutti quei giovani maghi, fieri nelle divise delle loro Case, risveglia in lui sentimenti contrastanti.
La sola vista del leone rampante sullo sfondo dorato e scarlatto gli riporta alla mente quei ricordi che un tempo erano i più belli di tutti.
[ WolfStar | Angst | Accenni James/Lily ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Lily Evans | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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WARNING: 
La storia era stata già precedentemente pubblicata, ma rileggendola mi sono resa conto di quanto facesse schifo e che avrei dovuto sistemarla.


Fandom:
Harry Potter

Rating: Giallo
Genere: Angst, Malinconico, Introspettivo
Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Albus Silente
Tipo di coppia: Slash
Coppie: Remus/Sirius
Contesto: Libro 3, I Malandrini
Disclaimer: Questi personaggi e l'ambientazione non mi appartengono, sono di proprietà di J.K. Rowling e della sua sadica penna.
N.d.A.: Mi dispiace infinitamente per l'angst, ma ne avevo bisogno. Non riesco a togliermi la Wolfstar dalla testa e tutto ciò che potevo fare era scrivere qualcosa su di loro.

 

WALKING THROUGH THE PAST

 

Percorrere di nuovo quei corridoi, affacciarsi dalle porte delle aule ed essere circondati da tutti quei giovani maghi, fieri nelle divise delle loro Case, risveglia in lui sentimenti contrastanti.

La sola vista del leone rampante sullo sfondo dorato e scarlatto gli riporta alla mente quei ricordi che un tempo erano i più belli di tutti. Rivede James che rincorre Lily, le sta dicendo qualcosa – probabilmente si sta scusando per l'ennesimo scherzo a Snivellus – ma subito dopo si incastra da solo e finisce come al solito per ricevere uno schiaffo dalla Evans.

E non appena Prongs si volta per tornare da loro, con la coda fra le zampe, Peter lo adula – come sempre – per il modo in cui ha messo un piede davanti all'altro per camminare o per il modo affascinante in cui ha respirato. James allora si scambia un'occhiata divertita con Sirius; ed in quel momento, appena accarezza con gli occhi dei ricordi i capelli corvini e troppo lunghi di Sirius, in cui affonda nei suoi occhi grigio cenere, Remus sente un dolore atroce al petto e l'immagine dei Malandrini svanisce, lentamente, come se non volesse lasciarla andare però trattenerla lì fosse troppo doloroso.

 

 

(«L'avete vista? È sicuramente innamorata, solo che non vuole ammetterlo perché è spaventata dai sentimenti burrascosi che la mia sola vista le suscita.» James era seduto sulla sua poltrona nella Sala Comune, quella che gli permetteva di poter controllare ogni momento della Evans senza che lei lo vedesse dalla sua solita postazione davanti alla finestra, dove chiacchierava ogni sera con le amiche, dando le spalle al caminetto davanti al quale c'erano sempre i Malandrini.

Gli altri tre annuirono, non ascoltando però una sola parola di ciò che stava dicendo. Peter era intento a scrivere due pergamene di Pozioni, la piuma che scriveva parole sopra alle quali veniva tirata una riga sopra subito dopo; Remus sgranocchiava una tavoletta di cioccolato per riprendere le forze che ancora gli mancavano dopo l'ultima luna piena; Sirius – fra un occhiolino ad una bionda e quello ad una mora – implorava il licantropo di dargli un quadretto della sua droga preferita.)

 

Lupin esce dal grande portone del castello e si aggira nel cortile come un'anima dannata costretta a rivivere la propria vita ma senza poterne più assaporare l'essenza e le sensazioni. Si avvicina al lago e quando ne scruta l'acqua non è il suo riflesso quello che vi trova, o perlomeno è lui, solo più giovane: ci sono meno cicatrici sul suo volto, gli occhi sono più luminosi e vitali, le guance non sono scavate quanto in quel momento ed il sorriso sul suo viso è sincero e spontaneo. Scuote la testa per scacciare quell'immagine che infonde malinconia nel suo cuore; alza lo sguardo ed in lontananza scorge il Platano Picchiatore agitare lentamente i suoi rami quasi spogli per cacciare via gli uccellini che vi si posano sopra.

 

(«Moony, forza, non essere noioso! Avremo tutto il tempo per studiare per i G.U.F.O.! Andiamo, è la nostra ultima possibilità dell'anno!» Remus sbuffò e annuì controvoglia, nonostante accontentarli fosse l'unica cosa che avesse veramente mai avuto intenzione di fare. I quattro corsero fuori e Peter si trasformò con rapidità, per zampettare fino al nodo del Platano e farli entrare all'interno della Stamberga Strillante.

L'ultima luna piena dell'anno scolastico, l'ultima possibilità di scorrazzare per la Foresta Proibita come se avere un lupo mannaro come migliore amico fosse una cosa normale. O forse era tutto per far credere a Remus che
essere un lupo mannaro fosse normale e che andasse bene comunque.)

 

Ma forse la cosa peggiore di tutte, dell'essere ancora una volta lì, è vedere gli occhi azzurri dietro agli occhiali a mezza luna del professor Dumbledore. Lui che gli ha permesso una volta di entrare in quella scuola e che poi gliel'ha concesso anche la seconda volta.

Però non è quello, non è il fatto che per merito – o per colpa? – di Dumbledore sia ad Hogwarts, che rende tutto così doloroso, anzi, non avrebbe senso. Il problema è vedere i suoi occhi pieni di compassione che lo guardano ogni qualvolta si senta nominare Sirius Black, accompagnato dalle parole “famigerato pluriomicida”. Dumbledore lo guarda e non può far altro che ricordargli tutto ciò che aveva e che adesso ha perso, perché Remus ormai non ha più niente e il vecchio preside lo sa fin troppo bene. Non lo guarda mai con pietà o compassione, non è quello il problema. Il problema è cogliere il rapido movimento di quelle iridi azzurre che saettano nella sua direzione, come se si aspettasse una qualche reazione. Ma poi, che reazione dovrebbe avere? Piangere, urlare, arrabbiarsi? Sono tutte cose che, in quei dodici anni, ha fatto in continuazione e ormai non ci sono più motivi per ripeterle. Ormai non è altro che un corpo che si muove meccanicamente, che torna ad essere il vecchio Remus Lupin solo quando scorge tra la folla di studenti la zazzera di capelli neri che lo fa tornare il giovane e brillante Grifondoro dei tempi della scuola e quegli stessi occhi verdi che l'hanno sempre fatto sentire parte della famiglia.

 

(«Davvero pensi che per colpa del tuo...» James si fermò un attimo a pensare e poi riprese con convinzione «che per colpa del tuo piccolo problema peloso noi vorremmo smetterla di esserti amici?» Remus non aveva ascoltato tutto, la sua mente era ferma alla prima parte della frase, infatti inarcò le sopracciglia e fece con tono scettico: «Piccolo problema peloso? Seriamente James?» L'interpellato sventolò la mano destra, come per scacciare una mosca e scuotendo la testa. «Ssh, non è questo il punto, Moony.»
«Moony? Oggi ti senti ispirato per affibbiarmi nomi ridicoli?»
«Ma devi ripetere ogni cosa che dico?»
«Tu smettila di dire stupidaggini, allora!» replicò il licantropo leggermente irritato dalla situazione che, come al solito, James non prendeva sul serio.

«È da quasi un anno che sappiamo del tuo piccolo problema peloso e non abbiamo mai avuto alcun problema a riguardo, dunque non iniziare a fare qualche scenata melodrammatica perché non ti abbandoneremo. Prima o poi sarò sposato con la Evans e dovrò abituarmi ad avere una persona attorno che una volta al mese diventa pericolosa.»

A causa dell'ultima affermazione, Remus alzò gli occhi al cielo, scocciato dalle solite battute che associavano lupi mannari a donne con il ciclo.

«Certo, Remus!» intervenne Peter: «È per questo che abbiamo rotto circa la metà delle leggi magiche per –» alle occhiate truci di Sirius e James, Peter si bloccò immediatamente. «Non era ancora il momento?»
«No, Pet. Dovevi partire dopo il mio discorso su “ciò che è fatto è fatto e tu non devi arrabbiarti con noi, lo abbiamo fatto solo perché ti vogliamo bene.”» lo corresse Sirius, pronunciando l'ultimo pezzo direttamente ad un Remus impallidito e preoccupato perché a conoscenza delle azioni avventate degli amici – più precisamente di James e Sirius, seguiti a ruota da Peter.

«E cosa avreste fatto di preciso, “perché mi volete bene”?» domandò terrorizzato di sentire la risposta.
«Prometti che non urlerai?» domandarono Potter e Black contemporaneamente.

In tutta risposta Remus si sedette sul primo dei letti a baldacchino che riuscì a raggiungere, nel caso le parole degli amici fossero state talmente sconvolgenti da fargli perdere l'uso momentaneo delle gambe – o farlo direttamente svenire. «Niente di che, eh, non preoccuparti, solo...» iniziò James con calma, in attesa che Sirius venisse in suo soccorso e l'altro non tardò a completare la frase del quasi-fratello: «Siamo diventati Animagi.»

Remus si sentì mancare e si portò una mano al petto per assicurarsi di essere ancora vivo e quando constatò che il suo cuore continuava a battere sperò immensamente che si fermasse per poter sfuggire ai tre ragazzi che lo fissavano leggermente perplessi e preoccupati.

ͷ ˑ ͷ

«Moony, fidati di me, non finiremo nei guai.» e quel sorriso malandrino che gli rivolse sembrava gridargli “non fidarti, non ti porterà nulla di buono”, Remus lo sapeva, ma si fidò comunque.
«Bravo lupacchiotto.» gli sussurrò Sirius all'orecchio quando il licantropo si alzò per seguirlo ed un brivido gli corse lungo la schiena a causa del fiato caldo del giovane Black a contatto con la sua pelle sensibile.

Padfoot lo prese per mano e se lo tirò dietro per i corridoi del castello finché non arrivarono al corridoio dove qualche anno prima avevano scoperto l'entrata della Stanza delle Necessità, ma prima di entrarvi il ragazzo dai capelli corvini si guardò intorno e, dopo aver constatato l'assenza di studenti o di Gazza, spinse Remus contro il muro appoggiando le labbra alle sue, baciandolo con foga ed un sorriso sulle labbra carnose. Non si staccarono per un po', nonostante l'iniziale opposizione di Moony perché “Sirius! Potrebbe arrivare chiunque!” però a quanto pareva era arrivato il momento che Remus provasse la sensazione di voler sparire dalla faccia della terra, siccome in quel momento – mentre le mani di Black vagavano sotto alla camicia di Remus – qualcuno si schiarì la gola per attirare la loro attenzione. Sirius, come sempre intoccabile, si girò tranquillamente, se non quasi scocciato di essere stato interrotto, ma tutta la stizza sul suo volto scomparve non appena incontrò gli occhi cristallini del preside. Nonostante ciò Padfoot rimase tranquillo, al contrario di Remus il cui viso cambiò circa tre tonalità di rosso nel giro di un minuto e mezzo.

«Se entrate lì dentro farò finta di non aver visto nulla.» disse loro il professor Dumbledore con un sorriso divertito e gli occhi che scintillavano di malizia. Se possibile, il sorriso di Sirius si allargò ancora di più e, dopo aver preso nuovamente la mano di Remus, entrò nella Stanza delle Necessità.

ͷ ˑ ͷ

Il cielo, quella notte, era sereno e le stelle splendevano luminose ma non erano niente in confronto alla luna piena che carezzava con la sua fredda luce le foglie degli alberi e si specchiava sul grande lago di Hogwarts. Dall'alto della Torre di Astronomia, il professor Dumbledore guardava la Foresta Proibita da cui provenivano forti ululati. Rimase in attesa finché dal folto degli alberi non spuntarono quattro forme completamente diverse. Un lupo mannaro, un grosso cane nero che si confondeva nel buio notturno, un maestoso cervo con le corna che creavano giochi di luce con i raggi della luna ed, infine, un piccolo topino che quasi non si vedeva da quell'altezza, ma il preside sapeva bene che c'era anche lui. Del resto, non gli sfuggiva mai niente a quell'anziano mago dai modi un po' bizzarri e certo non si sarebbe perso tre dei suoi studenti che diventavano Animagi – rigorosamente alle spalle del Ministero – per stare al fianco del loro migliore amico – nientemeno che licantropo – durante le altrimenti solitarie notti di plenilunio.)

 

Remus conduce ormai una vita solitaria e vuota, senza più famiglia, amici e amore. Tutto ciò che aveva l'ha perso quella notte e non lo ritroverà mai più. Tutto è perduto, se non i ricordi che portano solo altro dolore. Lui però non riesce a smettere di ricordare, lui non può dimenticare perché il dolore è la sua penitenza. Deve soffrire per potersi perdonare almeno un po' e deve perdonarsi per essersi fidato della persona sbagliata, per essersene addirittura innamorato e perché ancora non riesce a toglierselo dalla mente. Non riesce a capire come sia possibile che la persona che più lo faceva sentire meglio è anche la persona che gli ha strappato via tutto con una violenza di cui sente ancora adesso la forza. Più di tutto, però, a tormentarlo è la consapevolezza di non riuscire ad odiarlo – non completamente – e la certezza che mai ci riuscirebbe, così come non potrebbe mai smettere di amarlo. Il ricordo di quella notte è vivido e riesce persino a sentire le urla isteriche di Sirius quando venne portato ad Azkaban per aver tradito i Potter, conducendoli alla morte, ed aver ucciso dei Babbani solo per far fuori un altro di quelli che un tempo erano i suoi più cari amici. Vede la loro casa distrutta e vede le lacrime sul volto di Black, si era pentito di aver tradito il suo migliore amico forse? Suo fratello?

Remus non lo capisce nemmeno ora; ogni giorno ripensa a quei momenti terribili in cui si è sentito cadere il mondo addosso e non riesce a capire niente. Perché l'ha fatto?

 

(«No! No, lasciatemi!» urlava, urlava ed urlava. Sembrava pazzo e forse lo era veramente. Non riuscivano a portarlo via, tanta era la forza che Sirius metteva nel ribellarsi a quelle mani che tentavano di tenerlo per gli avambracci. «Lasciatemi! Devo ucciderlo!» continuava a gridare sempre le stesse parole e a dire che era giusto così perché “è la fine che meritano i traditori”.
Remus lo guardava da poco lontano e si sentì gelare il sangue quando Sirius si voltò a guardarlo dritto negli occhi. I suoi, solitamente grigi, erano completamente neri, tanto le sue pupille si erano dilatate; lacrime isteriche gli colavano sulle guance. Lo guardò con una disperazione tale che gli fece rivoltare lo stomaco. Sirius era sempre stato così: quando provava delle emozioni le provava più di chiunque altro, ti trasmetteva la sua tristezza e la sua rabbia solo guardandoti, te le faceva vivere.
«Remus, ti prego! Remus, uccidilo, per favore!» e Remus inorridì perché la persona che amava gli stava chiedendo di uccidere il figlio dei suoi migliori amici, l'unico sopravvissuto alla pazza furia omicida di Voldemort. Remus si sforzò di restare in piedi, si sforzò di non crollare, di non spezzarsi e distolse lo sguardo da quelli di lui. Quando Dumbledore lo aveva chiamato per dirgli della tragedia aveva pensato che Sirius fosse innocente, doveva esserlo e per assicurarsene doveva assolutamente vederlo. Guardarlo negli occhi per vedere tutta quella rabbia e quella disperazione fu semplicemente troppo per lui.

«Non sono stato io... James, mio fratello...» un sussurro che si perse nel buio e nel caos di quella notte, seguito dall'urlo disperato di chi aveva perso tutto: «Remus!» Ma lui non lo sentì, era ormai troppo lontano.

Se lì, davanti a quell'uomo che ormai non riconosceva più, Remus era stato impassibile, non appena chiuse la porta di quella casa che per anni aveva condiviso con Sirius, non poté far altro che cadere sulle ginocchia ed iniziare ad urlare. Urlò come mai aveva fatto, disperatamente. La gola gli bruciava, ma non si fermò nemmeno quando il sole incominciò a spuntare fuori dalla finestra e i vicini iniziarono ad osservare l'abitazione con preoccupazione e, altri, con rassegnazione e disgusto («Si sapeva che quel Black prima o poi gli avrebbe spezzato il cuore.» si sentiva nelle case intorno, e ancora «Povero Lupin, chissà cosa gli avrà fatto Black questa volta.» e non mancavano di certo anche commenti come «Ecco cosa succede quando degli scherzi della natura si trasferiscono nel vicinato.» ma la voce che pronunciò queste parole non sapeva quanto fossero veritiere).

Remus, intanto, urlava fra le lacrime e sembrava non potersi più fermare. “Ti odio, ti odio!” gridava la sua bocca, “Ho perso tutto, tutto ciò che più amavo ed amo, l'ho perso.” sussurrava il suo cuore, senza più forza o voglia di pompare il sangue nelle vene dell'uomo.

 

FINE


 


Chiedo venia per questa cosa.

Shippo Wolfstar – inconsciamente – da sempre, ma questa è la prima cosa che scrivo su di loro e non volevo assolutamente che fosse una cosa così angst, perché ci sono già troppe cose angst su di loro ma io amo l'angst e per me non ce n'è mai abbastanza.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se ci fosse qualcosa che, secondo voi, si possa migliorare. 
(Vi prego di avvisarmi nel caso ci fosse qualche errore, perché sì che l'ho riletta ma sono un po' cotta oggi...) 

Vado, baci,

Ginevra

   
 
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