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Autore: Cry_Amleto_    08/12/2017    0 recensioni
/Seguito di "Lost Creatures", preceduto a sua volta da "Lost Time". Ultimo capitolo della trilogia "Lost"/
[Stony!]
Tratto dalla FanFiction:
"Si amavano di un amore bugiardo, fatto di segreti, bugie e mezze verità.
Si amavano di un amore unico, carico di passione, affetto, preoccupazione, gelosia.
Si amavano, di quell'amore dal quale non sopravvivi."
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost'
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[...]But this is love, I'll never give you up
I know your love has come home to me[...]
([...]Ma questo è l'amore, non rinuncerò mai a te
So che il tuo amore è tornato a casa da me[...])

Le lenzuola fresche di bucato gli accarezzavano dolcemente il corpo nudo.
La fredda brezza notturna che lo raggiungeva tramite le finestre dei balconi aperti era mitigata dal calore emanato dal corpo disteso accanto al suo, che sembrava volersi nascondere ed aggrapparsi alla propria figura. 
Passò distrattamente una mano tra i capelli scuri dell'altro, mentre indugiava con lo sguardo sul suo volto addormentato baciato dai raggi lunari e sulla cicatrice che gli percorreva la fronte, nascosta al pubblico da folte ciocche castane. Percorse quest'ultima con un dito, mentre la sua espressione si faceva via via più grave. Sotto quel tocco, il moro si agitò chiamandolo per nome. Lo cullò dolcemente, finché non si riaddormentò. 
I suoi pensieri – i suoi sensi di colpa – non riuscivano a dargli tregua neanche in quel momento, con tra le braccia dell'uomo che amava, colui che a breve avrebbe sposato. Il suo sguardo dunque si posò sull'elegante cerchietto argenteo alla base del suo anulare sinistro, fatto brillare dai raggi lunari. Ripercorrendo con gli occhi le linee leggiadre disegnate su di esso e che ormai aveva imparato a memoria. 
Spostò nuovamente lo sguardo sul suo compagno.

Anthony Edward Stark.
Iron Man.
Un uomo dai mille difetti ma che aveva sacrificato se stesso più di una volta per salvare il mondo, senza alcuno scopo se non quest'ultimo. 
Quel grande, piccolo uomo che giaceva addormentato tra le sue braccia.
Braccia che non si ritenevano degne di quel privilegio.

Steven Grant Rogers.
Captain America.
La cui immagine di uomo rigido, fermo nelle proprie convinzioni e di grande moralità celava la propria natura tutt'altro che priva di macchie. 
Un uomo da un passato oscuro e mostruoso, un passato che aveva cercato di distruggere in tutti i modi, senza riuscirci. 
Un uomo che non meritava di essere amato e che eppure stava per coronare i suoi sogni di felicità,  cosa non concessa ad uomini molto più degni di lui.

L'inventore si agitò nuovamente tra le sue braccia, distogliendolo da quei pensieri. Un gemito sfuggì dalle labbra di Tony, in preda ad uno dei soliti incubi che tormentavano le sue notti. Con le sopracciglia aggrottate dalla preoccupazione, prese a cullarlo, mormorandogli parole di conforto che però non bastarono a calmarlo. Il moro iniziò a sudare copiosamente e ad agitarsi nel letto sempre più, facendosi sfuggire mormorii sconclusionati. Vista la piega che aveva preso la situazione, Steve prese a scuoterlo per una spalla cercando di svegliarlo. Lo chiamò fermamente per nome più volte, senza alcun risultato. Poi Tony spalancò gli occhi, urlando il nome del Capitano, e si alzò di scatto dal letto per andare a rifugiarsi contro la parete. L'inventore lo guardava terrorizzato, il respiro affannoso che gli sconquassava le spalle. Lo guardava dritto negli occhi eppure sembrava non riconoscerlo come se si fosse ritrovato accanto ad un mostro. 
Il mostro che Steve era
Lo aveva scoperto. In qualche modo, Tony aveva scoperto chi era davvero. Dio stesso, impietosito, poteva avergli svelato la verità che si ostinava a nascondere. Lo sapeva, il "Capitano", che non avrebbe potuto nasconderglielo a lungo. Solo... Sperava di avere più tempo.

Con un nodo alla gola, si alzò a sedere, allungando una mano verso di lui, pronto a fornirgli delle spiegazioni. A quel gesto, però, l'inventore sembrò calmarsi e si gettò tra le sue braccia con impeto, quasi con disperazione, tremando come una foglia. 
Steve prese a cullarlo dolcemente, mormorandogli parole che sperava essergli di conforto. Gli ripeteva che lui c'era, che non sarebbe andato da nessuna parte, che non lo avrebbe lasciato solo. E in cuor suo ringraziava, ringraziava con tutto se stesso, per questo tempo in più che gli era stato concesso. Quando Tony finalmente si riaddormentò, sgusciò fuori dalle coperte. Con lo sguardo puntato verso il basso – verso quell'anello e la promessa che esso sanciva – si avviò lentamente verso la cucina, il pavimento di marmo freddo che lo faceva rabbrividire a contatto con i piedi nudi.

Era davvero giusto sposare quell'uomo a cui aveva nascosto così tanto? Sarebbe stato davvero tanto mostruoso da tradirlo in quel modo? 
Eppure lo aveva già fatto. Lo aveva tradito quando aveva pronunciato quel "sì". Lui... Non ce l'aveva fatta, quando Tony gli aveva fatto quella proposta, non ce l'aveva fatta a dir di no alla cosa che più bramava al mondo. Incredibile quanto in là potesse spingersi il proprio egoismo.

Arrivato in cucina, fu sorpreso di trovare le luci già accese. Il suo sguardo si posò sulla minuta figura che occupava la sedia dove di solito sedeva l'inventore, un bicchierino di Martini in mano. La bottiglia al suo fianco era vuota per tre quarti.

«Non sei troppo giovane per bere così tanto, Victoria?» chiese, tagliando il silenzio in cui era avvolta la villa.

La ragazza si girò di scatto, posando i suoi grandi occhi marroni, così simili a quelli del padre, nei suoi. Ma diversamente da quello di Tony, lo sguardo che Victoria Maria Stark gli rivolgeva era carico di diffidenza, quasi astio.

«Vick.» lo corresse subito, sbottando «Nessuno mi chiama Victoria. E comunque, sono "abbastanza grande" da avere le forze e le abilità per azionare e far funzionare un portale spazio-dimensionale, un cocktail in più non è nulla in confronto.»

Il Capitano si portò una mano alla nuca, grattandosela. Non si era mai sentito così a disagio come sotto lo sguardo di quella ragazzina che sembrava conoscere gli antri più oscuri della propria anima.

«Dovresti lasciarlo in pace, sai? Mio padre intendo.» gli disse Vick, senza staccare neanche per un attimo lo sguardo freddo da quello di Steve. «I suoi sentimenti sono sinceri.»

«Anche i miei lo sono.» ribatté il Capitano aggrottando le sopracciglia «Non so perché tu abbia questa pessima opinione di me ma-»

Fu interrotto dalla roca risata priva di reale divertimento della ragazza.

«Solo il fatto che James Barnes sia vivo e vegeto anche in questa dimensione, rende il tuo rapporto con l'Oltre – o Hydra come lo chiamate qui – sottinteso. Cosa pensavi, che sarei venuta qui senza informarmi di come fosse messa... la situazione?» La voce di Victoria era secca, con una sfumatura derisoria che non mascherava il proprio disprezzo verso l'altro. «Lascialo in pace, lo hai già fatto soffrire abbastanza.»

Ad udire quelle parole, Steve sbiancò di colpo. Come era possibile che quella ragazzina sapesse così tanto di lui? Era sicuro che non ci fosse nessun documento che lo segnalava come membro dell'Hydra, niente che facesse sorgere neanche il benché minimo sospetto.

«Non dirò nulla a mio... a Tony, non ci tengo a inimicarmelo, perché so che non mi crederebbe mai senza le prove che effettivamente non ho. Ma ti conviene lasciarlo prima che le cose diventino troppo serie. Sai come si dice: "Le bugie hanno le gambe corte."» continuò la figlia dell'inventore, posando il proprio sguardo sull'anello indossato dall'anulare della mano sinistra del Capitano, l'espressione disgustata di chi ha appena visto un enorme ratto.
Per riflesso a quello sguardo, Steve strinse le dita, come per evitare che l'anello scivolasse via e con esso la felicità che rappresentava.

No, non poteva rinunciare ad un futuro felice – anche se illusorio – al fianco della persona che amava più della propria stessa vita. Era l'unica cosa che desiderava. Sì, il suo era un comportamento egoista, ma non poteva svelare a lui il proprio oscuro passato o l'avrebbe odiato, ripudiandolo, arrivando a dargli la caccia, forse. D'altra parte, Tony era sempre stato sincero con lui soprattutto per quando riguardava i suoi "peccati" di gioventù... Lo stava tradendo. Stava tradendo la persona che più amava al mondo per non rinunciare a lui, per non gettare all'aria tutto ciò stavano lentamente costruendo insieme.

Un castello di carte.

I suoi pensieri, misti ai sensi di colpa, gli fecero dimenticare la presenza della ragazzina. Con le sopracciglia aggrottate, la mano sinistra stretta in un pugno e la destra a coprirla con fare quasi protettivo, tornò sui suoi passi, infilandosi nuovamente oltre la porta della camera che condivideva con l'inventore. Si infilò velocemente le scarpe e la felpa della tuta di cui già indossava i pantaloni, prese dal cassetto del proprio comodino le chiavi della sua moto e fece per andarsene, senza una meta precisa, solo il più lontano possibile, per schiarire i propri pensieri.
Esitò sull'uscio, voltandosi verso il profilo addormentato di Tony. Si soffermerò sul suo volto, sulle sue labbra dalla curva imbronciata e le sopracciglia leggermente aggrottate, l'espressione di un bambino a cui avevano tolto il peluche preferito. Ed effettivamente dalla sua posa, con le braccia allungate verso la parte di letto precedentemente occupata dal Capitano, sembrava che qualcosa gli fosse stato improvvisamente sottratto. Steve dovette resistere all'impulso di tornare da lui, di stringerlo, mormorandogli ancora una volta che lui era lì, che non lo avrebbe mai lasciato.
Ma era una menzogna.
Una menzogna, come quella che il Capitano stava raccontando a se stesso.
Non sarebbero mai stati felici, non finché avrebbe continuato a nascondergli cosa aveva fatto al mondo, a lui.

Vick non si girò verso di lui quando se ne andò chiudendosi delicatamente la porta alle spalle. Sentì la moto accendersi, poi lo scoppiettio del suo motore farsi sempre più distante.
Sorrise, guardando all'interno del bicchiere che impugnava, ormai vuoto.
Fu un sorriso carico di una tristezza infinita. E tali furono anche le sue parole che rimbombarono tra le pareti della villa che aveva improvvisamente assunto un aspetto spettrale, emanando un senso di abbandono come mai prima.

«È proprio vero. Non puoi fare a meno di ucciderlo.»

   
 
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