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Autore: heliodor    09/12/2017    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Rivoluzione

Roge non poteva immaginare che sarebbe morto lì, in quella fitta giungla piena di piante e animali strani e pericolosi.
Lo aveva capito due giorni dopo aver lasciato il villaggio che non sarebbe sopravvissuto. Eppure andava avanti, proseguendo la caccia.
Anche se ora era diventato la preda.
Il primo giorno le cose erano andate bene. La giungla non era così fitta e il caldo non era troppo opprimente, almeno nelle prime ore della mattina, quando il sole non era ancora alto.
Alketa aveva portato delle borracce d'acqua e gliene aveva data una.
"Trattale bene" gli aveva detto. "Potrebbe essere l'unica cosa che ti separa da una morte orribile."
"Che c'è di così brutto in questa foresta?" aveva chiesto Roge.
"A parte i razziatori?"
"A parte loro."
"Vediamo. C'è la banda di Spink."
"Che nome stupido" aveva detto Roge storcendo la bocca in un mezzo sorriso. "Cosa fa di così brutto questo Spink?"
"La sua è una banda di cannibali."
"Che cosa?" aveva chiesto Roge stupito. "Vuoi dire che..."
"Sì, mangiano la gente. Non tutti. Solo quelli che uccidono in combattimento. E non per intero, ovvio. Non siamo così appetitosi. Si accontentano del cuore e dei reni. Pensano che si trovi lì l'energia vitale di uno stregone. Credono che accresca la loro potenza magica."
"Ma è una sciocchezza."
"Diglielo quando li vedi" aveva risposto Alketa.
Stavano attraversando una stretta valle tra due colline ricoperte da una vegetazione fittissima.
Balkar e altri due stregoni avanzavano in testa al gruppo. Gadar e Yeva, uno stregone e una strega, si erano posizionati a due o trecento passi sui loro fianchi. Zabel e Sevan chiudevano il gruppo coprendo loro le spalle.
Alketa e Roge trasportavano le provviste e l'acqua.
Stavano seguendo un corso d'acqua che divideva in due la valle quando Roge si era fermato.
"Riempiamo le borracce?"
Alketa aveva dato un'occhiata al fiumiciattolo. "No. Non qui."
"Perché no?"
La strega aveva sorriso. "Si vede che sei cresciuto in un castello."
Roge si strinse nelle spalle.
Alketa indicò le rive del fiumiciattolo. "Cosa vedi?"
"Niente di strano."
"La risposta esatta è: niente. Nessun animale che si abbevera. Eppure questo è l'unico corso d'acqua nei dintorni. Gli animali preferiscono starne alla larga."
Roge non capiva. "Quindi?"
"Quindi è strano. Di solito, una cosa strana è pericolosa. E qui a Krikor una cosa pericolosa di solito è mortale."
"D'accordo. Che suggerisci di fare?"
"Aspettiamo di trovare una fonte d'acqua pulita per riempire le borracce. Ce ne sono alcune nei dintorni."
Raggiunsero Balkar e il gruppo di testa.
Il grosso stregone si era fermato a ridosso di un masso piazzato in mezzo al sentiero.
C'era qualcosa sulla pietra, un oggetto rossastro in una posizione strana.
Avvicinandosi, Roge vide due occhi azzurri che lo fissavano da un volto ridotto in poltiglia.
Non aveva mai visto un cadavere ridotto in quello stato. Distolse subito lo sguardo, dominando a stento il desiderio di rigettare la colazione.
"Sì, fa questo effetto la prima volta che vedi un lavoretto di Arevik" disse Alketa poggiandogli una mano sulla spalla.
"Chi è Arevik?" chiese Roge.
"Il capo degli scorticatori" disse uno dei due stregoni che apriva il gruppo.
Roge ricordò che si chiamava Maral o qualcosa del genere.
"Scorticatori?" chiese Roge.
Alketa annuì. "È il loro passatempo preferito. Prendono la gente e..."
"Ho capito che cosa fanno" disse Roge. Non aveva bisogno dei particolari. "Ma noi diamo la caccia a Valzar, non a loro."
"Questo è il loro territorio" disse Maral fiutando l'aria come se fosse un animale. "E noi ci stiamo entrando proprio dentro."
"E allora usciamone" disse Roge.
Balkar grugnì qualcosa. "Le tracce portano verso le colline e noi andremo lì."
"Secondo me è una cattiva idea" disse Roge.
"Nessuno ha chiesto il tuo parere, marzif" rispose Balkar. Si rimise in marcia seguito dagli altri due.
Alketa e Roge attesero che si fossero allontanati di una ventina di passi.
"Balkar ha un conto in sospeso con Valzar" spiegò Alketa.
"Davvero?" Roge non aveva alcun interesse a sentire quella storia, ma se poteva fargli dimenticare il corpo scorticato...
La strega fece schioccare le labbra. "Prima che Balkar arrivasse a Krikor, Valzar era il capo del nostro villaggio. Balkar era poco più di un marzif come te quando riunì una ventina di stregoni e riuscì a rovesciarne il potere. Valzar e i suoi scapparono nella foresta e da allora ci attaccano per portarci via il bestiame e le scorte."
"Che cosa vuol dire marzif?" chiese Roge. Fino a quel memento non aveva capito che si trattasse di un titolo.
Alketa sorrise. "Un marzif è un piccolo animale della foresta che mangia le carogne degli altri animali."
"Per gli dei. È una specie di topo o cosa?"
"È ben più grosso di un topo, ma gli somiglia. Ha zanne più lunghe ed è praticamente innocuo, se non ti morde."
"E se lo fa?"
"Puoi prenderti qualche brutto malanno. In fondo mangia carogne."
Roge scosse la testa. "Un esserino disgustoso."
Alketa sorrise. "Come te."
"Io non sono un esserino."
La strega rise.
"Silenzio voi due" disse Balkar voltandosi di scatto.
Maral si era allontanato dal gruppo, fiutando l'aria.
Sta usando un incantesimo per potenziare i sensi?, si chiese Roge.
Non conosceva i poteri dei suoi compagni di viaggio, ma era sicuro che li avrebbe scoperti, presto o tardi.
"Senti qualcosa?" chiese Balkar.
Maral inspirò col naso. "Sangue umano. O stanno scorticando qualcuno o uno degli uomini di Valzar è ferito."
"Bene" disse Balkar.
Roge non seppe capire se si rallegrava per il ferito o perché qualcuno veniva scorticato a morte e non volle approfondire la questione.
"Da quella parte" disse Maral indicando un punto tra gli alberi. "La traccia si sta allontanando."
"Andiamo" disse Balkar.
Si infilarono nella macchia di alberi. Mentre avanzavano, la foresta sembrava chiudersi su di loro.
Gli alberi erano così fitti che era difficile guardare oltre di essi. C'erano così tanti punti da cui poteva provenire un'imboscata che Roge smise di pensarci per non essere tentato di darsela a gambe.
Alketa lo affiancò. "So a cosa stai pensando."
"Davvero?"
"Vorresti essere da un'altra parte. Come me."
"Allora perché ti sei offerta volontaria?"
Alketa scrollò le spalle. "Perché mi annoiavo. Ed era da tempo che non facevo una caccia. Dovevo restare in allenamento. Qui se perdi la mano muori. La foresta non perdona."
Dalla loro destra si levò un urlo. Non un grido qualunque, ma uno di dolore. Chiunque l'aveva lanciato era stato ferito o peggio.
"Gadar" disse Maral. "Devono averlo preso."
"Andiamo ad aiutarlo" suggerì Alketa.
Balkar le fece cenno di tacere. "Potrebbe essere una trappola."
"Gadar è tuo amico" disse Alketa.
Balkar scrollò le spalle. "E allora? Lui farebbe lo stesso."
Alketa si rivolse a Roge. "Sei con me?"
"Cosa?"
Lei indicò gli alberi. "Andiamo a dare un'occhiata."
"Vacci da sola" disse Roge. Non aveva alcuna voglia di correre rischi per un tizio che non conosceva affatto.
"Mi serve uno che mi copra le spalle. Mi devi un favore."
"Davvero?"
Alketa annuì.
Roge non ricordava affatto di doverle un favore, ma l'idea di lasciarla andare da sola lo metteva a disagio.
Doveva farsi degli amici lì a Krikor e mostrarsi vigliacco non l'avrebbe aiutato.
"Fai strada" disse alla strega.
Alketa si gettò di corsa nella macchia di alberi. Alle sue spalle Roge faticava a mantenere l'andatura e dopo qualche metro la perse di vista. La strega stava usando qualche incantesimo per aumentare l'agilità?
Se ne avesse avuto uno anche lui... ma era nato senza e dove arrangiarsi con quello che gli dei gli avevano donato.
Dopo una decina di minuti di corsa alla cieca raggiunse una spianata priva di alberi. Al centro esatto sostavano due figure. Una sembrava distesa e l'altra sopra di essa, intenta ad osservarla.
Per un attimo temette che fosse Alketa quella a terra. Forse la strega era caduta in una trappola di Valzar o degli scorticatori e il prossimo era lui.
Stava per voltarsi e tornare tra gli alberi per studiare meglio la situazione quando la figura in piedi si voltò.
"Fermo lì" disse Alketa puntandogli contro un dardo magico.
Roge si arrestò e alzò le mani. "Sono io. Roge."
"Lo so chi sei, ma sta fermo lo stesso" disse la strega senza smettere di tenerlo sotto tiro.
"Ma che ti prende? Ti ho detto che..."
Una terza figura emerse dalla macchia di alberi.
Vestiva una tunica grigia sbrindellata e aveva il viso sporco di sangue. I capelli neri erano arruffati e gli occhi spalancati sembravano quelli di un pazzo.
"Dov'è?" chiese il nuovo arrivato.
"Arriverà tra poco" rispose Alketa. "Maral lo sta portando qui."
Solo allora Roge notò che a terra c'era Gadar.
L'uomo respirava a fatica e si guardava attorno. Aveva una ferita all'addome dalla quale il sangue sgorgava copioso.
"Maledetta traditrice" disse rivolto ad Alketa.
La strega si leccò le labbra. "Sei tu il traditore."
Il tizio con la tunica grigia corse verso di lei. "È mio. Lascialo a me."
Alketa si allontanò di un passo. "Fai in fretta e senza troppo rumore."
Il tizio in grigio si chinò su Gadar. "Ti ricordi di me?"
Gadar urlò, ma il grido venne smorzato da qualcosa che il tizio in grigio gli stava facendo.
Roge non riuscì a distogliere lo sguardo finché Gadar non smise di agitarsi.
"Ma cosa..." riuscì a dire.
Alketa gli indicò la macchia di alberi. "O resti o scappi."
"Che sta succedendo?"
"Una piccola controrivoluzione" disse la strega. "Rimettiamo le cose a posto."
Il tizio in grigio si sollevò e guardò Roge. Aveva le labbra sporche di sangue. "E lui chi è?"
"Un nuovo arrivato."
"Io sono Valzar" disse il tizio in grigio.
Poi le cose divennero confuse.
Balkar e Maral emersero dalla macchia di alberi, insieme ad  una strega e uno stregone provenienti dalla direzione opposta.
Alketa puntò il dardo contro Maral e lo colpì al petto, mandandolo a sbattere contro un albero.
Roge vide disegnarsi la sorpresa sul volto di Balkar, ma durò un attimo. Lo stregone balzò in alto e continuò a salire.
Stava levitando?
Valzar puntò entrambe la mani contro di lui e lasciò partire un dardo.
Balkar mosse le braccia come disegnando un cerchio davanti a sé. Il dardo esplose in una palla di fuoco, avvolgendolo, ma lui riemerse intonso dall'attacco.
Un raggio d'energia piovve nella radura bruciando l'erba dove un attimo prima c'era Valzar, il quale si era spostato di lato gettandosi di corsa verso la macchia di alberi.
Roge notò con la coda dell'occhio che almeno un'altra mezza dozzina di streghe e stregoni avevano raggiunto la radura.
Da quanto tempo stavano aspettando nascosti lì attorno? Faceva parte di un piano per attirare Balkar in trappola o era stata una decisione presa sul momento?
Roge on lo sapeva a non gli importava affatto. Tutto quello che voleva fare in quel momento era togliersi da lì e cercare un riparo.
Mentre Balkar inceneriva col suo raggio magico tutto ciò che incontrava, vide Alketa proteggersi dall'attacco di uno stregone con lo scudo magico.
Lo stregone aveva evocato una daga magica, una spada fatta di pura energia ma letale quanto una vera e la colpiva costringendola a indietreggiare verso gli alberi.
Roge non aveva dimenticato quello che le aveva fatto, ma la strega non lo aveva ucciso. Poteva farlo, ma aveva esitato.
Doveva prendere una decisione e in fretta.
Si mosse verso lo stregone e si piazzò a una decina di passi, colpendolo con un dardo magico alla schiena.
L'uomo stramazzò al suolo e non si mosse più. La spada d'energia scomparve assieme alla sua energia vitale.
"Grazie" disse Alketa e poi si voltò, fronteggiando un altro attacco.
Roge le andò al fianco. "È troppo pericoloso. Dobbiamo ritirarci nel bosco."
Alketa rise. "Stiamo vincendo."
"Chi siamo noi?"
"Lo sapremo se restiamo vivi" disse la strega.
Balkar incenerì un albero e la strega che si era nascosta dietro di essa e iniziò a scendere.
Deve aver esaurito gli incantesimi, pensò Roge.
Valzar balzò fuori dal suo nascondiglio coprendo con pochi e rapidi passi la distanza che lo separava da Balkar.
Nella mano stringeva un pugnale arrugginito, lo stesso che doveva aver usato per finire Gadar.
Balkar lo attese in piedi, le possenti braccia pronte ad afferrarlo.
All'ultimo Valzar scartò di lato e poi eseguì un salto che gli fece scavalcare l'avversario.
Sorpreso da quell'attacco, Balkar si voltò di scatto.
Troppo tardi, però. La lama di Valzar già spuntava dal suo petto.
Lo stregone si allontanò di qualche passo, come danzando attorno alla sua vittima. "Che si prova adesso, eh? Che si prova adesso, marzif?"
Balkar grugnì qualcosa e cercò di estrarre il pugnale dal petto, ma la sua mano scivolò sulla presa.
"Veleno di gika" disse Alketa.
Balkar si inginocchiò. Ora la sua enorme mole non sembrava più così impressionante.
Valzar gli si avvicinò come danzandogli attorno. Con un movimento veloce afferrò la daga e la estrasse dalla ferita.
Balkar urlò di dolore e stramazzò al suolo.
Solo allora Roge si rese conto che non era rimasto più nessuno in vita, a parte lui, Alketa e Valzar.
E Balkar, cui restavano forse pochi attimi.
Valzar era chino su di lui, come aveva fatto con Gadar. "Non ho usato una dose letale" stava dicendo. "Ti renderà solo un po' debole, così avrò il tempo di fare con calma."
Alketa sospirò. Muovendosi con passo deciso si avvicinò ai due e si piazzò dietro a Valzar. "Non abbiamo tutto questo tempo."
"Zitta" disse Valzar senza voltarsi. "Lo so io quello che..."
Non ebbe il tempo di terminare la frase. "Non dicevo a te" disse Alketa. Sollevò il braccio e lasciò partire un dardo magico.
Valzar si accasciò al suolo, il petto squarciato.
Roge sussultò a quella vista. "Ma che..."
Alketa si avvicinò a Balkar e lo finì con un altro dardo magico.
Il corpo di Balkar sussultò per l'ultima volta.
Alketa sollevò gli occhi verso Roge. "O resti o scappi."
Roge valutò che possibilità aveva. Non conosceva la foresta, non aveva idea di quali pericoli vi si nascondessero. Non conosceva altri se non una pazza assassina che aveva sterminato tutti i suoi compagni di viaggio.
"Resto" disse.
Alketa sembrò sollevata. "Torniamo al villaggio e diamo la buona notizia."
Sulla via del ritorno viaggiarono più spediti. Non incontrarono gli altri membri della spedizione.
"Valzar e i suoi li hanno fatti fuori" spiegò Alketa.
"Perché mi hai lasciato vivere?"
La strega si limitò a scrollare le spalle.
In vista del villaggio, rallentarono il passo. "Dobbiamo avere una scusa credibile. Balkar non era molto amato ma era pur sempre il capo."
Roge annuì. "Potremmo dire che sono stati gli scorticatori."
Alketa fece un cenno di assenso. "È una buona scusa, ma io ne ho una migliore."
"Quale?"
La strega lo colpì alla testa.
 
Roge si risvegliò con un terribile mal di testa. Giaceva nella polvere, al centro del villaggio. Tursk e altri lo osservavano, chi con un misto di stupore e chi di disgusto.
"Bastardo" disse una strega sputandogli addosso.
Roge tentò di sollevarsi, ma scoprì che gli avevano legato mani e piedi con una robusta corda.
Alketa era in piedi accanto a lui.
"Perché non l'hai ammazzato subito?" domandò uno stregone indicandolo.
Alketa fece spallucce. "Troppo facile. Il bastardo deve soffrire."
Stavano parlando di lui?
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma gli uscì fuori solo un gorgoglio. "...succede?"
"Si è ripreso" disse Tursk.
"Che volete da me?" Roge cercò di liberarsi dalle corde senza riuscirci.
"Tursk" gridò Roge. "Aiutami."
Lo stregone impallidì. "Te lo scordi. Quelli come te meritano di morire."
"Cosa? Ma che ho fatto?"
Una delle streghe gli diede un calcio nel fianco. "Osa pure parlare questo traditore."
Roge gridò per il dolore e la sorpresa. Non aveva idea di cosa stesse succedendo e questo lo atterriva più che l'essere legato. "Volete dirmi qualcosa?" gridò. "Avrò pure diritto a una spiegazione."
"Uccidiamolo subito" suggerì uno degli stregoni. Aveva la faccia sfregiata da una cicatrice e gli occhi iniettai di sangue.
"Sì, sì" lo incitò qualcuno.
"Aspettate" disse Alketa. "Non siamo selvaggi. Come nuovo capo del villaggio, propongo che il marzif venga processato e poi giustiziato."
"Giusto."
"Non siamo selvaggi."
"Così deve essere."
Roge si sentì sollevare e poi trasportare in malo modo verso una delle capanne.
"Ma che cosa volete da me? Mettetemi giù."
Tursk lo seguì.
"Ditemi almeno che cosa ho fatto" supplicò Roge mentre lo buttavano sul pavimento della capanna.
"Non te lo ricordi?" chiese Tursk. "Hai ucciso il capo dopo averlo attirato in trappola. E avresti ucciso anche tutti noi col veleno se Alketa non ti avesse raggiunto e fermato in tempo" disse Tursk.
"Che cosa?" fece Roge incredulo. "È falso. È tutto..."
La porta della capanna si chiuse e lui piombò nel buio.
"...un errore. È stata lei" gridò. "È stata lei."
Ma nessuno rispose alle sue suppliche.

Nota: con questo capitolo inizia un trittico che nel prossimo capitolo ci porterà a Valonde e poi di nuovo nel passato con il capitolo 100. Joyce tornerà nel capitolo 101!

Prossimo Capitolo Domenica 10 Dicembre
  
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