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Autore: Betta7    09/12/2017    8 recensioni
La ragazza S. e il ragazzo A.
Il Destino è un mistero che ci avvolge completamente nelle sue mani e, tra due anime affini, niente può fermare il corso dell'Amore.
" Non riuscivo a pensare lucidamente e, anche se era piuttosto stupido e alquanto imbarazzante, non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe stata bella.
Stringevo tra le mani il pacchetto con la rosa all'interno e, riflesso su di esso, vidi Sana scendere dalle scale.
Mi sembrò che il mio cuore si fosse fermato e che, improvvisamente dopo qualche secondo, avesse ripreso a battere. "

" Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e mi lasciai portare da lui, e mi resi conto in quel preciso istante dell'enorme fiducia che riponevo in quel ragazzo.
Eravamo amici-nemici, da sempre, eppure non avrei affidato la mia vita in mano a nessun altro. "

Dopo University Life, un'altra storia su un rapporto ai limiti dell'impossibile, un passo separa l'Amicizia e l'Amore.
Ma il Destino sa sempre cosa fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Natsumi Hayama/Nelly, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 21.
PIENA.

Pov Sana.

Io e Akito stavamo aspettando la limousine che ci avrebbe portato alla prima del mio film.
Revenge.
Pensavo che sarebbe stato difficile convincerlo ad accompagnarmi, invece Akito era stato comprensivo e non aveva aperto bocca. Aveva capito che la sua presenza era fondamentale, da una parte per far capire che lui supportava la mia carriera artistica e dall'altra perché io avevo bisogno di lui.
“Hai preso tutto?” chiese Akito mentre mi porgeva la giacca. Annuii, mentre mi stringevo nervosa le mani. Nella mia testa fluttuavano già le pagine di giornale che mi davano il titolo di peggiore attrice dell'anno. Mi ero impegnata così tanto per quel lavoro che immaginare di vedere i miei sforzi vanificati mi torturava.
“Stai tranquilla, Kurata. Non hai motivo di essere nervosa, se non lo sono io.” sdrammatizzò Akito, che sapevo essere forse più in ansia di me.
Mi avvicinai e Akito mi circondò con le braccia. “Sei una grande attrice, Sana. Lo sai tu e lo sa il resto del mondo.”
Le sue parole mi confortarono e sapere di avere il suo appoggio mi faceva sentire la donna più fortunata del mondo.
Quando la limousine arrivò sciogliemmo l'abbraccio ed uscimmo di casa, dirigendoci al teatro dove sarebbe stato trasmesso il film.

*

Non appena arrivammo, i giornalisti ci assalirono con migliaia di domande, alcune più scomode di altre, ma tutte plausibili. La maggior parte riguardavano il periodo di lontananza che io e Akito avevamo sperimentato e a tutte avevo risposto che il passato non era importante, che stavo cercando di vivere il presente. Ovviamente i giornalisti non erano ancora contenti e, oltre alle urla per una foto, continuarono a farmi domande personali e non.
“Come ti sei sentita nell'affrontare un personaggio così spregiudicato come quello di Miya?”
Sorrisi, finalmente una domanda sul mio film e non sulla mia vita privata.
“E' stata una sfida interessante. Miya e io abbiamo davvero poco in comune, ma ho cercato di entrare dentro di lei in modo da sentire il suo odio, la sua rabbia. L'aiuto del signor Miyazaki è stato fondamentale, perché senza di lui il mio personaggio non sarebbe venuto alla luce così bene. Lavorare con lui è stato stimolante, spero di rifarlo al più presto.”
Le guardie del corpo cercavano di spingermi verso l'entrata ma volevo rispondere a qualche altra domanda ora che i giornalisti si stavano concentrando sulla mia recitazione.
Akito se ne stava in silenzio, stringendomi la mano quando mi vedeva in difficoltà, finché un giornalista si rivolse proprio a lui.
“Signor Hayama, ma lei non è geloso nel vedere sua moglie essere così vicina a un altro uomo?”.
Akito si rabbuiò per un attimo ma poi si avvicinò al microfono del giornalista e rispose. “Certo che sono geloso, amo mia moglie, e penso che una sana gelosia sia alla base di un buon rapporto. Ma non amerei Sana così tanto se non le permettessi di vivere il suo lavoro a pieno, anche perché so quanto lei abbia sacrificato per arrivare fin qui. Sarei egoista e in realtà non innamorato se la influenzassi nella cosa che la fa sentire viva.”
Tutti i giornalisti vicini a noi rimasero in silenzio ad ascoltare quella risposta, le donne avevano un'aria sognante che potevo comprendere benissimo. Ero fortunata ad averlo e il fatto che fosse lì mi faceva sentire la donna più potente del mondo, perciò risposi alle successive domande con sicurezza e fermezza, due qualità che prima di quel momento non mi erano mai appartenute.
Vidi Miyazaki tra la folla sul red carpet e mi avvicinai a lui, lasciando per un attimo la mano di Akito, e lo abbracciai.
Per mesi era stato più che un regista per me, un amico, un confidente, e la mia consacrazione come attrice vera e propria forse la dovevo solamente a lui. Aveva deciso di mettermi al primo posto su tutti, persino sul suo film quando avevo scelto di non parteciparvi più. Avevamo avuto una chimica durante tutte le riprese che non avevo mai avuto con nessun altro regista e sapevo che per lui era lo stesso. Rispondemmo a qualche domanda insieme, lui mi fece più complimenti di quanto fossi stata capace di contare e prima ancora che me ne accorgessi mi aveva definita
la sua musa. Ero così lusingata che non sapevo come rispondere ad una frase del genere, perciò mi limitai ad abbracciarlo nuovamente e a ringraziarlo a bassa voce.
Quando non ero più riuscita a tenere a bada i bodyguards eravamo stati costretta ad entrare e a lasciare i giornalisti all'esterno. Ce ne sarebbero stati altri all'interno, ovviamente, ma quelli che occupavano le prime file del red carpet erano sempre quelli più feroci.
Akito mi rivolse uno sguardo dolcissimo, sapevo quanto odiava quelle situazioni ma era lì per me e quella era forse la dichiarazione d'amore più grande che avrebbe mai potuto farmi.
Prima della visione del film ci fu un breve rinfresco, ma ne io ne Akito mangiammo nulla, forse per il troppo nervosismo.
Quando ci accomodammo nella sala della proiezione mi ritrovai seduta tra Miyazaki e Akito. Li presentai, visto che prima di quel momento non avevo potuto a causa della troppa calca.
Akito sembrava addirittura felice di conoscerlo, cosa che mi lasciò interdetta perché mi sarei aspettata un ordine perentorio di non lavorarci mai più visti gli abbracci sul red carpet e il nostro approccio piuttosto fisico.
Invece finalmente forse stava mostrando la sua parte migliore, quella che per amore avrebbe messo da parte qualsiasi cosa, persino la gelosia.
“Nervosa?” chiese Akito prendendomi la mano. Annuii, non riuscivo a parlare, avevo la bocca secca e le labbra mi si attaccavano l'una all'altra come se stessi masticando della carta.
Hayama mi prese la mano e la strinse forte nella sua e io mi beai di quel contatto, cercando di canalizzare tutte le mie paure in quel punto di unione.
“Andrà tutto bene.” si limitò a dirmi Akito. Non sapevo come ma, grazie a quelle parole, mi tranquillizzai. Aveva anche capacità miracolose scaccia ansia, avrebbero dovuto renderlo tascabile.
Cercai una posizione comoda su quella poltroncina, accavallai le gambe e sistemai la giacca. Avevo deciso di indossare un vestito a ruota stile anni '50 di colore rosa molto chiaro, con delle decoltè abbinate e un po' di punti luce nella borsa. Tutto sommato avevo un look abbastanza elegante senza strafare.
Rimanemmo in attesa che tutti prendessero posto, avevo visto non pochi volti noti e mi ero stupita di non vedere Naozumi. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse stato.
Le luci si spensero all'improvviso e gli ultimi ritardatari fecero un po' di confusione nel sedersi frettolosamente prima che il film iniziasse. Mi tremavano le gambe, fortunatamente ero seduta altrimenti mi sarei ritrovata lunga per terra in meno di un minuto.
“Inizia.”. Akito mi rivolse un sorriso smagliante, poi la mia immagine arrivò sul gigantesco schermo.
Era arrivato il mio momento.



Pov Akito.
 

Il film era stato bellissimo. Una storia che mai mi sarei aspettato Sana riuscisse a portare alla vita. Non perché non fosse brava, o perché dubitavo delle sue capacità, ma perché il personaggio di Miya era così complesso, così profondo e così pieno di odio che vederlo addosso a lei pensavo sarebbe stato stranissimo.
Invece no. Sana era riuscita a diventare davvero Miya e immaginai che gli fosse costato non poco disagio.
Le scene più spinte non erano però affatto volgari. Il sesso era visto come un momento totalmente separato dalla storia stessa. Miya e Mark sembravano sinceramente innamorati in quei pochi momenti di serenità e si notava come quelle sequenze fossero state affrontate con professionalità e riguardo, soprattutto nei confronti di Sana.
In poche parole, lo avevo adorato. E la stampa era stata entusiasta. Da giorni non si leggevano che recensioni positive a riguardo, elogiando soprattutto la bravura di Sana in quanto attrice che era passato dal genere leggero delle soap a quel film che di leggero non aveva neppure la colonna sonora.
Ero così fiero di lei, così orgoglioso che avesse portato avanti i suoi sogni nonostante anche la mia inutile insistenza. Quanto ero stato stupido, non riuscivo a credere di averle potuto chiedere di lasciare andare un così grande talento solo per compiacere me.
Nell'ultimo anno io e Sana eravamo maturati così tanto che l'Akito di un anno prima mi sembrava solamente un lontano ricordo, qualcuno che ero stato e che non volevo più essere perché gli avevo permesso di mettersi in mezzo al mio sentimento che, in quel momento della mia vita, mi sembrava la cosa più importante del mondo.
Sana era dovuta andare con Rei a rilasciare un'intervista per Cosmopolitan che l'aveva citata come la bambina prodigio che si era trasformata in un'attrice a tutti gli effetti.
Sana era raggiante, felice come non l'avevo mai vista prima di quel momento e sapere che a quella felicità stavo contribuendo anche io mi faceva sentire immensamente soddisfatto.
Sapevo che lei temeva il mio giudizio o una mia reazione perciò avevo cercato in tutti i modi di essere di supporto e aiutarla a comprendere che non doveva avere paura. Avevo smesso di comportarmi come un pazzo, perché sapevo che lei mi amava e non avevo più motivi per dubitare.
Certo, dovevo ammettere che vederla così vicina a Miyazaki mi aveva un po' infastidito, ma non perché avessi una qualche paura, ma solamente perché c'era sempre una parte di me che la voleva tenere sotto una campana di vetro. La cosa positiva era che riuscivo a controllarmi in maniera egregia e la cosa era abbastanza impercettibile agli occhi esterni.
L'unica cosa che mi dispiaceva era che dall'uscita del film io e Sana non avevamo avuto un momento per noi. Tra interviste, ospitate, giornalisti che si appartavano fuori casa e ci toglievano i pochi momenti di intimità che ci ritagliavamo, passare anche solo un'ora insieme era utopia.
Io ne avevo approfittato per tornare in palestra ogni tanto e con grande piacere notavo che i bambini erano sempre felici di vedermi e fare lezione con me.
Ero andato a consegnare la relazione al professor Siroki che però mi aveva avvisato che avrei ricevuto un punto in meno per il ritardo. Avrei voluto rispondergli che nel frattempo avevo ripreso in mano la mia vita ma non volevo inimicarmi nessuno, soprattutto quando mi mancava così poco per raggiungere i miei obiettivi.
Non lo avevo detto subito a Sana, ma ero stato contattato dalla sede di Tokyo del museo dove avevo fatto il tirocinio grazie al professor Siroki e mi avevano offerto un posto come assistente con la possibilità di seguire gli archeologi durante gli scavi.
Era un'opportunità grandiosa e accettare avrebbe significato avere un lavoro sicuro non appena conclusi gli studi. Si, avevo la palestra e il lavoro di insegnante non mi dispiaceva, ma se potevo ampliare i miei orizzonti perché non farlo?
Avevo chiesto qualche giorno per pensarci e giorni dopo lo avevo detto a Sana che, ovviamente, fu molto felice per me.
Mentre aspettavo che tornasse dalla sua intervista, cercavo di sistemare i miei documenti in vista dell'inizio del lavoro la settimana successiva. Avevo tutto, mi mancava solamente il contratto da firmare e sarebbe stato tutto pronto.
Sana spalancò la porta d'ingresso con il suo solito fare delicato. “Akito! Aiutami, per favore!”
Corsi verso la porta e la trovai sommersa da buste e fiori.
“Hai svaligiato un negozio?”
“Spiritoso!” disse chiudendosi la porta alle spalle con un calcio mentre le toglievo dalle mani quanti più sacchetti possibili. “Sono abiti che Cosmopolitan mi ha regalato per l'intervista.”
“E io che pensavo che la tua parte d'armadio non potesse contenere più nulla.”
Sana si tolse i tacchi e li lanciò. “Potrei sempre prendere anche la tua parte, attento.”
Sapevo che non era una semplice minaccia e che probabilmente lo avrebbe fatto davvero perciò lasciai perdere perchè era come combattere col vento, non avrei vinto perché tanto lei non si sarebbe mai fermata.
Mentre l'aiutavo a mettere a posto quei vestiti gli occhi mi caddero sulla sua fede. Mi venne in mente quasi subito che probabilmente Sana non aveva mai visto l'incisione.
Il giorno del matrimonio eravamo così nervosi e così presi da altro che non avevamo veramente assaporato quel momento. Probabilmente mi assentai con la testa per un attimo perché Sana venne a scuotermi. “Stai bene? A che stai pensando?”
“Sto pensando che voglio sposarti.” dissi tutto d'un fiato.
“Akito, ma noi siamo già sposati. Hai la febbre, tesoro?”
“Certo che me lo ricordo. Intendevo che vorrei un matrimonio vero e proprio, tu in abito bianco, io che ti aspetto all'altare preoccupato per il tuo ritardo...”
L'attirai verso di me costringendola a lasciare un pacchetto cadere per terra, e la guardai dritta negli occhi. “Cose così...”
“Cose così, eh? Bè, se vuoi sposarmi dovrai fare tutto come si deve, proposta e tutto il resto...”
Non me lo feci ripetere due volte, mi misi immediatamente in ginocchio e le presi le mani.
“Non intendevo adesso!” urlò Sana visibilmente eccitata.
“Sssh… fammi fare le cose come si deve.”
Feci un respiro profondo e continuai. “Sana Kurata, come dice l'incisione nelle nostre fedi tu sei stata la mia prima, sarai la mia ultima, per sempre il mio tutto. Vuoi sposarmi… di nuovo?”
Sana annuì tra le lacrime e poi si gettò tra le mie braccia. “Lo prendo come un si.” sussurrai accarezzandole i capelli.
Forse era la proposta di matrimonio meno convenzionale dell'intera storia ma era stata ugualmente speciale perché noi non avevamo bisogno di effetti speciali per amarci.
Bastavano le nostre anime in precisa sintonia a creare i fuochi d'artificio.



Pov Sana.

Indossare l'abito da sposa fu la prima cosa che quel giorno mi fece piangere.
Mentre guardavo allo specchio la mia figura abbracciata da strati e strati di tulle, con mia madre e le mie amiche alle mie spalle, pensavo che non sarei stata in grado di affrontare la giornata. Mi sentivo in paradiso, la principessa che stava per sposare il suo principe azzurro. Un sogno diventato realtà.
Guardai la mia mano senza e fede e mi sembrò vuota. Akito avrebbe voluto comprare un nuovo anello ma io lo avevo convinto a non farlo, perché era quello l'anello che ci legava. Quando Akito mi aveva fatto la proposta avevo scoperto dell'incisione all'interno che non avevo mai notato non avendo mai tolto l'anello.


My first, my last, forever my everything.

La cosa che più mi emozionava era che lo aveva fatto scrivere prima ancora che il nostro rapporto subisse la grande svolta.
Akito mi amava da tutta la vita e io ero stata così cieca. Non avevo voluto vedere qualcosa di così cristallino.
“Sei bellissima, Sana.”
Le parole di Aya mi ridestarono dai miei pensieri. Le sorrisi con le lacrime agli occhi. “Dammi un pizzicotto, magari è tutto un sogno.”
Lo fece e, fortunatamente, non mi svegliai.
“E' tutto reale, figliola. Avrai il privilegio di sposare un Adone come Akito per ben due volte, non ti sembra di esagerare un po'? Gente come Fuka non ci è riuscita nemmeno una volta!”
Guardai mia madre malissimo mentre la stessa Fuka rideva a crepapelle. “Sana non te la prendere! Tua madre ha solo detto la verità, sono una frana con gli uomini.”
Le mie damigelle scoppiarono a ridere. Eravamo un gruppo di pazze scatenate, forse l'unica che si salvava da quella definizione era Natsumi che però stava cominciando ad essere contagiata.
Mi voltai verso di loro e, quando le risate cessarono, le ringraziai una per una. Aya per la sua pazienza e il suo supporto, Fuka per il suo spirito e i suoi consigli, Natsumi per i suoi silenzi che a volte mi avevano aiutato più di mille parole.
Quando arrivò il turno di mia madre mi avvicinai a lei e le presi le mani. “Grazie mamma. Anche se non mi hai partorito mi hai ugualmente dato la vita. Non lo dimenticherò mai.”
L'abbracciai immediatamente e rimanemmo abbracciate finchè non arrivò il momento di attraversare la tanto temuta navata.


*

Rei mi stringeva forte il braccio mentre ci dirigevamo verso l'ingresso della sala. Nessuno avrebbe potuto accompagnarmi all'altare se non l'uomo che mi aveva fatto da padre, che mi aveva insegnato più di chiunque altro.
Guardandolo di sottecchi mi accorsi che piangeva, perciò gli sfiorai la guancia asciugandogli le lacrime.
“Ti voglio bene, Rei. Nel mio cuore sarai sempre tu mio padre, voglio che tu lo sappia.”
Le mie parole lo fecero piangere ancora di più.
“E tu sei mia figlia, Sana. Lo sarai sempre.”
Gli sorrisi e, quasi automaticamente, alzai lo sguardo verso Akito.
Una volta lessi da qualche parte che le donne che percorrono la navata sono meravigliose ma la vera magia è nello sguardo dello sposo che le attende all'altare.
Guardando Akito capii quanto quelle parole fossero vere, mi guardava come se stesse avendo un'apparizione divina, come se fossi un angelo. Seguiva i miei passi in modo completo, come se stesse cercando di memorizzare ogni cosa della mia immagine in quell'istante.
Una lacrima mi scivolò sulla guancia e, quando arrivai davanti a lui, sorrisi quasi senza accorgermene.
Rei mi alzò il velo e mi diede il consueto bacio sulla fronte e poi poggiò la mia mano su quella di Akito.
I due si scambiarono uno sguardo d'intesa e poi Rei tornò a sedersi dietro di me.
La cerimonia proseguì tranquilla, nessun intoppo, nessun problema era venuto fuori, nonostante temessi che qualcosa sarebbe andato storto.
“E adesso il momento più importante. Davanti a voi troverete un foglio, prendetelo e recitate le promesse.”
L'officiante ci lasciò il microfono e io lo presi per prima, dovevo dire qualcosa.
“Prima delle promesse, avrei qualcosa da dire.”
Akito mi fissò con sguardo interrogativo, perché sicuramente lui non aveva preparato niente e temeva lo costringessi ad improvvisare una dichiarazione d'amore. Avvicinai il microfono alla bocca e continuai. “Noi non siamo esattamente la tipica coppia innamorata...”
La folla alle mie spalle scoppiò in una fragorosa risata. Era così ovvio?
“Vedo che i nostri amici sono tutti d'accordo...” commentai sorridendo, per poi continuare. “Ma c'è una cosa che voglio dire. Non so come sia stato possibile che tutte le problematiche che ci caratterizzano si siano unite per creare un sentimento come questo. Non so come ne quando sei passato da essere il bambino che a scuola mi faceva i dispetti all'uomo che voglio accanto per tutta la mia vita. Non lo so… so però che ne abbiamo superate di cose, soprattutto nell'ultimo anno, e mi dispiace di averti reso la vita un gigantesco inferno, ma sono certa che niente potrà cambiare il nostro sentimento. Potremo stare lontani anni, ma saremo sempre legati. Sempre un'unica cosa.”
Lo guardai negli occhi per tutto il tempo, vedendo l'emozione dietro il suo sguardo lucido, notando che le mani gli tremavano, che era forse la prima volta nella sua vita in cui non aveva il controllo di niente. E Akito odiava perdere il controllo.
“Adesso possiamo andare con le promesse.”
Recitammo le nostre promesse, poi i nostri amici passarono di mano in mano il ramoscello di camelia per sancire, finalmente, quel sentimento che per anni avevamo tenuto nascosto e che poi si era rivelato improvvisamente e ci aveva colpiti come un fulmine a ciel sereno.
Guardai Akito nel momento in cui mise di nuovo l'anello al mio dito. Il suo sguardo era pieno. Pieno di amore, pieno di fiducia, di attesa, di soddisfazione.
Era finalmente lo sguardo che avevo sempre voluto vedere sul suo volto. Era tutto perfetto e, per buona parte, lo era grazie a lui.



Pov Akito.

 Non avevo idea di cosa si facesse a un matrimonio o, per lo meno, non sapevo cosa fare al mio matrimonio. Avevo assistito a decine di cerimonie e di ricevimenti in cui gli sposi sembravano delle trottole, giravano di tavolo in tavolo chiedendo in continuazione agli invitati se tutto era di loro gradimento. Cosa avrebbero potuto rispondere?
Io e Sana avevamo organizzato tutto in fretta e furia, eppure l'evento stava riuscendo abbastanza bene, grazie anche al prezioso aiuto che Aya e Fuka stavano dando a Sana.
Mentre ero seduto al nostro tavolo d'onore, la cercai con lo sguardo tra la folla. Aveva indossato un vestito meraviglioso che, quando l'avevo vista percorrere la navata, stava quasi per causarmi un infarto.
Quando eravamo ragazzini e, per sbaglio, si toccava l'argomento matrimonio, Sana diceva sempre che desiderava un abito principesco, di tulle, con una gonna che avrebbe dovuto essere il doppio di lei. Sorrisi guardandola, aveva assolutamente esaudito quel desiderio. Il vestito era molto ampio nella gonna, ma il corpetto le fasciava perfettamente la vita e il seno, rendendola terribilmente sexy e facendomi desiderare di mandare tutti al diavolo e partire in quell'istante per la luna di miele.
Sana sorrideva a tutti, i capelli le ricadevano morbidi sulla spalla sinistra e riflettevano le luci dell'enorme lampadario che troneggiava nella sala. Il movimento del vestito la faceva sembrare leggera, quasi eterea mentre volteggiava facendo conversazione con gli invitati.
Afferrai il mio bicchiere di spumante e feci per alzarmi, quando accanto a me venne a sedersi Fuka. Le rivolsi un mezzo sorriso e lei fece lo stesso.
“Bè… sei anni fa avrei dato un braccio per essere seduta a questo tavolo con te.” disse sorridendo.
“Sei anni fa avresti perso un braccio inutilmente, Fuka. Non sono mai stato degno di te.”
Pensavo davvero quello che le stavo dicendo. Non che Sana valesse meno di lei, quello era fuori questione, ma Fuka aveva sopportato tante delle mie stranezze, e soprattutto aveva accettato di essere l'eterna seconda nel mio cuore perché bastava che Sana mi rivolgesse uno sguardo che io dimenticavo totalmente sia Fuka che il nostro rapporto.
Lei annuì. “Hai ragione. Sei degno di lei, però.” disse indicando con lo sguardo quella che ormai era mia moglie da circa quattro ore.
“No. Non sono degno nemmeno di Sana. Ma non m'importa, sono un egoista.”
“Rendila felice. Non mi sono messa da parte tanti anni fa per vederti rovinare tutto.”
Avvicinai il mio bicchiere al suo e li feci tintinnare brindando a quel perentorio ordine che mi aveva appena dato.
“La amo troppo per farla soffrire.”
Fuka si alzò e si diresse verso Sana. Sapevo che dentro di lei, probabilmente, avrebbe sempre provato qualcosa per me. Anche io, in un certo senso, non riuscivo a dimenticarla. Fuka era stata, per un po', l'unica a lenire la mancanza di Sana, l'unica che aveva cercato di risollevarmi dal mio abisso dopo che Sana era scappata a girare quel maledetto film, l'unica che non mi aveva mai giudicato per i miei sentimenti. Per quello non avrei mai potuto dimenticarla. Perché se non avessi amato profodamente e incondizionatamente Sana, quasi sicuramente mi sarei innamorato di Fuka e saremmo stati anche una coppia abbastanza affiatata.
La ammiravo profondamente, perché nonostante i suoi sentimenti contrastanti non si era mai lasciata sopraffare e aveva continuato non solo a coltivare l'amicizia con Sana, ma soprattutto non mi aveva mai portato rancore.
“Pensatore!”. La voce di Sana mi ridestò dai miei pensieri ingarbugliati quasi quanto il nodo del mio papillon a cui, ovviamente, aveva pensato Tsuyoshi.
“Ei...” mi limitai a dire, buttando giù un altro sorso di spumante.
“A che pensi?”
“Al fatto che Fuka mi ha appena minacciato di morte se faccio qualcosa di sbagliato.” risposi sorridendo.
“Ricordami di ringraziarla.”
Improvvisamente in sottofondo partì la canzone che avevamo ascoltato una sera in cui ci eravamo improvvisati ballerini nel salotto di casa nostra mentre eravamo totalmente ubriachi.
Era una canzone che, da sobrio, non avrei mai ascoltato ma che a Sana era piaciuta tanto.
High, di James Blunt.
Le presi la mano e la portai verso la pista. “Balla con me, moglie.”
Misi più enfasi sull'ultima parola, guardando il sorriso che si formava sul suo viso mentre la pronunciavo.
Thought I was born to endless night, until you shine.” sussurrai una frase della canzone al suo orecchio, pensando ogni singola parola.
Era vero. Pensavo che avrei vissuto davvero una vita tra le tenebre, finché Sana non era arrivata a brillare per me.
La strinsi a me più che potevo, poi ballammo per qualche minuto.
Mi sembrarono i minuti più belli che avevo passato da quando tutta la giornata era iniziata. Ed era solo grazie a lei.


Pov Sana.

“Akito e Sana, vi prego, create drammi dalle scuole elementari. Non avete fatto altro per tutta la vita. Adesso che vi siete sposati spero per voi che sappiate tenere questa tendenza ben nascosta perché sennò devo dirvelo… Che palle!”
Scoppiammo tutti a ridere dopo le parole di Gomi che, messe nero su bianco, andarono insieme alle altre sull'albero della vita che era stato montato all'esterno della sala dove avevamo deciso di tenere il ricevimento. Tutti i nostri amici avevano scritto dei biglietti d'auguri da appendere all'albero. Era il turno di Aya.
“Non voglio dilungarmi troppo, voglio solo dire che non ho mai visto due persone amarsi così intensamente come voi, a volte fino a distruggervi, ma sempre d'amore si tratta. Voi vi siete trovati, e auguro a chi ancora non ha trovato la sua anima gemella come noi, di trovarsi allo stesso modo (magari con meno drammi). Vi voglio bene ragazzi.”
La parola dramma era praticamente comune a tutti i biglietti. I successivi messaggi furono molto carini, sia quello di Tsuyoshi che quello di mia madre si concentrarono a pregarci di conservare la prossima crisi per i sette anni di matrimonio, dove l'avrebbero accettata perché era una regola.
Quando Natsumi salì sul palco mi tremarono le ginocchia. Mi aveva detto di non aver avuto il tempo di scrivere nulla, perciò non ero preparata. Aveva in braccio Kaori che si dimenava, sorridendo a me e ad Akito, e nella mano sinistra teneva un bigliettino. Mi rivolse un sorriso pieno e poi cominciò a leggere.
Innamorarsi è raro, ma non difficile.
La vera impresa è conservare quel sogno d’amore anche dopo la sua trasformazione in realtà. Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola.”
Prese il bigliettino e lo mise accanto agli altri che avevano appeso i nostri amici. Poi si avvicinò di nuovo al microfono.
“Ho letto questa frase il giorno che sono stata dimessa dall'ospedale, su un giornale che mio fratello mi aveva portato. Quel giorno mi era sembrata stupida, inadatta a me vista la mia situazione che penso conosciate tutti. Oggi però, guardando voi due e ripensando a quella frase, credo che quel giorno mi sia arrivato un segnale.
Voi avete avuto la grande fortuna di trovarvi da bambini, ma anche la grande sfortuna di non essere capaci di capire subito il vostro enorme sentimento. Il vostro incontro è stato una magia, è vero, ma è stato il vostro non perdervi col passare degli anni che oggi vi rende unici e che vi ha permesso di essere seduti qui, con quelle fedi al dito, come marito e moglie.
L'ultima cosa che voglio dirvi è grazie. Non solo perché avete lottato per mia figlia anche quando io non ve lo avevo chiesto, ma soprattutto perché avete lottato per me, e mi avete aiutato a non perdermi quando forse incosciamente era l'unica cosa che volevo.
Non saprei come dire a parole quanto io vi sia immensamente grata per tutto questo. A mio fratello, che ha trovato finalmente la sua luce e alla mia più cara amica, Sana, che lo ha sopportato e supportato sempre. Agli sposi.”
Alzò il calice e poi corse verso di noi. Con le lacrime agli occhi la abbracciai e poi presi in braccio Kaori, di cui sentivo la mancanza in modo spropositato, e lasciai che Natsumi abbracciasse Akito. Anni fa nessuno avrebbe detto che sarebbero diventati così indispensabili l'uno per l'altro, ma io lo avevo sempre immaginato. Forse per questo avevo lottato così strenuamente per riunire la loro famiglia, perché in loro c'era qualcosa, una profonda sofferenza, che li avvicinava e allo stesso tempo li allontanava terribilmente. Natsumi mi abbracciò di nuovo e mi ringraziò in un sussurro.
“Sono felice che tu non abbia mollato. Non saremmo mai arrivati qui se tu non ci fossi stata.” le dissi stringendola.
Natsumi non rispose, si limitò ad abbracciarmi più forte, poi tornò a sedersi al suo posto.
I miei amici volevano proprio farmi piangere!
Non avevo ancora finito di formulare quel pensiero che
arrivò il turno di Rei.
Lì si che avrei pianto a dirotto.
Salì sul palchetto e prese il biglietto in mano, rileggendolo velocemente. Poi fissò il suo sguardo sul mio.
“Fino a qualche mese fa pensavo che Akito fosse la cosa peggiore che ti potesse succedere.” Tutti scoppiarono a ridere, ma io sapevo che lo pensava sul serio. “Ma quando ho visto che non ha fatto altro che starti accanto, in ogni circostanza, anche adesso che le cose sono più complicate di prima. Adesso so. So che lui forse è la cosa migliore che ti sia mai capitata. Akito ti sfida, ti sorprende, ti aiuta a metterti in discussione. E, anche se tu sei sempre stata una bambina capace di autogiudizio, quello che ti accade con lui è diverso. Diventi un'altra persona, una persona che mi piace di più. Per questo, Akito, ti ringrazio. E lascio nelle tue mani la persona più importante della mia vita, la persona che mi ha salvato la vita. E ti avverto: se vedrò che non rendi felice la mia bambina, verrò a cercarti ovunque e ti farò pentire di essere nato. Auguri agli sposi!”
Rei alzò il calice in alto e io non aspettai nemmeno che scendesse dal palco, corsi verso di lui e lo abbracciai.
“Grazie Rei. Grazie perché mi proteggi… anche quando non ne ho bisogno.”
Rei mi posò un leggero bacio sulla fronte, lasciando tutti a bocca aperta. “So che non hai più bisogno, ma lasciamelo credere ancora per un po'.”

Ballai con lui, rimanemmo abbracciati per almeno cinque minuti. Amavo Rei come un padre, e lo avrei sempre ringraziato per aver colmato quel vuoto.
Mentre ballavo con lui mi guardai intorno.
Vidi il viso di Aya, Tsuyoshi, Gomi, Hisae, Fuka, Asako, Natsumi, la piccola Kaori che agitava le mani per salutarmi, mia madre, il signor Hayama e poi lì, con lo sguardo sognante, il mio Akito.
La mia vita era così piena che quasi mi faceva paura.
Ma era la paura più bella che avessi mai provato.




So di essere in ritardissimo, e mi scuso di questo, ma questo capitolo è stato molto molto difficile da scrivere. Non perchè succeda chissà cosa, alla fine è un momento abbastanza stabile, e proprio per questo mi ha creato non pochi problemi.
Comunque, spero che vi piaccia ugualmente e che lascerete tante tante recensioni. (Lo esigo come regalo di Natale u.u)
Grazie comunque a tutte voi perchè mi sostenete sempre. Spero che ci sarete anche in futuro, ho in serbo per voi qualcosa di nuovo :)
Intanto leggetemi e recensitemi, ditemi pure che mi odiate ma basta che mi dite cosa ne pensate.
Vi bacio tutte. Una per una.
Roberta.
   
 
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