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Autore: heliodor    12/12/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Un secolo prima

"Arran, non è bellissimo qui?" disse Sibyl.
Arran la vide correre fino alla scogliera e per un attimo il suo cuore perse un battito, temendo che volesse tuffarsi di sotto.
C'era una leggenda che girava su quel posto. Lui l'aveva appresa quando era ancora un ragazzo e prestava servizio nella bottega dello zio.
Due ragazzi che si erano conosciuti e si erano amati alla follia si incontravano proprio lì per scambiarsi i loro voti d'amore. Le loro famiglie si erano opposte alla loro unione ed essi si erano gettati da quella scogliera, scegliendo il suicidio piuttosto che dividersi.
Per fortuna Sibyl rallentò poco prima di raggiungere il precipizio e si sporse appena, i capelli neri e ondulati smossi dalla leggera brezza che spirava dal mare. "Ma è altissimo" disse col tono di una bambina.
Arran rise e affrettò il passo per raggiungerla. "Non sporgerti troppo. Non sai volare."
"Potrei scrivere una canzone" disse lei con tono malizioso.
Arran la raggiunse e l'abbracciò, stringendola a sé.
Lei emise un gridolino di gioia. "Aiuto" disse tra una risata e l'altra. "Un mago cattivo mi rapisce."
"Verrai con me nel mio castello" disse lui con tono scherzoso.
"Non c'è un cavaliere che corra in mio soccorso?" disse Sibyl simulando uno svenimento tra le braccia di Arran.
"Ce n'è uno proprio qui, principessa" disse una voce alle loro spalle.
Un ragazzo dall'aspetto gioviale e la pelle abbronzata stava risalendo il promontorio verso di loro. Indossava una cotta di maglia e un lungo mantello grigio. In vita portava legato un fodero dov'era infilata una spada.
"Bel" esclamò Arran vedendolo arrivare.
"Mio valoroso cavaliere" disse Sibyl continuando la recita. "Salvatemi da questo crudele mago."
Bel finse di sguainare la spada e di infilzare Arran. "Prendi, abominio. Dritto nel cuore."
Arran si portò le mani al petto e si piegò in due. "Mi avete colpito. Muoio."
Tutti e tre scoppiarono a ridere.
Quando si furono calmati, Arran disse: "Vieni, ti faccio vedere la casa."
Raggiunsero un villino di due piani che sorgeva a un centinaio di passi dalla scogliera. Sul primo piano di pietra ne era stato costruito un altro in solido legno.
"Vedo che vi siete sistemati proprio bene" disse Bel guardandosi attorno. L'ingresso era spoglio, fatta eccezione per alcune piante sistemate negli angoli e un quadro appeso alla parete.
Arran lo invitò nella stanza successiva, che disponeva di un tavolo di legno e quattro sedie. "È ancora un po' vuota" disse invitando Bel a sedersi. "Ma contiamo di riempirla presto."
"Oh, sì" disse Sibyl gioviale. "Con libri, statue, altri quadri..." si fermò.
Arran le aveva scoccato un'occhiataccia.
"Tu parlavi di bambini, vero?" disse con l'aria di una ragazzina colta in flagrante mentre commetteva una marachella.
Arran sorrise e scosse la testa. "Tua sorella non prende mai niente sul serio."
Bel si strinse nelle spalle. "È sempre stata così. Allora, che cosa vi ha spinti così lontani dall'accademia? Nella lettera sembrava una cosa piuttosto importante."
"E lo è" disse Arran serio.
"Non capisco il motivo di tanta segretezza."
"Nessuna segretezza" disse Sibyl impacciata. "Ci serviva solo un posto tranquillo per condurre i nostri studi."
"Sai, la ricerca richiede pace e silenzio" aggiunse Arran con un sorriso imbarazzato.
Bel annuì con fare sornione. "Certo, certo. Secondo me sono solo scuse."
"Scuse?" fece Arran preoccupato.
Bel annuì. "Una montagna di scuse per rifugiarvi qui nel vostro nido d'amore. Sempre meglio di quella polverosa e umida accademia, no?" Sottolineò la frase con una risata.
Arran e Sbyl ridacchiarono imbarazzati.
"E ora ditemi come farete a vivere."
"Arran può fare il guaritore" disse Sibyl. "È molto bravo. E io darò lezioni private al figlio di Lord Galboff."
Bel si accigliò. "È un iquisitore. Dicono che sia una persona dura e severa."
Sibyl annuì. "Spero non sia anche taccagno."
Risero ancora a quella battuta, poi Bel si alzò. "Ora devo proprio andare."
"Così presto?" fece Sibyl dispiaciuta.
Lui annuì mesto. "Sono il comandante delle guardie. Ho delle responsabilità. Volevo solo assicurarmi che qui fosse tutto a posto."
"Torrna presto" disse Arran.
"Lo farò" rispose Bel. "Ma vi lacerò anche il vostro spazio, non preoccuparti."
Arran arrossì.
Bel rise di nuovo e andò via.
Appena fu lontano, Sibyl sospirò.
Arran la guardò dispiaciuto. "Nemmeno a me fa piacere mentirgli, ma cos'altro potevamo fare?"
"Dirgli la verità?"
"Lui non capirebbe, Sibyl. Nessuno può."
"Ma Bel è mio fratello. Non ci farebbe mai del male. Non ci denuncerebbe."
"Non puoi saperlo. È il comandante delle guardie di Galboff." Scosse la testa. "A proposito, era proprio il caso di cercare lavoro da lui?"
"A chi altri potrei insegnare?"
"Nella valle ci sono tanti lord..."
"Se riesco a guadagnarmi la sua fiducia, nessuno sospetterà di noi."
"Ma se non ci riesci..." Arran non voleva pensare alle conseguenze.
Sibyl lo abbracciò e baciò, facendogli dimenticare per un istante tutte le preoccupazioni.
"Dobbiamo stare attenti" disse Arran.
"Lo saremo" fece Sibyl.
 
C'erano giorni in cui Arran rimpiangeva i bei giorni all'accademia, quando era un giovane e spensierato studente che si affacciava per la prima volta al mondo.
Lì aveva conosciuto Sibyl, l'unica donna da tre secoli che fosse riuscita a sedersi tra i banchi di Luska.
Lì aveva iniziato le sue ricerche sulle vecchie pergamene che avevano trovato negli archivi dell'accademia, gettate lì da chissà quanto tempo, in attesa che qualcuno le ritrovasse.
Lì pensava di terminare la sua vita, come docente, quando il rettore Gevorg gli aveva offerto la cattedra di lettere antiche.
Ma lui aveva rifiutato quella proposta. A quel tempo lui e Sibyl stavano già traducendo il diario di Malvina e pianificavano il loro futuro.
Così avevano lasciato Luska e si erano trasferiti lì, vicino alle terre dove Arran era nato e vissuto nei primi anni di vita.
La casa sulla scogliera era stata un'idea sua.
"Ci serve un posto isolato" aveva detto a Sibyl. "Ma deve essere un bel posto" aveva aggiunto.
Quella casa era subito piaciuta a lei. "La sento già mia" aveva detto entrandovi la prima volta, quando era ancora spoglia e grigia.
Con la rendita su cui potevano contare entrambi, erano riusciti a pagarsi le spese per la nuova abitazione e l'arredamento. Se si accontentavano del poco necessario per sopravvivere, potevano trascorrere lì la loro intera esistenza senza doversi preoccupare di guadagnare il denaro necessario.
Sibyl però aveva un piano diverso. "È solo temporaneo" disse una volta a cena. "Una volta completato il compendio ce ne andremo in giro per il mondo a diffonderlo."
Il compendio era la sua priorità. Lei era brava a cantare, ma Arran era colui al quale toccava tradurre le sue canzoni in versi che potevano essere scritti su di un foglio.
Era un'operazione complessa perché avevano scelto l'antico valondiano come idioma.
"È la scelta più saggia" aveva detto Arran. "È una lingua che si parla ovunque nel grande continente e anche nel vecchio."
Non esistendo un linguaggio comune, quella era la scelta più logica.
Malvina la nera non aveva lasciato un compendio e, se l'aveva fatto, non era sopravvissuto alla sua morte. Non avevano idea del testo dal quale aveva studiato, ma non aveva importanza. Loro avrebbero riempito i buchi.
Avevano trovato altri frammenti, parti di canzoni che Sibyl si dilettava a completare o modificare a suo piacimento.
Il suo era un talento naturale che aveva affinato negli anni dell'accademia. La sua padronanza della metrica era perfetta, di gran lunga migliore di quella di Arran, che a suo paragone era poco più che accettabile.
Le sue creazioni, di conseguenza, erano perfette. Come i ballerini ombra che ogni tanto faceva danzare o gli animali fatti di luce che riusciva ad animare riempiendone la casa.
Ogni tanto Arran la sfidava per affinare le sue capacità, ma da quei duelli magici usciva sempre sconfitto.
Era di gran lunga più abile con gli incantesimi che Sibyl non aveva creato. I suoi dardi magici e lo scudo funzionavano alla perfezione e di recente aveva aggiunto l'invisibilità alle sue capacità.
Sibyl invece lavorava alla levitazione. "Ho sempre sognato di volare" aveva detto.
Lei era fatta così. Non seguiva un piano logico in quello che studiava ma solo i suoi istinti e i desideri.
Arran stava lavorando al compendio il giorno in cui Sibyl rientrò sconvolta e tremante.
Capì subito che le era capitato qualcosa di sconvolgente.
Sibyl tremava e riusciva a respirare a fatica. Era bagnata fradicia e sporca di fango.
Era stato un periodo di forti piogge e ogni tanto si scatenava in temporale, ma quel giorno non ce n'erano stati, quindi per Arran fu una sorpresa.
"Cos'è successo?" domandò a Sibyl.
La donna sedette sulla sedia, le mani che le tremavano.
"Sibyl, vuoi spiegarmi? Mi stai facendo preoccupare."
Lei fissava un punto davanti a sé. "Oggi sono uscita per comprare del pane e della carne" disse con voce tremante. "Ti avevo detto che volevo fare il pasticcio, no? Sono andata al villaggio e ho comprato quello che mi serviva. Mentre tornavo indietro volevo passare per il ponte per abbreviare la strada. Hai presente il ponte sul fiume, no?"
Arran annuì. Da giovane ci andava insieme agli amici per tuffarsi.
"Il ponte non c'era più" disse Sibyl. "Era crollato un attimo prima che arrivassi. Ho sentito lo schianto del legno che precipitava nell'acqua. Le piogge hanno ingrossato il fiume e la corrente ha trascinato via ciò che restava del ponte."
"Per gli dei. Speriamo che nessuno si sia fatto male."
Sibyl annuì. "Per fortuna il ponte era sgombro, fatta eccezione per un ragazzino. Te lo ricordi Malthian?"
"Il figlio di Rimra?"
Sibyl annuì.
"Non dirmi che..."
"Era sul ponte quando è crollato. L'ho visto venire trascinato via dall'acqua."
"Mi dispiace, cara. È per questo che sei sconvolta?"
Sibyl scosse la testa. "Arran, devi perdonarmi..."
"Per cosa?"
"Per quello che ho fatto dopo aver assistito a quella scena."
Arran non capiva.
Sibyl singhiozzò, poi disse: "Quando ho visto Malthian venire trascinato via mi sono lanciata verso il fiume."
"Tu hai...?"
"Ho usato la levitazione" disse la donna. "Ho volato più veloce che potessi cercando di non perdere di vista il ragazzo. Lui annaspava nell'acqua lottando con la corrente, ma era una lotta impari. Entro pochi minuti sarebbe annegato se non avessi fatto qualcosa."
Arran attese che proseguisse.
"Così l'ho seguito e alla prima occasione mi sono gettata verso di lui e l'ho afferrato. Ho lottato contro la corrente e quasi sono stata risucchiata anche io, ma alla fine ce l'ho fatta. Sono riuscita a riportarlo a riva sano e salvo."
Arran respirò a fondo. "Ti ha riconosciuta?"
Sibyl annuì. "Mi vede tutti i giorni."
"Malthian è solo un ragazzino. Nessuno crederebbe a un suo racconto. Sarebbe facile farlo passare per pura fantasia..."
"Arran, non mi ha vista solo lui."
Arran rimase in silenzio, gli occhi fissi in quelli della moglie. Adesso aveva paura. No, terrore era la parola giusta.
"Rimra era lì vicino. Stava seguendo il figlio disperata, forse già sicura che sarebbe morto. Mi ha vista mentre levitavo sopra il fiume e lo afferravo, riportandolo a riva."
"Come puoi esserne sicura?"
"Ho visto i suoi occhi, Arran. Era terrorizzata da me." Sibyl si abbandonò al pianto.
Arran l'abbracciò per consolarla.
"Ho rovinato tutto" disse la donna.
"Non hai rovinato niente. Hai compiuto un'azione coraggiosa. Se Rimra racconterà in giro quello che è accaduto, la gente capirà."
"Ma non è la gente del villaggio che mi fa paura" disse Sibyl.
Arran lo sapeva. Anche lui era spaventato.
"Andiamo da Bel" propose Sibyl. "Lui ci aiuterà."
Presero i cavalli e, seguendo piste poco battute, raggiunsero il fortino dove Bel alloggiava con la guardia. Non fu difficile farsi indicare dove si trovava, tutti conoscevano Sibyl.
"E voi due che cosa ci fate qui?" domandò Bel vedendoli arrivare.
"C'è un posto tranquillo dove possiamo parlare?" chiese Arran.
Bel si scurì in volto. "Che succede?"
"Bel, ti prego" fece Sibyl con tono implorante. "È urgente."
"Da questa parte" fece lui indicando una delle camerate in legno. "Qui non verrà nessuno a disturbarci."
Sedettero su delle panche di legno, Arran e Sibyl l'uno accanto all'altra e Bel di fronte a loro, solo il tavolo in mezzo.
"Ora volete spiegarmi?" chiese Bel impaziente.
"Quando lo vedrai lo capirai da solo. Sibyl, che ne diresti di cantare per Bel?"
Sibyl assunse un'aria seria. "Bel, vorrei solo farti capire che quello che stai vedere è il frutto di molti anni di lavoro. Il nostro lavoro" aggiunse ponendo la sua mano su quella di Arran.
Lui la strinse intrecciando le sue dita con quelle di Sibyl.
Bel si accigliò.
"Go'i Fa'u" disse Sibyl.
Una luce intensa si accese proprio sopra la sua testa.
Bel sussultò e quasi cadde dalla sedia. "Che cosa...?"
"È tutto a posto, Bel" disse Arran.
Sibyl pronunciò una serie di parole e il globo scomparve.
"È stregoneria?" chiese Bel.
"Magia" disse Arran.
Bel scosse la testa. "Magia impura vorrai dire."
"Chiamala come vuoi, ma il risultato sarà sempre lo stesso" disse Arran.
Bel sedette di nuovo. "Mi spiegate che sta succedendo?"
"Inizia tu" disse Sibyl rivolto ad Arran.
Lui annuì, trasse un profondo respiro e disse: "È iniziato tutto tre anni fa, quando ci imbattemmo in un frammento di un antico poema epico. Almeno, all'inizio pensammo che era un poema. In seguito ci rendemmo conto che era qualcos'altro."
"Era tutto ciò che restava del compendio magico di Wanjala Zahur, l'arcimago delle leggende" continuò Sibyl.
"Un mago supremo?" domandò Bel.
Arran annuì. "Uno dei più forti. Fu uno degli ultimi a cadere vittima degli stregoni nella grande guerra. È per questo che qualcosa di suo è giunto fino a noi."
"Trovammo altri frammenti nel diario di Malvina Rovantine" disse Sibyl.
"Malvina la Nera?" disse Bel incredulo.
Sibyl annuì. "Conosci la leggenda, no?"
"Malvina era una maga" disse Bel. "Quando fu scoperta uccise tutta la sua famiglia."
"Le cose non andarono esattamente così" disse Arran.
"La stai giustificando?" esclamò Bel.
"Ho letto il suo diario. Furono loro a cercare di assassinarla. Malvina non voleva usare la magia per fare del male, ma quando venne scoperta i suoi famigliari decisero di eliminarla per non gettare il disonore sui Rovantine. In seguito il circolo di Malinor la ricoprì di fango per nascondere la verità sulla sua morte."
Bel scosse la testa. "È tutto così assurdo. Come avete potuto? C'è la pena di morte per chi usa la magia impura. Li ho visti uccidere per molto meno."
"Lo sappiamo, ma se abbiamo scelto questa strada è stato per un buon motivo" disse Arran.
"Fin dall'inizio" proseguì Sibyl. "Abbiamo deciso di usare solo gli incantesimi che non procurassero danni e sofferenze alle persone o alle cose."
"Vogliamo aiutare, non fare del male."
"Perché? Ci sono già i circoli per questo."
"I circoli si limitano a proteggere la gente dagli altri stregoni" disse Arran. "Ma se la magia fosse alla portata di tutti... Se anche le persone senza poteri potessero fare la loro parte..."
"Quindi conoscete anche incantesimi che possono uccidere?"
Arran annuì. "Conosciamo anche quelli."
"Agli stregoni del circolo non importerà niente. Quando verranno a sapere che cosa avete fatto..." si nascose il viso tra le mani. "Nostra madre morirà di crepacuore" disse rivolto a Sibyl.
Arran e la donna lo fissarono in silenzio.
Dopo alcuni minuti, Bel disse: "Perché me lo avete detto? Perché proprio ora?"
"Perché dovevamo dirlo a qualcuno. E avevamo bisogno di una persona di cui poterci fidare, se le cose fossero andate male" disse Sibyl.
"Sei la persona migliore che conosca" aggiunse Arran. "Sei un uomo di ferro, onorevole e coraggioso. So che non ci tradiresti mai."
"Non mi conosci abbastanza."
"Se vuoi denunciarci, fallo" disse Sibyl.
Bel scosse la testa. "Chi ti dice che non lo farò? Proprio perché sono un uomo di ferro ho giurato sul mio onore di proteggere questa terra da... da..."
"Da un abominio come noi?" disse Arran. "Siamo pronti al tuo giudizio, Bel. Ne abbiamo discusso a lungo Sibyl e io."
Bel si alzò di scatto. "Io devo andare adesso" disse senza attendere alcun permesso. "O potrei dire cose che..." si arrestò. "Ho bisogno di riflettere."
"Non abbiamo tutto questo tempo" disse Arran.
Bel si immobilizzò. "Che cosa è successo?"
Sibyl gli raccontò quello che era successo al fiume.
Bel si fece scuro in volto. "Dovete andarvene immediatamente."
"Bel..."
"Avete chiesto il mio aiuto e la mia protezione" disse lui. "Lasciate che faccia il mio lavoro. Dovete andare via. Subito. Il circolo non ci metterà più di due o tre giorni per inviare il suo inquisitore."
"Non sappiamo dove andare" disse Sibyl.
"Verrete con me a Siranush. È abbastanza lontano da qui."
"Ma come vivremo?" chiese Arran.
"Affrontiamo un problema per volta. Preparate le vostre cose. Io mi procurerò dei cavalli adatti e partiremo domani stesso."
Bel fu di parola e il giorno dopo si presentò con tre cavalcature.
Arran e Sibyl avevano passato una notte insonne, durante la quale avevano preparato dei bagagli per la partenza. Lui aveva infilato il compendio nella sacca e l'aveva agganciata alla sella.
Stavano per mettersi in marcia, quando Bel si era accorto che non erano soli. "Sono già qui" disse indicando una mezza dozzina di cavalieri diretti verso il promontorio. Stavano risalendo il fianco di una collina ed erano ancora lontani più di due miglia, ma stavano aumentando l'andatura. "Andiamo."
Si misero in marcia.
"Bel" disse Arran. "Qualunque cosa accada, resta con Sibyl."
"Hai la mia parola."

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