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Autore: Lamy_    16/12/2017    1 recensioni
Qualcuno ha scritto che «il buio affascina, più è fondo, più è oscuro, più esso ci attrae, è un misterioso richiamo d’amore.»
Aranel torna a Beacon Hills dopo anni di lontananza, ma al suo rientro le cose non saranno semplici. Il mondo soprannaturale chiama lei e il branco di Scott per una nuova avventura.
Aranel lascerà che la sua innocenza venga contaminata dall’immoralità di Theo?
[Post sesta stagione. Contiene minimi spoiler]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Theo Raeken, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EPILOGO.
“Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo.”
(Jacques Prèvert)
 
 
 
Novembre, New York.
Aranel era sicura che Theo non rispondesse al telefono perché stava ancora dormendo. Erano a New York da tre mesi ormai, ma lui sembrava voler occupare il tempo libero sonnecchiando. Dopo due settimane trascorse al mare con Scott e gli altri, Theo aveva finalmente deciso che avrebbe lasciato Beacon Hills per trasferirsi a New York. Quando era arrivato il giorno della partenza, Richard si era presentato zoppicando su un bastone perché aveva importanti notizie: era riuscito a far ottenere ad Aranel un lavoro presso il New York Post, dal momento che Greg aveva causato il licenziamento dal Times; aveva trovato un’occupazione anche a Theo come personal trainer; infine, aveva regalato loro due settimane a Parigi nel periodo natalizio. Dopo l’arresto di Tatiana e Cindy, il processo stabilì che Henry, Aaron e Hannah restituissero i soldi e la casa alla proprietaria, e a Greg fu ordinato di lasciare il suo attico ad Aranel come forma di risarcimento, pertanto lei poteva dirsi soddisfatta. Da un paio di giorni aveva cominciato a scrivere qualche pagina del suo romanzo e aveva scelto di raccontare la storia di un ragazzo solo che si faceva strada nel mondo a fatica, era la storia di Theo. Non si erano ancora messi insieme, uscivano, parlavano di se stessi, continuavano a conoscersi ogni giorno. Prima di partire, Aranel e Stiles avevano chiarito e, sebbene lui non accettasse la situazione, aveva depositato l’ascia di guerra in favore della sua migliore amica. Parcheggiata l’auto, provò a richiamare Theo ma non ricevette risposta. Recuperò le quattro teglie di dolci che gli aveva preparato, la pianta, chiuse la portiera e risalì la scalinata. Aprì la porta con la copia di chiavi affidatole da lui. L’appartamento era piccolo e accogliente, cucina e soggiorno erano stanza unica e l’unico bagno era quello in camera da letto.
“Theo Raeken, sveglia!”
L’udito sviluppato di Theo captò un brusìo e l’olfatto annusò un intenso profumo al cocco. Si trascinò in cucina e vide la figura di Aranel, fasciata alla perfezione da un tubino blu con le maniche a tre quarti, azionare la macchina del caffè.
“Buongiorno anche a te, stellina.” Disse con voce impastata mentre sbadigliava. Aranel era una persona estremamente energica, la vitalità le fluiva in corpo continuamente, e il suo entusiasmo per ogni cosa amplificava il tutto. La rottura con Greg aveva risvegliato la vecchia Aranel che adesso era intenzionata a riprendersi tutto ciò che aveva perso.
“Ti ho preparato tre torte e una guantiera di pasticcini. Inoltre, ti ho regalato un bonsai per ravvivare l’ambiente e mi sono anche permessa di buttare la maionese scaduta nel frigo.”
Theo scartò i vassoi: una torta di mele, una torta al cioccolato e nocciole, una torta al rum e al miele e una decina di pasticcini farciti di amarena e arancia. Aranel era una cuoca straordinaria e non esitò a prendere una forchettata di tutto.
“Allora, come sono?”
“Mmh, sono eccezionali. Cucini divinamente!” replicò Theo mangiando un altro pasticcino.
“Lo so! Dove vuoi mettere il bonsai? Io direi sulla mensola accanto al balcone!”
“Ai suoi ordini, signora.”
Aranel posizionò il bonsai e lo guardò per qualche secondo con espressione soddisfatta. Si sedette sull’isola della cucina, accanto a Theo che stava divorando la torta al cioccolato, e ne assaggiò un pezzo col cucchiaio. Ammise di saperci proprio fare ai fornelli.
“Stavo pensando di partecipare ad una gara locale di cucina, che ne dici?”
“Mi sembra un’ottima idea. Io posso fare da assaggiatore.” La proposta del ragazzo la fece ridacchiare.
“Andò a iscrivermi domani stesso. E’ domenica, cosa vorresti fare?”
“Vorrei tornare a dormire.”
Theo si beccò uno schiaffo sulla spalla e sorrise divertito, erano quelli i momenti che apprezzava stando con lei.
“In centro hanno allestito un adorabile mercatino di oggetti tribali, quindi ti consiglio di vestirti perché questa casa ha bisogno di qualcosa di vivace!”
“Va bene, padrona. Mercatino tribale sia!”
Aranel scalciò come una bambina euforica mentre un radioso sorriso le illuminava gli occhi.
Tre ore dopo pranzarono in uno dei ristoranti preferiti di Aranel. La ragazza aveva fatto spese folli tra tappeti, animali di legno, uno specchio a forma di luna, uno scialle ricamato a mano, e Theo si era limitato a comprare una lampada per la camera da letto e le aveva regalato un paio di orecchini a forma di farfalla fatti a mano.
“Grazie per gli orecchini, li adoro!”
“Figurati, meriti molto di più per l’aiuto che mi stai dando. A tale proposito, stasera vorrei invitarti a teatro per vedere l’Edipo Re, la tua tragedia greca preferita. Ho trovato i biglietti in offerta online e mi è sembrato carino proportelo.”
Non era mai stato il tipo da carinerie e romanticismo, soprattutto perché non aveva mai avuto una ragazza, e si sentì uno sciocco nel pronunciare quelle parole. Al contrario, Aranel esultò e un’adrenalinica gioia la pervase.
“Sì! Accetto!”
Theo non resistette e la baciò con il solito trasporto che li coglieva ogni qualvolta fossero vicini.
 
 
 
Dicembre, Parigi.
Trascorrere il Natale a Parigi era piuttosto scontato ma il viaggio era stato un’offerta gentile da parte di Richard che non potevano declinare. La prima settimana era stata impegnativa, avevano visitato il Louvre, l’Arco di Trionfo, la Cattedrale di Notre-Dame, il Giardino delle Tuileries, il Museo d’Orsay, Montmatre, e per la seconda avevano optato per il Trocadèro, Belleville, il Castello di Chambord e avevano avuto l’occasione di passeggiare tra i giardini della Reggia di Versailles. L’ultima sera era quella in cui si lasciarono incantare dalla Tour Eiffel. Dopo aver lasciato l’hotel e aver attraversato numerosi quartieri a piedi, si incamminarono a braccetto verso il pieno centro di Parigi nella parte occidentale del VII arrondissement (trad. dipartimento).
“Hai intenzione di piangere anche questa volta?” la canzonò Theo, le mani in tasca, lo sguardo sulla città che si apriva davanti a loro. Aranel gli strattonò il braccio cui si stava aggrappando e gli lanciò un’occhiata truce.
“Mi sono emozionata quando abbiamo visitato i musei perché sai che l’arte ha questo effetto su di me, non prendermi in giro!”
Theo non capiva perché la gente fosse così attratta dai dipinti, l’unica cosa di cui era certo è che durante quelle visite lui non aveva smesso un attimo di ammirare il suo pezzo d’arte: Aranel. Insieme si divertivano come bambini, ridevano fino alle lacrime, si battibeccavano per il semplice gusto della sfida, e soprattutto si confidavano a notte fonda, con il buio, con il freddo che ghiacciava il mondo fuori, con le anime in sintonia. Non avrebbe mai immaginato di poter vivere una vita come quella, normale e fantastica al tempo stesso.
“Non puoi emozionarti anche di fronte ad una torre di ferro.”
“Non capisci niente, Raeken. Niente!”
Alla fine, quando le luci della Tour brillarono come lucciole attorcigliate attorno al ferro, entrambi rimasero senza fiato. Era come se tutta Parigi, luci, suoni, odori, arte, musica, storia, cibo, moda, confluissero in quei trecento metri che svettavano verso il manto blu del cielo stellato. Gli occhi di Aranel si inumidirono all’istante e Theo pensò che tutta la bellezza del mondo si concentrasse in lei. Si asciugò in fretta con un fazzolettino ricamato che aveva comprato e tirò fuori dalla borsa la vecchia Polaroid di sua nonna, voleva creare una parete a casa sua con tutte le loro foto e per questo aveva scattato qualsiasi luogo che avevano visto.
Toccava sempre a Theo fare la foto perché era più alto, così Aranel gli stampò un bacio sulla guancia quando il click della fotocamera catturò quel momento.
Quelle joie de jeunes amants!” esclamò una donna anziana che passava da quelle parti con le buste della spesa.
Nous ne sommes pas engagès, madame.”
Il francese di Aranel era perfetto, la pronuncia era a dir poco impeccabile e lo parlava con estrema disinvoltura, perciò Theo la lasciava rispondere a qualsiasi cosa.
Votre yeux ne mentent pas!”
Aranel arrossì per le parole dell’anziana e sorrise a Theo, che nel frattempo non ci stava capendo nulla.
Oui, je suii amoureux.”
La donna accarezzò la guancia di Aranel, un’antica dolcezza si nascondeva il quel gesto.
“Et le sait-il?”
Pas encore.”
Ensuite, vous devez dèpècher, mon ami! La vie est courte et le vrai amour est un!
Aranel improvvisamente abbracciò la donna e si sorrisero come se custodissero un importante segreto. Theo salutò la francese con un mezzo sorriso e poi inarcò le sopracciglia verso Aranel.
“Mi spieghi cosa vi siete dette?”
“Mi ha ricordato che la vita è breve e l’amore vero è solo uno.”
Theo sorrise avendo capito a cosa si stesse riferendo e per la prima volta in tanti anni il suo cuore sussultò.
“Torniamo in hotel così mi dai qualche lezione di francese? Sei dannatamente sensuale quando lo parli!” disse facendo scoppiare a ridere Aranel, che gli strinse la mano e lo portò verso l’hotel.
La nuit est encore jeune et j’ai beaucoup de choses à vous enseigner!”
Tornati in camera, il proposito di imparare il francese fu accantonato in favore di una notte di passione.
 
 
Marzo, Londra.
Nessuno immaginava che una scrittrice esordiente potesse ottenere un successo tale da far schizzare il proprio romanzo in vetta alle classifiche in poche settimane. Aranel aveva pubblicato il suo primo libro dal titolo Un ragazzo solitario dopo aver impiegato settimane e settimane di lavoro. Non aveva dormito, aveva mangiato a stento, ma alla fine ce l’aveva fatta. Marzo fu il mese in cui ebbe inizio il tour di presentazione nelle librerie delle città in cui era diventato best seller, tra le quali New York, Londra, Chicago, Los Angeles, Buenos Aires, Mosca e Vienna. Quel venerdì mattina si presentò come ospite presso la Daunt Books, una delle maggiori librerie inglesi, per una breve intervista e un firma copie. Il direttore, il signor Hummer, chiese al pubblico di porre alla scrittrice un’ultima domanda, poiché rispondere già ad una trentina era stato sfiancante. Una ragazzina dai capelli blu si alzò dalla sedia stringendo al petto la sua copia del libro. Aranel le sorrise incoraggiandola. In fondo alla sala, Theo assisteva con estremo orgoglio.
“Ciao, mi chiamo Jenny. La mia domanda riguarda il protagonista: da come scrive di lui dà l’impressione di conoscerlo davvero, quindi mi chiedevo se Trevor si ispiri ad una persona reale. Grazie mille.”
Aranel si sistemò sulla sedia accavallando le gambe e allungò una mano sul banchetto per prendere la sua copia personale, la prima in assoluto.
“Sì, per il protagonista mi sono ispirata ad un ragazzo che conosciuto circa un anno fa. Mi sono intromessa nella sua vita, ho scavato nel suo passato, ho trivellato la sua anima di domande, e alla fine ho fuso tutto nelle pagine del romanzo. Trevor è scontroso, cinico, quasi insensibile e perciò poco incline ai rapporti umani, però le cose cambiano quando incontra la stravagante Stella e lui scopre altri mille modi di vivere la vita e di vedere se stesso. Non è una storia d’amore, anche perché Trevor e Stella restano semplici migliori amici, piuttosto è una storia di autocoscienza che tenta di insegnare a conoscere tutte le crepe di noi stessi perché è in esse che penetra la luce.”
“E il ragazzo cui si è ispirata ha conosciuto quei mille modi di vivere e vedere se stesso?” domandò un ragazzo in prima fila mosso da un’accecante curiosità. Aranel guardò Theo e capì che lui era solo all’inizio del suo percorso di vita ma che sicuramente sarebbe stato straordinario il risultato.
“Sta imparando a vivere davvero per la prima volta e io sono contenta di far parte del suo progresso.”
Hummer invitò Aranel a fare una pausa e riprendere poi per il firma copie e il pubblicò applaudì in visibilio mentre lei lasciava il palchetto salutando e sorridendo. Dopo una pausa di dieci minuti e due bicchieri d’acqua, Aranel prese posto ad uno dei tanti tavoli in legno della biblioteca e il primo fan fu chiamato.
“A chi dedico il libro?”
“Lo può dedicare a mia nonna Alexandra.”
Aranel alzò lo sguardo e scattò in piedi quando si ritrovò davanti Richard, il completo grigio elegante, gli occhiali da sole appesi alla camicia, e il bastone che avrebbe dovuto reggere il peso che prima di essere rapito poggiava sulla gamba destra. Si abbracciarono emozionandosi entrambi per tutto quello che avevano passato.
“Come mai sei qui?”
“Adesso vivo qui e sto per acquistare uno studio legale molto prestigioso. Ieri mattina la mia assistente mi ha parlato di un libro eccezionale e adesso eccomi qui. Sono davvero felice per te, Aranel.”
“Tutto questo è stato possibile solo grazie agli avvocati di tua nonna che sono riusciti a recuperare i soldi della casa. Le ho spedito un mazzo di fiori e una torta accompagnati da un biglietto di ringraziamento e lei mi ha risposto con una e-mail!” Aranel rise insieme al suo amico.
“La nonna è più tecnologica degli adolescenti! Comunque, sono passato per un saluto veloce e adesso scappare perché ho una riunione.”
Aranel gli firmò velocemente il libro, aggiungendo il suo numero di telefono, e gli raccomandò di contattarla qualche volta.
“Grazie di tutto, Richard. Buona fortuna!”
“Solo cose belle d’ora in poi.” Replicò Richard, poi le baciò elegantemente la mano e svanì tra la folla. L’incontro continuò senza interruzioni almeno per un paio di ore, le persone chiedevano firme, foto, dediche, facevano ancora domande, e lei fu davvero felice che il suo romanzo avesse colpito così tante persone. Verso le sette e mezzo di sera l’ultimo libro scivolò tra le sue mani, era una copia dalle pagine sgualcite, come se qualcuno lo leggesse e rileggesse, e molte di essere erano contrassegnate dagli angoli piegati al vertice.
“Firma o dedica?”
“Entrambi.”
Aranel riconobbe quella voce profonda e spesso canzonatoria e piegò le labbra in un sorriso malizioso. Pensò ad una bella frase e poi scrisse di getto: Non importa dove sei, o con chi sei, resterai per sempre, sinceramente, profondamente nel mio cuore. Con immenso affetto, tua Aranel x.
Theo ritirò la sua copia e quella dedica gli fece venire i brividi. Sapeva che Trevor, il protagonista del libro, era modellato su di lui e che Stella era l’alter ego di Aranel, e leggere la loro storia gli aveva fatto capire quello che stava provando ad evitare a tutti i costi: era innamorato. Si destò quando lei gli accarezzò la guancia.
“Va tutto bene, Theo?”
“Ehm, sì, tutto bene. Pensavo che ti meriti una bella cena abbondante in uno dei ristoranti più lussuosi di tutta Londra!”
Aranel gli diede un casto bacio sulle labbra, dopodiché si congedò dagli impiegati della libreria ringraziandoli e un taxi li accompagnò al ristorante Criterion.
 
 
Maggio, New York.
“Quindi se sfumo verso l’esterno viene più chiaro?”
“Sì, perché l’ombretto color bronzo è difficile da gestire.”
Aranel stava chiedendo consigli di makeup a Lydia mentre si preparava per il matrimonio di sua madre con Kabir. Alla fine, avrebbe comunque partecipato ad un matrimonio, ma per l’occasione aveva restituito l’abito rosso che aveva comprato per l’unione di suo padre e Cindy. Con l’aiuto di Lydia e Malia, che si erano regalate un weekend a New York tra ragazze, aveva trovato un perfetto sostituto: un vestito color oro lungo, dalle maniche lunghe, uno spacco aperto alla gamba sinistra e uno scollo a ‘v’ profondo, il tutto era tempestato di brillantini. Mentre selezionava i trucchi, udì un forte rumore proveniente dalla cucina.
“Scusami, Lydia, ma ti devo lasciare. Credo che Theo mi stia distruggendo la casa!”
“Ciao, tesoro.” Ridacchiò Lydia prima di interrompere la comunicazione. Con una vestaglia nera corta da camera e a piedi nudi, andò in cucina e incrociò le braccia.
“Che stai combinando? Hai riparato il lavandino due giorni fa.”
Theo stava maneggiando con una chiave inglese i tubi del lavandino, una cassa di attrezzi giaceva al suo fianco, e sembrava desiderasse essere risucchiato.
“Devo aver sbagliato qualcosa perché c’è una perdita.”
Da un paio di mesi Theo frequentava casa sua sempre più spesso e da una settimana avevano deciso di provare a convivere. Lui era davvero bravo con i lavori di casa: aveva ridipinto il soggiorno, aveva creato un’intera parete appendendo tutte le foto che Aranel aveva raccolto durante l’anno, si occupava delle piante e le aveva anche aggiustato il lavandino.
“Lascia perdere quel tubo e vai a vestirti. Abbiamo un matrimonio a cui partecipare!”
“Cosa? No, non posso mica mollare il lavoro nel bel mezzo di una perdita critica.”
Aranel lo colpì con un calcio ad un fianco costringendolo a  farsi vedere in faccia.
“Ho capito cosa stai cercando di fare, Raeken.”
Theo si alzò e raggiunse il bagno per lavarsi le mani sperando di superarla, ma Aranel riuscì ad entrare lo stesso.
“Potresti uscire, per favore?”
“Perché fai così?”
Aranel aveva capito il disagio che provava Theo nel partecipare al matrimonio perché aveva paura di incontrare la sua famiglia.
“Aranel…”
“Stai evitando di prendere parte al matrimonio di mia madre, ormai l’ho capito. Voglio solo sapere che cosa ti spaventa?”
Theo sospirò, lei riusciva a leggere sempre tra le righe.
“Io non so in quale veste presentarmi. Cosa sono? Un amico? Un fidanzato? Un imbucato per caso? Non saprei cosa dire ai tuoi parenti. Mi sentirei di troppo.” Ammettere di avere paura per lui, che si dimostrava sempre noncurante davanti a tutto, era un segno che la maschera di indifferenza e spavalderia che aveva indossato per anni si stava sgretolando.
“Da quando ci interessano le etichette? Diremo solo il tuo nome senza aggiungere nient’altro.”
“Va bene prendere in giro gli altri, ma la domanda resta comunque. Avanti, Aranel, è da un anno che viviamo questo assurdo rapporto! Andiamo in vacanza insieme, ci baciamo, andiamo a letto più di una qualsiasi coppia, e adesso conviviamo. Hai una parete piena di nostre foto!”
Theo era stanco di fare quel gioco, sempre in bilico tra amicizia e amore, tra l’incertezza e la certezza. Più entravano in intimità, fisica e mentale, e più sembrava svanire la possibilità di stare insieme.  Aranel si sentì in trappola, avviluppata dai suoi stessi sentimenti. Faceva un passo verso di lui e due indietro. Un anno era sufficiente per raccontarsi, conoscersi e capirsi, ma pareva che a lei non bastasse.
“Mi dispiace, Theo. Non pensavo che avesse un effetto negativo su di te.”
“Vedi? Tu continui a tergiversare e non mi dai una risposta concreta! Io avrò anche paura di incontrare la tua famiglia, però tu hai paura di accettare quello che provi, ammesso che provi qualcosa.”
Theo uscì dal bagno sorridendo amaramente, deluso dall’assenza di certezze. Aranel gli andò dietro non sapendo come comportarsi perché, sì, lui aveva ragione: era terrorizzata all’idea di essere innamorata.
“Non abbiamo finito di parlare!”
“Non abbiamo mai avuto nulla di cui parlare, è diverso! Con una mano mi vuoi e con l’altra mi respingi. Sono sinceramente stufo di questo comportamento.”
“Che fai adesso?”
Frattanto che le loro urla si alternavano, Theo stava gettando in valigia i suoi oggetti sotto lo sguardo sgomento di Aranel.
“Me ne vado, ecco che faccio. E’ evidente che hai ancora le idee confuse.”
“Non te ne puoi andare!” strillò Aranel togliendoli il borsone dalle mani e lanciandolo a terra.
“Perché dovrei restare?”
Adesso erano faccia a faccia, gli occhi furenti di lui in quelli tristi di lei, ed era impossibile mentire.
“Perché sì.”
“Aranel, sei troppo intelligente per dare una risposta così stupida.”
Non vedendo nessuna reazione da parte di lei, Theo riprese a raccattare le sue cose. Il cuore di Aranel esplose in un istante.
“Perché potrei provare qualcosa per te!”
“Mmh.” Si limitò a replicare Theo mentre continuava imperterrito a impilare le maglie in valigia.
“Io ti dico quello che vuoi sentirti dire e tu emetti un suono?! Ma cos’hai dentro? Il vuoto assoluto?!”
“Ho il cuore di mia sorella e il DNA misto, ecco cos’ho.”
La risposta lapidaria e pessima del ragazzo fece ghiacciare Aranel sul posto. Le parti si erano invertite: se prima era lei quella che si tratteneva, ora era lui che si sottraeva propinando la scusa dell’essere una chimera.
“Bene, a questo punto credo che non servano altre parole.”
Le urla che avevano riempito la stanza lasciarono il posto ad un silenzio tremendo, il silenzio della rassegnazione. Aranel tornò in cucina per bere un po’ d’acqua nella speranza che non si notassero le lacrime. Theo si sedette sul letto, le mani premute sul viso, e l’orecchio che ascoltava i singhiozzi della ragazza. Non era giusto che finisse così soltanto perché non erano in grado di mettere le carte in tavola. Quando la raggiunse, capì che non avrebbe mai potuto lasciarla. Era la sua luce e nessuna tenebra l’avrebbe soffocata.
“Circa un anno fa ho conosciuto una donna incredibile in un bar e mi ha dimostrato in pochi minuti di essere bellissima, sofisticata nei suoi abitini, intelligente, molto ambiziosa e di avere coraggio da vendere. Poi ho scoperto che più di tutto aveva cuore, un cuore talmente grande
che era possibile vederlo attraverso i suoi occhi. Mi ha stregato sin da subito ma sapevo che una così non mi avrebbe mai amato, invece col passare dei mesi mi ha fatto capire che anche per me c’era una speranza. Adesso chiedo a quella stessa donna se mi ama.” La dolcezza e il tremore nella sua voce fecero sciogliere la rabbia.  Aranel corse ad abbracciarlo.
“Te lo dico a fine giornata se ti amo. Che ne dici?”
“Questa è la tua strategia per convincermi a partecipare al matrimonio?”
“Sì, in effetti sì.”
Entrambi scoppiarono a ridere, sembrava tornata la calma almeno per il momento, ma la vera sfida li attendeva al traguardo.
Dopo una breve cerimonia civile, la festa proseguì sul terrazzo dell’Asiate, ristorante orientale di New York con vista su Central Park e su Manhattan. I tavoli erano stati sistemati a forma di ‘s’ da un capo all’altro della sala, una composizione di margherite era posizionata su tovaglie color verde acqua, alle sedie erano legati fiocchi verdi, il lampadario a gocce illuminava alla perfezione l’intero spazio, e il tavolo degli sposi erano posto su un palchetto. Aranel strisciava sinuosamente tra i partecipanti per salutare, adulare qualche invitato di riguardo, complimentarsi con le signore per i bellissimi abiti, e ricevette anche qualche apprezzamento sul suo romanzo. Theo, invece, se ne stava seduto al bar sorseggiando un cocktail abbastanza forte per poter reggere quella giornata. Aranel era strepitosa nel suo vestito dorato, sorrideva e chiacchierava allegramente, era sempre gentile con tutti.
“Lei deve proprio piacerti.” Esordì una voce vagamente divertita. Theo scoprì che accanto a lui aveva preso posto Melanie, la zia materna di Aranel. Aveva i capelli viola e numerose perle ad ornarle l’orecchio, di certo era la sorella di Amanda, anche lei donna bizzarra e anticonformista.
“Come potrebbe non piacermi?”
Accanto a sua madre, che indossava un semplice tailleur bianco e un esagerato cappello, Aranel era in netto contrasto. La sua eleganza, la sua sensualità innata, il suo essere sostenuta la contraddistinguevano dai membri colorati e per nulla raffinati della sua famiglia.
“Mia nipote ha preso tutto da suo padre, però ha il cuore buono di sua mamma. Vi siete guardati durante tutta il rito e ovviamente ho dedotto che ci sia del tenero tra di voi.”
“C’è più che del semplice tenero, ma non siamo capaci ad ammetterlo. Siamo entrambi molto orgogliosi.” Disse Theo mandando giù il liquido colorato. Le frange dell’abito blu di Melanie frusciarono quando ritirò il tuo martini con oliva.
“Sai, ragazzo, se non le dici cosa provi potrebbe scapparti. Aranel ha sperimentato solo amori deludenti, come quello dei suoi genitori e poi come quello con Greg, e adesso è spaventata di essersi davvero innamorata.”
Melanie svanì tra gli invitati e Theo pensò che era giunta l’ora della verità. Estrasse il cellulare dall’interno della giacca e scrisse un messaggio ad Aranel: ‘Vediamoci all’ingresso’.
Dall’altra parte del salone, Aranel ricevette il messaggio e si congedò cortesemente dal gruppo di persone con cui stava parlando. Scese una decina di scalini e si infilò nella stanza che fungeva da ingresso al ristorante in terrazza. L’ambiente era illuminato da una serie di plafoniere disposte in una singola fila verticale e al centro troneggiava un tavolo del periodo barocco. Theo stava osservando la città da una delle finestre. Il chiasso della sala aveva ovattato le orecchie di Aranel e a fatica si abituava al silenzio.
“Theo, va tutto bene? Perché siamo qui?”
Theo, che si era già accorto del suo arrivo, le fece cenno di avvicinarsi.
“Avevo bisogno di vederti. Ehm, ecco, io stavo pensando che dovremmo risolvere la questione una volta per tutte. Lo so che esporsi è rischioso, che fa paura, ma non possiamo fare finta di nulla. Io non posso fare finta. Quello che sto cercando di dirti è che io…”
“Ti amo.” Lo precedette Aranel.
“Beh, sì, volevo dirti que…”
“Non hai capito, Theo. Io ti amo.”
“Come, scusa?”
Aranel sorrise per il panico dipinto sul volto di Theo. Gli circondò il collo con le braccia e avvertì le mani di lui stringerle i fianchi.
“Ho appena detto che ti amo.”
“Avrei dovuto dirlo io per primo!”
“Raeken, dimmi che stai scherzando. Ma sei cretino?!” disse Aranel allontanandosi. Se per lui era una sfida a chi si confessava prima, per lei si era appena trattato di un’umiliazione. Infuriata come poche volte, fece marcia indietro con l’intenzione di tornare alla festa ma Theo l’afferrò per un braccio e la spinse dolcemente contro il muro. Sorrideva e la felicità, nuovo sentimento di zecca, gli scorreva in tutto il corpo.
“Ti amo, stellina.”
Quando zia Melanie scese per trangugiare uno scotch senza le lamentele di sua sorella, notò che Aranel e Theo si stavano baciando appassionatamente sorridendosi e continuandosi a ripetere le due paroline più famose del mondo.
 
 
 
Due anni dopo, agosto, New York.
“Tesoro, sono a casa!” disse Aranel chiudendosi la porta alle spalle. Poggiò la borsa e le buste sull’isola della cucina, poi si liberò delle scarpe. Il soggiorno era buio, la tavola era spoglia e non si udiva alcun rumore. Che Theo si fosse dimenticato del loro anniversario? Il solo pensiero la rattristò, specialmente perché l’anno precedente aveva organizzato un weekend ad Amsterdam per l’occasione. Un dettaglio la insospettì: la porta che conduceva in piscina era aperta. Dopo averla varcata, due mani le coprirono gli occhi.
“Ti uccido se non levi le mani in questo istante.”
“Cosa? Di solito sono io che minaccio la gente di morte. Non rubarmi le battute, piccola.”
Aranel lo scansò e si voltò verso di lui portando le mani sui fianchi e inarco le sopracciglia.
“Ti sei dimenticato del nostro anniversario, vero?”
“Lo sapresti se guardassi alle tue spalle.”
Quando guardò la piscina, si sentì una stupida. La superficie dell’acqua era cosparsa di rose bianche e rosse, ai quattro lati erano state sistemate delle lanterne al cui interno bruciavano candele alla lavanda a forma di fiore. Aranel sorrise e gli lanciò un’occhiata divertita.
“Te lo sei ricordato poco fa.”
“Già.” Ammise Theo al suo fianco ghignando.
“Beh, hai fatto un ottimo lavoro. Vado a mettermi il costume.”
Theo l’arrestò cingendole i fianchi e l’attirò a sé.
“Togliti i vestiti e basta! Non essere sempre così puntigliosa.”
“Non sono puntigliosa, penso solo in modo razionale.”
“Fa come vuoi.”
Theo si disfò della maglia, dei jeans, dei calzini e restò soltanto in boxer davanti allo sguardo imbarazzato di Aranel. Quel fisico scolpito nei minino dettagli e quella pelle che odorava di menta la facevano sempre cedere.
“Okay, forse adesso non penso in modo molto razionale.”
“Lascia fare a me.”
Aranel si irrigidì quando Theo le sbottonò con flemma estenuante la camicetta, poi abbassò la zip della gonna e la fece cadere a terra, le sciolse i capelli sfilando il fermaglio.
“Tu sei una tentazione continua, Raeken.”
“Sempre a tua disposizione, stellina.” Mormorò Theo sulle sue labbra e poi la baciò avidamente.
Dopo essersi schizzati e essersi inseguiti, Aranel si appoggiò a bordo piscina e si tirò indietro i capelli bagnati. Theo la raggiunse qualche secondo dopo, lei gli avvolse le gambe attorno ai fianchi e gli accarezzò il petto lentamente.
“Ti ricordi quel natale di tre anni fa che abbiamo festeggiato a Parigi?”
“Sì, perché?”
“Stamattina mi sono tornate in mente le parole della francese che abbiamo incontrato. Mi aveva detto che si vedeva che eravamo innamorati e che ci saremmo dovuti dare una mossa per compiere il primo passo. Inoltre mi disse che l’amore vero è uno solo e che la vita è troppo breve per lasciarselo scappare.”
“Non aveva tutti i torti quella donna. Dopo un litigio e qualche minaccia, siamo riusciti a metterci insieme.” Replicò lui disegnando figure concentriche sul braccio di Aranel con la punta delle dita.
“Hai organizzato una serata fantastica, anche se ovviamente il viaggio ad Amsterdam è stato spettacolare.” Disse Aranel con un sorriso malizioso.
“Presuntuosa.”
Theo annullò le distanze baciandola, i corpi incastrati, i sospiri pesanti, le mani fredde sulla pelle calda. Le baciò il collo, la spalla, poi tornò alle labbra. Aranel, non del tutto abbandonatasi a quelle carezze, scorse una scatoletta di velluto all’altro capo della piscina.
“E quella cos’è? Mi hai fatto un regalo?!”
L’entusiasmo di Theo si spense all’istante.
“Non è esattamente un regalo …”
“Allora di che si tratta?”
Ormai stavano insieme da tre anni, abitavano insieme, si trovavano benissimo e fare il grande passo non doveva essere chissà quanto tragico. Theo la invitò ad uscire dall’acqua, la guidò sulla sdraio e la fece accomodare.
“E se ci sposassimo?” disse aprendo la scatola. Aranel si portò le mani alla bocca quando vide il meraviglioso diamante custodito nel velluto.
“Questa è la proposta di matrimonio più brutta del mondo ma, sì, ti voglio sposare!”
Theo tirò un sospiro di sollievo e le mise l’anello all’anulare sinistro.
“Una proposta fatta bene non è nel nostro stile, stellina.”
“Decisamente no.”
La risata di Aranel si infranse sulle labbra di Theo e si persero in quella tempesta di sentimenti che da lì in poi li avrebbe uniti per sempre.
 
 
Salve a tutti! :)
Eccoci alla fine definitiva della storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Mi auguro che vi abbia entusiasmato e che vi abbia tenuto compagnia.
GRAZIE a chi ha letto, a chi ha inserito la storia nei preferiti e nei seguiti, a chi ha recensito.
Non so se tornerò con una seconda parte, sta a voi decidere.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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