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Autore: IntoxicaVampire    17/12/2017    0 recensioni
«Ma... come fai?» gli chiesi, annebbiata da quel tepore. «Non fa male». Fissai il fuoco, che era basso e di un colore rosso intenso.
«Non ti farei mai del male, Rosalie».
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Alla Sky High, scuola per giovani aspiranti supereroi, Rosalie Frozehart, "Freeze Girl" con il potere del ghiaccio, è da sempre innamorata di Warren Peace, il ragazzo con il potere del fuoco. Ma Ghiaccio e Fuoco sono due Elementi opposti per natura, possono essi convivere senza distruggersi l'un l'altro? Il loro amore così contrastato potrà realizzarsi? Entrambi soffrono eppure è così difficile resistere a un amore reciproco così intenso...
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Warren Peace
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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32. Take my hand

 

La mattina io e Warren ci risvegliammo a mezzogiorno, con un mal di testa da record e con ancora addosso i vestiti del ballo. Avevo male ovunque, chissà in quale posizione scomoda avevo dormito. Warren aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che fece fu darmi un bacio. Ero ancora fra le sue braccia, ecco spiegato il perché dell'intorpidimento muscolare. Era la seconda volta che dormivamo assieme, stavolta però in condizioni impronunciabili ahaha. Mi alzai dolorante, mentre Warren si stiracchiava, notando le mie scarpe sul comodino e chiedendomi perché accidenti si trovassero lì, e corsi in bagno perché mi scappava tantissimo la pipì. Ero in uno stato pietoso, avevo ancora il trucco in faccia, tutto sbavato e rovinato.

«E tu hai avuto il coraggio di baciarmi così???» strillai inorridita, o meglio cercai di strillare, ma mai accorsi di essere senza voce. Dovevo aspettarmelo, dopo l'esibizione di ieri sera.

Sentii Warren ridere in camera. «Sei bellissima amore». Poi sbadigliò sonoramente.

Lentamente ci sistemammo e facemmo brunch insieme, con quello che trovai in frigo. Meno male che mia mamma si era premurata di fare la spesa prima di partire per la missione. C'erano affettati, uova, waffles, marmellate varie, frutta a volontà, pane da tostare... avevamo ampia scelta. Per non sbagliare prendemmo tutto e lo mettemmo sopra il tavolo.

Passammo tutto il pomeriggio assieme, a bere ettolitri d'acqua e rimetterci in sesto, dopo esserci fatti una bella doccia calda (non insieme ovviamente!!). Warren per chissà quale illuminazione divina si era portato un cambio in macchina («Sono tornato da certe feste in condizioni che non ti dico... L'esperienza insegna») quindi riuscimmo entrambi a vestirci con abiti normali; sarebbe stato un problema passare tutta la giornata solo coi vestiti della festa. Per una volta che potevo approfittare dell'avere casa libera, potevamo concederci il lusso di stare sul divano tutto il tempo che volevamo e ci guardammo ben tre film dello Studio Ghibli, per quell'accordo che avevamo fatto. Warren per tutto il tempo non fece altro che coccolarmi, sotto la mia bella coperta morbidosa al calduccio. Avevo fatto anche due belle cioccolate calde con panna, e ce le stavamo gustando rilassati accompagnandole con qualche biscotto glassato. Era il mio pomeriggio ideale, avrei voluto passarli tutti così, stavo da dio e Warren pure. Continuava a darmi bacini e a stringermi a sé, si vedeva distante un miglio che era innamoratissimo. Non era da lui lasciarsi andare così, infatti mi sorprese molto; ubriacarsi e dormire con me doveva aver "liberato" qualcosa in lui, forse aveva capito che con me poteva essere se stesso al cento percento. Mi rendeva immensamente felice e sperai che sarebbe sempre stato così. Mi strinsi di più nelle sue braccia e continuai a guardare il film, non prima di aver preso un biscotto fra le labbra e averlo avvicinato alle sue, dividendolo assieme. Ci sorridemmo a vicenda innamorati e ci scambiammo un bacio al sapore di cioccolato.

Alla sera tristemente Warren doveva andare a lavorare; mi depressi parecchio quando me lo comunicò, verso le 19, ma mi promise che avremmo recuperato la cena assieme che ora non potevamo fare. Lo strinsi in un lungo abbraccio, non volevo che andasse via, finché lui mi disse: «Dai Rose, amore, devo proprio andare» e allora io lo lasciai andare. Il dovere chiamava. Mi diede un lungo bacio appassionato e mi promise: «Sarai tutta la sera nei miei pensieri. Oggi ho passato la giornata più bella della mia vita» e io arrossi troppo per essere capace di rispondere. Ridacchiò nel vedermi così emozionata, mi diede un bacio in fronte e mi disse «Ciao piccola, a domani».

«Ciao amore mio» risposi a bassa voce. Lui sorrise e salì in auto. Lo salutai con la mano mentre lo guardavo allontanarsi. Rimasi sulla soglia di casa per un po', cercando di riprendermi, e quando ne fui capace tornai in casa e mi feci un'altra cioccolata calda e mi avvolsi nella coperta sul divano. Mi sarei guardata un altro film, che non c'entrava niente con quelli di Miyazaki, per non rimanere tutta la sera imbambolata a fissare il vuoto a pensare a Warren e al suo calore. Non so come avrei fatto il giorno dopo a scuola a non saltargli addosso e a non stargli appiccicata tutto il giorno stretti come due sardine, ma avrei fatto del mio meglio.

 

Lunedì quando arrivai a scuola trovai la preside che parlava al mio gruppo di amici. Mi avvicinai per vedere cosa succedeva. Si erano messi nei casini una buona volta?

«Bene, ora ci siete tutti!» disse la preside quando li raggiunsi. «Volevo rassicurarvi su Gwen, Penelope, Mike e Fred.» Sì, esatto, "Speed" e "Lash" erano cognomi. I loro veri nomi erano Mike Speed e Fred Lash. Solo che tutti li chiamavano per cognome. «Subito dopo il ballo sono stati condotti in infermeria: erano sotto shock. Non riusciamo bene a capire cosa sia loro successo, ma pare che le loro menti fossero controllate. Quindi non dovete preoccuparvi: i vostri amici sono quelli di sempre, non sono diventati "malvagi". Per ora sono stati allontanati dalla scuola e portati un'area sicura affinché possano riposarsi e si dimentichino di ciò che è accaduto. Ritorneranno fra qualche settimana. Ah, un'ultima cosa, prima che mi dimentichi: se vi dovessero chiedere qualcosa riguardo a ciò a loro accaduto, sviate il discorso, rispondete che non sapete. Non vogliamo che si scateni il panico generale, siamo intesi?».

Noi ci guardammo l'un l'altro, poi parlò Joe per tutti, dato che era rappresentante d'istituto. «Sarà fatto. Grazie, signora Preside».

Questa ci fece un cenno col capo ed entrò a scuola.

Noi non parlammo, ognuno era immerso nei suoi pensieri. Warren mi prese per mano e mi condusse fino alla panchina, facendomi accomodare sulle sue ginocchia. Mi appoggiai a lui e le sue braccia mi avvolsero rassicuranti: sapeva che ero in pensiero per i miei vecchi amici. Non riuscivo neanche a pensare al nostro pomeriggio di ieri, ero troppo preoccupata. La situazione era grave. Qualsiasi cosa fosse successo loro non era di sicuro nulla di buono. Era strano, non avevo notato presenze sospette a scuola. E l'unico posto dove un malintenzionato avrebbe potuto colpirli tutti e quattro assieme era proprio la scuola. Controllo della mente poi? Ma stavamo scherzando?! Era un fatto gravissimo, non era strano che la preside volesse tenerlo confidenziale.

Da lontano vidi Scarlett girare il capo e allontanarsi, probabilmente dopo aver letto i miei pensieri, e sedersi sull'erba vicino a Joe, per poi prendergli l'iPad dallo zaino e accenderlo. Voleva fare una ricerca su internet? Ma cosa cercare, poi?

Decisi che ci avrei riflettuto più approfonditamente quando Gwen e compagnia sarebbero tornati. Magari la mia migliore amica avrebbe trovato qualcosa di insolito nei loro ricordi anche se, come ci aveva appena avvisati la preside, probabilmente avrebbero dimenticato tutto l'accaduto, come succede sempre ad una persona quando la sua mente viene posseduta. Ecco perché il possesso era uno dei poteri proibiti alla Sky High, assieme alla manipolazione della realtà, al tocco mortale e all'auto-detonazione. Se un bambino aveva uno di questi poteri, i genitori erano obbligati a non farglielo usare, quindi piano piano lo perdeva. Tranne ovviamente se era una famiglia di super-cattivi.

Un'altra novità di cui venni a conoscenza fu che Will Stronghold e Layla vennero spostati definitivamente al corso eroi, dopo che avevano salvato la scuola. Niente da ridire, se lo meritavano. Non era mai successo che una spalla salisse di "classe sociale", ma per dei poteri così importanti i professori erano stati disposti più che volentieri a fare un'eccezione. Will e Layla si erano anche fidanzati, quindi ora era tutto a posto, e io potevo godermi il mio Warren in santa pace.

 

Siccome alla terza ora Kaufman ci ricordò della ricerca sui Sapiens-Super che doveva essere pronta per metà dicembre e non oltre, quel pomeriggio io ed Ashley andammo a casa di Scarlett per continuarla: eravamo un po' indietro, non avendo combinato quasi niente nelle ore in aula computer a parte emanare decreti legislativi assurdi e alquanto improbabili e disegnare animaletti pulciosi e pelosi chiamati Plichi.

La cosa che mi piaceva di più della casa di Scarlett era l'inconfondibile profumo di lavanda che ti accoglieva non appena aprivi la porta d'ingresso. Donava alle stanze un'atmosfera molto rilassante e faceva sentire a proprio agio in una maniera incredibile, quasi come se tutti i problemi e pensieri negativi che avevi prima di entrare svanissero nel nulla. Per Scarlett quello era un santuario della pace interiore, probabilmente l'unico luogo dove poteva concentrarsi sulla propria voce interiore, anziché quelle degli altri che continuamente le assillavano la testa.

Chissà che ora avrebbe aiutato tutte e tre a concentrarsi sul lavoro da svolgere.

Andammo in salotto, dove c'era più spazio. Da un lato del tavolo si sedette Scarlett con un portatile, per organizzare bene il lavoro da noi svolto finora, di fronte a lei si sedette Ashley con del materiale cartaceo. Io mi distesi a pancia in giù sul tappeto sopra due cuscini enormi, dopo averli allineati a calci mentre tenevo in mano una penna, un evidenziatore, matita e gomma, nell'altra mano l'immancabile bottiglietta d'acqua e in bocca i fogli da controllare.

«Si sta comodi?» mi chiese Ska divertita, seguendo le mie operazioni.

«Non sai quanto!» risposi ironica. «Così mi concentro meglio». A dire il vero non sapevo bene nemmeno io cosa stavo facendo, ma non importava.

Poi ci buttammo a capofitto sulla ricerca.

Due ore dopo avevamo ormai il cervello evaporato.

Il foglio col plico non eravamo ancora riuscite a decifrarlo, quindi alla fine decidemmo di censurarlo del tutto. Le pagine di giornale dateci da Kaufman che secondo lui "ci potevano essere utili" erano completamente inutili e scritte in un linguaggio a noi più o meno alieno. In più su internet non si trovava un accidente patentato del nostro argomento sul sistema legislativo. Comunque riuscimmo a estrapolare qualche informazione un po' da là e un po' da qua e a metterle insieme tipo patchwork.

Con grande sforzo eravamo riuscite ad ottenere qualcosa di produttivo da quel pomeriggio insieme: decidemmo che la ricerca era finita ed andava bene così, l'avremmo consegnata alla prossima lezione. Mettemmo via tutto il materiale e buttammo via i fogli che non ci servivano più (quasi tutti, in pratica) e non si sa come ci ritrovammo a giocare con i Lego sul tappeto del salotto, che Scarlett era andata a prendere non appena avevamo spento il computer e stava sparpagliando a terra annunciando tutta decisa con voce da bimbetta: «Faremo una casetta indistruttibile!». Io e Ashley scoppiammo a ridere e la aiutammo a cercare la base per costruire la super-casetta.

 

Il giorno dopo a scuola ci fu una grossa novità.

La preside chiamò tutti gli studenti delle classi dal terzo anno in su in aula magna. C'erano anche tutti i professori e i rappresentanti degli studenti, tranne Alex e Gwen. Joe rappresentava le quinte quindi salì anche lui sul palco sul posto riservato.

Dopo vari discorsi noiosi di introduzione, la preside giunse a dire che si sarebbe studiata una nuova materia, chiamata Psico-Fisica. «Con ciò che è successo sabato, non possiamo permetterci che un simile avvenimento accada di nuovo. Quindi dobbiamo consolidare al massimo i vostri poteri, potenziarli, dovete tirare fuori il meglio di voi stessi».

Non ci fu spiegato granché sulla materia. La prima lezione fu quello stesso pomeriggio dopo pranzo.

Stavamo attendendo il professore in palestra. Eravamo tutti seduti per terra in cerchio, io ero vicino a Warren.

«Spero sarà interessante» stava dicendo lui.

«Io credo di sì, se tutto ciò che dobbiamo usare sono la mente e i poteri. Psico, fisica. Sarà qualcosa del genere, no?»

Warren infuocò la sua mano e la osservò. Io ghiacciai la mia e curiosa provai ad avvicinarla alla sua. Concentrandomi e sorprendendomi, realizzai che il ghiaccio non si scioglieva.

Stavamo ancora confrontando la potenza dei nostri poteri quando il professore entrò nella palestra. Era giovane, e a dirla tutta pure carino. Sorrise e si presentò. «Ok ragazzi, io sarò il professore di Psico-Fisica. Mi chiamo Brian Williams, anch'io sono stato uno studente della Sky High».

Aveva qualcosa di familiare... possibile che fosse il fratello maggiore di Chris? Gli assomigliava così tanto! E avevano lo stesso cognome.

«Oggi cominceremo a spiegare come controllare i vostri poteri con la mente. Dovrete allenarvi molto, magari meglio in coppia, per correggervi e migliorarvi a vicenda. Cominciamo! Ho bisogno di una dimostrazione da chi ha poteri visibili. Signor Peace, per esempio! Le dispiacerebbe venire a dare una dimostrazione ai suoi compagni?».

«Ok, non c'è problema» rispose Warren, mi lasciò la mano e si alzò.

Lo guardai mentre si sistemava al centro della palestra, pochi metri distante da me, quando il professore mi chiamò. «Anche lei, signorina Frozehart!». Mi fece segno con la mano di andare vicino a Warren. Eseguii.

Quando ci trovammo una di fronte all'altro, a circa tre metri, l'insegnante ci lanciò una specie di guanti da indossare. Si allacciavano attorno al polso e attorno alle dita, ma lasciavano scoperto il palmo della mano. Stavo ancora trafficando con quei cosi quando Warren preoccupato si rivolse al prof: «Prof, ma se le faccio male? Non potrebbe venire qualcun altro al posto suo?»

«Non si preoccupi» lo rassicurò con un sorriso. «È solo una cosa semplice e se qualcuno dovesse farsi male, interverrei per evitarlo».

Anche Warren si sistemò i guanti.

«Siete a posto?» ci domandò il prof. Annuimmo.

«Cosa dobbiamo fare?» chiese Warren.

«Beh, questa è solo un'esercitazione, quindi non pretendo chissà che. Voglio solo spiegarvi le basi della Psico-Fisica e farvi provare ad applicarla. Fate un respiro profondo, cercate di svuotare la mente, di concentravi solo sul vostro potere. Lasciate che la forza vi scorra dentro, e cercate di controllarla». Mentre parlava, raffreddai lentamente le mie mani, fino a ricoprirle di ghiaccio, e vidi delle fiamme cominciare a lambire quelle di Warren. «Provate a combattere, contrastando i poteri dell'altro per proteggevi, non lasciate che vi raggiunga. Signor Peace, cominci lei».

Avevo capito per intuizione cosa dovevo fare. Strinsi i pugni, Warren fece lo stesso, e con un gran sorriso cominciammo l'esercitazione.

Warren infuocò completamente i suoi avambracci, poi portò le mani vicino al petto come se tenesse in mano una sfera invisibile, e una palla di fuoco conciò a ingrandirsi lentamente.

«Molto bene!» esclamò il professore. «Dovete imparare a maneggiare il vostro potere, non farlo scivolare via da voi, controllare l'intensità, la velocità e la potenza. Ora lei, signorina Frozehart, cerchi di proteggersi!»

Nello stesso momento in cui Warren mi lanciò contro la palla di fuoco, portai avanti le mani e congelai l'aria fino a formare un muro di ghiaccio. Lo feci molto freddo, e funzionò alla grande, perché il bolide vi si spense sopra.

«Eccellente, ottimo lavoro! Ora tocca a lei difendersi, signor Peace»

Guardai Warren e ghignai, poi gli lanciai contro un raggio congelante. Lui portò avanti le mani e lo contrastò con un "Lanciafiamme". Quanto mi divertivo ad assegnare i nomi delle mosse Pokémon ai nostri poteri.

Il mio "Geloraggio" ebbe la meglio, forse perché volevo far vedere a Warren che sapevo difendermi, e il professore e la classe applaudirono.

«Bravi! Bravi! Come potenza ci siamo! Ora la parte più difficile: il controllo "a distanza"».

«E significa?» chiese una ragazza dal pavimento.

«Vi faccio un esempio: se io avessi il potere dell'acqua, e un'onda mi stesse travolgendo, io dovrei essere in grado di deviarla. Ma su questo ci arriveremo più avanti; per ora vi insegnerò a controllare le cose che create voi».

Warren lo guardò perplesso perciò l'insegnante si affrettò a spiegare: «Ad esempio lei, signor Peace. Se ha lanciato un raggio di fuoco, dovrebbe essere in grado di deviarlo o fargli prendere la forma che vuole lei. Non è molto difficile: basta solo un po' di concentrazione».

«Ah...!» esclamò Warren quando capì cosa intendeva per "controllo a distanza".

«Cominci di nuovo lei; cerchi di prendere la sua avversaria di sorpresa».

Le fiamme tornarono ad avvampare nelle mani di Warren e poi vennero scagliate contro di me. Mi preparai, ma non abbastanza. Infatti la scia di fuoco non arrivò da dove me l'aspettavo, ma si divise e mi colpì sulla schiena e sul petto. Mi protessi appena in tempo: avvolsi il mio corpo con una nebbia ghiacciata che però non fu sufficiente a contrastare del tutto l'attacco. Le fiamme mi colpirono forte, persi l'equilibrio e caddi a terra.

«Rose!» urlò Warren allarmato; mi corse incontro e si accucciò vicino a me. «Tutto bene? Non volevo farti male! Ti sei scottata? Ti porto in infermeria?»

Ridacchiai, non avevo mai visto Warren così in ansia. «Ahah, no, non mi sono fatta niente. Sono rimasta solo un po' sorpresa, tutto qui. Sto benissimo». Warren mi aiutò ad alzarmi, mi strinse un attimo la mano guardandomi negli occhi per vedere se stavo dicendo bugie, poi la lasciò e tornò al suo posto.

«Va tutto bene, signorina Frozehart? È in grado di continuare?» mi chiese apprensivo il prof.

«Sì sì, non si preoccupi», risposi con un sorriso. Poi dissi decisa: «Bene, tocca a me!»

"Geloscheggia", mi venne in mente. Mi portai le mani davanti al petto, incrociando i polsi. Chiusi gli occhi e, concentrandomi, cominciai a formare del ghiaccio nei miei palmi, facendogli assumere la forma di schegge. Concentrati, Rose. Alzai le braccia sopra la testa, facendo levitare i frammenti in alto. Questi rotearono sempre più velocemente, poi feci scattare le braccia in avanti e le schegge si scagliarono verso Warren a tutta velocità, come avevo comandato loro mentalmente.

Warren si protesse appena in tempo: alzò in alto un braccio infuocato, poi lo tirò giù di colpo, passandoselo davanti orizzontalmente, e ciò andò a formare un muro di fuoco davanti a lui. Le schegge ghiacciate si sciolsero quando gli arrivarono vicino, ma solo per un pelo, e capii che i suoi riflessi non erano stati abbastanza pronti: qualcuna gli aveva colpito il braccio. Le altre ormai non c'erano più.

Però una gli vorticava ancora sopra la testa, e lui non se ne era accorto, ma il mio obbiettivo era questo. Quando le fiamme sulle sue braccia si spensero, probabilmente sentì il "Ziiin ziiii" che la rotazione velocissima della scheggia provocava, perché guardò in su. Con la mente lasciai cadere il pezzetto di ghiaccio, che gli cadde in testa. Lui si lamentò («Ahu!») e io scoppiai a ridere come una matta, assieme al resto della classe e al professore. Anche Warren rise, poi si avvicinò a me e mi sussurrò divertito: «Questa non me l'aspettavo».

La classe e il professore applaudirono stupiti. «Complimenti, bravissimi a tutti e due!» si congratulò Williams. «Per essere la prima volta non è niente male! E come avete visto, è più semplice provare di persona anziché ascoltare la spiegazione».

La prossima coppia furono due ragazzi di quarta. Io e Warren ritornammo al nostro posto sul pavimento e osservammo la loro prova.

«Siamo stati bravissimi» scherzò Warren con me fra le sue braccia.

«Proprio bravissimi. Mi merito un premio al "Miglior Eroe dell'Anno"».

Rise.

  
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