Titolo:
Don't Ever Go Away
Autore: Io
ColdBlood
Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono e
non scrivo a scopo di lucro. Tutto completamente inventato.
Raiting:
Giallo
Pairings: James Stephen Hart/ Mick Richard Morris
Avvertimenti: Slash, One-Shot, una sorta di Song-fic
Song: Here With Me by Burn Halo
Note:
Scritta un pò di getto
ascoltando questa stupenda canzone. Forse non avrà neanche senso! In questo caso
scusatemi! -//- e fatemelo sapere con un commento! xD
In ogni caso ditemi cosa ne pensate!
Don’t Ever Go Away
If I can somehow take back all these lies
Finally put down this
disguise
Get you back, back where you belong
If I can take back all the
shit I've done
Make you see that you're the one
Started out so right but
went so wrong
Tell me baby, how did it go so wrong?
- Sei uno stronzo. Ti avevo detto
di non farlo! – urlò James, gesticolando nervosamente, una volta che ebbe fatto
entrare il suo bassista in casa.
- Dio James, ma che stai dicendo?!
È la mia ragazza, come pretendi che non lo faccia?! – rispose Mick, spingendo la
porta dell’appartamento di James che si chiuse
rumorosamente.
- Cosa dovrei dirgli? Scusa
tesoro, ma non posso baciarti o venire a letto con te perché il mio amante è
geloso?! – il suo sarcasmo gli diede alla testa, lo fece incazzare ancora di più
e gli fece prudere le mani.
- Cristo però non farlo davanti a
me Mick! Non è obbligatorio infilare la lingua in gola alla propria fidanzata
durante una pausa dalle registrazioni, eh! – lo ripagò con la stessa
moneta.
- E poi che diavolo ti ha detto il
cervello per farla venire qui? Non stava bene a casa sua? Deve venire a rompere
anche qui, ovviamente! – esclamò, dandogli le spalle e posandosi le mani sui
fianchi.
- Ora basta James! Non hai il
diritto di parlare di lei in questo modo! Al massimo è lei che avrebbe buoni
motivi per odiare te, se solo venisse a sapere! – rispose Mick, innervosito dal
modo in cui James parlava di Kelly, la sua ragazza.
Il cantante si voltò verso di lui,
sollevando le sopracciglia – Ah si? E perché, di grazia? – chiese,
ironico.
- Forse perché ti scopi il suo
ragazzo? Forse, James? – rispose sarcastico il bassista, incrociando le braccia
al petto.
- Si, io mi scopo il suo ragazzo,
ma lei ha la sua bella consolazione…- rispose con un sussurro James,
allontanandosi da Mick ancora in piedi in mezzo al soggiorno, e andando a
sedersi sul divano.
- E sarebbe? – anche Mick si era
calmato, abbassando il tono di voce e abbandonando il
sarcasmo.
James alzò lo sguardo su di lui –
Può uscire con te tranquillamente. Può prenderti per mano in mezzo alla gente.
Può baciarti mentre c’è il tuo fottuto amante che ti guarda e può fare l’amore
con te senza che vi dobbiate prima incontrare in un hotel fuori mano, con tanto
di nomi falsi. – disse, mentre un sorriso amaro gli nasceva sul
volto.
Mick abbassò di conseguenza lo
sguardo, e si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro. Poi però,
tornarono subito avanti, nascondendo i suoi occhi.
- Mi dispiace. Ma non credere che
si possa fare altrimenti. – rispose, ostinandosi a tenere la testa
bassa.
- Si invece! Si che si può fare
altrimenti! – annuì James, infervorandosi e tornando in piedi. La sua voce era
salita di qualche tono, ma non c’era rabbia nella sua
voce.
Stava solo cercando di fargli
aprire gli occhi.
Mick lo guardò, un sorriso
scettico sul volto – Si? E quale sarebbe? Ah si, me lo hai già detto, vero?
Quello di dire al mondo che stiamo insieme. “Che ci vuole Mick!? Facciamo una
bella intervista in cui diciamo che ci amiamo e vogliamo stare insieme alla luce
del sole!” – disse, scimmiottando la voce di James.
Non che James avesse mai detto
quelle determinate parole, sia chiaro. Ma si, infondo era quello il succo del
discorso.
Si sentì ferito da quelle parole.
Mick lo stava prendendo in giro.
Mick stava ridendo dei suoi
sentimenti.
Stava ridendo della sua
sofferenza.
Contrasse i muscoli del volto –
Vattene. – sibilò allora, guardandolo con freddezza.
Il bassista sollevò le
sopracciglia come se non avesse capito bene. – Cosa? –
chiese.
- Vattene! – esclamò allora James,
con voce più alta così che Mick capisse forte e chiaro qual’era stato il suo
ordine.
Allora Mick sospirò, rendendosi
conto di aver esagerato – Avanti James…- disse, facendo un passo in avanti, ma
di conseguenza James lo fece indietro e interruppe qualsiasi cosa lui stesse per
dire.
- Vattene, ho detto! – urlò . –
Hai capito che non voglio averti un minuto di più davanti agli occhi!? – quasi
attraversato dalle onde sonore provocate dalla voce di James, Mick
indietreggiò.
Guardando gli occhi nocciola del
suo amante diventare più scuri, capì che era davvero
arrabbiato.
Non potè fare altro che girare i
tacchi ed andarsene, senza dire null’altro.
James rimase per qualche secondo a
fissare la porta ormai chiusa, poi, in un attacco di rabbia, gettò a terra
l’abat-jour che si trovava sul mobiletto accanto al divano, facendola rompere in
mille pezzi.
Insieme al rumore della lampada
che si rompeva, anche una sua imprecazione si perse nel silenzio della
casa.
Perché gli sembrava che a Mick non
importasse nulla di lui? Che non avesse alcuna intenzione di cambiare quella
situazione?
James era, da sempre, deciso ad
andare avanti con quella relazione clandestina solo con la convinzione che prima
o poi sarebbe finita. Che prima o poi Mick avrebbe acquistato il coraggio di
ammettere al mondo quello che gli sussurrava sempre quando erano da soli, in un
letto che era stato testimone indiscusso del loro amore.
Ma le cose non stava cambiando. E
Mick sembrava non voler fare assolutamente nulla per fare in modo che le cose
cambiassero.
Si rese conto, finalmente e
amaramente, che a Mick le cose andavano bene così.
Che gli andava bene dividersi tra
James e la sua ragazza. E si rese anche conto che era un attore meraviglioso, un
bugiardo con i fiocchi.
E lui invece era un idiota con i fiocchi.
Do you remember how we used to talk
About running away just to
get lost
Wish that you were here with me tonight
Tell me
baby, how to make this right?
Lui che al solo pensiero che Kelly
aveva su Mick molti più diritti di lui, lo faceva andare in
bestia.
Che Kelly poteva andare in giro a
vantarsi di avere Mick Morris, bassista degli Eighteen Visions, come fidanzato
e, pensandoci, lo faceva davvero.
Invece lui doveva rimanere sempre
nell’ombra, ad aspettare con trepidazione l’inizio di un qualsiasi tour, così
che lei sarebbe rimasta a casa e lui, finalmente, avrebbe avuto Mick tutto per
se.
Ma anche li le cose non erano
sempre fantastiche come se le immaginava spesso e
volentieri.
Perché lì c’erano i suoi amici, i
suoi compagni.
C’era Trevor, il migliore amico di
Mick, che sapeva ufficiosamente tutto, ma che continuava a far finta di
nulla.
C’era Keith che quando lo vedeva
giù di morale, cercava sempre di farlo parlare e James avrebbe tanto, tanto
voluto parlare con lui. Dirgli tutto. Pregarlo in ginocchio di aiutarlo.
E c’era Ken che invece lo aiutava
portandolo lontano dal bus, facendogli fare lunghe passeggiate per il
parcheggio, anche se quello significava fare per cento volte girotondo.
Però lo aiutavano, quelle
passeggiate. E al ricordo di quante volte Mick gli aveva fatto scenate per
quelle ore passate da solo con il chitarrista.
E loro, anche se erano i loro
compagni di vita, non dovevano sapere niente. Così diceva
Mick.
Chissà cos’avrebbero
pensato!
Si lasciò cadere sul divano,
prendendosi la testa tra le mani e affondando le dita tra i capelli, tirandoseli
leggermente.
L’aveva mandato via. L’aveva
mandato via ed aveva sbagliato, perché ora aveva bisogno di risposte.
L’aveva mandato via ed aveva paura che non sarebbe più tornato.
Please don't ever go away, no matter what I say
You've got
to know how much I need you
Please don't let it go to waste, all the
memories we made
Cuz they wont mean a thing, if you're not here with
me
Aveva bisogno di guardarlo negli
occhi e capire se quello che pensava era vero.
Se a Mick interessava davvero
portare la loro relazione ad un livello superiore o se gli andava bene lasciarla
invece in questo squallore.
Perché questo era per James,
incontrarsi in un hotel o guardarsi intorno, con la paura di essere visto,
quando andava a casa di Mick o ne usciva la mattina
presto.
Era squallido interrompersi dal
baciarlo quando il suo cellulare iniziava a squillare, e il sentirsi dire di
aspettare un attimo, perché doveva rispondere alla sua ragazza.
Era squallido far finta di niente,
mettere a tacere tutto, quando dentro si sentiva ardere di rabbia e passione e
amore.
Lui non voleva essere
squallido.
E tra le regole Straight Edge non
c’era qualcosa che assomigliava a “non scopare il tuo bassista” o “non aiutare
il tuo bassista a mettere le corna alla sua ragazza”? Maledizione, gli avrebbe
evitato di mettersi in tutto quel casino!
E perché dopo tutto quello lui
continuava ad amarlo? Ad avere bisogno di lui? Ad accettare quello
squallore?
Per la prima volta da quando era
diventato Straight Edge si chiese se riempirsi le vene di alcool aiutasse
davvero a far zittire le domande e il dolore per un po’.
Il suo amico Matt sembrava stare
meglio quando lo faceva. Iniziava a ridere come un’idiota e niente sembrava in
grado di infrangere la sua allegria.
Scosse la testa, dicendosi che
stava facendo dei pensieri da idiota e che avrebbe fatto meglio ad andare a
farsi una bella doccia e poi una lunga dormita, con Cubbie accanto a
se.
Si, avrebbe smesso di
pensare.
Avrebbe smesso di pensare alla
paura che Mick non sarebbe più tornato.
Avrebbe
aspettato…
If I could lay you on my bed
If I could
hold you once again
I'd never let you go
Take your time and do what is
right,
Just know that I'll be waiting
Mick sbuffò – Non ho niente Kelly.
Non ho NIENTE! Quale parte di questa piccola frase non ti è chiara?! – esclamò,
nervosamente, guardando la sua ragazza ferma sulla soglia della porta della
cucina.
Kelly lo guarda arrabbiata –
Senti, vedi di calmarti, okay? Scusa tanto se mi preoccupo per te! E da quando
sei tornato che non ti si può rivolgere la parola! – ribattè, incrociando le
braccia al petto e facendo svolazzare i lunghi capelli
biondi.
Mick respirò lentamente – Sto
bene. Non ho niente che non va. Sono solo un po’ nervoso. – cercò di usare un
tono calmo perché infondo sapeva che Kelly aveva ragione.
Ma senza una motivazione tutto gli
dava fastidio. Tutto intorno a lui gli urtava i nervi.
La voce troppo acuta di Kelly. Il
ticchettare dei suoi tacchi sul pavimento. Anche la musica che usciva dalla
televisione. Tutto gli dava fastidio.
Si alzò di scatto dal divano su
cui era seduto e andò velocemente verso l’entrata, sfilando poi il suo
giacchetto di jeans sdrucito dall’appendiabiti.
- Vado a farmi un giro. Così forse
mi calmo. – disse semplicemente, prima di afferrare il cellulare e le chiavi
della macchina, ed uscire nel fresco della sera, senza neanche aspettare una
risposta.
Solo quando si ritrovò in
macchina, capì di non avere un cavolo di posto in cui
andare.
Solo il giorno prima sarebbe
andato dritto a casa di James, con un sorriso idiota che gli nasceva sulle
labbra al solo pensare a quello che lo aspettava.
E ora? Ora invece, cos’era
successo?
Non era la prima volta che
litigavano riguardo Kelly e tutto il resto, ma James non l’aveva mai cacciato in
quel modo da casa sua.
Aveva sempre cercato di ragionare,
di calmarsi e di trovare una soluzione insieme.
Invece la rabbia e la delusione
che aveva visto quel pomeriggio negli occhi del suo amante lo avevano davvero
spaventato.
Cosa voleva fare James? Lasciarlo
forse?
Rise nervosamente, sbattendo sul
volante entrambe le mani. Lui non
poteva lasciarlo.
Cosa ne sarebbe stato di Mick, se
James lo avesse lasciato?
Mick non riusciva neanche ad
immaginarsela una vita senza di lui!
Scosse la testa. No, non poteva
essere. E anche se era proprio così, lui non gliel’avrebbe
permesso.
Non gli avrebbe permesso di
lasciarlo.
Mise in moto, spingendo forte sul
pedale.
Meno di dieci minuti dopo era a
casa di James e correva senza fiato lungo il pavimento lastricato che divideva
il piccolo giardinetto in due parti nette.
Iniziò a bussare e suonare il
campanello, facendo un chiasso del diavolo. Era tardi e se ne rendeva conto, ma
era pronto a rispondere a tono a qualsiasi vicino di casa di James che avesse
osato lamentarsi.
Qualche minuto dopo, in cui il
bassista non aveva certo riconsegnato la casa al silenzio, James venne ad
aprire. Era in pigiama. Una canotta nera abbinata con un pantalone della tuta
vecchio e slargato, che sembrava tenersi in piedi solo grazie alle ossa del
bacino.
Non era certo la prima volta che
Mick vedeva quel completo così provocante, ma aveva sempre lo stesso effetto su
di lui.
I capelli erano disordinati e lo
sguardo assonnato. Accanto a lui, come una fedele guardia del corpo, era
comparso Cubbie che miagolava rumorosamente, quasi volesse in qualche modo
rimproverarlo per l’orario della sua visita.
- Mick…ma che diavolo ci fai qui a
quest’ora? – chiese stancamente, con la mano ferma sulla porta, pronto a
richiuderla.
Dentro di se sentì il cuore
liberarsi da un peso. Grazie a Dio era
tornato.
- Noi dobbiamo parlare. – iniziò
subito il bassista. – Lo so che mi sono comportato da stronzo. Non era quello
che volevo. Scusami, ho davvero il tatto sotto le scarpe e me ne sono accorto.
Ma davvero, mi dispiace. Non volevo. – disse tutto d’un
fiato.
James abbozzò un sorriso. Mick era così buffo in quel
momento.
Aveva le guance arrossate, forse
per il tanto parlare. I capelli erano disordinati. A causa dell’umidità la
frangetta si era un po’ arricciata.
Era tenero, anche. Ma sapeva che
se glielo avesse detto Mick si sarebbe arrabbiato.
Lui ci teneva a sembrare
assolutamente non-tenero.
Anche se era basso e piccolo e
bastava un suo sorriso sincero per cancellare il suo tono volutamente scontroso
e le sue espressioni sempre scocciate, questo non significava che doveva essere
per forza tenero!
- Vieni dentro o sveglierai tutto
il vicinato! – gli disse allora, togliendosi dalla porta per farlo
entrare.
Mick fece come gli era stato etto
e poi si liberò del giacchetto, posandolo
sull’attaccapanni.
- Vuoi qualcosa da bere? – chiese
poi il padrone di casa, passandosi le dita tra i capelli nel disperato tentativo
di renderli presentabili.
Il bassista annuì debolmente – Un
coca se ce l’hai…-
James annuì a sua volta e si
voltò, diretto in cucina.
Mick prese a muovere nervosamente
il piede a terra e a mordersi il labbro inferiore.
Perché James non gli aveva dato
una risposta?
Insomma, era venuto lì, dicendo
sinceramente le parole così come gli venivano facendo pure la figura
dell’idiota, e lui gli offriva da bere?
Non era divertente. Non lo era affatto.
Voleva un risposta. E la voleva subito. A fanculo la
coca.
Prese un profondo respiro e si
avviò con decisione in cucina. Vide James con il busto interamente coperto dallo
sportello del frigorifero.
Gli andò vicino e lo prese per i
fianchi, stringendoselo addosso.
- Lascia stare la mia maledetta
coca e dammi una risposta. –
James sobbalzò leggermente,
sorpreso, ma non si ribellò e si lasciò stringere. Non si mosse dalle sue
braccia, continuando però a guardare dritto davanti a se.
- Che risposta vuoi? Sai che in
queste condizioni non posso certo andare avanti…- disse, con un filo di
voce.
- Miglioreranno! – si affrettò a
dire Mick, facendolo girare tra le sue braccia per guardarlo negli occhi –
Miglioreranno te lo prometto.
James rise leggermente e sollevò
le sopracciglia – Davvero? – chiese, quasi a volerlo prendere in
giro.
Il ragazzo non capì il motivo di
quel tono ironico e si accigliò – Certo. – fece, insicuro.
- Certo che non ti ho mai mentito.
Cosa vorresti dire con quel tono? – chiese poi, dubbioso.
- Non mi hai forse mentito
dall’inizio? Dicendo che l’avresti lasciata e non lo hai mai fatto? – chiese
allora James, ancora chiuso tra le sue braccia, mentre le sue giacevano lungo i
suoi fianchi.
- No! Io voglio farlo! Cioè…voglio stare con te! Devo
solo…- sospirò – Dio James, dammi un po’ di tempo. Ho bisogno di un po’ più di
tempo. Io non sono coraggioso come te, okay? – abbassò la testa e si passò una
mano tra i capelli, in imbarazzo.
Era duro per lui ammettere una
cosa del genere. Che non aveva abbastanza coraggio per fare quello che gli aveva
promesso fin dall’inizio.
James abbassò lo sguardo,
sospirando. Cosa doveva fare? Dargli ancora tempo?
Annuì a se stesso, pensando che
non poteva cancellare tutti i ricordi che lo ricollegavano a lui. Non poteva
ignorare il fatto che a solo chiudere gli occhi, la prima immagine che vedeva
era il volto sorridente di Mick.
E ai suoi occhi si credeva
patetico, ma in fondo era meglio esserlo ma avere Mick accanto piuttosto che
fare il duro ed essere solo, senza di lui.
Niente aveva senso, se non era con
lui.
Si avvicinò e gli tirò su il viso,
facendosi guardare – Va bene. Ma gestiscilo bene il tuo tempo, okay?
-
Mick lo guardò e sorrise, annuendo
con decisione. – Okay. – sussurrò, prima di spingersi in avanti per unire le
loro labbra.
Se l’era vista brutta quella
volta. Ora forse aveva imparato la lezione.
Circondò il suo collo con le
braccia, alzandosi sulle punte per coprire quei centimetri che li dividevano.
Anche se ogni volta che era
costretto a farlo se ne crucciava, quella volta non ci pensò neanche, preso
soltanto dal baciare James. Tutto il mondo era scomparso, chiuso fuori da quella
cucina. Forse c’erano solo loro e quel frigorifero ancora aperto che irradiava
luce e fresco in tutta la stanza.
Quando si allontanarono James posò
la fronte contro la sua.
– Non andartene più in quel modo.
– gli sussurrò, con un conseguente lungo sospiro.
Mick abbozzò un sorriso,
stringendogli le braccia intorno alla vita – Ma sei stato tu a mandarmi via. –
ribattè.
- Non andartene più. Non importa ciò che dico. -
Please don't ever go away, no matter what I say
You've got to know how much I need you
Please don't let it go
to waste, all the memories we made
‘Cause they wont mean a thing, if
you're not here with me
Vale