Jimmy è stato qui.
Il periodo di Natale è
arrivato anche quest’anno.
Vorrei poter dire che è bianco, con un manto di neve che
ricopre ogni cosa e un vento freddo che porta l’allegria e i
profumi di pan di
zenzero e cannella, ma siamo in California, ad Huntington Beach e la
neve si
vede solo con il binocolo.
Fa freddo, ma è qualcosa di autunnale e mediato dal clima
caldo, una volta nella mia vita mi piacerebbe assistere a un bianco
Natale come
quelli che si vedono nei film.
Magari potrei andare a new York quando sarò ricca,
cioè probabilmente
mai.
Sospiro, mi chiamo Tiana, ho trentaquattro anni e faccio
la barista da una vita, difficilmente sarò una milionaria.
Non sono una brutta
ragazza –sono nera, con i capelli neri raccolti in tanti
dreads che curo
meticolosamente e un piercing al septum – ma non sono nemmeno
bellissima, tanto
da attirare un riccone.
O forse ho sprecato la mia possibilità, anche se suona
così cinico dirlo, e non posso farci nulla.
Lui diceva che ero la miglior barista che avesse mai
incontrato, ma forse mentiva, ha visitato i bar di mezzo mondo e di sicuro
c’è qualcuno migliore di me.
Forse lo diceva perché era gentile, la gentilezza era una
delle sue qualità migliori nonostante l‘aspetto da
cattivo ragazzo. Era una di
quelle persone che sorridevano sempre, aveva sempre qualche parola da
scambiare, storia
divertente da raccontare e una gioia di vivere incontenibile.
Mi dispiace pensare che il whisky o la birra che servo
siano state una delle cause della sua morte, mi spezza il cuore
perché anche a
causa loro non rivedrò mai più il suo sorriso.
Lui si chiamava Jimmy Sullivan ed era il batterista degli
Avenged Sevenfold, un idolo per molti, ma per me era il compagno di
classe
casinista, uno di quelli che alleviano la noia delle lezioni.
Era un amico, un cliente, un confessore e un consigliere,
era tanta cose, ma era soprattutto il ragazzo che amavo. Non sono mai
riuscita
a dirglielo e ora questo rimpianto è come un fuoco che mi
consuma, che mi rende
triste. Ogni tanto lo vedo ancora sul suo sgabello preferito, nel mio
cuore il
suo spirito è ancora qui.
È morto tre giorni dopo Natale e questo rende sempre
dolceamaro i preparativi per questa festa, dopo la gioia segue sempre
il
dolore.
Ogni tanto vengono qui Matt, Brian, Zacky e Johnny,
beviamo qualcosa tutti insieme e lo ricordiamo. Ho perso il conto delle
volte
in cui le lacrime si sono mischiate alle risate, gli episodi divertenti
avvolti
nel velo della nostalgia fanno male.
Un male cane.
È come essere dietro a uno specchio e non potere fare
nulla, vorrei entrare nei miei stessi ricordi, attaccarmi al braccio di
Jimmy e
dirgli di non bere eccessivamente, di smetterla con gli antidolorifici
e di
correre da un cardiologo.
La cardiomegalia è curabile, a volte non è
nemmeno
necessario il trapianto.
So che non avrebbe sopportato una vita non così attiva, ma
l’avrebbe accettato perché Jimmy amava la vita e
io farei di tutto per rivedere
il suo sorriso e sentire di nuovo la sua risata franca.
Ma la morte purtroppo trancia ogni possibilità, una
mannaia che taglia un tessuto, e ti lascia solo con dei fili al vento
smarriti e
senza vita.
Ed è per questo che mi sento dietro a un vetro quando
penso a lui, uno di quelli anti sfondamento, fatto di lacrime
calcificate dal
dolore, dal rimpianto e dalla rabbia, dai dubbi esistenziali.
Perché Dio ha tolto lui ma ha lasciato vivere un marito
che ha ammazzato la moglie e i figli?
Che poi Dio esiste?
Sospiro di nuovo e cerco di pensare al mio lavoro,
sebbene il bar non sia molto pieno, sono le due del pomeriggio di
mercoledì: è
normale che non ci sia tanta gente se non i quattro giocatori incalliti
dei
videopoker e un vecchio che legge borbottando il giornale.
“Tiana, mi porti una birra?”
Mi chiede il vecchio.
“Subito, signore.”
Preparo la solita birra alla spina media e la porto al suo tavolo.
“Grazie, Tiana.
È quel periodo, eh?”
Lo sanno tutti al bar che a dicembre divento malinconica.
“Sì, signore.”
“Ti manca molto, vero?”
“Sì.”
Lui beve un sorso di birra.
“Beh, manca a me. Era un bravo irlandese che raccontava
delle storie divertenti e offriva da bere senza tante storie. Proprio
un
peccato che sia morto così presto.
Era un bravo ragazzo e mi piaceva e piaceva anche a te.”
“Ormai è tardi.”
Mormoro io.
Me ne torno dietro al bancone, prigioniera di questa
cappa di tristezza proprio nel periodo che dovrebbe essere il
più allegro
dell’anno.
{La porta si spalanca con foga,
il campanellino protesta
con uno strillo acuto.
Io alzo gli occhi e mi
trovo davanti un Jimmy Sullivan
persino più felice del solito, il che è tutto
dire dato che è praticamente una palla
di energia perenne.
“Tiana, la mia
band è stata messa sotto contratto!
Ce l’abbiamo
fatta, hai davanti a te una rockstar!”
So che suona da sempre
la batteria e il pianoforte, ma lo stesso esco da dietro
il bancone.
“Sono tanto
felice per te, Jimmy!”
“Chiamami The
Rev.
“Uh?”
“The
Reverend Tholomew Plague. Nome d’arte.”
Dice con aria di
importanza.
“Uff, potevi
scegliertene uno meno complicato!”
Lui ride e mi abbraccia
all’improvviso e io mi beo del contatto con il suo
corpo, è alto e magro e io sono piuttosto bassa: mi sovrasta
e mi circonda e mi
piace così.
Ho sempre avuto una
cotta per lui e non gliel’ho mai
detto.
Mi lascia andare
all’improvviso sempre sorridendo.
“Cosa ne dici
di uno dei tuoi cocktail per festeggiare?”
“Va
bene.”
Preparo il suo
preferito, uno per me e uno per lui, poi gli porgo il bicchiere
alto e sottile.
Facciamo scontrare il
mio e il suo.
“Agli
Avenged Sevenfold.”
“Agli Avenged Sevenfold.”
Faccio eco io.
Spero che lo portino
lontano, ma non troppo.
Spero sia sempre alla
mia portata.}
Invece se ne è andato
dove né io né nessun altro può
raggiungerlo, non ora almeno.
Totalmente fuori dalla mia portata e da quella del mondo.
Le cose non vanno come desideri, a volte vanno nel modo
peggiore per tutti e la sofferenza è insopportabile.
Quest’anno sono otto anni che se ne è andato e mi
manca
come il primo giorno, anche se da fuori posso sembrare quasi guarita.
So tenere
bene i segreti, non sono una persona facile da leggere e forse questa
è una
fortuna: non mi andrebbe di essere compatita.
Resta il fatto che lui non è qui e mi manca e vorrei
vederlo almeno un’ultima volta per salutarlo e dirgli addio,
ma dall’aldilà non
si torna.
E io torno a occuparmi del bancone in quest’ora morta
della giornata, sperando che cada un po’ di neve a dare
sollievo
alle mie ferite.
Fuori splende il sole, pallido e freddo, ma continua a
farlo.
Preghiere e occasioni sprecate.
Questa è la mia vita.
La sera questo posto è più animato, ma non
all’orario di
chiusura.
La gente se ne è già andata tutta e io sto per
pulire il
locale quando il campanello suona, mentre io sono voltata verso la
porta del
personale per prendere scopa e paletta.
“Il locale sta per chiudere.”
“Potresti fare un’eccezione per me?”
Mi dice una voce roca, io mi volto di scatto.
“Brian!”
“Proprio io, fai un’eccezione?”
“Sì.”
Chiudo la porta dal locale e torno dal chitarrista.
“Così nessuno ci disturberà, credo di
sapere perché sei
qui.”
“Jimmy.”
Io annuisco.
Conosco Brian Haner da prima che fosse sexy e famoso,
come conoscevo Sullivan.
“Cosa vuoi?”
“Una bella birra di quella riserva speciale che
avete.”
“Sta bene.”
Servo della birra per lui e della vodka al cocco per me.
“Ci vai giù pesante.”
“Ho lavorato tutto il giorno, sono stanca e sto male.
Soffro esattamente come se fosse il primo giorno, non
riesco a spiegarlo. La parte razionale ha elaborato il lutto e sa che i
ricordi
che ho di lui dovrebbero essere fonte di gioia, ma il cuore dice altro.
A volte mi sembra di essere una di quella ragazzine che
lo idealizzano senza conoscerlo, so che ha – aveva
– dei difetti. Poteva essere
uno stronzo apocalittico a volte, ma te lo dimenticavi
perché la volta dopo era
semplicemente lui: il ragazzo sempre allegro.
Con tutte le cazzate che ha fatto e le brutte cose che
gli sono successe si è sempre rialzato sorridendo, deve
essere questo che mi
rode. Perché sono le brave persone a morire e non gli
stronzi?”
Lo dico tutto d’un fiato, se non l’avessi fatto ora
poi avrei perso il
coraggio.
“Hai perfettamente ragione.
Mi ricordo la prima volta che è venuto a casa mia dopo
mesi che dormiva in quella lavanderia del cazzo, sai cosa ha fatto?
Si è buttato in piscina vestito e dopo essersi fatto la
doccia ha cominciato a saltare sul suo letto perché
“era fottutamente morbido”,
parole sue. Mio padre ha riso fino alle lacrime, probabilmente ha
pensato che
fossi pazzo a portarmi a casa un elemento del genere, ma poi gli si
è
affezionato.
Era impossibile non affezionarsi a lui, lo vedo in quello
che i fan scrivono di lui dopo tutti questi anni.
Era una meteora…”
“Una di quelle cose che bruciano in fretta. Bellissime, ma
che fanno male?
È questo che vuoi dire?”
Lui annuisce.
“Tiana, tu non hai mai avuto una storia seria che sia
durata.”
“Allora?”
“Eri innamorata di lui? Lo sei ancora?”
Io finisco la vodka in un sorso solo.
“Questo non ha alcuna importanza.”
“Vorrei solo saperlo, siamo amici da tanto tempo.”
“Non cambierebbe nulla.”
“Tiana…”
“Sì, mi sono innamorata di lui al liceo e non mi
è mai
passata e la cosa peggiore è che io non gliel’ho
mai detto. Avevo paura che mi
rifiutasse o rompesse la nostra amicizia, ma sai una cosa?
Avrei dovuto dirglielo perché combattere ogni giorno
contro il rimpianto non è facile, è la cosa
peggiore che mi sia successa.
Non posso nemmeno dimostrarlo troppo in pubblico perché
è
Leana la sua ragazza, non la odio, ma non riesco nemmeno a trovarla
simpatica.
Che situazione di merda.”
“Capisco.
Sinceramente ho sempre pensato che tu lo amassi e credo
che anche Jimmy a qualche livello lo avesse capito, ma – come
hai detto tu – c’era
Leana.”
“Lo so, in questi giorni mi ammazzo di lavoro per non
pensare.”
“Io faccio lo stesso, Jimmy voleva che la band andasse
avanti, ma niente di
quello che scrivo o compongo ha senso. Mi sembra di dibattermi in una
rete e di
non poter fare diversamente, poi passato questo periodo torno alla mia
normalità.”
“Sono cicatrici che non guariscono in un giorno, a volte
non guariscono in una vita intera.”
“Sì, ma dobbiamo andare avanti e questo vale anche
per te.
Nessuno sarà mai come lui, ma forse dovresti permettere a
qualcuno di
avvicinarsi.”
“Non lo so.”
Mi verso dell’altra vodka.
“Questo è l’ultimo, devi guidare per
andare a casa.
L’esperienza di Jimmy mi ha insegnato qualcosa.”
Io annuisco.
La sua morte ha insegnato qualcosa a tutti, anche solo a
non dare per scontata la vita perché in un attimo ti
può essere tolta, di
vivere fino in fondo, ma senza esagerare.
“Eri una cometa e ti ho perso.”
Dico a bassa voce.
“Come va la tua nuova vita da padre?”
“Bene, occuparmi di Nicolangelo mi aiuta a non
pensare.”
“Gli hai dato uno dei soprannomi di Jimmy, è stato
carino
da parte tua.
Saint James.”
Lui sorride.
« Certo, non appena sarà in grado di
capire gli
racconterò tutto di quello zio che non ha mai potuto
conoscere. In fondo lui
non se n’è mai andato, c’è
quando suoniamo o lo ricordiamo.”
“Già, ma non è la stessa
cosa.”
“Tiana, è solo un periodo. Un momento duro che
passerà, forse un giorno non
farà nemmeno così male.”
“A questo non ci credi nemmeno tu, farà sempre un
po’male.”
“Sì, ma si alza il vento e bisogna tentare di
vivere o
qualcosa del genere.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“Ti ricordi come ero a scuola?
Non vedevo l’ora che il liceo finisse per fare il corso
da barman e aprire un locale mio, ero la disperazione dei miei genitori
che
volevano a tutti i cosi che andassi all’università.
Avevano risparmiato duramente, i miei voti non erano
brutti, ma io mi sono impuntata e sono andata avanti per la mia strada.
Ho
lavorato tantissimo per fare esperienza, accumulare i soldi necessari e
farmi
una clientela.”
Lui annuisce.
“Avrei dovuto essere felice quando due anni fa ho
rilevato questo che era anche il nostro posto.
Te le ricordi le chiacchierate eterne davanti a una
cherrycola perché eravamo troppo giovani per una birra?
Vuoi sapere la verità?
Non ero felice, avrei voluto che ci fosse stato anche
lui, e in quel momento ho pensato che avrei dovuto dare retta ai miei.
Andare
al college, fare il medico, la giornalista, l’avvocato,
qualsiasi cosa, perché
questo posto, questo lavoro, mi ricorda lui e mi fa pensare a tutte le
volte
che si è ubriacato e, senza saperlo si accorciava la
vita.”
Lui mi stringe una mano tra le sue, mentre con l’altra mi
asciugo due lacrime
furtive.
“Pensala così, hai realizzato il tuo sogno e
l’hai fatto
per lui.
Hai impedito che la parte di lui che vive ancora in questo posto
se ne andasse per sempre.”
“Forse hai ragione tu.”
Chiacchieriamo ancora un po’ e poi se ne va.
Brian sarà un bravo padre, non ho nemmeno un dubbio su
questo, sa come trattare con i bambini e non è
eccessivamente oppressivo. Anche
Jimmy sarebbe stato un bravo padre.
Sospiro per l’ennesima volta e spazzo il locale, pulisco
i pavimenti e i tavoli, capovolgo le sedie, prendo l’incasso
ed esco.
La notte è fredda per essere il sud della California, una
piccola parte di me spera ancora nella neve.
Abbasso la saracinesca, la chiudo e inserisco l’allarme.
Con le mani sprofondate nel cappotto nero vado alla mia
macchina, mi fumo una sigaretta e guardo il cielo sereno in cui le
stelle
brillano come diamanti.
Quante volte sono salita sul tetto dei Sullivan per
guardare le stelle con Jimmy, non era portato per
l’astronomia e inventava i
nomi delle costellazioni di sana pianta: il cane, il gatto che soffia,
la
papera gigante, cose così.
Salgo in macchina dopo aver buttato il mozzicone e controllo
il mazzo di rose nere sul sedile posteriore, sembra stare bene. Quelle
rose le
ho dipinte io una ad una a mano per soddisfare il suo desiderio di cose
bizzarre, ma fighe.
Spero gli piaceranno.
Metto in moto e guido fino al cimitero della cittadina, parcheggio
ed estraggo il mio mazzo, avvolto in un pizzo rosso scuro. Il posto
è
ovviamente chiuso, ma io ho trovato un buco nella spessa siepe che lo
cinge che
si apre su un’apertura, la sbarra che dovrebbe esserci
è caduta anni fa.
Cammino tranquilla, convinta che non sono i morti a fare
paura, ma i vivi.
Trovo il mio buco e lo attraverso, poi mi incammino tra
le tombe sospinta dal vento, nel frattempo il cielo è
diventato nuvoloso,
cumoli scuri e grevi incombono su di me.
Trovo la tomba di Jimmy, ci sono molti lumini e parecchi
mazzi con biglietti dei fans che conoscono l’ubicazione della
tomba. Io
sorrido, appoggio il mazzo per terra e pulisco con cura la tomba, poi
sistemo
anche il mio mazzo.
“Ciao, Jimbo.
Sono Tiana e sono venta a trovarti, dato che tu non ti
fai più vedere al mio locale per ovvi motivi.
Hai fatto una carognata morendo, lo sai, vero?
Ti sei perso tante cose: matrimoni, le nascite dei
piccoli Avenged Sevenfold, tour, album.
L’ultimo che è diventato papà
è stato Brian, è un papà
chioccia con il suo piccolino, quando è a casa trascorre
tutto il tempo con
lui. In tour gli manca e lo ha persino chiamato Saint James come
secondo nome.
Ma questo lo sai già.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Anche tu saresti stato un bravoi padre secondo me.
Per un po’ è girata la voce che Leana fosse
incinta, ti
sarebbe piaciuto?
Un piccolo Jimmy scatenato pronto a farti ammattire con a
sua energia inesauribile, ti avrei visto come padre brontolone, ma
attaccatissimo al suo cucciolo.”
Il vento è diventato più forte.
“Sono anni che vengo qui e ancora non ti ho detto la cosa
più importante, mi sfugge sempre di mente o forse la lascio
fuggire perché ho
paura.
La verità è che mi sono innamorata di te la prima
volta
che ti ho visto al liceo quando mi hai chiesto se il banco accanto al
mio era
libero e io ti ho detto di sì. Avevi gli occhiali e una
maglia dei Metallica,
dicevano che eri uno sfigato simpatico, ma sfigato, per me eri
bellissimo.
Diventare tua amica è stata la cosa più bella che
mi sia
capitata, ma anche la più dolorosa, non potevo rivelarti i
miei sentimenti
perché avevo paura di perderti e allora sono stata zitta.
Ti ho supportato come amica al meglio, spero di aver
fatto un buon lavoro.”
Mi tocco il piercing.
“Mi ricordo quando siamo andati dal piercer, io volevo un
septum e tu un piercing sotto il labbro, avevamo entrami paura, ma ci
siamo
fatti coraggio a vicenda e i piercing sono ancora qui.
A un certo punto volevo dirti tutto, ma tu hai annunciato
a tutti che ti eri messo con Leana e mi sono morsa la lingua. Tu eri
felice,
perché rovinare la tua felicità?
Non c’era motivo.
Ma poi tu sei morto e io…
Io mi sono pentita di non avertelo detto, non passa
giorno che non lo rimpianga.
Forse avrei perso tutto, ma tu l’avresti saputo e ora io
non avrei questo tarlo continuo, probabilmente sono
un’egoista.
Il mio unico desiderio è rivederti un’ultima
volta,
abbracciarti e dirti tutto.
Sarebbe l’unico modo per ripartire con la mia vita, ma
anche quello impossibile, dal regno dei morti non si ritorna.”
Una folata di vento gelida mi fa voltare e spalanco gli occhi: davanti
a me
pallido e vestito di nero c’è Jimmy.
“Jimmy? Jimmy, sei tu?”
“Sì.”
“Sei vero o sei un’allucinazione?”
Lui sorride debolmente.
“Sono vero.”
Io deglutisco.
“Posso abbracciarti?”
“Vieni, Tiana.”
Io non me lo faccio ripetere due volte e mi lancio nel suo abbraccio,
è freddo e non né corporeo né
incorporeo, ma non mi staccherei per
nessuna ragione al mondo.
All’improvviso mi metto a piangere e a singhiozzare
violentemente, tanto che lui è costretto a darmi delle
pacche gentili sulla
schiena.
“Mi sei mancato, stronzo.
Ti sei perso tantissime cose, non c’eri nemmeno quando ho
rilevato e sistemato il nostro bar, perché cazzo sei morto?
Perché cazzo sei morto?”
Singhiozzo ancora un po’, sopraffatta dall’emozione.
“Non lo so perché sono morto, non penso che ci sia
nemmeno un perché: era arrivata la mia ora.
Mi dispiace per non esserci stato e per avervi fatto
soffrire, era l’ultima cosa che volessi.”
“Lo so, lo so, ma fa male.
Tanto male.”
“Mi dispiace.”
“Perché sei qui?”
“Permesso speciale dall’alto.”
Io ammutolisco, poi prendo un respiro profondo.
“Lo so che è tardi per tutto e quello che sto per
dirti
non cambierà nulla, ma te lo devo dire lo stesso, Jim.
Questa è davvero l’ultima occasione e non posso
sprecarla.
Io ti amo, Jimmy.
Ti amo da quando eravamo al liceo, probabilmente ti amerò
per tutta la vita anche se dovessi farmi una famiglia mia.”
Lui sorride.
“Lo so, lo sento. Lo sapevo anche prima in un certo
senso, ma avevo paura di perderti e mi sono messo con Leana.
L’amavo, ma non
eri tu.
È troppo tardi ora per aggiustare le cose, ma quando
anche tu arriverai dall’altra parte avremo tutto il tempo per
recuperare. Io ti
aspetto, tu però fammi una promessa.”
“Quale?”
“Promettimi che ti impegnerai a essere felice.”
Io sorrido.
“Sì, ci proverò.”
“Brava, piccola.
Io ora devo andare.”
“Aspetta.”
Senza pensarci troppo lo bacio.
“Addio, Jimmy. Ci si vede dall’altra
parte.”
Lui mi sorride e svanisce come è apparso, io sorrido, il
volto rivolto verso
l’alto.
All’improvviso qualcosa di freddo e umido si appoggia sul
mio naso e io spalanco gli occhi: è neve.
È l’ultimo regalo di Jimmy e il mio sorriso si
allarga
ancora di più e compio una giravolta su me stessa come se
fossi una bambina.
Il mio cuore è leggero, so che lo rivedrò ancora
dopo
questa vita e con questa consapevolezza posso iniziare a vivere davvero.
Grazie, Jimmy.
Questa è Tiana.