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Autore: heliodor    28/12/2017    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La proposta

"Fuggire?" chiese Joyce angosciata. "Perché?"
"Perché verremo considerati dei nemici e dei potenziali ostaggi da consegnare a Malag o uno dei suoi tirapiedi. E io non voglio fare quella fine."
"E cosa conti di fare?"
"Ho già preparato una via di fuga, non temere."
"Cosa?"
"Preferirei non parlarne adesso. Spero di non doverla usare mai ma, se fosse necessario..." scosse la testa.
Joyce decise di non insistere oltre. "Dove stavi andando?"
"A parlare con Therenduil."
"Voglio venire anche io" disse subito Joyce.
"Perché?"
Scrollò le spalle. "Mi annoio a stare sempre in camera mia."
"Non sono discorsi adatti a te, i nostri."
"Vuoi che me ne vada in giro a mettermi nei guai? Come nel tribunale?"
Jhazar sospirò rassegnato. "E sia. Ma devi promettermi di non dire una parola. Intesi?"
"Starò zitta."
"Prometti" disse Jhazar col tono di chi si rivolge a un bambino.
Joyce si sfiorò il petto. "Sul mio onore."
Lui le indicò il corridoio. "Andiamo."
"Posso almeno sapere di che si tratta?" chiese Joyce mentre percorrevano i corridoi silenziosi della fortezza.
"Nemmeno io lo so con esattezza. Therenduil ha mandato un valletto chiedendomi di raggiungerlo nelle sue stanze."
"E non poteva venire lui da te?"
"Non lo lasciano uscire."
"È prigioniero?"
Jhazar sospirò. "In un certo senso... hai capito cosa è successo al tribunale, vero?"
"Credo di sì."
"Credi?"
"Therenduil doveva essere messo in prigione al posto dei ragazzi evasi, giusto?"
Jhazar annuì. "Sì, è così che funziona le legge qui. Chi parla a nome di un imputato si assume le proprie responsabilità. I ragazzi sono fuggiti e ora è lui prigioniero al loro posto."
"Perché allora non è in una cella sotto il tribunale?"
Jhazar la guardò stupito. "Come fai a sapere che la prigione è sotto il tribunale?"
Brava, si disse. Devi sempre parlare troppo. "Ho sentito due guardie che ne parlavano."
Jhazar annuì. "Therenduil non può essere trattato come una persona comune. Lui è il taras degli alfar e imprigionarlo vorrebbe dire guerra aperta con loro."
Aveva già sentito quella parola. "Che vuol dire taras?"
"È il titolo che gli alfar usano per maestro o nobile stregone."
"Therenduil è uno stregone?"
"Tra i più forti di Nazedir, dicono" disse Jhazar.
Nel frattempo erano scesi di due livelli ed erano arrivati davanti a una pesante porta di legno. Un picchetto di otto guardie e quattro stregoni la teneva d'occhio.
Dei quattro stregoni due erano donne. Una di esse si staccò dal gruppo e andò loro incontro. "Io ti saluto, tamish Jhazar."
"E io saluto te, maatsiba Ilda."
I due si rivolsero un inchino deferente.
"Che cosa ti porta qui?" chiese Ilda.
"Desidero parlare con Therenduil."
"Mi spiace, ma ho l'ordine di non far entrare nessuno, a parte stovoi Selena e maatsiba Gajza."
"Sono sicuro di essere anche io in questa lista ristretta."
"E io sono certa di no. Se mi avessero detto il tuo nome lo ricorderei di certo."
"Forse non ti è stato detto perché era sottinteso. In ogni caso, io sono uno dei giudici al processo e chiedo di parlare con l'imputato per interrogarlo."
Era un buon tentativo, ammise Joyce.
Ilda scrollò le spalle. "Io non conosco bene le leggi come te, ma so che il processo è stato sospeso e qui non ci troviamo in un tribunale."
"Ma le leggi continuano a valere anche lontane dal luogo in cui vengono applicate" rispose Jhazar.
Ilda sorrise. "Temo di non poterti lasciar passare, tamish."
"Almeno parlane prima con la stovoi e senti cosa ti dice."
"Dovrei mandare un valletto e attendere una risposta."
"Aspetteremo" disse Jhazar sicuro.
"Potrebbe essere un'attesa lunga. E vana."
Jhazar si limitò a fare un leggero inchino e si fece da parte, mettendosi di schiena contro il muro.
Joyce lo seguì. "E adesso?"
"Aspettiamo."
Lei si guardò attorno nervosa. "Cosa?"
"Devi avere pazienza."
Un valletto tornò di corsa e parlò con Ilda, che annuì a ogni parola. Quindi si rivolse a Jhazar. "La stovoi ti concede cinque minuti con il nostro... ospite."
Jhazar si staccò dal muro e andò verso la porta seguito da Joyce.
Ilda la fermò. "Da solo."
"Lei viene con me" disse Jhazar.
Ilda sbuffò. "Non posso garantire per la sua sicurezza."
"Di quella me ne occuperò io" rispose lo stregone.
Ilda si fece da parte e fece un cenno alla guardia più vicina alla porta. Questa infilò una chiave nella serratura e la fece scattare.
La porta si aprì rivelando una stanza ampia e bene illuminata. Alle pareti erano appesi degli arazzi riccamente decorati e tappeti di ottima fattura ricoprivano il pavimento di pietra.
La stanza era ammobiliata con armadi e cassettiere di legno pregiato e candelabri sui quali ardevano le candele.
Un paio di torce appese alle pareti rischiaravano le altre stanze.
Appena oltre la soglia le guardie richiusero la porta a chiave.
"Cinque minuti" disse Ilda. "Poi verrò a prendervi io stessa."
Jhazar non le rispose. Avanzò per la stanza seguito da Joyce, che si guardava attorno.
Therenduil, l'alfar, sedeva per terra a gambe incrociate, il petto nudo e muscoloso. Il resto del corpo era coperto da un gonnellino di tessuto grossolano.
Joyce notò che era scalzo.
L'altro alfar sedeva anch'egli a gambe incrociate, proprio di fronte al primo. Anche lui era nudo dalla cintola in su ed era scalzo. Non doveva avere più di venti o ventidue anni.
Sedevano sul pavimento di nuda roccia, in un punto dove i tappeti erano stati rimossi e arrotolati in un angolo.
Jhazar si schiarì la gola. "Volevi parlarmi?"
Therenduil aprì gli occhi di un grigio chiaro. "Maatsiba Ilda ha fatto molte resistenze prima di lasciarti entrare?"
"Meno di quanto mi aspettassi" mentì Jhazar.
Therenduil mormorò qualcosa sottovoce.
L'alfar che sedeva di fronte a lui aprì gli occhi e si alzò con un gesto agile e fluido.
Era alto e dal fisico slanciato, i capelli lunghi e fluenti che gli ricadevano sulle spalle. In compenso il viso era glabro e la pelle chiarissima. Rivolse un inchino prima a Jhazar e poi a Joyce e si fece da parte.
Therenduil si alzò a sua volta, ma sembrò fare più fatica dell'altro alfar più giovane. "Diroen, il mio quynab."
L'alfar si inchinò.
Jhazar rispose all'inchino con un cenno della testa. "Potresti dirmi di che cosa volevi parlarmi? Ho paura che i cinque minuti concessi da Ilda non siano tanto per dire."
"Quella donna prende sul serio il suo lavoro" disse Therenduil avvicinandosi. "Lei è tua nipote?"
Joyce sussultò sentendosi chiamata in causa. "Mi chiamo Jasmyna."
"Non ti somiglia affatto" disse l'alfar.
"È di questo che volevi parlarmi?" chiese Jhazar.
Therenduil scosse la testa. "Ovviamente no. Voglio proporre uno scambio alla stovoi."
"Perché non hai chiamato lei allora?"
"Non si fiderebbe e se lo facesse, Gajza e Gastaf farebbero di tutto per dissuaderla."
"Chi ti dice che si fiderà di me?"
"Tu non hai secondi fini. Sei qui per un motivo ben preciso."
"Vai avanti" lo esortò Jhazar.
"Posso far pendere l'ago della bilancia verso la tua alleanza" disse l'alfar.
Jhazar restò in attesa.
"Quello che ti serve è forzare la mano della stovoi. Se la metti davanti al rischio che corre rifiutando di entrare nell'alleanza, avrai il suo appoggio."
"È quello che ho cercato di farle comprendere in tutti questi giorni."
"Non avevi l'argomento giusto. Io posso fornirtene uno."
"Sarebbe?"
Therenduil chiuse gli occhi per un istante e poi li riaprì di scatto. "Prima di lasciare la foresta ho ricevuto un messaggio."
"Da chi?"
"Un luogotenente di Malag."
"Il suo nome?"
"Rancey."
Joyce ebbe un tuffo al cuore. Rancey! Il pensiero che fosse lì l'atterriva.
"Che cosa vuole quel bastardo?" chiese Jhazar.
"È diventato il portavoce di Malag, stando a quello che ha scritto nel messaggio" spiegò Therenduil.
"E che cosa vuole da te?"
"Appoggio. Sostegno. Diceva che se Nazedir fosse entrata nell'alleanza, allora gli alfar si sarebbero dovuti schierare con il suo padrone."
"Che assurdità."
"C'è un fondamento di vero in ciò che dice" disse Diroen parlando per la prima volta.
Jhazar gli scoccò un'occhiata ostile.
"I Nazedir sono nostri nemici. Se entrano nell'Alleanza, allora anche voi diventate nostri nemici" aggiunse il giovane alfar.
"Che sciocchezza" disse Jhazar.
Diroen fece per scattare in avanti. "Non trattarmi con sufficienza, kodva."
Therenduil gli rivolse un cenno deciso della mano. "Perdona il mio quynab, tamish Jhazar. Lui parla con l'ardore e la stupidità di un giovane."
Jhazar annuì. "Non c'è bisogno che si scusi. Conosco la storia di voi alfar."
"Sai anche che ci danno la caccia?" chiese Diroen. "I soldati vengono nel nostro territorio e ci danno la caccia. I bracconieri uccidono le nostre prede e i piromani incendiano i nostri boschi."
"È per questo che avete massacrato quella carovana?" chiese Jhazar provocatorio.
Diroen fece per rispondere, ma Therenduil gli fece lo stesso cenno di prima.
"Non è stata opera nostra" disse l'alfar. "Ma di Rancey."
"Dimostralo. C'erano i tuoi ragazzi sul luogo del massacro."
"È la nostra foresta. È come accusare di omicidio un passante che si imbatte per caso in un corpo abbandonato in un vicolo vicino a casa sua."
"Ma sono evasi. Come te lo spieghi?"
"Non me lo spiego" ammise Therenduil con tono triste.
Joyce si morse il labbro. Lei sapeva come erano andate le cose. Era stato Khadjag, forse per ordine di Gastaf, a far fuggire i tre ragazzi alfar. E tutto per poter accusare e imprigionare Therenduil e Diroen.
Ma non poteva dirlo o avrebbe dovuto confessare che usava i poteri magici, lei che ne era nata priva. Era una situazione senza uscita.
Jhazar strinse i pugni. "Era questo che volevi dirmi? Devi incontrarti con Rancey?"
"L'incontro è per stanotte. E io vorrei andarci."
"Perché?"
"Per consegnarvelo. Sono stati lui e i suoi stregoni a massacrare la carovana."
Jhazar si fece più attento. "Perché vuoi farlo?"
"Per evitare la guerra che Gastaf sta cercando di scatenare."
"Gastaf?"
"Lui ci odia" disse l'alfar. "Ci accusa di aver ucciso il suo figlio maggiore, Esper."
"Non ne sapevo niente. È vero? L'avete ucciso voi?"
Therenduil abbassò gli occhi. "Esper scomparve nella foresta due anni fa e da allora non ha più fatto ritorno a casa."
"È morto?"
Therenduil si incupì ma non rispose alla domanda.
"Ti ho chiesto se..."
Qualcuno picchiò sulla porta. "I cinque minuti stanno per scadere" gridò Ilda.
"Non abbiamo molto tempo" disse Therenduil.
"Devo pensarci."
"Mi serve una risposta adesso."
Jhazar si grattò il mento. "Se mi dicessi dove si terrà l'incontro, potrei andarci io."
"Rancey avrà delle guardie" disse Therenduil. "Non appena ti vedranno arrivare lo avvertiranno del pericolo e lo faranno scappare. Solo io so come arrivargli addosso senza che se ne renda conto."
"Quindi vuoi che ti liberi?"
Therenduil annuì. "Il mio quynab e io andremo all'incontro. E tu potrai venire con noi, insieme a quelli che vorranno unirsi alla caccia."
"Saremo solo noi tre" disse Jhazar. "Non mi fido di nessun altro."
"Non possiamo affrontare Rancey da soli. Avrà molti stregoni e streghe al suo servizio" disse Therenduil.
"Allora dovrò parlarne con la stovoi e cercare di convincerla."
"Ti auguro buona fortuna. Io attenderò la vostra decisione." L'alfar tornò a sedersi a gambe incrociate.
Diroen lo imitò.
Jhazar andò verso la porta. "Fateci uscire."
Non appena furono fuori, le guardie si affrettarono a richiudere la porta a chiave.
"È stato un incontro soddisfacente, tamish?" domandò Ilda.
"Più di quanto tu creda, maatsiba" rispose Jhazar.
 
"E ora?" chiese Joyce mentre si allontanavano con passi veloci.
"Devo parlare con Selena e convincerla a fare questa pazzia."
"Pazzia?"
"Affrontare Rancey. Pochi sono sopravvissuti a un incontro con quel bastardo."
Io sono uno di quei pochi, pensò Joyce con orgoglio. Certo era stata aiutata da Robern, ma...
"È così pericoloso?" chiese.
"È uno stregone esperto. È stato allievo di Privel, uno dei maestri più forti di Taloras."
Lei lo aveva conosciuto di persona. Non gli disse che era in viaggio per Krikor, anche se a quell'ora doveva essere già arrivato a destinazione.
Joyce voleva più informazioni. Stavolta non si sarebbe presentata impreparata a un incontro con Rancey. "Che cosa sa fare?"
"È un transmutatore" disse Jhazar. "Ma è molto più abile come divinatore. Conosce molti tipi di maledizione. Chi è stato toccato da quel maledetto non è sopravvissuto a lungo."
Ciò confermava i suoi sospetti. Rancey aveva maledetto Oren, ormai non c'erano più dubbi.
Marciarono fino alle stanze private di Selena, dove un picchetto di guardie li bloccò diversi metri prima.
"Devo parlare con la stovoi" disse Jhazar.
"Riferirò" rispose la guardia.
Poco dopo tornò e disse: "La stovoi acconsente a riceverti, tamish."
"Tu resta qui" disse Jhazar. "Potrebbe volerci molto."
"Cercherò di non annoiarmi."
L'attesa durò più di un'ora. Mentre aspettava vide diversi valletti entra e uscire dalla stanza di corsa, per poi tornare trafelati.
Uno alla volta arrivarono una mezza dozzina di streghe e stregoni che non aveva mai visto. Per ultimi giunsero Gajza e, qualche minuto dopo, Gastaf, questi scuro in volto.
Le porte della stanza si aprirono quindici minuti dopo e ne uscì un Gastaf che sembrava molto agitato. "No, no, no" stava urlando. "Non lo posso permettere" aggiunse allontanandosi con ampie falcate.
Gli altri lo guardarono allontanarsi.
Tra di loro c'era anche Selena, che si rivolse a Jhazar. "Riuscirò a convincerlo."
Gajza si fece avanti. "Vado a prepararmi per la missione."
"Scusate, ma devo mandare dei dispacci" disse Selena congedandosi prima di tornare nella sua stanza.
Jhazar aveva l'aria stanca ma soddisfatta. "Sono riuscito a convincerli che valeva la pena fare un tentativo" disse con voce eccitata.
"Un tentativo?"
"Stanotte usciremo dalla fortezza per dare la caccia a Rancey. Se riusciremo a prenderlo sarà un grande colpo per l'alleanza, Selena non avrà altre scuse per rifiutarci il suo appoggio e non ci sarà nessuna guerra con gli alfar."
"Molto bene" disse Joyce. Mancava solo un tassello. Rancey doveva morire per salvare Oren. Per essere sicura che accadesse doveva essere presente di persona a quella caccia.
Sarebbe andata anche lei e avrebbe affrontato Rancey.

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