VII CAPITOLO
Esistono
i venerdì sera magici, che passano in un lampo e lasciano la leggerezza della
serata trascorsa sul palco; ma esistono anche i venerdì sera che scorrono lenti
come i lunedì mattina.
Per
Eva quel venerdì apparteneva di più alla
seconda categoria, soprattutto dopo la settimana d’inferno passata a studiare
giorno e notte una soluzione per la funambolica piscina di Robert.
Per
cui ora era lì, accasciata al bancone ad aspettare la busta paga della serata,
tra un sorso e l'altro di Martini Bianco; il prurito tra le scapole le faceva
intuire che Robert la stesse fissando- ormai aveva sviluppato una sorta di
sesto senso a riguardo-.
Infatti,
impeccabile come suo solito, l'elemento in questione se ne stava comodamente
seduto su un divanetto, le gambe accavallate e le braccia stese ad angelo sul
poggiatesta; nella mano l'immancabile bicchiere di whisky e il sigaro acceso.
La
esaminava da cima a fondo, partendo dalla punta dei tacchi a spillo, su per le
caviglie e i polpacci inguainati nei jeans, fino alla schiena nuda.
Il
tema della serata era la primavera, così tutte le ragazze dello staff portavano
gli stessi pantaloni attillati e un bikini a fascia dei più disparati colori, a
coprire lo stretto indispensabile del busto.
Quello
di Eva –Gabriele-
era fucsia scintillante, adornato da innumerevoli collane.
Lo
sguardo dell'attore continuò a scansionarla su e giù, dalle fossette lombari
fino alle linee eleganti del grande tatuaggio, che occupava buona parte della
schiena e continuava sul costato fin sotto il mini top azzurro.
Robert
si domandò dove finisse; stava per alzarsi e andare a chiederlo alla diretta
interessata, quando nel campo visivo dell'uomo si parò una figura alta,
maschile, che coprì gli occhi alla riccia con entrambe le mani, facendola
ruotare sullo sgabello.
“Indovina
chi sono!” pronunciò poi ridendo.
Robert
assottigliò le palpebre analizzando i lineamenti dell'intruso: un sorridente
ragazzo sulla ventina dalle spalle larghe e muscolose, coi capelli castani e
mossi.
Un
ampio sorriso si disegnò sulle labbra di Eva, che l'attore riusciva intravedere
solo di profilo.
“Vediamo…- cominciò quella- Sei più alto di me… Hai le spalle larghe…- si
tolse dagli occhi le mani del misterioso nuovo arrivato- …e hai il profumo
più buono del mondo!”.
Non
esitò un attimo e ruotò su se stessa, buttandosi al collo del ragazzo e
regalandogli la risata più radiosa che potesse dargli.
La
musica di sottofondo fece perdere a Robert parti del discorso tra i due, così in
un attimo di spaesamento alzò il braccio e chiamò Daniele al suo fianco.
“Chi
è il tizio che parla con Gabriele?”.
“Quale?”.
“Quello
che la tiene arpionata per la vita e le sta dando un bacio sulla guancia”
precisò sarcastico l'attore.
Il direttore artistico del locale si strinse
nelle spalle: “Credo sia il fratello del suo ex… o
qualcosa del genere”.
Una
spiegazione che lasciò di stucco Robert: poteva aspettarsi di tutto, un
pretendente, un amante, un ballerino molto espansivo -il fisico gliel'avrebbe
permesso facilmente- ma mai qualcosa di così… amichevole.
Si
focalizzò sulla atteggiamento reciproco dei due: si sorridevano a vicenda, lui
le teneva affettuosamente una mano sulla spalla, ma i corpi rimanevano a una
distanza pacifica, senza alludere a intenzioni maliziose.
Ad
un tratto la musica cambiò ritmo e Robert carpì poche parole:
“Fammi
vedere” pronunciate dalla stessa Eva, alzando la maglietta dell'amico.
L'attore
nella penombra del privè riuscì solo a intravedere una linea nera sotto il
pettorale sinistro del ragazzo, probabilmente un tatuaggio.
La
riccia me carezzò le linee indistinte: “Il tuo rimane il più bello in assoluto,
non c'è che dire”.
“Beh,
tu lo porti sicuramente meglio” rispose l'altro contraccambiando il gesto e
carezzando il costato di Eva nel medesimo punto.
Con
quel semplice movimento scostò impercettibilmente il top portando allo scoperto
i tratti di una parola indefinita, scritta forse in aramaico o cirillico, che
fece sussultare Robert; ora sapeva che anche
lì sotto la ragazza era tatuata. I dubbi sull'intimità dei due
riaffiorarono.
Un
baccano improvviso fece sussultare l'attore, timoroso di essere colto in
flagrante mentre passava ai raggi X la ragazza: Claudia e Francesca invasero il
suo campo visivo gridando allegre in italiano e saltando il collo dell'ospite.
Stettero qualche minuto a perdersi tra risate e abbracci, poi si dileguarono
sulla terrazza esterna a fumare.
Eva, di nuovo sola, si risedette al suo posto,
giocherellando con le cannucce sul bancone.
Lo
sguardo dell'uomo studiò per un attimo i movimenti degli altri ragazzi mentre
si allontanavano; poi contò fino a tre e si alzò deciso, mirando dritto al
bancone.
Il
suo bicchiere prese posto di fianco al Martini di Eva e con esso anche il
solito sorriso beffardo; una delle bariste gli versò istantaneamente dell'altro
whisky, prima di tornare a riordinare il bar.
Dal
suo canto la riccia focalizzò la bibita ambrata, il Rolex d'acciaio, poi tornò
a fissare il vuoto. Quella ragazza si rivelava sempre di più un’escalation di
fiaschi totali.
“Ciao”.
Secco,
quasi aggressivo, l'attore cercò di inserirsi nel suo flusso di pensieri. Niente.
L'avversaria non girò nemmeno il capo.
Fu
un invito a nozze per Robert, che accolse quel rifiuto come una sfida.
“Ti
ho vista… particolarmente felice un attimo fa”.
In
tutta risposta Eva abbassò lo sguardo sui suoi tacchi a spillo, come se dovesse
controllarli.
Robert
d’istinto la imitò: “Che c'è? Ti è caduto qualcosa?”.
“No
Downey, controllavo se mi stessi pisciando sulla
gamba”.
Esterrefatto
l’attore strabuzzò gli occhi.
“Come?!”.
“Hai
capito bene- scandì la riccia, girandosi totalmente verso l'interlocutore- Cosa
credi di fare? Di venire qui coi tuoi dollari sonanti e cominciare a dare
ordini a tutti?”.
Robert
allargò le braccia: “Da quando sono i miei sodi il problema?- le puntò un dito
contro- Vorrei ricordarti che sono i miei dollari
sonanti a riempire le tue buste paga”.
“Sì,
ma non il tuo cervello- Eva si girò a fronteggiarlo- I tuoi soldi sono un problema… per te: credi di poter comprare tutto,
comprese le persone, per un unico semplice motivo- afferrò il proprio bicchiere
in procinto di andarsene- Sei pateticamente
solo”:
La
cambusa le parve un ottimo rifugio, non fosse che Robert la seguì anche lì.
“Provocatoria
e presuntuosa” la rimbeccò chiudendosi la porta alle spalle.
Eva
prese una bottiglietta d'acqua: basta alcolici per quella sera.
“Cosa
vuoi Downey? Non hai una vita fuori di qui? Hai una
moglie e dei figli; che cazzo vuoi da me?!”.
L'uomo
mutò espressione, diventando improvvisamente rigido; il bicchiere di whisky
finì in un secchio della spazzatura con un fragore di vetri rotti.
Passò
solo qualche istante e poi la voce ferma di Robert rispose: “Voglio solo che tu
canti”.
Quell'improvviso
cambiamento mise sull'attenti la ragazza che inspirò profondamente,
appoggiandosi al muro a braccia conserte; cominciava a sentire freddo, vestita
com'era.
“Ti
ho già detto che non lo farò” il tono era ora calmo, non più tagliente e
aggressivo.
Robert
apparteneva a quella categoria di persone che, in fondo, la spaventava:
imprevedibile, inaffidabile e fondamentalmente violenta. Si era dimenticata
fino a quel momento del suo passato da tossicodipendente. Decise che era il
momento di farsi più cauta.
“Avanti…- l'attore fece qualche passo verso di lei- eppure
non mi sembra che tu abbia una brutta voce, anzi: direi che sei più abile di
quanto fai credere”.
La
riccia chiuse gli occhi: “Non lo faccio più da tempo e non ho intenzione di
ricominciare”.
“Perché?”
Robert era pericolosamente vicino e con lui le sue parole.
“Non
ti riguarda”. Di nuovo una frase di troppo.
Il
pugno dell'uomo si abbatte sul muro a pochi centimetri dal viso di Eva e la
fece sussultare vistosamente; il cuore le partì a mille, gli occhi grigi sì
sbarrarono su quelli di lui, trasbordanti d’ira.
Per
un tempo indeterminato non ci furono altre parole, solo lo sbuffo furioso del
respiro di Robert sul suo viso; poteva quasi sentirne il gusto, quando i respiri
dell'uomo passavano attraverso le labbra di lei.
Eva
serrò la mascella, non per rabbia, ma per celare la paura che altrimenti le
avrebbe fatto battere i denti.
I
secondi passavano e la ragazza cominciava a sentire il cranio dolerle dietro la
nuca, nel punto in cui era premuto convulsamente al muro; se avesse potuto si
sarebbe fusa volentieri col ruvido e freddo cemento della parete.
Robert,
dal canto suo, non accennava a spostarsi, solo la mano, prima stretta pugno, si
era rilassata col palmo aperto, appoggiato a un soffio dal viso di lei, tanto
da sentire il tocco dei boccoli ramati.
Quasi
inconsciamente prese a disegnare col pollice dei semicerchi sul muro,
aumentando man mano il contatto con la folta chioma.
Eva
sussultò quando sentì quella carezza arrivare a sfiorarle la guancia, ma non
osò scostarsi.
“Hai
paura di me, adesso?” notò con tono di scherno l'uomo.
La
riccia scosse lievemente il capo: “Non ho paura di te- calcò il tono della voce- Ho paura di quello che fingi di essere, perché non lo sai
controllare”.
Una
frustata. Quelle parole pietrificarono Robert come una frustata in pieno petto.
Non
si aspettava una freddezza così tagliente dalla ragazzina che fino a poco prima
appariva terrorizzata: il botta e risposta provocatorio che l'uomo aveva
intavolato gli era piaciuto, anzi, se ne era compiaciuto. fino a quella piega
inaspettata.
Ora
che le due iridi grigie erano tornate a infiammarsi come loro consuetudine, non
poteva che rispondere al fuoco con altrettanta arroganza: l'uomo serrò le
distanze e Eva poté sentire distintamente la barba di lui pungerle l'orecchio.
“Se
davvero la pensi così, ti conviene assecondarmi- l'alito sottile di lui sul
collo le fece venire la pelle d’oca; la ragazza chiuse gli occhi- Se dovessi
davvero perdere il controllo, potrebbe non piacerti”.
Il tocco della sua voce e fu sostituito da
qualcosa di più tangibile; Eva stette qualche secondo col fiato sospeso prima
di capire che quelle che le stavano accarezzando il collo erano le labbra di
Robert.
La
ragazza si lasciò sfuggire un singulto sorpreso, poi con entrambe le mani
risalì fino al petto dell'uomo e lo spinse via con forza.
“E’
questo che vuoi Downey? L'ennesimo trofeo, l'ennesimo
capriccio da bambino?!- Eva si staccò dal muro con grinta rinnovata- Lasci il
tuo marchio ovunque passi e tutti si limitano ad aprirti il varco con un
inchino, a chiederti una foto o una stretta di mano…
è questo che vuoi da me?!”.
Solo
allora, mentre la riccia avanzava furibonda, Robert si rese conto che era davvero più alta di lui; altera e inferocita,
lo fece tentennare.
Poi
con un gesto del tutto inaspettato, Eva afferrò la parte superiore del succinto
top e lo strattonò, abbassandolo fino alla linea del seno.
“Avanti
Robert Downey Junior, un autografo! Non vorrai
deludere una tua fan”.
Tale
gesto lo lasciò decisamente spaesato: per la seconda volta in pochi giorni
Robert e si ritrovò a fissare la scollatura di Eva, pressata dal sottile
tessuto cangiante del minuscolo indumento.
Ipnotizzato
da ritmico abbassarsi e sollevarsi del suo petto, rimase indeciso sul da farsi
ma solo per poco: era il suo turno e l'attore deciso bene di contrattaccare
alla sua maniera.
Con
calma misurata, sollevò un lato della giacca per rovistare nella tasca interna:
ne estrasse il pennarello con cui era solito firmare foto, braccia, addome e- in
alcuni casi- fondoschiena delle fan sfegatate; il suo preferito, nero e
ovviamente indelebile.
“Eccoti
accontentata”.
Detto
ciò, premette la punta sulla pelle calda di lei e cominciò comporre il proprio
nome. Lo fece con lentezza snervante, indugiando sulla linea tonda e morbida
del seno, calcando la mano in quella che si tramutò in un'involontaria carezza.
Lo
fece guardandola negli occhi, il tappo del pennarello stretto tra le labbra a
sostituire il solito sigaro.
Eva
non era affatto pronta a un contatto tanto intimo, ma si auto-costrinse a
restare immobile: se l'era cercata e per nulla al mondo avrebbe mostrato segni
di cedimento.
Soddisfatto
del risultato. Robert re infonderò la sua arma letale e un sorrisetto gli si
dipinse in volto:
“Volià!”
Il
tono sarcastico lasciò Eva disarmata: si sentiva battuta, derisa, sconfitta.
Si
era abbassata quel giochino rivoltante e aveva perso; con uno scatto si
ricompose, coprendo la maledetta firma, il suo
marchio.
Gli
occhi le si appannarono di lacrime e un attimo prima che la tradissero spintonò
di lato Robert, diretta all'uscita sul retro.
“Sarai
soddisfatto, ora”.
Lui
si limitò a sbottare in una risata ben poco naturale. Lo era davvero?