Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Architetto di sogni    01/01/2018    3 recensioni
[Rivetra]-|Pregnancy|
-Dal testo:-
Anno 848
“Non è possibile, io non…”, la notte passata con il Caporale le piombò all’improvviso alla memoria e un senso di panico la investì.
Non voleva diventare madre, ma non se la sentiva neanche di uccidere quella vita innocente che si stava formando dentro di lei. Erano già troppe le vite a cui aveva dovuto dire addio.
L’unica cosa di cui era certa era che Levi non avrebbe mai dovuto saperlo, e che nessuno doveva scoprirlo.

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Sperava che la vita che portava in grembo fosse all'altezza del mondo che l'attendeva fuori, ma visto e considerando che i suoi geni appartenevano al più forte dell'umanità , aveva buone speranze di poter cambiare la realtà.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Petra Ral, Rivaille, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Anno 848



Non era semplice allenarsi con un bambino in grembo, tantomeno mantenere il segreto con Rivaille che negli ultimi tempi aveva intuito che qualcosa non andava e aveva preso ad evitarla, sperando che questo l’avrebbe spinta a confidarsi, ma ciò non era avvenuto.
Il suo periodo di malattia era stato giustificato con un’influenza particolarmente aggressiva e, fortunatamente, i consigli del medico per la nausea si erano rivelati particolarmente efficaci.
Al contrario, non fu semplice contenere gli sbalzi d’umore, specialmente considerando il suo carattere solitamente mite e tranquillo, che cozzava contro gli improvvisi scatti d’ira e nervosismo, che quasi spaventavano i compagni di squadra e irritavano il Caporale.
Difficile fu l’uso della manovra tridimensionale, sentiva di star diventando sempre più goffa nei movimenti e per evitare che gli altri si accorgessero di questa strana regressione, aveva preso ad allenarsi la mattina presto, quando nessuno poteva vederla, mentre si abituava alla diversa distribuzione del peso e il conseguente raggiungimento dell’equilibrio.
Su espresso ordine del dottore aveva evitato gli allenamenti a cavallo, per paura che i salti sulla sella potessero nuocere al feto e provocare un aborto spontaneo. Fortunatamente negli ultimi tempi la squadra aveva preso ad allenarsi con il movimento 3d, visti i recenti sviluppi nel Wall Maria e l’unico pericolo che correva era che qualcuno si accorgesse del gonfiore che, giorno dopo giorno, diventava sempre più evidente. L’escamotage di una pancera e una camicia di una taglia più larga, la faceva apparire snella come al solito; ed evitava quando più possibile di stare in compagnia di Hanji, la quale non faceva altro che trascinarla nelle sue stravaganze e mettere a repentaglio la sua salute.
Temeva che la donna capisse la situazione, quasi ci fosse una sorta di sesto senso femminile che si attivava in occasioni particolari, come quella che stava vivendo Petra, anche se dubitava fortemente che Hanji, nonostante la sua spiccata intelligenza, possedesse un istinto materno tale da intuire certe questioni.
Praticamente Petra era diventata un’emarginata, stava in compagnia degli altri solo lo stretto necessario e, suo malgrado, i contatti con Rivaille erano notevolmente diminuiti.
Gli sarebbe bastato uno sguardo per penetrare oltre le sue difese e farla crollare, spingendola a confessare tutto, in particolare durante i momenti di ipersensibilità che la travolgevano alla sera, quando la stanchezza prendeva il controllo.
Il tempo passò più velocemente del previsto.
Le nuove gavette erano pronte per essere introdotte in squadra e si nutrivano buone speranze che qualcuno entrasse a far parte del Corpo di spedizione. Voci di corridoio parlavano di un ragazzo coraggioso e impulsivo, e della sua sorellastra forte quasi quanto il Caporale, i quali avevano tutta l’intenzione di arruolarsi nella loro squadra.

La ragazza guardava fuori dalla finestra, il sole si stava alzando in quel momento preannunciando l’inizio di un nuovo giorno. Si accarezzò il pancione, sussurrando parole dolci al bambino.
Era giunto il momento di chiedere a Rivaille un permesso di qualche mese, prima di ripartire con le nuove spedizioni,  e prima che qualcuno si accorgesse dello stato di attesa della donna.
Se i suoi calcoli erano giusti, mancavano poco più di dieci settimane alla data del parto e voleva essere a casa, in un luogo sicuro e confortevole, assistita da suo padre in quel momento delicato.
Non le sarebbe dispiaciuto avere anche l’appoggio di Rivaille, ma la cosa era fuori discussione.
Si diresse nel suo studio, bussando piano alla porta e ricevendo per tutta risposta un grugnito che lei interpretò come un cenno di assenso ad entrare.
Il Caporale era chino sulla scrivania a scavare tra pile di fogli e documenti, non la degnò di uno sguardo, andando dritto al punto.
“Che vuoi Petra?”
Non si aspettava modi tanto bruschi, quasi fu tentata di fare dietrofront e ripassare in un momento più adatto, vista la tensione dell’uomo, palpabile persino nell’aria.
Ma quando si ritrovò degli occhi di ghiaccio puntati sui suoi, tutt’altro che rassicuranti,  fu costretta a sputare il rospo.
“Levi...Caporale, avrei bisogno di un permesso di qualche settimana per assentarmi e andare da mio padre.”
“Di quante settimane stiamo parlando?”
“Sarebbero...una decina, più o meno.”
Si aspettava di vederlo andare in escandescenze, gridare, o stroncarla con qualche battutina tagliente. Invece si limitò a fissarla senza proferire parola, studiandola, cercando di capire cosa gli stesse nascondendo. Odiava ammetterlo, ma l’idea che la ragazza celasse un segreto inconfessabile, lo mandava fuori di testa. Aveva sempre pensato di essere importante per la ragazza, e lei lo era per lui, anche se lo dimostrava di rado e con maniere tutte sue.
Quel suo comportamento però, lo aveva ferito, si era sentito tradito e l’aveva tenuta lontana, quasi per vendetta.
Averla in giro per la base in quella situazione lo innervosiva, e visto e considerando che non c’erano ancora stati sviluppi per una nuova spedizione, non aveva motivo di negargli quelle settimane.
“Ne parlerò con Erwin, ma non credo solleverà obiezioni, perciò…”, le fece cenno di uscire.
La ragazza gli fece cenno col capo, per poi voltarsi e andarsene, ma prima di varcare la soglia fu fermata dalle parole di Rivaille.
“Petra, c’è qualcosa che dovresti dirmi?”
“No, Rivaille.”
Fu l’ultima volta che parlarono da soli.


Anno 851



Il Caporale Levi non riusciva a credere che lo spettacolo che gli si presentava dinnanzi agli occhi fosse reale, e non uno dei soliti incubi che lo tormentavano la notte.
La sua squadra era stata annientata, la sua famiglia era stata uccisa, di nuovo.
L’ombra della morte lo perseguitava, ovunque lui andasse qualcuno moriva.
Le persone che aveva a fianco, inevitabilmente scomparivano, mentre lui sopravviveva, sempre.
Questa era la sua punizione per essere il più forte dell’umanità, la sua maledizione. E per rispetto verso coloro che aveva lasciato, doveva continuare ad andare avanti; il dolore lo rendeva sempre più forte, lo rendeva sempre più vivo.

Cercò di non posare gli occhi su quei cadaveri straziati, ma non potè fare a meno di fermarsi quando si ritrovò gli occhi di Petra puntati addosso.
Lo guardava, la testa buttata all’indietro, il corpo piegato e appoggiato ad un albero sporco del suo sangue. Sembrava lo stesse pregando di salvarla, di porre fine a quell’orrore, ma Levi era arrivato troppo tardi.
Soffocando i sentimenti che avevano preso ad urlargli dentro, cercò di portare a termine la missione e, dopo aver salvato Mikasa, si scagliò con tutta la sua forza contro Annie.
Voleva ucciderla, voleva massacrarla come lei aveva fatto con la sua squadra, con Petra.
Era come un proiettile impazzito, sfrecciava da una parte all’altra del corpo del gigante, tagliando, sminuzzando.
Mikasa non credeva ai suoi occhi, mai aveva visto qualcuno muoversi così velocemente, mai aveva visto tutta quella forza in un essere umano. Ma non era la forza a far muovere Rivaille, era l’odio, il rancore, il dolore, il senso di colpa, l’amore.
Non uccise Annie, ma salvò Eren e concluse la missione.

Fu lui a recuperare il corpo di Petra, non voleva che nessun altro toccasse la compagna e non gli importava neanche che il sangue della giovane lo sporcasse.
Non gli importava più di niente ormai.
Quando sollevò il corpo della ragazza, però, un foglietto le sgusciò via dalla tasca della giacca.
“Bern, passami quel foglietto.” ordinò al giovane che trascinava gli altri corpi fino al carro.
“E’ la fotografia di un bambino”, il Caporale lo guardò perplesso.
Con un cenno del capo lo invitò a mostrargliela.
Un bambino di poco più di un anno sorrideva verso l’obiettivo; aveva lo stesso sorriso di Petra e la stessa forma delicata del viso, ma i capelli...i capelli erano corvini e gli occhi cerchiati da lievi occhiaie.
Il cuore prese a battergli furiosamente in petto.
Girò la fotografia: “Amell Ackerman a due anni.”
Rivaille Ackerman capì di aver trovato suo figlio.






°°°
Salve a tutti,
innanzitutto ringrazio tutti coloro che si sono fermati a leggere la mia storia e sono felice che qualcuno l’abbia apprezzata.
Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, il prossimo e ultimo capitolo sarà postato in tempi brevi.
Ho deciso di scegliere il nome tedesco Amell per il suo significato, “potenza di un’aquila”, mi sembrava adatto per il figlio di Rivaille, il portatore delle ali della libertà (a lot of trip mentali).

Vi ringrazio ancora per aver letto fino a qui e spero sempre vi vada di dirmi cosa ne pensate, sarebbe molto stimolante e mi aiutereste laddove c’è bisogno di miglioramenti.

Grazie ancora per la vostra attenzione e alla prossima!


   
 
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