Capitolo XLVIII
Improvvisa gelosia
Il sole non era ancora nel cielo, o se c'era, non riuscivo a vederlo. La colpa era di qualche pesante e grigia nuvola arrivata da poco, pronta come sospettava a scaricare parecchia pioggia sulla città intera. Ero sveglia da poco, e non sentivo niente. Più mattiniero e riposato di me, Stefan era in piedi già da ore, ma notandomi, tornò a sedersi sul letto per farmi compagnia. "Buongiorno, amore." Disse soltanto, sdraiandosi accanto a me sulla coperta e accarezzandomi il viso. "Buongiorno a te, tesoro mio." Risposi prontamente, offrendogli la guancia per ricevere un bacio. Intuendo il mio volere, mi sfiorò il viso con le labbra, e lasciandolo fare, tenni gli occhi chiusi, felice. La sessione d'allenamento del giorno prima doveva davvero avermi fatto bene, perchè finalmente ero più calma, e tutti i miei problemi sembravano essere spariti.Sorridendo debolmente, gli presi la mano, e tirando con dolcezza, lo convinsi ad avvicinarsi ancora. Dopo tutto quello che era successo, io e lui non avevamo quasi più tempo per stare insieme, perciò era logico pensare che passassi con lui ogni attimo disponibile, dividendomi fra l'amore che provavo nei suoi confronti e quello per i nostri nipotini. Il tempo passava continuando a muoversi velocemente, ma nonostante questo, io non riuscivo ad abituarmi ad essere chiamata zia. I bambini non erano gli unici a farlo, e ricordavo che anche Isaac aveva quella quasi tenera inclinazione, e pensandoci ogni volta che ero da sola, o toglievo le briglie ai miei pensieri, mi rendevo conto che al contrario di me, Stefan sembrava essere più flessibile al riguardo. Gliel'avrò detto ormai mille e mille volte, ma era bello vederlo giocare con loro, sentirle ridere e vederlo tornare bambino con loro solo perchè si divertissero. Come sapevamo, quei tre bimbi erano i nostri nipotini, ma guardandoli, tendevo a rivedere il visetto dolce e paffuto che Terra aveva alla loro età. Lui era con me, eravamo vicini, e mentre non facevamo che scambiarci baci e tenerezze, io mi sentivo felice. Per quanto ne sapevamo, l'intero regno di Aveiron per come lo conoscevamo era ormai debole e in ginocchio come uno schiavo intento a chiedere pietà al suo padrone, e ogni momento di tranquillità per tutti noi era importante. Eravamo sposati da circa vent'anni, eppure lo amavo ancora, come il primo giorno. Ancora sdraiato accanto a me, non smetteva di baciarmi e sussurrarmi all'orecchio parole d'amore, ottenendo come unico risultato quello di farmi rilassare e sciogliere come neve al sole. Lo faceva sempre, e lo adoravo ogni volta. Lentamente, il tempo passava, e con la tarda mattina che si trasformava in pomeriggio, Stefan ed io ci separammo, prendendoci per un pò una pausa dal nostro amore. C'era tempo, e avremmo potuto, ma non ce la sentivamo di continuare, e come sapevo, non mi avrebbe mai costretto o forzato ad amarlo. Ritrovando la mia originale compostezza, mi avvicinai al cassetto del comodino dove tenevo il mio diario, e tirandolo fuori, lo aprii a una pagina bianca. La stanza che ci era stata assegnata era piccola, e non avendo una scrivania, dovetti adattarmi, ma non perdendo la calma, afferrai anche la mia fida biro nera dal cassetto, e sdraiandomi sul letto, iniziai a rilassarmi scrivendo. Non scrissi molto, ma come sempre, parlai principalmente dei miei sentimenti, ma fra una riga e l'altra, non sentii altro che un suono di passi. Leggeri, ma decisi e a tratti fastidiosi. Confuso, Stefan si voltò verso di me con espressione perplessa, e stringendomi nelle spalle, non seppi cosa dire. Iniziando subito una silenziosa investigazione, mi portai un indice alle labbra per indicargli di fare silenzio, e lui obbedì, ma da quel momento in poi, non sentimmo più nulla, solo il suono di una porta che si chiudeva lentamente. Più confusa di prima, andai alla ricerca di risposte, e aprendo cautamente la porta della mia stanza, vidi per un attimo Rachel e Lady Fatima. Quest'ultima l'aveva appena invitata nella propria camera, e un'altra ragazza, sua probabile ancella, stava uscendo. Non volendo scatenare l'ira di nessuno, tacqui la mia scoperta, ma gli occhi e lo sguardo di Rachel mi rimasero impressi nella mente fino a notte fonda. Ero completamente all'oscuro del perchè, ma guardava quella ragazza con una diffidenza tale da poter essere accostata all'odio, e così, ma sapevo del felicissimo rapporto che aveva con la Leader, che prima di lei non aveva davvero mai amato nessun'altra, così, appena prima di addormentarmi, confidai al mio piccolo diario i dubbi e i sospetti che avevo sulla mia amica e su un suo attacco di anormale e improvvisa gelosia.