Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: EffyLou    06/01/2018    0 recensioni
Johann Trollmann è un pugile, beniamino del popolo tedesco negli ultimi anni della Repubblica di Weimar.
Indisciplinato, imprevedibile, borioso. Non sono i suoi difetti più grandi. Johann Rukeli Trollmann appartiene ad un popolo scomodo: è uno zingaro. Conquista le platee di Germania e fa innamorare le donne tedesche.
Nella sofferenza che porterà il Nazismo, il suo unico punto fermo e pilastro incrollabile è Frieda. Johann tocca l'apice e il fondo, assaggia il successo e la disperazione, conosce la serenità e la guerra. La derisione nazista si scontra con l'orgoglio di uno zingaro, che proprio non vuole saperne di abbassare la testa a quelle umiliazioni.
C'è solo un modo per far tacere quell'anima in rivolta: ridurlo ad un numero e darlo in pasto al Porajmos, l'Olocausto del popolo zingaro.
- - - - - -
I veri combattenti non temevano la loro ultima battaglia, e se c'era una cosa che Rukeli aveva sempre fatto, era dimostrare di non temere neppure il Diavolo. Neppure il Nazismo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DEVLESA


«È stato orribile! Mi hanno fatto fotografie ovunque, mi hanno chiesto ogni cosa!» esclamò Edu in piedi vicino al tavolo della cucina.
Le famiglie Trollmann e Weiss si erano riunite a casa di questi ultimi. I sinti di Hannover cominciavano ad essere visitati e schedati. Lupi braccati.
Ferdinand stesso disse che alla clinica in cui venne visitato, quello che presumibilmente era proprio Ritter, lo salutò in lingua romanì. Con Edu aveva persino scambiato brevi battute nella loro lingua, segno che era in grado di sostenere una piccola conversazione.
Gli zingari non erano altro che la “pura razza” degenerata.
Un miscuglio pericoloso di razze deteriorate, come detto dal dottor Ritter.
Indegni individui primitivi, come li definiva la sua assistente Eva Justin.
Commissionati dal Reich, mandavano avanti il Centro di Ricerca Igiene Razziale e presto Ritter divenne il capo dell’Istituto di Biologia Criminale. Dovevano studiare quelle scimmie primitive che vivevano in carovane. Studiarne i geni, le usanze.
Studiavano i rom, i sinti, e gli jenish (i zingari “bianchi”). Vennero suddivisi in puri e misti, con altre sottocategorie siglate da ZN+ e ZN- a seconda se si avvicinavano di più ai puri o ai non-zingari.
Gli zingari: perfidi, bugiardi, malvagi, sconclusionati e sporchi. Nomadi e delinquenti, ce l’avevano scritto nel DNA e per tal motivo tale erbaccia andava assolutamente estirpata. Per risolvere la “questione zingara” bisognava recluderli, costringerli ai lavori forzati e infine sterilizzarli tutti, anche i bambini dai quattordici anni in su. Nessuno di quei girovaghi delinquenti doveva moltiplicarsi ancora, come topi, né tantomeno dovevano osare inzozzare la razza ariana portandola alla degenerazione.
Ritter e la Justin si dedicavano alla ricerca con anima e corpo. Andavano nei campi in cui erano stanziati gli zingari e prelevavano un po’ di sangue. Con sorrisi affabili e simulando un sincero interesse per la loro condizione, erano riusciti ad avvicinarsi ed imparare persino un po’ della loro lingua.

 
* * *
 

Johann venne chiamato per la visita medica imposta a tutti i rom e sinti.
Aveva finito di sistemare la frutta al banco di Pötte, prima di tornare a casa si presentò all’ospedale di Hannover che offriva un appoggio agli assistenti di Ritter.
A Frieda non aveva detto niente, a quell’ora probabilmente dormiva ancora. Erano le sette del mattino, lei si sarebbe svegliata dopo un’ora. Si sarebbe cambiata, poi avrebbe vestito la bambina e l’avrebbe accompagnata all’asilo prima di andare a lavorare.
Ripensò a quella routine che le vedeva fare la mattina, quando tornava a casa e prima di buttarsi a letto per un paio d’ore di sonno.
Prima della sterilizzazione dovevano visitarlo, gli avrebbero fatto firmare una liberatoria e dopo qualche giorno si procedeva con l’operazione. Tre giorni di ricovero e poi ti sbattevano fuori, a casa, senza più un minimo di capacità di creare la vita.
Si muoveva a disagio in quella sala d’aspetto. Poi una signorina magrolina, probabilmente sua coetanea e con i capelli castani legati in una coda alta, lo fece entrare. Gli aveva rivolto un sorriso inizialmente sorpreso. L’aveva fatto accomodare, sfiorandogli il braccio.
Entrava e usciva da quella porta continuamente, aveva sempre da dirgli qualcosa. Johann si limitava ad annuire, senza darle troppa importanza. Non era nemmeno una bella ragazza. Con quella faccia lunga, gli ricordava un cavallo.
«Il dottor Ritter arriverà a breve» gli disse.
Lui fece due più due. Prima che potesse dire qualcosa, il dottore entrò nella stanza e le fece segno di uscire. Lei obbedì, diligente.
«Hai già conosciuto la mia assistente, vedo, la signorina Justin»
«Già»
«Ad ogni modo… - si accomodò dietro la sua scrivania. – Devlesa, Herr Trollmann»
Lo salutava in romanì. Se lo aspettava. Johann gli diede corda.
«Devlesa, doktari Ritter»
Ritter aveva usato “herr” per rivolgersi a lui, evidentemente ignorava che “signor” si dicesse raj e preferiva mischiarci un po’ di tedesco. Ma quella era la lingua di Johann, non si rivolse a lui chiamandolo in tedesco, arzt, ma in romanì, doktari.
«Sar helo
E ora gli chiedeva come stava, come se la passava.
Se vuoi ti scrivo un libro, pensò Rukeli passandosi la lingua sui denti.
«Mišto, parikerav. – rispose con un sorriso affabile, poi fece il finto tonto. - Džanes romanes?» [4]
“Bene, grazie. Parli romanì?”
L’altro storse le labbra. «Cino»
Poco.
«Aba. – annuì. – Allora direi di tornare a parlare tedesco, che ne dice?»
«Sì, forse è meglio, danke. Allora, signor Trollmann. Le spiego: io devo determinare se lei è uno zingaro puro oppure misto. Ho cinque indicatori per determinarlo. Le devo chiedere di spogliarsi»
Johann inarcò le sopracciglia. «Completamente?»
«Tenga le mutande, chiaramente»
Incerto, obbedì. Non fece ulteriori domande.
Come prima cosa, Ritter prelevò un campione di sangue. Le vene di Johann erano spesso gonfie, in particolare quelle sulle mani e le braccia. La vena nell’incavo del gomito sporgeva, l’ago bucò la pelle d’ambra. Dopodiché fotografò ogni angolo del corpo dello zingaro. Fu una sensazione orribile, si sentì come un animale allo zoo.
Lo fece alzare, accomodare sulla pedana per misurare l’altezza e il peso.
«Cento ottantatré centimetri, settantatré chilogrammi. – lo trascrisse su un foglio. – Proporzioni corporee giuste, gambe leggermente più lunghe del normale… - rimuginava più a sé stesso che rivolto al paziente. ─ Apri bene gli occhi»
Gli puntò una lucina contro. Abbozzò un sorrisetto. «Ecco, ecco. A guardarla, prima, non distinguevo la pupilla. Con una luce invece si riescono a intravedere persino le venature dell’iride. Occhi neri e anima nera, signor Trollmann?»
«Spero di no».
Si accomodarono, il dottore dietro la scrivania e il paziente di fronte. Ritter scrisse qualcosa su un foglio bianco. La calligrafia indecifrabile, Johann non capì cosa stesse scrivendo.
Indagò a fondo. Rukeli gli consegnò il certificato di nascita.
«Ha frequentato la scuola, signor Trollmann?»
«Sì. La scuola primaria a Burgerstraße ad Hannover e secondaria.. Non me lo ricordo»
«Si è diplomato?»
«No. Ho la licenza media. La scuola superiore costava troppo per la mia famiglia, sono riusciti a mandarci solo mio fratello Carlo»
«Quindi lei sa leggere e scrivere»
«Sì, tutti noi sappiamo farlo. Eccetto i miei genitori».
Era parte della cultura zingara. Di solito i ragazzini smettevano di andare a scuola a tredici anni per lavorare e aiutare la famiglia. Anche se succedeva che nelle famiglie numerose, solo uno veniva scelto per proseguire gli studi e, se voleva, insegnare ciò che imparava ai fratelli più piccoli. Le femmine invece dovevano smettere prima, a undici anni, perché secondo la tradizione dovevano crescere i figli e tenere pulita la casa.
Senza contare che, comunque, i bambini zingari non venivano motivati ad andare a scuola: venivano presi in giro, subivano prepotenze, e quando reagivano venivano espulsi senza troppe cerimonie. Arrivavano ad un punto che non vedevano l’ora di lasciare gli studi.
Ritter trascrisse queste informazioni. Tamburellò la penna sul mento.
«Con quale mano scrive, signor Trollmann?»
«Ha davvero importanza?» si lasciò sfuggire Johann.
«Tornerebbe utile saperlo»
Ma utile a cosa? «Tutt’e due, dottore»
«Ah, è nato mancino dunque»
«Sì»
A scuola lo avevano corretto, imparandogli a scrivere con la destra dal momento che la mancina era considerata “la mano del diavolo”. Ricordava che gliela tenevano ferma dietro la schiena e la bacchettavano con un bastoncino di legno; poi gli facevano copiare pagine di libri con la destra, per esercitarla e dimenticare l’uso della mancina.
«Di solito quale usa?»
«La sinistra»
Ritter trascriveva parola per parola ciò che gli diceva Johann.
«Che tipo di vita conduceva ad Hannover, prima di stabilirsi a Berlino nel 1929?»
«Vivevo a Tiefenthall numero cinque. Andavo a scuola, giocavo per strada con gli altri ragazzini. A volte andavo sul Leine. Mia madre cuciva per noi abiti ricavandoli da quelli vecchi di mio padre. Con una sua giacca una volta ne ha tirate fuori due, una per me e una per mio fratello Ferdinand. Ad otto anni ho cominciato gli allenamenti di boxe in una palestra semi-clandestina. – abbozzò un sorriso. – Vinsi qualche campionato da amatoriale, poi arrivai ad essere dilettante e vinsi altri campionati regionali e nazionali. Sono stato campione nazionale dei pesi medi dilettanti dal 1925 al 1928. Mi entravano un po’ di soldi, con quelli. Un po’ li davo alla famiglia ma un po’ me li tenevo per me, ero un ragazzino e volevo divertirmi. Andavo a pattinare, nelle sale da ballo, a vedere le corse di moto, a mangiare in giro»
«Il rapporto con i fratelli? Me li dica in ordine»
«Con Anna e Maria non avevo un particolare rapporto, ero molto più legato a mia sorella Wilhelmine. – sorrise. – Con Wilhelm ci sono sempre stati contrasti, siamo profondamente diversi. Con Ferdinand da piccoli ci picchiavamo sempre e ci dovevano dividere, ma ora che siamo adulti siamo molto uniti. Anche con mio fratello Julius ho un bel rapporto. Poi c’è Albert, a cui ho insegnato qualche trucchetto per la boxe e l’ho fatto allenare con me. Infine Heinrich, sono protettivo nei suoi confronti»
Gli domandò delle date e luoghi di nascita dei fratelli e delle sorelle, e Johann rispose facendo un elenco dettagliato.
Ritter ascoltava interessato e prendeva appunti.
Gli domandò in modo più specifico della carriera da pugile che lui aveva già accennato: gli esordi con la BC Heros, i campionati dilettantistici regionali e nazionali che aveva vinto, la qualifica per le Olimpiadi del ’29, la BC Sparta Hannover-Linden, il passaggio al professionismo e la carriera fino all’apice, al titolo di campione. Gli chiese del suo stato d’animo dopo la caduta, dopo il ritiro della licenza. Gli chiese della sua vita in quegli ultimi anni, aggiungendo che sapeva del matrimonio e della figlia. Non avrebbe potuto toccarla perché era troppo piccola, non rappresentava un problema.
«Vivo con mia moglie e mia figlia qui ad Hannover. La mattina all’alba sistemo la frutta ad un banco del mercato Pötte, lavoro come cameriere nell’osteria Rote Garnelen alla città vecchia. Una vita normale. Mia moglie fa la domestica invece»
«E come si sente con questa nuova vita così diversa da quella che conduceva prima? È ben lontano dai ritmi serrati della carriera da pugile professionista!»
«Appagato. Quei tempi mi mancano, ma d’altronde una famiglia è per sempre. Il pugilato invece prima o poi sarebbe uscito dalla mia vita» mormorò con una punta di rammarico.
«Un’ultima domanda. Vieni soprannominato Rukeli, in famiglia. Cosa significa, perché?»
«Ruk in romanì significa albero. Rukeli è vezzeggiativo, alberello. – sorrise. – Mi chiamano così da sempre perché sono alto. Anche i miei fratelli sono alti, certo, ma io ho un fisico più longilineo, slanciato, e anche più piazzato rispetto a loro. Quindi paragonano il mio corpo al tronco di un albero e i miei capelli, che sono ricci e folti, alle fronde. Da qui il nome»
«Lei parla molto bene, signor Trollmann»
Per essere uno zingaro, eh? «Leggo molto, sarà per quello»
«Ah sì? Insolito».
Alzò la testa verso Johann, un sorriso a labbra serrate.
«Ricapitoliamo, in base agli indicatori per determinare la sua appartenenza a uno zingaro puro o misto. Lei risulta essere uno zingaro puro ma perfettamente integrato».
 
Punto numero 1: aspetto fisico e impressione generale.
Il paziente Johann Trollmann si mostra come un uomo alto 183 cm e pesante 73 kg. Mostra un fisico asciutto, visibilmente allenato. Le proporzioni corporee sono giuste, le gambe leggermente più lunghe della norma.
Il paziente mostra una pelle ambrata e pulita, liscia: peli sottili e radi sulle braccia e sulle gambe. Fisiologica assenza di peli sul petto, presenti invece sotto l’ombelico in misura contenuta. Sul viso e sotto le ascelle ci sono segni di depilazione.
I capelli sono neri, ricci. Gli occhi sono molto scuri, difficoltà a distinguere la pupilla.
Nonostante l’esemplare praticasse, in passato, la professione di pugile non mostra il naso bozzato.
L’individuo presenta piccole cicatrici pallide sul viso: sotto l’occhio destro, sul sopracciglio sinistro, sulla palpebra sinistra, al lato destro della bocca.
L’individuo non presenta tatuaggi né denti in oro.

Complessivamente è un uomo di bell’aspetto. Si presenta con un aspetto consono, è pulito, emana persino un vago profumo.
La cultura zingara in merito a tatuaggi e denti d’oro, ornamenti e colori sgargianti, non sembra aver attecchito su questo esemplare.


Punto numero 2: appartenenza ad una comunità di lingua zingara.
Il paziente Johann Trollmann parla la lingua zingara al pari della lingua tedesca. Deduco, tuttavia, che comunichi in tale lingua sporadicamente in quanto la sua famiglia ormai parla quasi esclusivamente il tedesco.

Punto numero 3: legame etnico a partire dalla nascita.
Il paziente Johann Trollmann ha un vasto e radicato albero genealogico di etnia sinti. Non ci sono mescolanze con i rom né con altre etnie nomadi.
Si è unito in matrimonio e procreato con una donna meticcia non appartenente al popolo zingaro.*


Punto numero 4: tipo di vita zingara.
Il paziente Johann Wilhelm Trollmann è cresciuto nella città vecchia di Hannover, nella via Tiefenthall numero cinque. Insieme ai genitori, Wilhelm Trollmann e Friederike Weiss, le tre sorelle maggiori e i cinque fratelli. Due maggiori e tre minori di lui. Johann Trollmann è il sesto. Per un totale di nove figli.
Come gli altri bambini della città vecchia, zingari e non, è cresciuto in strada e sul lungofiume Leine, inventando di giorno in giorno nuovi giochi da fare e piccole cose da costruire.
Ha frequentato la scuola elementare a Burgerstrasse, ad Hannover, ma non ricorda dove ha conseguito la licenza media. Non ha frequentato la scuola superiore. Rivela che il suo rapporto con la scuola e il sistema educativo in generale è stato complicato e conflittuale.
Trollmann non ha mai dato segno di voler trovare un lavoro. All’età di otto anni comincia gli allenamenti di pugilato in una palestra popolare semi-clandestina. Ha vinto campionati amatoriali e dilettanti. Fu campione nazionale dei pesi medi dilettanti dal 1925 al 1928.
Nel 1928 partecipò e superò le selezioni di boxe per le Olimpiadi di Amsterdam che si sarebbero tenute nel 1929. Venne tuttavia scartato. Nel 1929 entrò nel professionismo grazie ad Ernst Zirzow.

In conclusione: la famiglia Trollmann ha vissuto nella miseria quasi totale per lunghi anni, tenendosi sollevati solo grazie ai mestieri dei figli.

Punto numero 5: certificato di provenienza.
Il paziente ha consegnato il certificato di nascita. Riporta scritto il nome completo, luogo, data e ora di nascita. La firma del signor Wilhelm Trollmann, padre del paziente, consiste in tre croci poiché non sapeva scrivere. Il segretario dell’anagrafe sottoscrive questo dettaglio.
Johann Wilhelm Trollmann.
Maschio. Peso: 3,2 chilogrammi. Lunghezza: 50,9 centimetri.
Nato a Wilsche (Gifhorn), Bassa Sassonia, Germania.
Data: venerdì 27 dicembre 1907. Ora: 8:00 del mattino.
 
Note aggiuntive:
Il paziente è un appassionato di motociclette, si esprime con garbo usando un linguaggio appropriato. Sorride molto, è affabile.
In merito alle dichiarazioni sulla famiglia, Johann Trollmann ha fornito conferme alle dichiarazioni già rilasciate dai fratelli Wilhelm e Ferdinand.

*: Johann Trollmann ha sposato Olga Frieda Trollmann nata Bilda. La quale è nata e cresciuta a Berlino, ma ha un cinquanta percento di sangue slavo. La signora Trollmann sarà oggetto di visite.


 
Quest’ultima parte in merito all’asterisco, Ritter non la lesse al suo paziente.
Guardò Johann, che gli rivolse un cenno d’assenso. Si era rivestito. Attese che Eva Justin riportasse un documento con le foto segnaletiche di Johann e glielo mostrò.
C’era una sua foto frontale, una di profilo e una di tre quarti; veniva riportato cognome e nome, il nome zingaro, la data di nascita, altezza e peso, e i nomi del padre e della madre.
Rukeli alzò lo sguardo su Ritter, con ostilità e confusione.
«La mia assistente le consegnerà i fogli da firmare per la sterilizzazione. Sono liberatorie, non autorizzazioni. Questo documento, signor Trollmann, ci servirà in caso lei decida di fare il furbo e sottrarsi ai suoi obblighi. Ho sentito tanto parlare di lei, ha dato molti grattacapi ai gerarchi con questa sua natura… disobbediente. Perciò faccia molta attenzione, signor Trollmann: il provvedimento per chi si sottrae all’operazione, è il lager».





[4] “Džanes romanes?”
Espressione usata dai zingari tedeschi. Significa, letteralmente: “Parli alla maniera dei rom?”.




 

 Salve salvino! ♥
Lo so, capitolo un po' diverso e forse strano. Inizialmente era diviso in due parti: questa, e il prossimo che sarebbe stato dello stesso stampo ma concentrato su Frieda. Comunque ci ho ripensato, e la seconda parte non credo che la posterò. Ero titubante persino a postare questa!

Ma ciancio alle bande, questo documento non esiste. L'ho scritto io.
PERO'! gli indicatori di Ritter sopra riportati sono veri, reali, lui usava proprio quelli lì. Di vero c'è il "documento" di nascita di Johann.

Ritter era molto interessato agli zingari, sembrava quasi adorarli se non fosse stato per le sue dichiarazioni razziste. Allo stesso modo il dottor Mengele, ma lo vedremo più avanti. Diciamo che grazie a Ritter e Mengele, si dà vita l'eugenetica nazista. 

Ritter faceva domande molto specifiche e quasi inutili (come appunto la mano usata per scrivere), ed era interessato alla vita zingara. Quindi lo stile di vita, i rapporti con la famiglia e la scuola, i soprannomi gitani.
Era come se stesse studiando una nuova specie di ominide: credo che anche ora, se dovessimo venire in contatto con gli alieni (?), ci interesseremmo ai minimi dettagli come fece lui con i rom e i sinti.
Non dimenticate però, che lui partiva prevenuto perché li considerava tutti sporchi, tutti bugiardi e cattivi, tutti delinquenti e tutti depravati. Razza pura degenerata, che venne considerata quasi più minacciosa rispetto a quella ebrea (razza inferiore e basta).

Frieda fu un caso molto particolare, per via delle sue origini. Di norma sarebbe finita in un lager, in quanto slava. Ma essendolo stata solo per metà, nata e cresciuta in Germania, e apparentemente ariana pura, i nazisti non potevano permettersi di "sporcare" la sua immagine. Andava contro la loro ideologia, in un certo senso, mi spiego?

VABBE BASTA PATERNALE CHE MI SENTO ALBERTO ANGELA.

Se vi è piaciuto e vi va di farmelo sapere, io sono qui; altrimenti un calcio nel regale deretano della sottoscritta. Un grazie e un bacetto in fronte a chiunque deciderà di scrivere una recensione, comunque ♥
Agli altri solo un grazie per seguire questa storia nell'ombra HAHAH vi amo lo stesso

Buon fine settimana, alla prossima ♥

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: EffyLou