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Autore: Amily Ross    13/01/2018    5 recensioni
(Sequel de: “Il Ritiro Natalizio della Nazionale Giovanile.”)
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È passato circa un mese dal ritiro natalizio in Austria, molte cose sono cambiate da allora, e molte altre dovranno ancora cambiare; è rimasto indelebile il ricordo di quella “vacanza” nel cuore di tutti. Ognuno ritorna a vivere la propria vita: chi in Francia, chi in Germania e chi in Giappone, ma c’è profumo di cambiamenti nell’aria: nuove vite, nuove città e nuove conoscenze, cambieranno la vita di alcuni di loro. Fanny ha intrapreso la carriera di manager alla Mambo, al fianco di Amy, ma presto una nuova avventura la porterà nel paese dei suoi sogni, là dove gioca il suo ragazzo: la Germania.
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Questa fiction è temporalmente collocata nel 2018, e i ragazzi e le ragazze hanno tutti ventuno anni o quasi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Grace (Machiko Machida), Jun Misugi/Julian Ross, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note introduttive: come ogni capitolo, ormai immancabili. Dunque, la situazione inizia a farsi pesante un po’per tutti, ma con l’aiuto delle persone care riescono a cavarsela in qualche modo, superando le avversità. Come da titolo, ho inserito la magnifica canzone di Faith Hill, resa famosa coll’altrettanto meraviglioso film Pearl Harbor, (film che Karl e Grace hanno visto a inizio di questa storia e che hanno amato e la canzone è diventata la loro canzone) che io personalmente amo; diciamo anche che è un tributo un po’ speciale alla mia Darling Malefica reggina, che anche lei adora, e ha usato la medesima canzone in una delle sue stupende fiction, la sua prima che ho letto e che ci ha fatto conoscere. Ringrazio sempre tutti quanti delle recensioni, chi legge, chi ha messo la storia tra preferite, ricordate e seguite; un grazie particolare però va a: krys che ha recuperato anche i capitoli precedenti, a Molly, che nonostante gli impegni non mi fa mai mancare i suoi pareri, e in fine – ma non meno importante – alla mia insostituibile compagna di avventure, reggina,  una valida consigliera e amica, sulla quale contare sempre.

Vi lascio al capitolo, vostra sempre! ♥ Amy

 

Capitolo 12: There You’ll be

 

I giorni in ospedale si susseguono, seguendo una routine pressoché identica, giorno dopo giorno; e sono già due settimane che il Kaiser è ricoverato, due settimane nelle quali la sua vita – la loro vita – sembra esser sfuggita di mano, ma insieme lotteranno per riprenderne le redini e vincere anche questa battaglia.

Amburgo: lunedì 7 febbraio, 2018 ospedale, h. 11:00.

Disteso sul suo letto Karl ripensa alla notte appena trascorsa, costellata da strani incubi e tristi presagi, nulla era ben delineato nel suo sogno, ombre di persone a lui care, che correvano senza sosta – come per sfuggire da qualcosa – qualcosa di ormai scritto e inevitabile come il destino; chiude gli occhi e fa un respiro profondo, come a voler cacciar via quei cattivi pensieri che lo hanno fatto svegliare con un senso di inquietudine e paura, li riapre poco dopo e guarda il sole debole di febbraio filtrare dalla finestra, finché il bussare alla porta non lo ridesta; si asciuga le lacrime e si siede sul letto, calandosi in testa il cappellino di Benji, dal quale prende coraggio. «Avanti.» dice, sperando che non sia un medico con qualche brutta notizia – o peggio Hildegard – che con la scusa di controllarlo ci prova, non è dell’umore adatto per sopportare la giovane infermiera.

Quando la porta si apre e scorge la figura di suo nonno sul suo viso si disegna il sorriso, il primo della giornata, che non è proprio iniziata nel migliore dei modi. «Ciao, campione.» sorride Joseph Schneider, chiudendo la porta alle sue spalle e avvicinandosi al letto del nipote. «Ciao, nonno, sono felice di vederti.» risponde Karl alzandosi dal letto e stringendolo forte, bisognoso di conforto e di una persona cara vicina. Il nonno, anche se un po’ sorpreso dall’inconsueta espansività del nipote, ricambia la stretta e lo bacia in guancia, facendolo sedere sul letto. «Come va?» chiede osservandolo con dolcezza, accorgendosi che ha rasato i capelli, ma senza dirgli nulla, leggendo però nei suoi occhioni una nota triste.

Il Kaiser sospira e lo guarda. «Nel contesto bene, ormai mi sono abituato a tutto questo e continuerò a lottare per vincere questa partita.» risponde leccandosi le labbra, distogliendo lo sguardo, tornando a guardare fuori dalla finestra. «Ma qualcosa ti turba, tesoro di nonno.» sussurra con dolcezza Joseph, carezzandogli e stringendogli la mano destra. «È vero, ma nemmeno io so cosa sia… questa notte ho fatto dei sogni strani dai contorni sfocati e confusi, dove inseguivo il fantasma di qualcuno senza riuscire a raggiungerlo, e non era lo zio.» ammette Karl, posando nuovamente lo sguardo – velato di lacrime – sulla figura del parente.

«Shhh. Va tutto bene, bambino mio. Non pensare a quel che hai sognato, non ti accadrà nulla e tu ce la farai, questi brutti sogni sono dettati dalla paura inconscia che hai dentro… anche allo zio succedeva.» lo consola il nonno, stringendolo di nuovo a sé, asciugandogli le lacrime e baciandolo sulla fronte. «Forse hai ragione.» sussurra Karl sdraiandosi sul letto, regolarizzando il respiro che si era lievemente affannato, mentre il nonno continua a carezzargli il viso. «Sto bene, nonno, adesso passa.» dice ancora il giovane calciatore, sorridendo e guardandolo. «Ho un regalo per te.» dice il nonno sorridendo e porgendogli una busta di carta.

Karl sorride e col respiro tornato regolare, si siede sul letto, ringraziandolo e uscendo il contenuto dalla busta, che è stato accuratamente incartato dalla nonna; guarda il pacco, poi il nonno, che gli sorride, incoraggiandolo a scartarlo, mentre trattiene il fiato emozionato anche lui. Tolta la carta si trova davanti una comune scatola di scarpe della Puma, perciò alza lo sguardo confuso sul nonno, che dalla sua continua a sorridere con gli occhi lucidi e non dice nulla, apre la scatola e sbarra gli occhi sorpreso e commosso. «Nonno ma queste…» sussurra con voce tremula, guardando quegli scarpini.

«Sì, Karl, sono gli ultimi scarpini di tuo zio, quelli delle grandi occasioni. Voglio che li abbia tu e che li porterai con orgoglio dopo esser uscito da qui.» sussurra Joseph Schneider con un sorriso, nonostante la voce incrinata; ne prende uno e sorride ancora, lasciando che le lacrime bagnino le sue guance, mentre osserva quello scarpino rosso e nero, con lo stemma della marca in bianco – gli stessi colori della squadra in cui ha militato suo figlio – sorride e accarezza la scritta che capeggia sulla parte esterna del tallone “Bernd Schneider” scritto in bianco sul nero, poi quella sulla punta “Bayer Leverkusen” bianco su rosso e sorride ancora guardando il nipote che è rimasto a fissare le scarpe senza parole.

«Io… non so cosa dire, nonno.» sussurra Karl prendendo l’atro scarpino e  sorridendo. «Non dire nulla, tesoro mio, sono sicuro che lui è felice nel sapere che le abbia tu e sa che le porterai con onore e orgoglio e che vincerai anche in nome suo.» risponde il nonno stringendolo. «Grazie. Le indosserò per le partite importanti, come faceva lui, e non lo deluderò.» sorride Karl, carezzando anche lui il nome dello zio sullo scarpino. «Non ti deluderò, né ora né mai, vincerò il mondiale e ti renderò fiero di me, zietto.» sussurra, lasciando scendere le lacrime e promettendo su quel nome, facendo sorridere il nonno, orgoglioso e fiero dei suoi due campioni.

I due vengono strappati da quel momento fatto di ricordi e promesse dalla porta che viene spalancata. «Kaiser!» urla il piccolo Jamie sulla soglia, con indosso la sua maglia, espressione grave sul dolce visetto e gli occhi verdi – solitamente allegri – sbarrati e pieni di paura. «Cucciolo che succede?» chiede Karl, posando con cura lo scarpino all’interno della scatola, avvicinandosi al bimbo e prendendolo in braccio, baciandolo sulla fronte, mentre nota che ha le lacrime agli occhi. «Erik.» sussurra Jamie, iniziando a piangere, stringendosi forte a lui.

Schneider lo stringe più forte e deglutisce a vuoto, mantenendo la lucidità, mentre il nonno li osserva in silenzio;  i pensieri inquieti della notte riprendono a offuscare la mente di Karl, chiude gli occhi e bacia la guancia del più piccolo. «Non piangere e dimmi cosa è successo.» dice sfoderando il suo miglior sorriso, mentre il suo cuore inizia a battere più forte per la paura. «Non lo so, ero in sala giochi quando l’ho visto sulla barella portato di corsa dai portantini, l’oncologo ed altri medici correre in radiologia dove lo hanno portato.» spiega il piccolo ancora piangendo.

Karl assimila quella spiegazione, mentre un brivido gelido gli percorre la schiena. «Va tutto bene, Jamie.» sorride per incoraggiarlo. «Sono sicuro che Erik sta bene, l’ho sentito ieri e doveva venire in questi giorni per un controllo, magari ha avuto un banale calo di pressione, e giustamente, sono stati allertati tutti i medici competenti.» continua, sorridendo, mentre l’angoscia gli sale sempre più forte. «Non scoraggiatevi, ragazzi, qualunque cosa accada voi uscirete da qui vittoriosi.» dice Joseph, rimasto in silenzio fino a ora, avvicinandosi e poggiando la mano sulla spalla del nipote e sulla manina del piccolo Jamie, che lo guarda e gli sorride.

«Nonno portalo in camera sua, per favore. Io vado a vedere se riesco a capire qualcosa.» dice Karl sorridendo al suo piccolo amico. «Ricordati che i campioni non mollano mai.» gli sussurra all’orecchio, porgendolo poi al nonno, mentre spalanca la porta  corre a perdifiato verso il reparto di radiologia, dove in questo momento stanno visitando l’amico. Sospira dopo aver chiesto ad alcuni infermieri di poter entrare, ricevendo una risposta negativa, si siede su una panca e aspetta, portando le ginocchia la petto iniziando a piangere in silenzio. “Lo so che non ti ho mai chiesto nulla, come so anche di non esser particolarmente credente, ma ti prego, Dio… se è vero che esisti, non portarlo via, non lui, ti prego.” si ritrova a pregare in silenzio, preda della sconforto e della disperazione.

***

Amburgo: lunedì 7 febbraio, 2018 reparto di ortopedia, h. 16:00.

Grace e Benji sono seduti nella sala d’attesa del reparto di ortopedia; Thomas Schneider si è accorto che il portiere ha qualche problema al polso destro, perciò l’ha spedito in ospedale per fare un controllo, mandando con lui la manager, per assicurarsi che non faccia finta di andare. «Sei preoccupato?» gli chiede dolcemente la sua migliore amica, con il suo sorriso solare. «No, più che altro mi scoccia fare la visita e scoprire che qualcosa non va.» ammette Benji, sbuffando e prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans, sbloccandolo e bloccandolo subito – quasi nervosamente.

«Tranquillo, scemo, sono certa che non è nulla. Lo hai sforzato un po’ da quando hai sbattuto, è vero, ma non penso sia qualcosa per la quale stare fermo.» lo rassicura Grace, baciandolo sulla guancia, accendendo il display del cellulare dell’amico, guardando l’ora. «Karl tra un po’ deve andare a fare la chemio…» sussurra poi, accoccolandosi sulla sua spalla e sospirando. «È dura, lo so, è sempre più difficile sostenerlo per i suoi continui sbalzi d’umore, ma ce la faremo.» la rassicura il portiere, baciandole la fronte con affetto fraterno. «Price si accomodi.» l’ortopedico, improvvisamente apre la porta, un medico sulla cinquantina, che a prima vista sembra simpatico.

«Torno tra poco.» dice all’amica, alzandosi ed entrando nello studio, si siede e stringe la mano al dottore. «Qual è il problema?» chiede il medico, mettendolo subito a suo agio con un sorriso. «Il polso destro. Una settimana fa, circa, l’ho sbattuto in campo ma non è stata una botta forte, in due giorni è passato, solo che sforzandolo un po’ e continuando ad allenarmi e giocare il dolore è tornato.» spiega il ragazzo. «Bene, vediamo subito di cosa si tratta.» risponde il medico, alzando la manica della felpa iniziando a tastare il polso a mani nude, e osservandolo con attenzione e professionalità.

Benji attende in silenzio e lo osserva, aspettando che dica qualcosa. «Le ossa mi sembrano al loro posto, per sicurezza facciamo subito una radiografia.» dice il medico, invitandolo a spostarsi; Benji lo segue e si siede, mentre l’ortopedico accende il macchinario, iniziando la radiografia. «Confermo quanto detto prima, potrebbe essere un risentimento muscolare o tendineo.» dice dopo qualche minuto, il portiere annuisce e sospira. «Facciamo anche un’ecografia e confermiamo.» dice ancora il medico mettendo il gel sul braccio e iniziando a muovere la sonda studiando le immagine sullo schermo.

Il ragazzo osserva le immagini senza capirci nulla e trattiene quasi il fiato. «È una tenosinovite, ovvero hai un’infiammazione al legamento ulno carpale.» spiega il medico, spegnendo il macchinario e porgendogli una salvietta per ripulirsi. «Nulla di irreparabile, dovrai però osservare un riposo parziale di quindici giorni, indossare un tutore e assumere antinfiammatori e antidolorifici; potrai anche giocare, ma non sforzarlo troppo o potrebbe peggiorare.» spiega l’ortopedico, mettendogli subito il tutore. «Grazie, lo farò.» risponde Benji scocciato di dover star attento e limitarsi, incazzato per tutte le ultime scocciature di quest’ultimo mese.

«La ringrazio, dottore.» dice il ragazzo, salutandolo e uscendo dallo studio, sorridendo all’amica. «Nulla di cui preoccuparsi, solo una lieve infiammazione, ma potrò comunque giocare.» le dice. Lei lo guarda negli occhi. «Sei sicuro?» chiede senza ammettere repliche. «Sì, dovrò stare attento a non sforzarlo e indossare il tutore, ma posso farlo.» risponde ancora Benji con un sorriso. «Sono felice di sapere che non è nulla di grave.» sorride a quel punto Grace, mettendogli le braccia al collo e baciandolo sulla guancia. «Andiamo a far compagnia a Karl?» chiede subito dopo, mentre lui sorride e le carezza i capelli. «No, vai da sola, io torno a casa. Scusa, ma oggi non me la sento.»

La manager lo guarda, sorride e gli carezza la guancia. «Va bene, non preoccuparti, tornerò a casa con un taxi.» gli risponde dandogli ancora un bacio in guancia, lui sorride e la stringe forte a sé. «Grazie, Grace. Salutamelo.» dice baciandole la fronte, sorride, ed entrambi si allontanano prendendo diverse direzioni: Grace verso il reparto oncologico, Benji verso l’uscita della struttura ospedaliera, dove la sua Kawasaki Ninja è parcheggiata.

***

Amburgo: lunedì 7 febbraio, 2018 sala chemio, h. 17:00.

Gli occhioni ambra di Grace vagano da paziente a paziente, alla ricerca del suo ragazzo; tutta quella gente sofferente, stanca è priva di capelli è per lei come una pugnalata al cuore, ma anche se non li conosce, regala a chiunque guarda un sorriso incoraggiante, fin quando non vede Karl: semidisteso su una poltroncina, il cappellino di Benji calato sulla testa, gli occhi chiusi e una sacca con del liquido giallognolo dalla quale la medicina scende lentamente all’interno del suo braccio sinistro. «Ciao, Kaiser.» sussurra avvicinandosi a lui, gli posa un dolcissimo bacio sulla guancia e si accomoda su uno sgabello, stringendogli la mano.

“When I think back on these times and the dreams

we left behind I'll be glad 'cause.

I was blessed to get to have you in my life

when I look back on these days

I'll look and see your face

you were right there for me.”

Lui rimane in silenzio, con gli occhi socchiusi e non fa nulla, Grace lo guarda dolcemente e gli carezza la mano, facendogli sentire la sua vicinanza, mostrandogli tutto il suo amore. «Non dovevi venire.» dice a un certo punto Karl, gelido come il ghiaccio e distante. «Perché no?» sussurra lei, nonostante tutto con un sorriso, continuando a carezzargli la mano. «Perché no, Grace, non voglio che tu mi veda quando sono uno straccio.» risponde Karl ancora con freddezza, rabbia e tristezza. «Amore a me non importa, io ti amo al di là del tuo aspetto, io amo tutto di te, e ti starò sempre accanto, soprattutto quando non mi vorrai, perché sarà quando ne avrai più bisogno.» continua imperterrita la ragazza, baciandolo sulla guancia.

Schneider si volta a guardarla e accenna un sorriso, un sorriso stanco e tirato, dietro al quale è celata una gran paura e tristezza. «Perché sei così giù? Ieri ridevi e scherzavi…» gli sussurra all’orecchio, continuando a carezzarlo. «Perché sto uno schifo, sto sempre più male e non so più dove aggrapparmi, mi mancano le forze.» risponde il Kaiser in un sussurro lievemente affannato. «Non sei da solo, non lo sarai mai, noi saremo sempre qui a sostenerti.» gli dice Grace con dolcezza, baciandolo con tutto il suo amore sulla guancia.

“In my dreams  I'll always see you soar

above the sky. In my heart

there will always be a place  for you for all my life

I'll keep a part of you with me

and everywhere I am, there you'll be”

«Starlet…» la chiama prendendole la mano e stringendola nella sua, mentre lei lo guarda e ricambia la stretta. «Hai mai pensato alla possibilità che io possa non farcela?» sussurra. «No, e non ci voglio pensare.» risponde la manager con gli occhi che iniziano a diventarle lucidi. «Forse, invece, dovresti iniziare a farlo.» dice ancora lui, posando la mano con l’ago su quella della fidanzata. «Shhh. Shhh. Non dirlo nemmeno per scherzo, tu ce la farai e uscirai da qui.» lo incoraggia la ragazza. Karl chiude gli occhi e stringe i denti, portando la mano destra sulla tempia per una fitta improvvisa, mentre con la mano sinistra pigia il tasto del telecomando per abbassare la poltrona e geme dal dolore, mentre lei lo coccola con amore.

«Ho paura, Grace… ma non solo per me, oggi hanno ricoverato Erik d’urgenza. È grave, sono apparse delle metastasi e le possibilità che possa farcela sono scarse.» sussurra Karl con voce incrinata, iniziando silenziosamente a piangere. «Sono sicura che ce la farà, amore mio.» sussurra Grace con dolcezza, carezzandogli la guancia, e asciugando la lacrima. «Ricordi la nostra canzone, amore?» chiede Grace, facendolo voltare e annuire. «Non dimenticare mai queste parole, qualsiasi cosa accada, non dimenticarle, mai: “nel mio cuore ci sarà sempre un posto per te, in tutta la mia vita, voglio tenere una parte di te in me e ovunque io sia ci sarai anche tu.” Ricordale per sempre, non valgono solo per me che ti amo immensamente e mai ti lascerò, ma anche Erik sarà sempre dentro di te, qualunque cosa accadrà.» sussurra Grace con tutta la sua dolcezza, continuando a riempirlo di dolci attenzioni.

Schneider apre gli occhi e la guarda con intensità. «Non avevo mai pensato che queste parole potessero avere diversi significati, ma hai ragione, Starlet, qualsiasi cosa accadrà Erik vivrà per sempre dentro al mio cuore, e tu sarai sempre la mia metà. Grazie, amore…» sussurra tossendo lievemente, iniziando a sudare. «Va tutto bene, ci sono io qui con te, Kaiser, non ti lascerò mai.» dice Grace, distrutta nel vederlo soffrire così, ma determinata a dargli tutta la sua forza e il suo sostegno. Gli asciuga il sudore dalla fronte con un panno e gli carezza il petto da sotto la giacca del pigiama, sentendo sotto la pelle accaldata il battito irregolare del suo cuore. «Ovunque tu sarai, ci sarò sempre anche io.» sussurra ancora, carezzandolo sul petto, cercando in tutti i modi di rilassarlo. 

“Cause I always saw in you, my light, my strength

and I want to thank you, now for all the ways

you were right there for me

you were right there for me, for always” 

«Anche io, Starlet… te lo prometto, non mi arrenderò e rimarrò sempre al tuo fianco…» sussurra Karl con voce ansante, prendendole la mano e stringendogliela debolmente. «Ti amo, ti amo da morire, mio bellissimo Kaiser.» sorride Grace con le lacrime agli occhi, stringendo forte la sua mano e portandola alle labbra per baciarla, mentre i suoi occhi si specchiano in quei meravigliosi cristalli di ghiaccio, che sono gli occhi del fidanzato. «Ti amo anche io, Starlet…» sussurra Karl guardandola a sua volta in quei profondi e dolcissimi occhi colore dell’ambra, mentre il respiro torna a essere regolare, e il cuore riprende a battere normalmente. 

“In my dreams I'll always see you soar

above the sky, in my heart

there will always be a place for you for all my life

I'll keep a part of you with me

and everywhere I am

there you'll be” 

«Bravo, amore, rilassati e pensa solo che andrà tutto bene, né tu né Erik né Jamie vi arrenderete e realizzerete ogni vostro sogno, per quanto riguarda me sarò sempre al tuo fianco a sostenerti.» sussurra Grace con dolcezza, sorridendo nel vederlo rilassarsi e guardarla dolcemente, nonostante si senta male per la terapia che lo distrugge, il suo Kaiser, bellissimo, non smette mai un attimo di esserlo, lo è anche con le sue debolezze e paure. Rimangono a coccolarsi finché il farmaco non finisce e possono rientrare in camera. 

“In my dreams I'll always see you soar

above the sky, in my heart

there will always be a place

for you for all my life

I'll keep a part

of you with me

and everywhere I am

There you'll be”

 

***

Amburgo: lunedì 7 febbraio, 2018 commissariato di polizia, h.19:30.

Freddy Marshall entra quasi trapelato alla stazione di polizia, scorge il suo pupillo seduto, la visiera del cappellino calata sugli occhi più del solito, abbandonato sulla sedia come se fosse più di là che di qua, sospira e si avvicina all’agente che lo accoglie. «Salve, signor Marshall. Benji ha fatto una bravata, ha guidato in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di droghe leggere schiantandosi con la moto, per fortuna è illeso e non ha coinvolto passanti.» spiega, consegnandogli il rapporto. «Non prenderemo provvedimenti seri, ma solo per questa volta, lo porti a casa ha bisogno di riposare.» aggiunge.

Freddy annuisce e legge velocemente  il rapporto che ha in mano, sospira e si avvicina al ragazzo, ringraziando il poliziotto per aver chiuso un occhio. «Forza, andiamo a casa.» dice prendendolo per il braccio, sostenendolo, mantenendo la calma. Entrati in auto il mister parte, mentre il portiere guarda fuori dal finestrino senza proferire parola; la testa che gli scoppia, la mente incasinata di pensieri e una gran voglia di spaccare tutto ciò che gli capiti a tiro. Sa benissimo di aver fatto una cazzata, ne è pienamente cosciente: voleva solo dimenticare e non pensare a tutti gli eventi che lo hanno stravolto in poco tempo.

«Si può sapere che accidenti ti è saltato in mente? Ubriacarti, fumare spinelli e metterti alla guida, rischiando di ammazzarti e coinvolgere altra gente. Non dico, sei per caso impazzito, Benjiamin Price?» tuona la voce di Marshall, una volta in casa, chiudendosi la porta alle spalle. «Esigo una spiegazione!» tuona ancora, guardandolo severamente. «Scusa, Freddy…» sussurra il ragazzo, tenendo il capo chino, con la visiera del cappellino a celargli lo sguardo. «Scusa? Benji ti rendi conto o no della cazzata che hai fatto? Capisco che sei in pensiero per Karl, ma di certo non lo aiuti facendo certe cazzate, capisco anche che in questo momento stai anche tu male, ma così non concludi nulla.» dice Freddy ancora severo, sa bene quanto il suo ragazzo sia in crisi, ma deve comunque rimproverarlo per farglielo capire.

«Scusa, Freddy, mi dispiace.» sussurra ancora il portiere, senza alzare lo sguardo. «Sai dire solo questo? Ho detto che pretendo una spiegazione.» sbotta Marshall perdendo la sua stoica pazienza, dandogli uno schiaffo. «Freddy… perché l’hai fatto?»  chiede il portiere col capo voltato di lato per la sberla ricevuta, che gli ha fatto anche volare il cappellino. «Perché hai superato il limite, Benjiamin, ti capisco, però non è così che aiuti i tuoi amici che in questo momento hanno bisogno di te. Piantala di fare il bambino viziato ed egoista e cresci un po’, o non mi vedrai mai più.» risponde Marshall guardandolo negli occhi.

«Non è per Karl che l’ho fatto, cioè anche, ma non solo per lui…» sussurra Benji, lasciando scendere le lacrime. Marshall sospira e si siede sul divano. «Sono tutto orecchie.» dice duramente, ma pronto ad ascoltare il suo pupillo. Il ragazzo si poggia alla porta e chiude gli occhi sospirando pesantemente. «Sono stato in ospedale per fare la visita al polso, il medico ha detto che ho un tendine infiammato e che devo stare attento a ogni movimento, ma posso giocare…» dice alzando la manica della felpa mostrando il tutore al polso. «Ho avuto paura, mi sono sentito cadere in un baratro nero, non voglio smettere di giocare.» continua a piangere, come mai ha fatto in vita sua.

Freddy sorride e scuote la testa. «Vieni qua, idiota.» dice però con dolcezza paterna, guardando il suo ragazzo con un sorriso rassicurante. Benji non se lo fa ripetere due volte e corre sul divano fiondandosi tra le sue braccia, che lo avvolgono e lo stringono. «Hai ragione tu, Freddy, sono solo un bambino viziato ed egoista, non sono affatto cresciuto.» sussurra scosso dai singhiozzi. «Non è vero, Benji, lo sei stato, ma sei cresciuto tantissimo in questi anni. Sei un ragazzo d’oro, che farebbe di tutto per le persone care, ma che non riesce a dar sfogo alle emozioni.» lo corregge il mister, carezzandogli i capelli.

Benji accenna un sorriso e solleva il viso per guardarlo. «Grazie di esserci.» sussurra. Marshall sorride, poi sospira. «Senti, penso sia meglio andare in Giappone per un po’, con il casino che hai combinato, l’aggressione al giornalista della settimana scorsa, ti sei esposto un po’ troppo sotto i riflettori. Parlerò io con Thomas, spiegandogli il motivo di questa scelta, con la storia Karl e le insinuazioni che abbia usato sostanze dopanti, potrebbero far controlli a tappeto e tu in questo momento non sei proprio pulito, se dovessero beccarti col sangue sporco finiresti nei guai rischiando la carriera.» dice guardandolo negli occhi, sorridendogli.

«Va bene, però voglio continuare ad allenarmi anche a casa.» dice Benji, asciugandosi gli occhi. «Certo, come ai vecchi tempi, campione.» sorride il buon Marshall scompigliandogli i capelli. «Dirai a mio padre delle bravate che ho fatto?» chiede dopo, sospirando. «No, non glielo dirò, al momento i tuoi genitori sono a Los Angeles per affari, spera solo che le notizie non abbiano già fatto il giro del mondo e che tuo padre non lo venga a sapere tramite la stampa.» risponde il mister guardandolo e ridacchiando.

«Forza, ora va a fare le valigie, io aggiungo un posto al volo che avevo prenotato per me, domani partiamo.» dice ancora. «Grazie infinitamente di tutto, Freddy, sei come un padre per me.» sorride il portiere con sincerità ed affetto profondo. «Beh, un po’ lo sono, visto che i tuoi sono sempre in viaggio ti ho cresciuto e ti conosco come le mie tasche, anche tu per me sei come un figlio.» sorride Marshall stringendolo forte a sé, Benji ricambia l’abbraccio e lo bacia in guancia – un evento più unico che raro – dettato dal profondo affetto che prova per il suo onnipresente allenatore personale. 

 

   
 
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