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Autore: heliodor    15/01/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Domande e risposte

Il tempio era una delle costruzioni più imponenti. Sorgeva sull'albero più alto, abbracciandolo da una parte all'altra. Come tutti gli edifici era a pianta circolare ed era decorato con fiori e piante.
I suoi tronchi però erano più solidi e non vi erano camminamenti sospesi che lo collegavano agli altri edifici. L'unico modo per accedervi era da una scala a chiocciola alla base dell'albero sul quale sorgeva.
Joyce affrontò la salita con cautela. La scala di legno era stretta e le sembrava sdrucciolevole. Si chiese se avrebbe retto il suo peso, anche se non era eccessivo.
Con sua sorpresa il legno di cui erano fatte era solido e per tutta la salita non ebbe alcun timore. Le bastò non guardare di sotto mentre eseguivano numerosi giri attorno all'albero.
Giunsero infine in cima, dove lo accolse una piccola folla di uomini e donne vestiti con abiti marrone.
Joyce ne contò una ventina, di tutte le età. C'erano due ragazzi che potevano avere l'età di Vyncent, un uomo corpulento e dai capelli chiari e un anziano dalla pelle rinsecchita e rugosa ma dagli occhi vividi e attenti.
Insieme a lei e Zefyr, erano saliti anche Leyra e Olfin.
Il pavimento di tronchi era ricoperto da assi ben levigate che scricchiolavano sotto il loro peso. Piante crescevano lungo i muri e persino negli interstizi tra un tronco e l'altro, formando un piccolo giardino verticale. Ampie finestre lasciavano entrare il sole insieme ai suoni e ai profumi della foresta.
Arwel li invitò a sedere su dei cuscini imbottiti decorati con motivi floreali. Sedendosi Joyce si rese conto che erano piani di foglie che scricchiolavano sotto il suo peso. Li trovò subito divertenti e comodi.
Arwel, Serime e una mezza dozzina di anziani e adulti sedettero di fronte a loro su cuscini simili. Delle ancelle e dei valletti portarono cesti e vassoi pieni di frutta a verdura lasciandoli su una stuoia posta tra i due gruppi.
Joyce decide di non toccare niente se prima non lo avessero fatto i loro ospiti. Non voleva correre il rischio di offenderli. Tuttavia, a pensarci bene, notando che nessuno di loro toccava il cibo, forse si aspettavano che fosse uno di loro a farlo per primo.
Quanto sapeva poco del mondo.
A venirle in aiuto fu Olfin, che allungò una mano verso un cesto e ne prese un grosso frutto bianco e rotondo. Gli diede un morso deciso rompendo la sottile buccia e iniziò a masticare.
"Mangia nidda, mangia" la esortò Leyra.
Joyce prese lo stesso frutto di Olfin e lo addentò. La crosta era croccante e saporita, ma la polpa morbida e un po' acida, ma dolce. Le piacque subito perché era fresco e dissetante allo stesso tempo.
Tutti i presenti mangiarono qualcosa, tranne Zefyr che si limitò a fissare gli anziani con aria di sfida.
Serime si schiarì la gola. "Ora passiamo ad argomenti più mondani" disse con tono solenne. "Vogliamo che ci diciate tutto quello che è accaduto nella foresta l'altra notte."
Joyce fece per aprire bocca ma Zefyr le diede una gomitata nell'addome.
"Le tue spie non ti hanno già detto tutto quanto?" fece il ragazzo con aria indolente.
Serime fece una smorfia di disgusto. "Ci hanno detto quello che hanno visto e sentito nella foresta, ma non quello che è accaduto prima. Ci sono informazioni che..."
"Se ti aspetti che facciamo la spia hai sbagliato persone" disse Zefyr. "Non ti diremo niente."
Joyce si schiarì la gola.
Lui le scoccò un'occhiataccia. "Li vuoi aiutare?"
"Loro hanno aiutato noi. Se non ci avessero portati al sicuro, ora saremmo prigionieri di Gajza. O morti."
Zefyr scosse la testa.
Serime la guardò con interesse. "Nidda Sibyl, vuoi dire tu qualcosa?"
"Vi propongo uno scambio."
Serime si accigliò. "Cosa vuoi scambiare?"
"Informazioni. Vi dirò tutto quello che sappiamo e in cambio voi farete lo stesso."
Arwel annuì. "Mi sembra equo."
"Fate prima voi una domanda" disse Joyce.
"Perché volevate attaccarci?" chiese Serime.
"Non volevamo attaccarvi."
"Non mentire, nidda" l'ammonì la donna. "Sappiamo dei soldati e degli stregoni mandati dal circolo di Nazedir. E sappiamo anche di kodva Gastaf e dell'odio che prova per noi."
"I soldati e gli stregoni avrebbero dovuto dare la caccia a Rancey."
"Chi è Rancey?" chiese Arwel.
"Un leccapiedi di Malag."
L'anziana alfar la fissò senza parlare. "E che cosa vuole da noi?"
Joyce non lo sapeva. Forse Jhazar e Gastaf erano a conoscenza di parte dei suoi piani, ma lei sapeva solo quello che Therenduil aveva detto nell'incontro alla fortezza. "Non lo so. Forse taras Therenduil lo sa."
"Tu lo hai visto?"
Joyce annuì. "Alla fortezza. Era con il suo quynab, Diroen."
"Diroen stava bene?" chiese Leyra.
Joyce annuì e lei sembrò sollevata.
Serime le rivolse un'occhiata severa. "Nidda Leyra, se apri di nuovo la bocca senza permesso ti getterò io stesso giù dall'albero."
Leyra arrossì e chinò la testa.
"Prosegui" disse Serime rivolgendosi a Joyce.
"Dopo. Ora è il mio turno di fare una domanda" disse lei.
Serime sospirò. "Avanti allora."
Joyce si umettò le labbra. "Siamo vostri prigionieri?"
"Siete nostri graditi ospiti."
"Possiamo andarcene quando vogliamo?"
"Questa è una seconda domanda. Ora tocca a noi" disse Serime.
"Ma voi mi avete fatto più di una domanda" protestò Joyce.
"Nessuno ti ha obbligata a rispondere" rispose Serime con calma.
Joyce si morse la lingua.
"Hai detto di aver visto Therenduil" disse Arwel. "Sai dov'è adesso?"
"No. Credevo fosse tornato da voi."
"Dov'era l'ultima volta che lo hai visto?"
"Insieme a Gajza e Jhazar." Lui e Diroen avevano lasciato la fortezza la sera dell'attacco. Da allora non li aveva più visti e non aveva idea di che fine avessero fatto.
Arwel e Serime si scambiarono un'occhiata. "Credo che per il momento sia sufficiente" disse il primo facendo per alzarsi.
"Un momento" disse Joyce. "Dovete ancora rispondere a una mia domanda."
"Che impertinente" disse Serime storcendo la bocca. "Decidiamo noi quando e quanto parlare. Non abusare della nostra ospitalità."
"Avevamo un accordo" insistette Joyce. "Rispettalo, taras."
Il piccolo pubblico attorno a loro annuì.
Anche Arwel fece un cenno di assenso a Serime e tornò a sedersi. "Fai la tua domanda, nidda Sybil."
C'era solo una cosa che voleva sapere più delle altre. "Combatterete contro Rancey?"
Lo sguardo di Serime si indurì. "Non è questo il luogo adatto per parlarne."
"Rispondi" la incalzò Joyce.
"Ragazzina..." fece Serime.
"Faremo la cosa che riterremo giusta" disse Arwel.
"Combattere contro Malag e i suoi tirapiedi è la cosa giusta" disse Joyce.
"Non è la nostra guerra" rispose Arwel serafica.
"Anche Jhazar lo disse una volta. E adesso è morto" rispose Joyce.
Arwel trasse un profondo sospiro. "Non sai di cosa parli." Si alzò in piedi seguita dagli altri membri del circolo.
Joyce e Leyra li imitarono, mentre Zefyr rimase dov'era nonostante le occhiate di disapprovazione dei presenti.
"Taras, ti prego" disse Joyce con tono implorante. "Rancey è pericoloso."
"Tutti i kodva lo sono" disse Serime. "Per noi non fa alcuna differenza. E le vostre guerre non ci riguardano. E ora è davvero tutto. Riportateli ai loro alloggi e che ci restino."
Mentre scendevano la scala a chiocciola Zefyr le disse: "Sei contenta adesso? Ora sai come sono fatti questi selvaggi."
"Almeno io ci ho provato" rispose Joyce a muso duro. Cominciava a trovare irritante il modo di fare di Zefyr.
"E hai fallito. Non ti puoi fidare di queste persone. Guarda che cosa è accaduto a Jhazar e mio padre."
Forse incolpava gli Alfar di quello che era successo? "Non sono stati loro."
"L'attacco era un'idea di Therenduil. E guarda caso lui è scomparso."
"Non prova niente."
"Per me è abbastanza. Mio padre li odiava e Gajza ne ha approfittato, forse d'accordo con Therenduil. Non mi stupirebbe affatto."
"Perché li odi tanto?"
"Fattelo dire da loro. Io non ho voglia di parlarne."
Si separarono alla base dell'albero dove alloggiava Joyce. Lei venne portata nella sua casa, dove trovò ad attenderla dell'acqua calda, cibo e vestiti puliti.
Si cambiò indossando una tunica color grigio che le stava piuttosto larga e mangiò un po' di frutta. Si sentiva stanca ma era troppo presto per dormire, perciò si affacciò alla finestra, godendosi il panorama.
Gli alfar si muovevano con dimestichezza al suolo come a decine di metri d'altezza, senza alcuna paura di cadere di sotto.
Li invidiava.
Lei doveva guardare bene dove metteva i piedi per la paura di scivolare e precipitare.
Poco prima che il sole calasse Leyra venne a farle visita.
La ragazza alfar non era da sola. Con lei c'erano Olfin, Galasar e Indis.
"Volevano salutarti e ringraziarti, nidda" spiegò Leyra.
Cenarono tutti insieme parlando del più e del meno. Indis si offrì di intrecciarle delle corone di fiori. "Il bianco ti donerebbe moltissimo, nidda Sibyl. Si intonerebbe col colore dei tuoi capelli. A proposito, che pigmento usi per averli così rossi?"
Joyce ormai era abituata a quella domanda. "Nessuno. Ci sono nata."
Da quelle parti il colore rosso non era comune come nel grande continente, l'aveva capito.
Galasar le mostrò l'ultimo incantesimo che aveva perfezionato. "Guarda" disse stringendo il pugno prima di colpire un'asse di legno spaccandola a metà.
"È così che ti sei rotto il braccio l'ultima volta" lo ammonì Leyra.
"Sei forte" esclamò Joyce sorpresa.
Galasar arrossì. "Non è forza, nidda. Sono le mie ossa che diventano dure come la pietra." Il pugno era arrossato dove aveva colpito il legno. "Ma la pelle no."
"Prima dovresti perfezionare pelle di quercia" disse Leyra. Scosse la testa. "Da quando ha scoperto di essere un alteratore, non ha più tempo per gli incantesimi principali."
"Ma sentitela" disse Galasar. "Ha appena imparato a evocare un'arma magica e già si da delle arie. Dobbiamo chiamarti taras Leyra adesso?"
Gli altri risero.
"Taci, stupido" disse la ragazza. "Tu hai mai visto un'evocatrice, nidda Sibyl?"
Joyce annuì. "Mia sorella sa evocare."
"Davvero? Hai una sorella?"
Joyce annuì.
"Ed è brava?"
"È la più grande strega vivente" disse Joyce con orgoglio.
Galasar rise. "Allora dovrò sposarla."
"Cosa?" fece Leyra. "Che dici, sciocco?"
"Io sono il più grande stregone vivente, quindi devo sposare la più grande strega vivente, no?" disse Galasar. "Non è vero, nidda Sibyl?"
Joyce rise di gusto. "Non credo che Bryce sarebbe d'accordo. Lei è molto... indipendente. Non so se mi spiego."
Galasar sembrò deluso. "Vuoi dire che non sposerebbe mai un selvaggio come me?"
"No, no" si affrettò a dire Joyce. "È solo che lei non ha mai parlato di matrimonio." Almeno non in mia presenza, pensò. Forse con Elvana, la sua migliore amica, ne aveva parlato. Forse di Vyncent... scacciò quel pensiero.
"E adesso dov'è tua sorella, nidda?" chiese Olfin.
Joyce scosse le spalle. "Non lo so. Ma so che ovunque si trovi, starà combattendo contro Malag per porre fine alla guerra."
"È davvero così pericoloso questo Malag?" chiese Leyra.
Joyce annuì. "Molto. E ha alleati potenti. Rancey è uno di loro." E lei doveva ucciderlo per il bene di Oren.
"Se lei è la più grande strega vivente" si chiese Galasar. "Come può Malag tenerle testa? La guerra è praticamente vinta, no?"
Magari fosse così semplice. "Malag non è solo forte. Lui è anche astuto." Ricordò ciò che aveva fatto a Taloras. Il suo piano per scatenare una guerra civile era semplice e geniale al tempo stesso.
"Tu lo hai mai visto?"
"Per fortuna no." E spero di non vederlo mai.
Andarono avanti per un'altra mezz'ora, poi Olfin, Galasar e Indis si congedarono.
Leyra si trattenne. Sembrava impaziente che gli altri se ne andassero e quando rimasero sole si tormentava le mani.
Doveva avere solo uno o due anni più di lei. Aveva l'età di Oren ma sembrava più grande e matura.
"Nidda Sibyl" disse Leyra.
"Sì?"
"Posso farti una domanda?"
Joyce annuì.
"Tu hai visto Diroen?"
"Certo. Era con Therenduil."
"E come stava? Bene?"
"Era col suo maestro, quindi credo di sì."
"Ma tu cosa pensi che sia successo? So che non hanno raggiunto nessun avamposto. Possibile che siano ancora nella foresta?"
"Forse sono tornati alla fortezza."
"E se quel Rancey li avesse catturati?"
Era una possibilità che non poteva escludere e non sapeva dire cosa fosse peggio tra l'essere prigionieri di Rancey o di Gajza. "Purtroppo non posso risponderti."
Leyra chinò la testa affranta.
"Sei preoccupata per loro?"
La ragazza annuì e sospirò. "Avevo detto a Diroen di non andare, che era pericoloso, ma non m ha ascoltato."
"È andato col suo taras. Si sentiva al sicuro."
"Era più sicuro per lui se restava qui con me" disse Leyra con voce rotta.
Allora Joyce ebbe un'illuminazione. "Io... non avevo capito quanto tenessi a lui." Anche lei aveva penato per Vyncent quando lui era partito per la guerra. E adesso era in pensiero per Oren.
Era una sensazione che non augurava a nessuno.
"Scusami, non dovevo parlartene. Ti sembrerò sciocca."
"Per niente. Se vuoi sfogarti vieni pure da me."
Leyra annuì e fece per andarsene, poi sembrò ripensarci. "Nidda... Se tu sapessi dove si trova questo Rancey..."
Magari fosse così. "Andrei subito da lui."
"Perché?"
"Abbiamo un conto in sospeso."
Leyra annuì e se ne andò.
Non la vide fino al giorno dopo, di mattino presto, quando venne a prenderla. "Vuoi fare un giro per l'avamposto, nidda... Joyce? Gli anziani mi hanno dato il permesso."
"Mi farebbe molto piacere."
Passarono la giornata girando per il villaggio sospeso. Imparò a usare i camminamenti e a orientarsi usando le piante e i fiori appesi sopra le porte per riconoscere le abitazioni.
"Qui è dove abito io" disse Leyra invitandola a entrare in una casa che abbracciava la cima di un albero. Il pavimento era ricoperto di stuoie dipinte con colori ricavati da bacche e altre piante che ritraevano animali e persone che danzavano.
"Ti piacciono?" chiese Leyra.
"Sono molto belli."
"Li ha fatti Diroen. Sai, lui è anche un artista, oltre che uno stregone. Gli piace molto disegnare e si fabbrica da solo i colori."
Sedettero sui cuscini imbottiti di foglie e pranzarono con frutta e verdura, insieme a pane e biscotti dolci.
Leyra le spiegò come intingerli in una salsa molto densa che loro producevano.
Invece di essere dolce era salata e un po' piccante, creando un piacevole contrasto con i biscotti.
"Devi darmi la ricetta" disse Joyce, anche se non aveva mai cucinato in vita sua.
"Nidda" disse Leyra abbassando la voce. "Devo dirti una cosa."
Joyce si fece attenta.
"Gli anziani non ti hanno detto tutta la verità."
"Riguardo a cosa?"
"Loro sanno dov'è Rancey. E anche io lo so."
Joyce si morse il labbro. "Dove?"
"Sei giorni fa ero di pattuglia e mi sono spinta fino al Shurakib."
"È un posto?"
Leyra annuì. "È vietato andarci. È sacro."
"Rancey è lì? Tu l'hai visto?"
"Ho visto le persone che sono con lui, credo. Due streghe e due stregoni con i mantelli grigi e neri. Senza i disegni che usano i kodva,"
Mantelli senza insegne. Erano rinnegati? "Li hai seguiti?"
"Solo fino alla zona proibita, poi sono dovuta tornare indietro."
"E loro non ti hanno vista?"
Leyra fece un mezzo sorriso. "Sono molto brava nel seguire senza farmi scoprire."
Magari lo fossi anche io, pensò Joyce. "Se sanno dove sono, perché non li scacciano da quel luogo sacro?"
"L'avrebbero già fatto se fossero stati dei semplici viandanti o dei bracconieri. Spesso facciamo in modo che si allontanino. Ma gli anziani hanno paura. Non vogliono essere coinvolti nella guerra dei kodva. Se attaccassimo gli uomini di Rancey, Malag potrebbe mandarne altri per punirci."
"Malag vuole qualcosa. Non è un caso se Rancey si trova proprio lì."
"Lo penso anche io. E temo che Therenduil e Diroen potrebbero essere stati catturati da Rancey e dai suoi. Se questo fosse vero, gli anziani non muoverebbero un dito per aiutarli."
"Li abbandonerebbero al loro destino?"
"Avrebbero abbandonato anche Olfin e gli altri, se è per questo. È stato Therenduil a offrirsi volontario per difenderli in tribunale, contro il volere degli anziani."
"C'eri anche tu."
"Siamo in pochi a non essere d'accordo con il loro modo di agire."
Joyce pensò alle prossime mosse da fare. "Devi portarmi lì. Devo vedere con i miei occhi."
"Anche io lo voglio, ma dobbiamo agire con prudenza. Sei controllata e non sarà facile andare via senza che gli anziani se ne accorgano."
"Mi sorvegliano?"
Leyra annuì. "Gli anziani non si fidano dei kodva. Hanno discusso a lungo se non fosse il caso di abbandonavi sul sentiero e lasciarvi liberi di tornare alla fortezza."
"Siamo vostri ospiti" esclamò Joyce indignata.
"Abbiamo un diverso concetto di ospitalità, nidda."
Su questo non c'è alcun dubbio. "Che possiamo fare?"
"Mi serve tempo per organizzarmi. Dovrai avere pazienza. Quando sarò pronta ti verrò a prendere. Tu vuoi venire?"
Era pericoloso, ma forse era anche l'unica occasione per cogliere Rancey di sorpresa e liberare Oren dalla maledizione.
"Sì" disse con espressione decisa. "Verrò con te."

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