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Autore: angharadskies_    17/01/2018    0 recensioni
Quando tutto sembra andare a rotoli nella tua vita, finalmente scopri la verità su un mistero che da sempre ha circondato la tua nascita; uno dei genitori che non hai mai conosciuto è un Dio dell'Antica Grecia e non si è certo fatto tanti scrupoli ad abbandonarti.
Quello che forse non ti aspettavi, però, è che quello stesso Dio è stato catturato da un suo nemico e tocca a te salvarlo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Apollo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Will Solace
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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<< Tanya non mi è sembrata molto felice di non poter venire con te >> fece notare Chirone, muovendo la lunga coda da cavallo a destra e sinistra, mentre accompagnava Chiara alla grotta dell'oracolo. Da quanto aveva capito si trovava 'incastrata' nella roccia, proprio nel fianco della Collina Mezzosangue. << Sinceramente anche io avrei preferito averla con me. Cioè, qual'è il problema di quest'oracolo? Non gli piacciono le persone o qualcosa del genere? >>. Il centauro alzò le spalle, squotendo la testa. << È meglio che ascolti la tua profezia da sola, Chiara. Le profezie sono... Private. E poi potrebbe non piacerti quello che stai per sentire >>. La castana si passò una mano sul volto; sembrava molto stanca. << Da quello che ho letto in vari libri, mi dica se sbaglio, ma le profezie tendono ad essere funeste. Mio padre è in pericolo. Ascoltare una profezia che mi avverte che morirò di una morte terribile e dolorosa non mi tranquillizzerà di certo, Chirone >>. Gli fece notare ed il centauro annuì, comprensivo. << Capisco come ti senti, ma sappi che gli eroi non sono sempre destinati a perire per morte violenta >>. Chiara si bloccò ai piedi della collina. Sentiva l'erba solleticarle le caviglie ed il caldo vento dell'estate soffiarle sul viso, scompigliandole i capelli. << Chirone, mi dica il nome di un solo eroe che è stato felice, alla fine >>. Il centauro fece tanto d'occhi per la sorpresa, e poi decise di non rispondere. Non aveva bisogno di far mente locale per ricordare che alla fin fine, nemmeno un solo eroe aveva vissuto una vita felice ed in pace. << Appunto >> Chiara si diresse verso lo squarcio nel fianco della collina; l'entrata della grotta. L'interno, da quel che poteva vedere, era illuminato e sentiva della musica ad alto volume. Quindi c'era definitivamente qualcuno in 'casa'. Alzò gli occhi verso l'alto e vide il simbolo di suo padre, la lira, scolpita nella roccia proprio sopra l'entrata. << Quindi l'oracolo di Delfi è qui... >>. Si girò verso Chirone e lui le fece segno di entrare. La ragazza fece una smorfia della serie: << Devo proprio? >>. E l'uomo-cavallo annuì, incrociando le braccia sul petto con aria risoluta. Se ci fosse stato bisogno, l'avrebbe personalmente spinta dentro. << Evviva >> borbottò, moscia e poi entrò, facendo scorrere le dita sulla roccia nuda, come se farlo potesse calmarla. Tattica inutile, Chiara. << È permesso? >> Chiese, perché le sembrava normale chiederlo anche se stava semplicemente entrando in una grotta. Le parve di sentirsi rispondere: << Si, certo! >> ma la musica era abbastanza forte da sovrastare le parole, quindi poteva benissimo esserselo immaginata. Fece qualche passo avanti e quasi venne accecata dalla luce di un paio di abat jour portatili. L'interno era... Sicuramente non come se lo era immaginato. Il disordine regnava sovrano. C'erano fogli di carta sparsi da per tutto; schizzi di vernice ricoprivano il pavimento e fogli di giornale stropicciati si ammucchiavano in giro in tante piccole montagnole. Le pareti erano ricoperte da disegni dai colori sgargianti e cavalletti con schizzi mezzi terminati erano sistemati in giro alla rinfusa. In fondo alla grotta c'era un logoro divano rosso, interamente ricoperto da vernice verde e gialla, qualche sedia (neanche quelle si erano salvate dalla furia dei colori) ed un basso tavolino da caffè. Chiara si fermò davanti ad un cavalletto e si mise ad analizzare le linee tracciate con l'attenzione dovuta ad un bel disegno. La musica venne spenta di colpo. << Fammi indovinare, anche tu sei un'artista >> una ragazza dai foltissimi e crespi capelli rossi le apparve alle spalle all'improvviso. << Come fai a dirlo? >> Si girò per guardarla bene. Era ricoperta di tempera da testa a piedi. Aveva degli schizzi rosa sulla maglietta, sulle guance e fra i capelli. Sembrava ci si fosse fatta il bagno nei colori. << È facile. Mi è bastato guardare il modo in cui osservavi il mio disegno. Seguivi le linee attentamente, come se volessi imprimertele nella mente. E, vediamo le mani- >> le prese la mano destra, con fare divertito, facendola sobbalzare. << Hai il callo dell'artista >> lo aveva sempre avuto, da quanto riusciva a ricordare. << Ed è anche accentuato. Allora, disegni o scrivi? >> La castana alzò le spalle, imbarazzata. Non era mai stata brava a parlare di sé. << Entrambe ?>> La tipa inclinò la testa di lato quando la sentì confusa. << Mh... Bianco e nero o a colori? >> Quella era facile. << Bianco e nero, ovviamente >> la rossa le sorrise e le fece segno di sedersi su una delle sedie. E meno male, almeno quelle erano meno sporche del divano. Titubante, osservò la ragazza mentre ripuliva un po' il posto. Si sedette. Aveva decisamente l'impressione di averla vista a cena, la sera prima. Sicuramente non si aspettava che fosse lei l'oracolo. Aveva pensato si trattasse di una vecchietta, si, ma di certo non pensava potesse trattarsi di una ragazza di poco più di diciotto anni. La rossa si girò a guardarla, prendendola alla sprovvista. << Vuoi un caffè? >> Per quanta adrenalina aveva in corpo, avrebbe potuto benissimo correre la maratona annuale di New York in quel momento, senza mai fermarsi. Di certo non aveva bisogno di caffeina. << No grazie, ahem-... >>. << Oh giusto, non mi sono neanche presentata! >> Scosse la testa come se mentalmente si stesse dando dell'idiota. << Mi chiamo Rachel. Rachel Elizabeth Dare >> si presentò. << Chiara >> la castana chinò formalmente la testa. << Oh, ma lo so! >> La figlia d'Apollo alzò un sopracciglio, incuriosita. << Hai... Predetto il mio arrivo al Campo? >> L'altra ridacchiò, squotendo la testa. << Sei famosa. Tempo due giorni e con la tua amica avete battuto tutti i "record">> non aveva idea di cosa stesse parlando e a cianciare così aveva l'impressione di star semplicemente perdendo tempo. << Senti, questa cosa della profezia come funziona? Ah, e sei tu l'oracolo, giusto? >> Perché iniziava a dubitarne. Quella tipa non aveva un'aura molto spiritica. Sembrava semplice una ragazzina ricoperta di tempera con un disperato bisogno di fare due chiacchiere. Rachel si sistemò su uno sgabello di fronte a lei, ed incrociò le braccia sul petto con aria pensierosa. << A dir la verità è strano che io non abbia già iniziato. Di solito mi basta vedere una persona o un eroe per iniziare a sparare profezie a raffica >> la squadrò a lungo come se il problema fosse lei o come se volesse estrapolarne l'essenza in qualche modo. << Senti, io non sento proprio niente. Perché non fai tu una domanda? >> Le disse, dopo un lungo silenzio. Chiara accavallò le gambe, pensando a come impostare la frase. << Vediamo... Posso domandare come voglio o c'è qualche regola particolare che devo seguire? Tipo il vocativo, che ne só >>. Rachel ridacchiò e fece spallucce. La stava prendendo veramente poco sul serio per i suoi gusti. << Puoi chiedere come vuoi, è una tua scelta >> forse era meglio andare sul semplice e non farsi tanti problemi, allora. << Quindi... Qual'è il mio futuro? Cosa devo aspettarmi da questa impresa? >>. Se si aspettava che sarebbe successo qualcosa, si sbagliava. Rachel si limitò a fissarla, aspettando a sua volta un qualche cambiamento. << Percepisci... Qualcosa? >> Domandò, sporgendosi verso di lei titubante. La Dare battè le palpebre, confusa tanto quanto lei. C'era forse qualcosa che non andava? << Non voglio allarmarti... Ma non sento un bel niente... È come se mi stessi trattenendo, ma non sono io a volerlo. Capisci? >> No che non capiva. Non aveva idea di che cosa stesse dicendo. Che diavolo era venuta da lei a fare, allora? << Mi dispiace tant- >> la rossa si piegò sullo sgabello, come se avesse ricevuto un forte colpo allo stomaco e stesse per rigettare. Forse era arrivato il momento!... O doveva veramente vomitare? << Rachel? >> La chiamò, alzandosi dalla sedia. L'altra non rispose. << Rachel!? >> La chiamò di nuovo, preoccupata. Doveva chiamare aiuto? Non è che era svenuta, vero!? << Ehi Rac- >> le passò una mano sull'avambraccio e cacciò un urlo quando la rossa le afferrò un polso, all'improvviso. Alzò la testa di scatto, e le mostrò due fiammeggianti occhi dai lugubri bagliori verdi. Non avevano né iride, né sclera, c'era soltanto verde. La ragazza iniziò a parlare, ma la voce non era più la sua. Sembrava parlasse perfettamente al contempo con qualcun'altro; qualcuno con una fastidiosissima voce stridula. << Questa volta il tre non sarà propizio, In quattro partirete all'inizio. Un figlio di Guerra ed un figlio del dio dei ladri con voi cammineranno, Proteggendoti da colui che ti vuole recar danno. Attraverserete deserti in fiamme ed un fiume cocciuto, E nella stanza del tempo l'allenamento sarà compiuto. Dodici lune vi accompagneranno E di affrontare il Sole in due il coraggio troveranno. Ricorda però, giovane fiamma, un padre ritrovato non equivale ad un padre salvato. Quella stessa figlia che tanto l'ha cercato, Deciderà infine del suo fato. Non fidarti di ciò che vedi, ma di ciò che nel cuore senti, E del giovane eroe sentirai i lamenti. Figlia del Sole, tornerai forse salva? Impavido guerriero, cerca nell'ambra >>. Gli occhi di Rachel smisero di mandare verdi bagliori luminescenti e la giovane poté mettere a fuoco una Chiara super sconvolta. La guardava come se potesse trasformarsi in Godzilla da un momento all'altro. E forse considerando quello che aveva appena visto, era anche possibile. << Io... Ho detto qualcosa? >> La castana annuì molto lentamente, in procinto di darsela a gambe. Quello che aveva sentito... Non aveva esattamente senso per lei. Qualcosa l'aveva capito, però. Sarebbe stata lei a decidere del fato di suo padre... Quindi se salvarlo o meno, alla fine? E che cosa lo stava andando a salvare a fare? E poi che voleva dire: << Impavido guerriero, cerca nell'ambra >>? Era da prendere alla lettera? Probabilmente no... << Penso di dover andare, Rachel... Gli altri mi staranno aspettando... >> Non vedeva l'ora di uscire da lì. Purtroppo per lei, la rossa decise che era meglio andare con lei. Le indicò la porta. << Andiamo >> Chiara deglutì pesantemente e si lasciò condurre fuori, all'aria aperta. S'incamminarono verso la casa grande. Tutto il Campo era lì, di fronte all'entrata, ad aspettarle (tranne Dioniso. Probabilmente lui non ne aveva voglia). Che cosa imbarazzante... << Com'è andata? Cosa ti ha detto l'oracolo? >> Tanya si fece avanti. Sembrava sul punto di esplodere a causa della tensione. Posò gli occhi su Rachel, poco interessata, e poi torno a guardare l'amica. Non le passò nemmeno un secondo per la testa che lei potesse essere l'oracolo. Chiara stentò a capire la domanda, per un secondo. Si sentiva esausta. Si passò il dorso di una mano sugli occhi, cercando di far mente locale. Solo in quel momento si ricordò che non dormiva da quasi due giorni. << Non so da dove iniziare >> rispose. Rachel non poteva esserle d'aiuto, non ricordando un bel niente. << Credo dovresti iniziare dal principio >> suggerì Chirone e lei annuì. << Dovremo partire in quattro, perchè il numero tre non ci sarà a favore, o qualcosa del genere >> Tanya alzò la testa con aria impavida. << Di quattro posti, due sono già occupati >> Chiara la guardò titubante. L'idea di accompagnarla non l'aveva ancora abbandonata. Era veramente cocciuta. << Quanto agli altri due posti? >> Domandò Will, curioso. Si stava offrendo di andare con lei, per caso? << Hai deciso chi portare con te? >> Chiese Chirone. La figlia d'Apollo annuì, battendo un piede a terra con aria tetra. L'idea non le piaceva per niente. << La profezia mi ha chiaramente suggerito chi portare con me, quindi- >> Chirone la interruppe. << La profezia ti ha suggerito chi portare... Con te? Strano... Davvero strano >> il centauro si accarezzò la barba, con aria pensierosa. E adesso che c'era che non andava? << Perché dice così? >>. Fu Percy a rispondere. Perché lui sembrava intendersene? << Bè, di solito le profezie non sono molto chiare. Ed è come se non ti avesse dato scelta, non trovi? >>. << Sentite, io sono nuova in questo "settore"- >> fece le virgolette con le dita. << - e non ho idea di come tutto questo funzioni. L'unica cosa che so è che domani partirò per salvare mio padre. Punto >> si massaggiò le meningi, sospirando pesantemente. Chiuse gli occhi, alzando le spalle e abbassandole. L'unica cosa che volevo in quel momento era farsi una bella dormita decente. << Quindi... Chi altro verrà con noi? >> Le domandò Tanya. << Per citare la profezia... Un figlio di Guerra e uno del dio del ladri... >> La castana si girò ed individuò Lapis e Dylan, fra gli altri ragazzi. << Dylan, Lapis... Siete con noi, oppure no? >> Incrociò le braccia sul petto. Dylan sorrise beffardo. << Saremmo venuti comunque, principessa >> si sentiva tutto fuorché una principessa in quel dannato momento. << Quindi... È un si? >>. << Ci siamo dentro fino al collo >> Rispose Lapis. L'assemblea venne ufficialmente sciolta. Dylan girò la testa per guardare Lapis. Se ne stava sulle sue come al solito, ma questa volta sembrava diverso. << Tutto bene? >> Gli domandò, sporgendosi verso di lui. Il moro annuì brevemente, con sguardo grave. << Sono solo... Preoccupato per lei >> rispose. Il figlio di Ermes spalancò gli occhi, sorpreso. Stava dicendo sul serio o scherzava? Era così raro che esprimesse i suoi pensieri... << Di chi parli? >> Conosceva già la risposta a quella domanda, ma con gli anni aveva imparato che non si poteva dare mai niente per scontato con Lapis. << Parlo di quella ragazza; Chiara. Apollo ha di certo tenuto i dettagli più importanti per lui. Ci sono troppe cose che tutt'ora non mi quadrano... >> Sospirò con aria affronta e si alzò da terra, ripulendosi i pantaloni dall'erba. << Wow, Lapis. Sono sorpreso che ti stia preoccupando per lei. Voglio dire... Non ti interessi mai a nessuno >> il castano si alzò, imitandolo. Lo squadrò dall'alto in basso e poi viceversa. Stava crescendo in fretta. << Lei... Morirà? >> Domandò il più grande e Lapis si strinse nelle spalle, con aria tetra. << Siamo qui per impedirlo >> gli ricordò, guardandolo con la coda dell'occhio. << Si ma... Ricordi il pezzo di profezia che abbiamo origliato quella volta? >> Lapis fece mente locale, strizzando gli occhi. << "E alla fine amata figlia, ci separeranno infinite miglia". Dici questa? Forse non... >> Il moro sembrava confuso. Dylan non lo aveva mai visto in quel modo prima di allora. Lapis era il classico tipo che aveva sempre una risposta per tutto ed un piano B pronto. Però anche lui non aveva idea di cosa volesse veramente dire quella parte di profezia. La parte della separazione... Che intendeva? C'era decisamente qualcosa di strano in tutta quella faccenda. << Non sappiamo se quel pezzo si riferisca a lei- >> continuò il moro. Aveva ragione. E forse, per come stavano le cose, era decisamente meglio che non si riferisse a Chiara. << È sorprendente. Siete qui da nemmeno due giorni ed avete già ottenuto un'impresa >> Annabeth si sistemò i capelli, legandoseli in una coda alta. C'era qualcosa che somigliava vagamente a dell'astio nella sua voce ma Tanya non poteva esserne sicura. La mora si girò a guardare il pugnale di bronzo celeste che Annabeth le aveva personalmente recuperato dall'armeria. Lo aveva messo sul comodino accanto al letto, in modo da ricordarselo il giorno seguente. Sicuramente non poteva usare una spada con il poco allenamento che aveva ricevuto, quindi una lama così corta le sembrava perfetta per lei. La mora si piazzò un cuscino dietro le spalle, sistemandosi meglio nel letto e tornò a guardare la sorellastra. << Si, bè... Penso che nessuno di noi sia particolarmente felice di partire >> rispose, tirandosi le coperte fino al mento. Annabeth annuì distrattamente e si sedette sul suo letto, con lo sguardo perso nel salvaschermo del suo computer portatile. Sembrava veramente preoccupata per lei, cosa che un po' la sorprendeva. Avevano la stessa madre, è vero, ma si conoscevano veramente da troppo poco tempo. << Stai attenta, Tanya >> La sua voce la riportò bruscamente alla realtà. << Continui a dirmelo >> le fece notare e l'altra annuì, allungando una mano verso la tastiera del portatile. << È che questa faccenda mi puzza veramente di bruciato. Prima quei due ragazzi... E adesso quella figura nelle fiamme. Potrei anche sbagliarmi, ma non lo so... >> Fece spallucce. Ne seguì un lungo silenzio che fece mancare alla figlia d'Atena la confusione della mensa. << Hai bisogno di riposo. Dormi, è meglio >> Tanya sapeva quando qualcuno la 'congedava' e quello era decisamente il caso. << Si, hai ragione. Buona notte, Annabeth >> si mise giù senza aspettare una risposta e chiuse gli occhi. Cominciava a pensare che proporsi per quell'impresa non era stata una grande idea. Will e Chiara erano tornati nella capanna d'Apollo subito dopo l'assemblea. La ragazza aveva preparato lo zaino con tutto il possibile necessario per l'impresa e poi si era messa a letto, evitando una possibile conversazione con Will. Già era abbastanza imbarazzata dall'aver ricevuto un regalo da suo padre (perchè aveva capito che non è che gli dei facessero tanto spesso regali ai loro figli) e dormire lì le sembrava solo un modo di rinfacciare ai suoi fratelli che lei aveva ricevuto un arco dal loro caro paparino e loro invece no. Chiuse gli occhi, affondando la faccia nei morbidi cuscini. Sentì Will chiamarla per nome a bassa voce, ma lo ignorò. Prevedeva un'altra notte in bianco, quando invece la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò quasi subito. A quel punto arrivarono i sogni. Okay, non era del tutto sicura di star veramente sognando. Si trovava su una bellissima spiaggia dai candidi ciottoli bianchi. L'acqua era meravigliosamente cristallina ed il vento caldo dell'estate le scompigliava i capelli. Sembrava troppo reale per trattarsi di un sogno. Svogliatamente un'onda le cinse i piedi, fino alle caviglie, facendole partire un brivido su per la schiena. Era veramente troppo reale. La castana si passò una mano sulle tempie, confusa e si guardò intorno. Dietro di lei c'era un enorme palazzo scolpito nella pietra che si affacciava su una scogliera, facendo ombra su di lei e su un minuscolo lembo di spiaggia. Confusa sempre di più, fece qualche passo in avanti e scorse una scaletta di pietra che conduceva proprio al palazzo. Salì i gradini due alla volta, con il cuore che batteva all'impazzata e il vento che le sferragliava il viso. Raggiunta la cima delle scale, si ritrovò in un grande cortile. Degli alberi dalle foglie verdi e lucenti circondavano il perimetro del cortile in pietra, creando a terra ombre sinistre ed innaturali. Un gemito la fece girare di scatto verso destra. Alzò i pugni, pronta a colpire chiunque fosse in agguato. All'ombra di uno dei tanti alberi, c'era un bambino. Probabilmente aveva circa sette o otto anni e singhiozzava rumorosamente, tenendo la testa nascosta fra le gambe. La sua pelle era baciata dal sole ed aveva dei corti e scompigliati capelli castani. Di nuovo, si concentrò su quanto il sogno fosse... Vivido. Sentiva chiaramente sotto i piedi nudi le pietre del cortile, riscaldate dai raggi del sole ed il canto dei grilli. Il bambino singhiozzò di nuovo, emettendo un suono più acuto degli altri. << Stai bene? >> Gli domandò. Sorpresa, si portò una mano alla bocca. Non stava parlando in inglese! Sembrava più... Greco antico? Come poteva riuscire a parlare una lingua di cui conosceva appena qualche parola!? Il ragazzino sobbalzò, preso alla sprovvista e tirò su la testa, per guardarla. Vide la paura dipinta nei suoi occhi e scorse anche il tremito che gli attraversava il corpo. Scivolò indietro, indietreggiando, ma il tronco dell'albero lo bloccò. Non aveva via di fuga. << T-ti prego, m-mio padr-e->> tartagliò, spaventato. Nemmeno finì la frase per coprirsi con le mani gli occhi rossi di pianto. Stava anche lui parlando in greco antico, ma riusciva comunque a capirlo. << Ehi, va tutto bene. Non voglio farti del male >> gli assicurò Chiara, mettendo le mani avanti. Il castano allargò le dita per guardarla attraverso le fessure fra le corte falangi. Si soffermò prima sulle gambe scoperte, arrossendo imbarazzato, poi sulla canottiera nera e gli shorts del pigiama ed infine sul suo viso. << Tu... Chi sei? Non ti ho mai vista qui a palazzo? >> Sembrava un po' meno spaventato adesso, probabilmente perché gli aveva detto che non gli avrebbe fatto niente. Poi quando però si rese conto che, effettivamente, non la conosceva, si spinse contro il tronco dell'albero cercando di allontanarsi il più possibile da lei. Chiara si chinò al suo livello e notò solo in quel momento che aveva le mani sporche di qualcosa di rosso. Sembrava... Sangue? Anche la corta tunica greca che indossava ne era ricoperta. << Ti prego, non avere paura di me >> forse era lei che doveva preoccuparsi di lui... Erano tanto vicino che percepiva l'odore agro del sangue e anche quello della bile. << Il mio nome è Clarus >> gli disse, come se fosse una cosa importante. Cavolo, aveva appena trovato un bambino sporco di sangue dalla testa ai piedi e si metteva anche a fare le presentazioni. Però... Non sapeva perchè ma voleva veramente che si sentisse a suo agio con lei. Il ragazzino chinò la testa, con aria circospetta. Deglutì sonoramente e poi le chiese: << Dirai a mio padre che sono qui? >> Chiara scosse la testa. << Io non conosco tuo padre, non lo chiamerò. Adesso mi interessa conoscere te, però >> gli sorrise, cercando di calmarlo. Gli occhi del castano saettarono su di lei un paio di volte, come se volesse imprimersi la sua immagine nella mente. << I-io... >> Fece una pausa. << Io mi chiamo ->>. Con grande sorpresa della ragazza, l'immagine le vorticò davanti agli occhi, cambiando forma e colore. Era di nuovo in riva al mare, ma questa spiaggia sembrava diversa. I ciottoli erano più scuri e piccoli e non le pizzicavano i piedi. A pochi metri da lei, sul bagnasciuga, era seduto un bambino. Non era quello di prima, anche se sembrava avessero la stessa età. Il ragazzino si alzò di scatto, come se avesse percepito la sua presenza alle spalle. Si girò a guardarla, spostandosi i lunghi capelli biondi da davanti il viso. Aveva degli occhi meravigliosamente grandi, di un verde scuro. << Chi sei? >> Domandò. Sembrava abbastanza calmo per uno che aveva appena scoperto di avere qualcuno che lo spiava alle spalle. << Ahem... Io... >> Per caso il gatto le aveva mangiato la lingua? Quel ragazzino aveva un volto ancora infantile, ma era veramente bello. E la sua tunica era così bianca in confronto a quella dell'altro bambino da farle quasi male agli occhi. << Chi sei? >> Le chiese di nuovo, squadrandola dalla testa ai piedi. Sentì un brivido attraversarle la schiena quando l'acqua gli lambí le caviglie, come poco prima aveva fatto con lei. << Mi chiamo Clarus >> riuscì a dire. Il biondo la scrutò in viso, con sguardo sicuro di sé. << Il tuo nome non è greco >> fece notare. Ed aveva ragione. << No, non lo è >>. Il biondo abbozzò un sorriso e per un secondo ebbe l'impressione di star parlando con un ragazzo molto più adulto. Poi il bambino dai bei occhi verdi scomparve, così come la spiaggia e l'acqua fresca a limpida. Chiara si lamentò, passandosi il dorso di una mano sugli occhi. Sopra di lei c'era qualcuno, che la scrutava. Era anche lui biondo, ma con i capelli più corti e gli occhi azzurri. << Era ora che ti svegliassi >> le disse Will, pizzicandole il naso con indice e pollice. Era ancora nella capanna d'Apollo, quindi. Scacciò via la sua mano e si stiracchiò. << È l'alba >> continuò il biondo. Era ora di partire.
   
 
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