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Autore: heliodor    18/01/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il cavaliere della spina

Attese tutto il giorno e poi per tutto quello successivo senza che accadesse niente. Le ancelle le portavano acqua fresca tutti i giorni e pasti abbondanti, ma non rispondevano alle domande di Joyce trincerandosi dietro un sorriso imbarazzato. Avevano l'ordine di non parlarle?
Al secondo tentativo ci rinunciò e le lasciò fare.
Un'ancella si offrì di sistemarle i capelli e per la prima volta Joyce si rese conto del terribile stato in cui erano.
Accettò di buon grado e la lasciò fare. Lei lavorò in silenzio con mani abili, sciogliendo i nodi con un pettine d'osso.
"Nidda" disse poco prima di andarsene. "La nostra amica dice che sarà per stanotte."
L'ancella se ne andò senza darle il tempo di rispondere, ma non ce n'era bisogno. Joyce era già pronta e ansiosa di andare.
L'attesa fu snervante e la trascorse andando avanti e indietro per la capanna. Ripeté le formule magiche per ingannare il tempo, ma non le bastò. Perché non si era portata dietro un paio di libri dalla fortezza di Nazedir?
In quel momento leggere l'avrebbe aiutata.
Ora che ci pensava non aveva chiesto a Leyra se avessero una biblioteca. Da qualche parte era sicura che esistesse, perché aveva visto alcuni abitanti dell'avamposto portare dei libri sotto il braccio.
Mancavano ancora diverse ore al tramonto e lei aveva tempo. Decise di sfruttarlo cercando una biblioteca.
Prese uno dei camminamenti e raggiunse il nodo più vicino, una passerella che faceva il giro di un albero. Da questa partivano altri sei camminamenti sospesi, due dei quali finivano in altri nodi.
Guardando in lontananza vide che il nodo successivo era collegato a un grosso edificio attorno al quale passavano molti abitanti.
Scelse di andare da quella parte.
Giunta a metà strada si accorse di non essere sola. Un ragazzo sui venticinque anni la seguiva a una decina di passi di distanza.
Joyce si voltò di scatto, cercando di sorprenderlo.
Lui non si mosse e continuò a fissarla, immobile.
"Mi stai seguendo?" chiese Joyce.
"Ordini degli anziani, nidda. È per la tua sicurezza" rispose.
Joyce era irritata ma non lo diede a vedere. Leyra l'aveva avvertita, doveva aspettarselo. "Non mi serve una balia."
"Mi spiace nidda, eseguo solo gli ordini."
Forse poteva girare a suo vantaggio quella cosa. "Sai almeno dove posso trovare una biblioteca?"
"In verità non dovrei nemmeno parlarti, nidda."
"Ma lo sai o no?"
Lui si strinse nelle spalle.
"Senti, se non me lo dici me ne andrò in giro per tutta la giornata. Farò cose pericolose, mi arrampicherò dove non devo e ficcherò il naso dove è vietato. A meno che tu non mi dica dov'è la biblioteca."
Il ragazzo sospirò. "È due snodi dopo il grosso edificio alla tua destra, nidda" disse con tono rassegnato.
Joyce ghignò. "Grazie."
La biblioteca era uno dei pochi edifici costruiti su più piani. Ne aveva persino uno quasi al livello del suolo, raggiungibile con una scala a chiocciola. Altre scale collegavano i tre piani, formando una ragnatela intricata di passaggi sospesi e camminamenti che volavano tra un ramo e l'altro.
Come ogni altra costruzione sembrava destinata a crollare al primo alito di vento e, come tutte le altre, era invece piuttosto solida.
L'ingresso era un'apertura circolare. Sopra di esso campeggiava un fiore intagliato nel legno e colorato di rosso e bianco.
Non appena ebbe superato la soglia venne avvolta dal profumo intenso dei fiori e delle piante che crescevano sulle pareti e si intrecciavano formando arazzi naturali, vivi.
Non aveva mai visto niente del genere, nemmeno negli ampi giardini ben curati di Valonde. Quella era una natura che cresceva controllata e sorvegliata dai giardinieri, che la curavano quotidianamente.
Lì invece era di fronte a qualcosa di più spontaneo, naturale. Non c'erano regole e le piante crescevano libere, formando disegni complessi e del tutto casuali.
"Cosa ti porta qui, nidda?" disse Arwel accogliendola con un ampio sorriso.
Joyce la guardò sorpresa. L'alfar aveva sottobraccio due corposi volumi e un terzo nella mano destra. Sembrava piuttosto indaffarata.
"Cercavo dei libri" rispose.
"Puoi chiedere a me" disse lei riponendo i libri sul pavimento di legno.
"Non voglio disturbarti. Immagino che avrai molte cose da fare" disse imbarazzata. "Chiederò ai responsabili della biblioteca."
"Ce l'hai di fronte."
"Tu sei la bibliotecaria?"
"Sei sorpresa?"
"Credevo fossi un'anziana, una persona importante."
"Infatti, ma qui tutti svolgono più di una mansione. Per esempio Leyra, con la quale hai stretto amicizia, si occupa anche della manutenzione dei pozzi, quando non è di pattuglia."
Come sapeva che aveva fatto amicizia con Leyra? Si chiese. Poi ricordò il ragazzo che la seguiva e capì. Era un modo per dirle che la stavano osservando? Sapevano che cosa aveva in mente la giovane alfar?
Decise di fingere di non aver capito e si limitò ad annuire.
"Allora, i libri che stai cercando?" domandò Arwel. "Che genere preferisci?"
"Avventura. Storie di maghi e principesse."
Arwel si toccò il mento. "Dovremmo avere qualcosa, se non ricordo male."
"Lo so che può sembrare infantile ma..." disse Joyce arrossendo.
"Io non ti giudico, nidda." Sparì tra gli scaffali. "Hai un autore preferito?"
"Adenora Stennig" disse subito Joyce. Ma aveva letto tutto di lei. "O Rofus Thimal." Rofus aveva uno stile secco e asciutto, poco incline al lirismo. Ma scriveva trame complicate e appassionanti.
Arwel tornò con un paio di volumi. "Purtroppo non ho gli autori che cerchi e la sezione dedicata alle avventure non è molto fornita. Ho trovato solo questi due." Porse i due libri a Joyce.
Lei li prese senza nemmeno guardarli. Lo avrebbe fatto dopo, quando se ne sarebbe stata tranquilla nella sua abitazione. "Posso farti qualche domanda?"
Arwel le scoccò un'occhiata dubbiosa.
"Voglio solo sapere qualcosa di voi."
"Che cosa ti interessa?"
"Ci sono atri avamposti come questo?"
Arwel annuì.
"E avete anche una capitale o qualcosa del genere?"
"No, ci piace vivere in piccoli villaggi sparsi per la foresta."
"Perché?"
"I nostri padri ancestrali decisero così molti secoli fa."
"E avete sempre vissuto nella foresta?"
Arwel rise e scosse la testa. "Migliaia di anni fa, all'alba della storia, vivevamo a Ellor, un antico regno ormai scomparso."
"Perché siete andati via?"
"Un mago malvagio reclamò come sue quelle terre e i nostri antenati furono costretti a fuggire per non soccombere."
"È triste."
"Non per noi. Ogni anno celebriamo l'esodo con una grande festa. La consideriamo una rinascita. Un male necessario per raggiungere un livello di vita più alto. Migliore. Inoltre, ci ha permesso di incontrare la nostra amata dea, Lotayne."
"Ne ho sentito parlare. Era una maga?"
"Così dicono le leggende. Lotayne aveva il suo santuario nella foresta e la proteggeva. Prese anche noi sotto la sua ala, proteggendoci dagli altri maghi e dagli stregoni."
"Aspetta" disse Joyce. "Io sapevo che gli stregoni lottarono contro i maghi malvagi."
"Non tutti i maghi erano cattivi, nidda. Lotayne di certo non lo era. Tuttavia, cercarono comunque di ucciderla."
"Perché?"
"All'epoca, gli stregoni volevano fare il deserto attorno a loro. Hanno sempre avuto paura delle altre forme di magia e della divinazione. Chiediti perché non esistono guaritori, nidda."
Suo padre diceva che i guaritori non erano veri stregoni e chi diceva di avere poteri in grado di risanare le ferite era un ciarlatano. "Non esistono magie che possano guarire."
Arwel sorrise triste. "Non esistono più, nidda."
Joyce decise che per il momento era abbastanza. Salutò Arwel e tornò al suo alloggio. Lo trovò come l'aveva lasciato, fatta eccezione per un vassoio pieno di frutta, verdura e pane su una stuoia pulita. Qualcuno le aveva portato il pranzo mentre era assente.
Mangiò tutto quello che le avevano portato, non sapendo quando avrebbe potuto pranzare di nuovo.
Prese i due libri che le aveva dato Arwel. Il primo parlava di un cavaliere che aveva tradito il suo re e la sua famiglia. Insieme a un cantastorie, una donna indovina e una principessa dei barbari viaggiava per il mondo cercando di sfuggire a un dio malvagio che lo perseguitava.
Il personaggio più interessante per Joyce era il giovane mago che era innamorato della bella principessa.
Era la prima volta che si imbatteva in un mago che non fosse descritto come un malvagio privo di scrupoli.
Questo mago invece amava ed era riamato dalla principessa. Joyce se ne innamorò subito, seguendo con apprensione le sue vicende fino a metà del libro.
Quando staccò gli occhi dalla pagina per prendersi una pausa, le ombre si stavano allungando sull'avamposto.
A giudicare dalla posizione del sole mancava poco al tramonto. Doveva prepararsi.
Prese la borsa a tracolla e ci infilò dentro il mantello che aveva sottratto a Eryen e i due libri.
Indossò gli abiti con cui era partita dalla fortezza e gli stivali.
La notte calò sull'avamposto senza che altro accadesse. Le ore passarono mentre Joyce attendeva impaziente. Stava iniziando a pensare che Leyra non sarebbe venuta. Forse aveva avuto un contrattempo o gli anziani l'avevano scoperta e ora la tenevano prigioniera da qualche parte o stavano venendo a prendere anche lei per...
"Nidda" disse una voce femminile spezzando il filo dei suoi pensieri.
Leyra era sulla veranda dell'alloggio. Indossava un abito marrone scuro, stivali dello stesso colore e un mantello verde scuro.
Non era sola.
Accanto a lei c'era una seconda ragazza, forse di qualche anno più grande. Indossava abiti chiari e un mantello grigio e verde.
"Lei è Ethis" disse Leyra indicando la ragazza. "È la sorella maggiore di Diroen. È qui per aiutarci."
"Salve nidda Sibyl" disse la ragazza.
Le due ragazze la portarono in un punto interno, vicino al tronco che reggeva la capanna.
Ethis si tolse il mantello e lo diede a Joyce. "Indossa questo, nidda."
Joyce ubbidì.
Sotto il cappuccio i capelli di Ethis erano di un rosso acceso.
"Abbiamo fatto tardi perché non riuscivamo a trovare il pigmento giusto" spiegò Leyra.
"Come sto?" chiese Ethis avvolgendo una ciocca con le dita.
"Ti donano" disse Joyce indossando il mantello. Ethis non le somigliava affatto, era più alta e di corporatura meno esile della sua e il rosso dei capelli era troppo intenso, ma vista da lontano poteva dare l'illusione che si trattasse proprio di lei.
"Alza il cappuccio" disse Leyra.
Joyce ubbidì.
Leyra le diede una sistemata al bavero. "Cammina sempre al mio fianco e non alzare la testa. Non parlare e non guardare nessuno negli occhi. E soprattutto non toglierti il cappuccio. Tutti sanno dei tuoi capelli, nidda."
Muoversi tra i camminamenti di giorno era difficile. Di notte era un vero incubo. Joyce tremava al pensiero di mettere un piede in fallo e precipitare di sotto.
Poi ricordò che poteva levitare, ma decise di fare attenzione lo stesso per non fare una figuraccia.
Leyra invece era del tutto a suo agio e si muoveva con grazia sulle passerelle traballanti come sui camminamenti senza corrimano.
Tirò un sospiro di sollievo quando scesero a terra. Era ancora buio ma almeno il pavimento non traballava.
Marciarono decise verso il confine dell'avamposto, dirette a un gruppo di alberi dall'ampio fusto che sorgevano a ridosso della palizzata.
Qui c'erano quattro figure in attesa. Riconobbe subito Indis e Olfin.
Un terzo alfar era un ragazzo e si presentò come Thori. "Salve Nidda." Era il più anziano del gruppo, ma sembrava prendere ordini da Leyra.
La quarta persona era Zefyr. "Tamisa" disse riconoscendola.
"Vieni anche tu?" chiese Joyce sorpresa.
"Kada Zefyr sa dove si trovano gli uomini di Rancey" spiegò Leyra.
"Non me lo avevi detto" disse Joyce con tono risentito.
Zefyr si strinse nelle spalle. "Neanche tu mi dici tutto."
Un punto per te, si disse Joyce. "Come fai a sapere dov'è accampato Rancey?"
"Mio padre e Gajza ne hanno parlato prima di lasciare la fortezza" disse lui. "Therenduil ha anche tracciato un punto sulla mappa e io le ho gettato un'occhiata prima che si affrettassero a chiuderla."
"Mi sembra un po' poco."
"Basterà, nidda" disse Leyra. "Senza kada Zefyr gireremmo a vuoto per la foresta prima di trovare il posto esatto. Inoltre possiamo studiare un percorso per evitare di essere scoperti mentre ci avviciniamo."
Il ragionamento non faceva una piega, ma quando si erano parlati Zefyr e Leyra? E perché non le avevano detto niente?
"Da questa parte" disse Olfin.
Raggiunsero un punto della palizzata dove si apriva un passaggio abbastanza largo da consentire a una persona di infilarsi dentro.
Thari andò per primo, poi si affacciò attraverso l'apertura e disse: "Via libera. Potete passare."
Dall'altra parte cominciava la foresta e nel buio più assoluto le sagome degli alberi sembravano quelle di giganti che sorvegliavano le montagne.
Leyra li guidò nella foresta e l'oscurità li avvolse.
Per un lungo tratto camminarono in silenzio, rotto solo dal rumore dei loro passi e dei respiri.
"Non sarebbe più facile se tu volassi?" chiese Zefyr.
Joyce se l'era chiesto e lo disse a Leyra, che scosse la testa.
"Anche Olfin conosce la levitazione" disse l'alfar. "Ma è meglio procedere nella foresta, dove siamo più protetti. Gli stregoni di Rancey potrebbero usare la vista speciale per individuare qualcuno in volo sulla foresta, avvistandolo da miglia di distanza."
Joyce non ci aveva pensato. La foresta li proteggeva e nascondeva dalla vista speciale. Era come essere invisibili.
Zefyr scosse la testa e rise.
"Cosa c'è di tanto divertente?" gli chiese Joyce irritata dal suo comportamento.
"Voi streghe siete così potenti eppure così deboli. Tendete sempre a sottovalutare quelli che sono privi di poteri."
Una parte di Joyce era d'accordo con lui. Anche lei veniva sottovalutata perché non aveva i poteri. "Perché saremmo deboli?"
"Perché tendete a ridurre tutto all'uso di questo o quel potere. Non avete immaginazione."
Joyce non era d'accordo ma non voleva litigare. "Hai chiesto a tuo padre di Khadjag?"
Zefyr annuì.
"E che cosa ti ha risposto?"
"Che lavora per Gajza,"
È falso, pensò Joyce. Gastaf aveva mentito persino a suo figlio? "Io l'ho visto parlare con tuo padre nel tribunale. E poi ha aiutato Olfin e gli altri a cadere in trappola."
"Può darsi, ma mio padre non c'entra niente."
"Ma..."
Lui le rivolse un'occhiataccia e Joyce decise di tacere.
Leyra si avvicinò a Zefyr. "Kada Zefyr, ho chiesto agli anziani come mi avevi detto."
"E che cosa ti hanno risposto?"
"Che Esper è vivo e si trova in un altro avamposto."
"Quale?"
"Non me l'hanno detto."
Che storia era quella? Zefyr le aveva detto che suo fratello era stato ucciso dagli alfar.
Lui dovette notare il suo sguardo interrogativo. "È una storia lunga."
"Prova a raccontarmela. C'è tempo."
"Non credo. Stiamo per essere attaccati."
"Cosa?"
Il buio venne illuminato da un bagliore improvviso e lei sentì il calore bruciarle la pelle. Qualcosa la spinse di lato e poi a terra, schiacciandola al suolo.
Poi fu il buio.

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