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Autore: Ray Wings    20/01/2018    1 recensioni
Erano ormai passati vent'anni, un tempo più che sufficiente per voltare pagina, costruirsi una nuova vita, dimenticare tutto... eppure quando Nina ricevette quella lettera dalla Yuuei, quella bizzarra richiesta per un corso supplementare proprio durante le sue due settimane di vacanza, le sembrò che tutto quel tempo venisse spazzato via.
Sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto affrontare: un mare di ricordi, la malinconia di una donna ormai adulta che si rimetteva a sfogliare quell'album di fotografie, belle e brutte. La vecchia scuola, i vecchi amici, il negozio dove comprava i Taiyaki... ma soprattutto sapeva che avrebbe rivisto lui. Era passato così tanto tempo... ce l'avrebbe fatta! Si sarebbero reincontrati, dopo vent'anni, e niente le avrebbe impedito di sorridere ancora, dimostrando così che quella ragazza che aveva deciso di scappare da Tokyo in lacrime tempo addietro, ormai non esisteva più.
Ci sarebbe riuscita... sarebbe bastato affrontare tutto col sorriso.
Certo, non si sarebbe invece mai aspettata che la chiamata della Yuuei avesse molto più significato di quanto quella ridicola scusa del corso supplementare ai nuovi alunni volesse far credere.
Era la burattinaia, era giusto che assistesse alla fine del suo stesso spettacolo.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Ochako Uraraka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice


Non so cosa sto facendo làlàlàlàlà xD
Vabbè, spiego… inizialmente avevo scritto questa storia di getto, raggiungendo non so per quale follia le 300 pagine, ma comunque avevo deciso di tenerla per me perché… non so ultimamente sono afflitta da una carenza d’autostima artistico spaventosa. “Faccio sempre storie con nuovi personaggi e love story drammatico/passionali” pensavo e mi abbattevo di fronte alla poca originalità che temevo di dimostrare. Ma alla fine ho mandato tutto a quel paese ed eccomi qui! Mi piace un sacco il risvolto che ho dato a Nina/Machiko (sì, chiarisco subito il doppio nome per evitare confusioni… sono la stessa persona! xD) e alla sua storia, come ho integrato tutto alla storia principale e il significato e l’importanza che le ho dato, perciò pubblico e basta u.u E se voi riuscirete ad andare oltre alle apparenze e aspettare qualche spiegazione in più tra qualche capitolo, potrete capire. Nina è uno strumento che utilizzerò per approfondire la psiche di uno dei personaggi che immagino amiamo tutti… un certo Toshinori :P alias OOOOOOORMAITO... e con questo spero di aver stimolato un pochetto la vostra curiosità, ma non aggiungo altro per non spoilerare.
Scrivo queste note prima del capitolo solo per darvi qualche indicazione di percorso per permettervi di fruirne meglio:
-I capitoli hanno come titolo una canzone (con relativo cantante). Ho preso questa scelta non solo perché Nina è una cantante e mi piaceva rendere il tutto più musicale, ma anche perché in un certo senso ogni canzone scelta è la colonna sonora di quel capitolo. Le parole e l’atmosfera rispecchiano ciò che succede o un aspetto importante di esso, infatti in fondo riporto anche un piccolo estratto significativo per far meglio comprendere l’anima dello scritto.
-Ho riempito tutto di flashback perché in alcuni punti sono più importanti che il riportare il semplice “ricordava di quella volta che…”. Sono veri e propri salti indietro e per differenziarli dal presente li ho scritti in corsivo. Perciò quando vedete il corsivo= passato, scrittura normale=presente.
-Ho avuto qualche problema con l'html (quanto lo odio -.-)... foooorse ho sistemato un po', ma comunque se avete problemi a leggere per colpa sua ditemelo che proverò a litigarci ancora -Non ricordo cos’altro volevo dire, se mi viene in mente lo aggiungo più avanti xD

Grazie dell’attenzione fino a qui, vi lascio alla storia, buona lettura!
Ray :3

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"Photograph", Nickelback




«Ottima performance, Nina. Ora va' pure in camerino a riposarti» scimmiottò la donna, non appena fu a una distanza abbastanza sicura da non poter essere sentita da Drew. Si stava lasciando alle spalle un palco ancora acceso, una folla di persone sedute sulle seggioline che ancora non avevano smesso di applaudire e un presentatore entusiasta del suo lavoro che elogiava la cantante appena uscita di scena. Complimenti che rivolgeva a chiunque mettesse piede lì sopra, dopo un po' perdevano di credibilità, ma aveva imparato ad accettare quella sfaccettatura del suo lavoro molto tempo prima. Ormai neanche ci faceva più caso. Con un lamento si sgranchì il collo, indolenzito. Il riposo era proprio quello che le ci voleva, finalmente l'aveva capito anche quel rompiscatole di Drew ed era riuscita a strappargli un paio di settimane di permesso. Dopo quasi vent'anni di frenetica carriera era inverosimile che ancora non avesse accumulato almeno dieci giorni di ferie, quale sindacato permetteva un simile sfruttamento? Non che se avesse deciso di continuare a fare l'eroe avrebbe potuto avere di meglio. No, probabilmente non se la passavano bene nemmeno i suoi ex colleghi. Anzi, era quasi certa che poteva considerarsi fortunata... almeno lei aveva un buon stipendio a darle la motivazione giusta per non mandare a quel paese chiunque.
E qualche bella lettera dei fan, se si scartavano le molestie sessuali e gli stalker. I pazzi erano veramente ovunque.
«Signorina Nina!» squittì Tiffany, la sguattera personale di Drew, anche se lui preferiva illuderla con l'appellativo "segretaria". In piedi davanti alla porta dei camerini, l'attendeva con una manciata di lettere e una borsa  piena di fogli bianchi e buste vuote da riempire, un paio di penne nel taschino, pronte all'uso, e un sorriso emozionato sul volto. Il suo lavoro, per quanto estenuante e al limite della legalità, la entusiasmava. Forse era il poter stare a fianco delle star la sua motivazione a non mandare a quel paese chiunque, in fondo aveva un diario pieno di cottarelle da prima liceo da enumerare tra cantanti e attori. Seguire Drew le permetteva ogni tanto di stringere la mano a uno di quei mariti invisibili che si portava nella testa e ciò le bastava. La sua ingenuità scaldava sempre il cuore di Nina, tanto che non riusciva a non sorriderle tutte le volte che la incrociava anche se non portava mai buone notizie. Drew era il poliziotto buono, "va' a riposarti un po'", e a Tiffany toccava fare il poliziotto cattivo: «Le lettere dei suoi fan e della carta per le risposte! Le auguro buon lavoro». Ovviamente doveva esserci l'imbroglio sotto quel "va' a riposarti", c'era sempre un imbroglio.
«Grazie, Tif! Gentilissima come sempre» disse con un velo di sarcasmo nella voce, cosa che la ragazzina non parve cogliere.
«È un piacere, Signorina Nina! Ah! Le ho tenuto questa da parte, in modo che non si confodesse con le altre!» aggiunse poi, estraendo una busta dalla tasca dei pantaloni.
«Sbirci nella mia posta e fai la selezione? Sei una stalker, per caso?»
«Cosa?» si agitò, cominciando già a tremare. Odiava commettere errori, odiava essere ripresa per qualcosa e non riusciva proprio a cogliere l'ironia nella voce di Nina. Eppure lavoravano insieme ormai da almeno due anni, possibile che ancora non avesse imparato a riconoscerla?
«Tranquilla» le fece un occhiolino, sperando di tranquillizzarla. «Non lo dirò a Drew».
La rassicurazione non parve servire a molto, ma la lasciò un po' confusa, in bilico tra la gioia di non perdere il suo lavoro e il rammarico per aver commesso un qualche errore di cui, sotto sotto, non ne era nemmeno totalmente colpevole.
«A dire il vero...» ammise imbarazzata, senza riuscire a proseguire.
«Queste le prendo io, che ne dici?» sorrise Nina, allungandosi a prendere la cesta di vimini colma di lettere. Visto che la ragazza si stava perdendo nel limbo della confusione non era sicura che avrebbe fatto quel passo di sua spontanea volontà nei prossimi minuti, e lei non aveva molto tempo a disposizione per quel lavoro prima che Drew fosse  piombato nel camerino pretendendo le risposte completate e trascinandola da qualche altra parte. Magari alla festa di quel produttore di cui aveva parlato tanto la settimana prima. Erano belli i tempi in cui le feste erano momento di gioia e divertimento e non causa di altro lavoro. E finché si trattava di cantare ed esibirsi poteva anche farcela, quando si trattava di relazionarsi e fare colpo su qualche pezzo grosso del giro era già più impacciata e meno capace.
Fortuna che in vent'anni qualche trucchetto l'aveva imparato... bastava sorridere sempre.
Afferrò cesta, borsa e la lettera tenuta da parte da Tiffany, che ancora stringeva tra le dita, e si voltò per entrare finalmente nel suo loculo protetto.
«A dire il vero...» balbettò ancora Tiffany, un istante prima che Nina potesse entrare nella stanza. «Il signor Drew l'ha aperta» e solo allora Nina fece caso alla linguetta spiegazzata che era stata richiusa in maniera impacciata. «E aveva chiesto di buttarla via. Ma non me l'ha ordinato, perciò l'ho conservata!» si giustificò. «Non so... si tratta del suo vecchio liceo, ho pensato che potesse essere importante».
"La Yuuei?" pensò sconvolta Nina, roteando la busta e scoprendo solo in quel momento il logo dell'istituto. Era passato così tanto tempo dal diploma ed era stato quello l'ultimo momento in cui aveva avuto un contatto con loro... cosa potevano volere a distanza di così tanti anni?
Sapeva bene che Tiffany non avrebbe mai fatto qualcosa che Drew non avesse voluto, senza una motivazione valida. Il "ho pensato che potesse essere importante" solo perché veniva dalla sua vecchia scuola non reggeva, sicuramente doveva essere importante. Senza il "penso".
«Grazie Tif» bofonchiò perplessa. «Non lo dirò a Drew», promise e questo sollevò la ragazza. Entrò e si chiuse la porta alle spalle, spingendola con un piede. Lasciò cadere la cesta piena di lettere sul tavolo, rovesciandone una decina nel movimento, la sacca a terra con un tonfo, la lettera della Yuuei vicino alle altre e finalmente si concesse la meritata sedia. Sospirò, lasciando uscire tutta la stanchezza in quel gesto, e fece cadere indietro la testa. Il calore dei faretti sullo specchio le davano una bella sensazione, sembrava di sentire il sole sulla pelle, tiepido e delicato come nei primi cenni d'estate. Socchiuse gli occhi, si distese sulla sedia e si lasciò avvolgere da quel tepore.
"La Yuuei".
Era passato così tanto tempo...

Lo stadio era talmente pieno che le urla emozionate degli spettatori erano udibili a miglia di distanza. Al centro del prato, pronto per l'uso, un palco era stato appena montato e non aspettava altro che entrassero in scena. Era giunto il momento, la professoressa Atsuko aveva appena terminato la presentazione d'inizio del festival sportivo. Un festival che era più una celebrazione mondiale ai nuovi eroi, che un vero e proprio festival dello sport, ma d'altro canto la Yuuei non era famosa per la sua discrezione. E     proprio questo modo di fare in grande aveva portato loro alla decisione di sfruttare la band della scuola per l'intro di una tale celebrazione.
Ogni anno si inventavano qualcosa di nuovo per pompare il tutto sempre di più e quell'anno avevano avuto la fortuna di avere tra gli studenti un gruppo di tale talento da finire alle finali di una delle gare di musica più rinomate del Giappone. Non avevano vinto per un pelo, ma avevano dato alla Yuuei ulteriore prestigio non solo nel campo degli eroi, e certo non potevano ignorare una tale carta da giocare.
Machiko fece un profondo sospiro, all'ingresso del campo, e si portò una mano al cuore nella speranza di calmarlo. Al suo fianco, Akane e Satsuki, le sue amiche e coriste, si stavano scaldando la voce con delle scale. Heikichi picchiettava sul muro con le bacchette, impassibile sul volto, ma agitato nelle mani. Era solo attraverso quelle bacchette che era possibile valutare i suoi stati d'animo, non c'era altro modo per riuscire a leggergli in volto, forse anche colpa di quegli occhiali da sole che per esigenza era costretto a portare sempre sul volto. Il suo Quirk lo rendeva particolarmente sensibile alla luce solare, gli irritava gli occhi e puntualmente finiva con il lacrimare come una ragazzetta piagnucolona. In ginocchio al suo fianco, Kamatari stata terminando di accordare la sua chitarra, concentrato e corrucciato come solo lui poteva essere.
Un altro sospiro... stavano per entrare in scena.
«Siete carichi?!» gridò Kinji, con tutto il fiato che aveva. Machiko si sentì morire dentro dallo spavento e per poco non svenne, ma si limito a reagire alla paura voltandosi verso il colpevole con tutta l'ira che aveva.
«Yamada, stupido!» gridò e fece uno strappo alle regole, utilizzando il proprio Quirk fuori consenso. Yamada si paralizzò, smettendo di saltellare emozionato, e, quasi al limite del soffocamento, una forza invisibile lo costrinse a saltare con forza contro il muro. Heikichi smise di picchiettare con le bacchette, sussultando per il colpo dell'amico al suo fianco, e si voltò a guardare Kinji che scivolava a terra portandosi dietro una colata di bava degno del peggior animale rabbioso. Si voltò a guardare Machiko, sapendola colpevole, e la posizione della sua mano destra confermò la sua teoria.
Machiko la burattinaia, la chiamavano. Dalla punta delle sue dita era in grado di generare dei fili invisibili che andavano ad ancorarsi ai tessuti muscolari e ne prendeva letteralmente il possesso, facendo fare al corpo delle persone ciò che desiderava in base a come muoveva le dita. Come una vera burattinaia. La maggior parte delle volte finiva per usarlo per fare in modo che Kinji si picchiasse da solo, non avendo la forza fisica sufficiente per punirlo personalmente. Quei due non smettevano mai di litigare, neanche un istante prima di un grande evento come il concerto di apertura del festival sportivo della Yuuei.
«Perché sei così violenta?» mormorò Kinji, dolorante.
«E tu perché sei così rumoroso?» lo sgridò Machiko, tremando ancora, forse per la paura, forse per l'agitazione.
«Stavo solo cercando di calmarvi! Eravate tutti così tesi!»
«Beh, non ha funzionato! Come sempre! Stupido!»
«Sei tu che sei sempre così acida! Così non troverai mai un ragazzo, lo sai?» gridò Kinji, furioso per essere stato trattato di nuovo come un fantoccio. La rabbia di Machiko raggiunse l'apice e altri fili invisibili partirono dalle sue dita, costringendo Kinji a prendersi a schiaffi da solo.
«Perché ti picchi da solo?» lo canzonò furibonda.
«Ahi! Finiscila!»
«Eh? Sei stupido?»
«Basta! Antipatica!»
«Stupido!»
«Acida!»
«Yamada stupido!»
«Sakamoto zitella!»
«Machiko!!!» una voce allarmata, che Machiko riconobbe subito come quella di Toshinori. Primo della classe, primo della scuola, il più quotato dalle aziende di Supereroi, alto, muscoloso, biondo... era il simbolo di quella scuola e ormai da anni anche suo migliore amico. Machiko smise di litigare con Kinji e si voltò a guardarlo, mentre le correva in contro. «Ma che fate? Vi hanno chiamato, perché non andate?»
«Ci hanno chiamato?» gridò lei, in preda al panico. Corse verso l'ingresso dello stadio, insieme al resto del suo gruppo, e lanciò uno sguardo fuori. Un silenzio imbarazzante era calato sull'intera tribuna e la professoressa Atsuki, col microfono in mano, guardava con altrettanto imbarazzo quell'ingresso tentando di improvvisare qualche battuta per rompere il ghiaccio e dar tempo ai ragazzi di raggiungerla.
«Ci hanno chiamato!!!» realizzò Machiko sentendosi svenire. «Ok! Niente panico! Yamada sistemati la camicia! Akane, Satsuki, schiaritevi la gola! Heikichi caricati! Kamatari la chitarra è pronta?» e il ragazzo annuì deciso, accennando un sorriso colmo di eccitazione.
«Ok! Siamo pronti! Siete pronti? Io sono pronta. Va bene. Allora andiamo, ok?»
«Machiko!» la chiamò nuovamente Toshinori, rompendo quell'incantesimo che la stava inghiottendo. La ragazza si voltò e lui le concesse uno dei suoi splendidi sorrisi, uno di quei sorrisi che lo costringevano a socchiudere gli occhi da quanto erano larghi e luminosi. Alzò infine il pollice destro, assicurandole così che sarebbe andato tutto bene. Il cuore di Machiko rallentò la sua corsa, i polmoni ripresero a respirare normalmente e la testa riuscì a lasciar spazio alla concentrazione, abbandonando il panico. Alzò a sua volta il pollice destro e rispose al sorriso. Sì, aveva ragione Toshinori... sarebbe andato tutto bene.
«Ed ecco che finalmente fanno il loro ingresso! Salutate con un caloroso applauso gli eroi della nuova generazione e finalisti del Japan Academy Music Award, I Powerful Guy! Heikichi Oota alla batteria, conosciuto anche come Spectrum! Kinji Yamada al basso, conosciuto anche come Supertone! Kamatari Nishikawa alla chitarra, conosciuto anche come Invisible Man! Akane Sawada, corista numero uno, conosciuta come Lady Bug! Satsuki Hoshino, corista numero due, conosciuta come TechnoGirl! E infine Machiko Sakamoto, cantante e leader del gruppo, conosciuta come Nina, la burattinaia!»

«La Yuuei» sospirò Nina, abbandonando il ricordo degli applausi della gente in quello stadio. Era passato così tanto tempo, che ormai erano solo un eco lontano che funzionava grazie al soffuso applauso che proveniva dal palco dello show che aveva appena lasciato, un paio di corridoi più indietro. Spostò lentamente lo sguardo alla lettera sul suo tavolo e il cuore, vibrante di ricordi, si concesse un battito più forte degli altri. La fissò, sempre più dura, sempre più intimorita.
Solo qualche altro giorno e sarebbe potuta andare in ferie un paio di settimane. In un'intervista, mossa dal divertimento che il presentatore riusciva a solleticarle, si era lasciata sfuggire l'idea che forse sarebbe potuta tornare qualche giorno a Tokyo. A casa sua.
Davvero poteva essere un caso se la Yuuei dopo anni aveva deciso di scriverle proprio in un momento come quello? E se invece fosse solo stato tutto nella sua testa? Se fosse stato solo una qualsiasi faccenda burocratica che rispuntava dopo anni, come succedeva a volte? Niente di rilevante, niente di cui preoccuparsi, solo illusioni...
«Al diavolo» gracchiò e si lanciò su quella busta maledetta che le stava facendo salire tanta angoscia. Con le mani tremanti l'aprì e ne estrasse il foglio stampato. Sul fondo riportava il timbro ufficiale della Yuuei, con la firma del preside Nezu.
"Solo una faccenda burocratica" pensò Nina, trovando conforto in quel timbro e quella firma così ufficializzanti. Sospirò, cercando il coraggio di cominciare a leggerla, e alla fine vinse su quella sensazione di timore scorrendo le righe scritte in un inglese perfetto. Si erano presi perfino la briga di tradurre tutto nella sua nuova lingua, forse pensando che non ricordasse il giapponese, dati i tanti anni di assenza. La gentilezza la fece sorridere, era proprio degna del preside Nezu.
E stranamente la tranquillizzò, permettendo alla dolorosa malinconia di lasciar spazio a una dolce nostalgia. Si poggiò col gomito sul tavolo e continuò a leggere, più serena, assorta come se stesse leggendo una lettera d'amore di qualche tenero fan.
«Situazione problematica, ragazzi problematici» bofonchiò, evidenziando quello che a quanto pareva era il motivo per cui la contattavano.
«Chiediamo gentilmente se fosse possibile la sua presenza, durante i suoi giorni di alloggio nella nostra meravigliosa città, per delle lezioni extracurricolari sull'importanza della gestione dei propri limiti e debolezze, ricordando quanto fosse stato importante per Lei il trattamento di queste problematiche e tante belle parole» sorrise, abbandonando il foglio sul tavolo e tornando a rilassarsi sulla sedia.
«Professor Nezu, adesso mi dai del Lei» mormorò, immersa nella nostalgia. «Così mi ferisci lo sai, non sono poi così vecchia» ridacchiò. Aveva improvvisamente una così gran voglia di rivederlo, salutarlo e di ripercorrere quei corridoi che avevano segnato la sua adolescenza e il resto della sua vita. Un tuffo nel passato... ma sì, ci sarebbe riuscita.
Sarebbe bastato affrontarlo col sorriso.



I miss that town
I miss their faces
You can't erase
You can't replace it
I miss it now
I can't believe it
So hard to stay
Too hard to leave it
If I could relive those days
I know the one thing that would never change

   
 
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