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Autore: annalisa93    20/01/2018    0 recensioni
Questa storia non è mia, ma di una mia amica, il suo profilo ufficiale lo trovate su wattpad : https://www.wattpad.com/user/ChiBa93
GENERE: sentimentale, thriller, mistero, psicologico, urbanfantasy.
Diciassette ragazzi.
Diciassette anime diverse, ognuna con il proprio passato, con le proprie fragilità e con le proprie aspettative per il futuro.
Diciassette cuori destinati ad incontrarsi e a scontrarsi.
Diciassette persone che si ritroveranno ad indagare su una serie di misteriose scomparse e sull'inquietante morte di una giovane liceale, avvenuta quarant'anni prima.
N.B: Questa storia è una light novel, ovvero un romanzo con illustrazioni in stile manga
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ciao a tutti! Come vi avevo già avvisato ecco l'ultima parte che l'autrice ha pubblicato su Wattpad, ora andiamo di pari passo e quindi quando lei aggiornerà, lo farò anche io qui :) speriamo sia presto per non lasciarvi in attesa, detto questo vi auguro una buona lettura :)  

 

 

La cena venne consumata in silenzio mentre gli odori delle pietanze si perdevano nella sala assieme ai pensieri dei quattro commensali, che aleggiavano nella stanza come fantasmi. Il silenzio era interrotto solo dal tintinnio prodotto dalle posate. Addentando distrattamente i bocconi di carne che aveva nel piatto, ogni tanto Jared alzava lo sguardo e studiava il volto di Elena, che sedeva di fronte a lui. Più volte aveva dischiuso le labbra con l'intenzione di chiederle di Sakura: avrebbe voluto sapere se stesse bene, se fosse serena, se fosse felice. Ma ogni volta richiudeva la bocca e mandava giù il boccone in silenzio. Non aveva il coraggio di affrontare l'argomento.

Quando tutti ebbero spazzolato tutto ciò che avevano nel piatto, Konstanz fece per alzarsi, ma Elena lo fermò trattenendolo per un braccio e costringendolo a sedersi di nuovo.

«Ragazzi, dobbiamo dirvi una cosa.»

«Cioè?» Luke e Jared fecero saettare lo sguardo da Elena a Konstanz e viceversa, non sapendo cosa aspettarsi.

«Tuo padre ci ha chiamato qualche giorno fa , Luke, e ci ha chiesto di trovare una sistemazione per te e tua sorella» spiegò Konstanz. «Abbiamo pensato, quindi, di farvi restare qui con noi per tutto il tempo che dovrete rimanere a Lucca. Anche tu, Jared.»

I due ragazzi tacquero sorpresi, scambiandosi una lunga occhiata.

«Io non credo che sia una buona idea» obiettò Luke, titubante. «Avere Sakura e Margareth nella stessa casa potrebbe essere molto rischioso. E voi lo sapete meglio di me.»

«E poi Margareth mi odierà, e sicuramente condividere la casa con me sarà l'ultima cosa che desidera» intervenne Jared a voce bassa, cercando di evitare lo sguardo di Elena e Konstanz.

«Non vi preoccupate. Abbiamo già pensato a tutto» li rassicurò Elena. « Per te, Luke, e per Margareth abbiamo preparato una delle due dependance presenti nella proprietà, mentre tu, Jared, alloggerai in una delle stanze di sopra.»

Seguì un attimo di silenzio. Fuori aveva iniziato a piovere e si udiva il ticchettio delle gocce di pioggia che si infrangevano contro le tegole del tetto. Luke osservò i coniugi Stevenson e, per un attimo, gli parve di vedere i suoi genitori. Scorse un dolore simile nascosto dietro le rughe appena accennate di Elena e quelle più profonde di Konstanz. E in quel momento, per quanto la loro proposta potesse sembrare insensata e rischiosa, decise di accettare. «Va bene, restiamo. Ma solo perché non mi farete dormire con questo traditore» rimarcò, guardando di sbieco l'amico.

«Concordo!» Replicò Jared infastidito. «Se avessimo dovuto dormire insieme, non credo che saremmo giunti sani fino alla fine di questo soggiorno.»

Elena e Konstanz sospirarono rassegnati.

«Comunque, grazie dell'ospitalità»

«Non c'è di che, ragazzi. Sarà bello avervi qui per un po'.» Elena sorrise, alzandosi da tavola. «Ci pensi tu a sistemare qui, caro?» Domandò rivolta al marito. «Io, intanto, vado a preparare la stanza per Jared.»

«Ma certo. Vai pure, tesoro.» Konstanz si alzò, raccogliendo le stoviglie, imitato da Luke e Jared. «Dottore, lasci che l'aiutiamo.»

«No, ragazzi, non è necessario.»

«Sì, invece.» Replicò Luke. «È il minimo che possiamo fare per ringraziarvi.» Quindi prese la pila di piatti e la portò in cucina.

«Per quanto detesti ammetterlo, ha ragione.» Commentò Jared, prendendo la cesta del pane.

Konstanz sorrise. «Conoscendo la vostra testardaggine, immagino che non possa dire niente per farvi desistere.»

«Ormai ci conosce fin troppo bene.» Concluse Jared divertito.

I tre passarono la mezz'ora seguente a rassettare la cucina e la sala da pranzo chiacchierando del più e del meno. Mentre erano in cucina e stavano asciugando gli ultimi piatti da riporre poi nell'apposita credenza, vennero raggiunti da Elena. «Ma come siete stati efficienti!» Disse lei, ammirando il lavoro che avevano fatto. Tutto era lindo e in ordine. Si avvicinò a Jared e gli sottrasse il piatto e lo straccio dalle mani. «La tua stanza è pronta, se vuoi puoi andare su e sistemare le tue cose.»

«Vieni con me che ti mostro dove si trova.» Konstanz infilò l'ultimo piatto nello scolapiatti e si diresse verso la sala da pranzo. «Vieni anche tu, così dopo andiamo nella dependance» aggiunse diretto a Luke.

«Arrivo.»

Una scala rustica in legno di nocciolo li condusse al piano superiore: uno spazioso corridoio, dipinto di un luminoso color crema, dava accesso alle quattro camere da letto disposte sui lati più lunghi e ai due bagni disposti sulle due pareti di fondo. Jared e Luke seguirono il padrone di casa nella stanza più vicina al bagno più piccolo. Prima di entrare Konstanz trasse un profondo respiro, quasi fosse agitato. Poi appoggiò la mano sulla maniglia e la tirò giù. Il locale era immerso nel buio, perciò premette l'interruttore: le numerose luci ad incasso illuminarono un ampio ambiente racchiuso da pareti bianco panna. Ad uno dei muri era addossato un letto da una piazza e mezzo e un comodino in legno chiaro, ai piedi dei quali era disposto un tappeto a fili viola. Su quello di di fronte, sotto la grande finestra, c'era uno scrittoio bianco. Il tutto era poi completato da un capiente armadio a muro e un pouf posizionato in mezzo alla stanza.

Jared era incredulo. Non si aspettava di certo di poter alloggiare in una stanza tanto bella. «Questa camera è il massimo...» Si avvicinò al letto e carezzò la coperta. Il profumo fresco di lavanda gli sfiorò il viso e, all'improvviso, un senso di disagio lo assalì. C'era qualcosa in quella camera che gli parlava di lei. Che fosse l'odore, i colori o la casa in sé, non sapeva dirlo. Eppure era riuscito a carpire il sospiro nostalgico e malinconico custodito fra quelle quattro mura da chissà quanto tempo. Si voltò verso il signor Stevenson in cerca di una conferma ai suoi sospetti e alle sue sensazioni, ma lui distolse lo sguardo. «Dobbiamo muoverci a raggiungere la casetta prima che inizi a piovere con maggior insistenza» affermò sbrigativamente, come se non vedesse l'ora di uscire da quella stanza. Era già sulla soglia, quando si girò verso Jared. «Tu preferisci rimanere qui, o vieni con noi?»

Lui si guardò un'ultima volta attorno. «Vengo con voi.» Dopodiché raggiunse gli altri due e si chiuse la porta alle spalle.

Le due dependance erano disseminate nel grande campo che circondava il casolare, uno spazio sterminato segnato da terreni scoscesi, da un continuo saliscendi tappezzato di vigneti e uliveti.

«State attenti a non scivolare» si raccomandò il dottore, mentre affrontava una discesa piuttosto ripida. Il fascio della grossa torcia che teneva in mano rivelava un terreno fangoso, reso ancora più sdrucciolevole dalla neve e dalla pioggia che erano cadute nelle ultime ore. Jared e Luke, avvolti nei loro impermeabili colorati, lo seguivano muniti di due pile più piccole. Finalmente, ormai bagnati fradici, raggiunsero la prima delle due dependance, riconoscibile per l'intonaco di un acceso, quanto improbabile, arancione. Entrarono. L'interno ricordava tanto una di quelle soluzioni tipicamente proposte dall'Ikea per riorganizzare lo spazio in pochi metri quadrati: la cucina ad angolo, dalle credenze a vista, si chiudeva attorno a un piccolo tavolo quadrato e si appoggiava ad un muro che la separava dal bagno. Sopra il bagno era stato costruito un soppalco che ospitava due letti, due comodini e una cassettiera.

«Che ne pensi?» Domandò Konstanz con una punta di orgoglio nella voce. Lui, sua moglie e sua figlia avevano passato tante giornate a ristrutturare quelle due case in miniatura.

Luke, ammutolito, salì la piccola scala con la quale si accedeva al soppalco e si buttò sul letto di schiena. «Cosa ne penso? Che è meglio di qualsiasi cosa che avessi mai desiderato!» Poi, rigirandosi su se stesso, aggiunse: «Lasciatemi pure qui. Mi faccio una doccia e mi godo questo angolo di paradiso prima che arrivi Margareth.»

Konstanz rise. «Va bene. Allora noi andiamo.» L'uomo fece per aprire la porta, quando Luke lo fermò. «Aspetti, Dottore!» Con un balzo lo raggiunse e lo abbracciò. «Grazie di tutto, signore.»

Konstanz sorrise. «Grazie a te per tutto ciò che hai fatto in tutti questi anni.»

Luke sentì l'uomo stringerlo in maniera sincera, con un misto di riconoscenza e commozione, trasformando quell'abbraccio in qualcosa di più di un gesto fra semplici conoscenti. Quando sciolsero l'abbraccio, i due si scambiarono un ultimo sorriso, poi Konstanz e Jared lasciarono la casetta.

Luke, quindi, decise di ributtarsi sul letto e di riposarsi prima di mettersi sotto la doccia. Spense la luce. Per una manciata di minuti rimase in silenzio, cullato solo dal rumore della pioggia che continuava a cadere imperterrita. Immobile, contemplava il caleidoscopio di luci e ombre che la Luna riusciva a proiettare sul soffitto, resistendo alle nubi che tentavano di oscurarla.

Poi, d'un tratto, l'incantesimo si spezzò. Il soffitto in parte si oscurò con un'ombra piuttosto consistente. L'ombra di qualcuno. D'istinto, Luke guardò fuori dalla finestra. Oltre la cortina di pioggia, riuscì a distinguere una sagoma dai contorni sfocati, una presenza inquietante, spettrale. «C'è qualcuno?» Si alzò di scatto e si precipitò di sotto. Fu allora che attorno a lui si diffuse un forte profumo di pino. Prima ancora che potesse rendersene conto, udì dei passi provenire dal soppalco. Chiunque avesse visto lì fuori, adesso era lì dentro con lui. Cominciò a sudare freddo. Cercando di non perdere la calma, si diresse verso l'interruttore e provò ad accendere le luci. Ma il contatore saltò con un click. «Maledizione!» Sibilò a denti stretti. Senza darsi per vinto afferrò la pila che aveva precedentemente appoggiato sul tavolo e, a passi felpati, facendo meno rumore possibile, imboccò la scala. Ad ogni gradino, sentiva il cuore risalire sempre più su, fino alla gola. Deglutì. Una volta in cima, accese la torcia. Il sangue gli si gelò nelle vene. Un uomo gli stava dando le spalle. Lo vide voltarsi e guardarlo sorpreso. Si fissarono per un attimo che parve infinito. Poi, anche la torcia saltò. Luke provò subito a riaccenderla. Il fascio partì, illuminando tutta la stanza. Ma dell'uomo non c'era traccia. Si dette un'occhiata intorno per vedere che fosse tutto a posto, quando la sua attenzione venne catturata da un tonfo e da qualcosa di vetro che si infrangeva al suolo. La sveglia. Andò a raccoglierla e, per scrupolo, controllò l'ora. Era indietro di un quarto d'ora. Segnava le 10.45.

   
 
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