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Autore: heliodor    21/01/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Onorare gli accordi

Un'ombra entrò nella capanna. Nel delirio, Roge non lo riconobbe se non quando il viso si abbassò verso il suo.
Era Tursk.
"Come stai? Meglio?"
Roge rantolò qualcosa.
Tursk storse la bocca. "Vediamo..."
Gli toccò un punto sotto le ascelle, dove sentì avvampare il dolore. Le ossa gli dolevano come se fosse stato picchiato e poi sbattuto con violenza contro il terreno.
Era disteso su una stuoia sudicia, al centro del pavimento di terra battuta della capanna.
"Stai guarendo" disse Tursk. "Il gonfiore è diminuito. Per fortuna non sei contagioso, altrimenti non sarei qui e saresti già morto."
Roge aprì la bocca per dire qualcosa ma riuscì a emettere solo un gorgoglio.
Tursk si chinò verso di lui. "Cosa?"
"Perché?" chiese con voce roca, stentata.
"Chiedilo ad Alketa. Ha detto che dovevo tenerti in vita o mi avrebbe scuoiato vivo."
"Perché?"
"Ti ho detto che..."
Roge lo afferrò per il bavero. "Perché?" disse sputacchiando fuori le parole a fatica.
Tursk si divincolò dalla presa. "Non lo so. Ti vuole vivo, forse per uno scambio."
Roge si accigliò. "Spiega."
Tursk sedette al suo fianco. "Non dovrei parlartene."
Roge gli mostrò il palmo dove brillava un dardo magico.
"Debole come sei morirai se lo usi."
"Allora moriremo in due."
Tursk sospirò. "Due giorni fa, mentre deliravi, si è presentato un uomo al villaggio. Voleva parlare con chi era al comando."
"Descrivi."
"Era alto, capelli neri, naso piccolo e orecchie grosse."
Roge non conosceva nessuno che rispondesse a quella descrizione. "Continua."
"Per farla breve, il tizio inizia a fare un mucchio di domande sugli ultimi arrivati. Chiede se per caso tra quelli che sono sbarcati c'era un certo Roge. Alketa risponde di no, che molti di quelli che vengono di solito non dicono il loro vero nome per evitare vendette e ritorsioni. Quello non sembra convinto ma che può farci? Alketa gli fa anche dare un'occhiata in giro prima di lasciarlo andare. Il tizio se ne va e Alketa ordina a uno dei nostri di seguirlo, ma quello non torna. Allora ordina ad altri due di andarlo a cercare ma anche quei due scompaiono. Così stamattina Alketa e altri sette sono usciti per una battuta di caccia."
Roge sospirò. Si sentiva stanco e lo sforzo che aveva compiuto per parlare gli aveva tolto le ultime riserve di energia.
Scivolò in un dormiveglia agitato, tormentato dai ricordi deliranti causati dalla febbre alta.
Tornò al giorno in cui aveva parlato con Malag. La loro chiacchierata era durata poco, forse un'ora in tutto, ma era stata esauriente.
Non era tornato in cella ma era stato messo in una stanza con qualche comodità, come un lavabo e un letto vero.
La porta era di legno massiccio e oltre di essa vi erano due stregoni che la sorvegliavano a vista.
Somigliava alla cella dove aveva rinchiuso Joyce. Ora capiva cosa doveva aver provato quella poverina, per giunta senza poteri e senza sapere esattamente cosa le sarebbe accaduto di lì a poco.
Joyce.
Malag aveva detto che era al sicuro, ma dove? A Valonde? In qualche altro luogo? O era prigioniera?
Quel pensiero lo faceva star male.
Non ebbe alcuna notizia dei suoi amici prigionieri nelle celle né qualcuno si degnò di fargli visita, nemmeno per portargli da mangiare.
Dovette attendere il giorno seguente, poco dopo l'alba, prima che un ragazzo dall'aria smunta gli portasse un vassoio con latte e biscotti.
Roge si avventò sul cibo riempiendosi la bocca di biscotti che quasi lo strozzarono. Li mandò giù con ampie sorsate di latte che gli colò sul mento e il collo.
Mangiò con voracità persino le briciole che erano cadute sul pavimento, raccogliendole con cura tra le dita.
Solo allora udì il leggero applauso.
Sollevò la testa di scatto. Una donna dai capelli bianchi come neve lo osservava con aria divertita, la spalla appoggiata al battente della porta. Sul viso aveva disegnato un mezzo sorriso di scherno. "Vorrei che tuo padre e i suoi fratelli ti vedessero ora, principe Roge" disse divertita.
Roge si asciugò il latte con il dorso della mano e si raddrizzò. "Che vuoi?"
Nimlothien fece spallucce. "Tanto per iniziare, devi chiamarmi signora. O dovrò pensare che sei un maleducato."
"Ti chiamerò come mi pare, rinnegata" rispose Roge.
Nimlothien evocò una corda magica e lo avvolse intrappolandogli le braccia.
Roge lottò per liberarsi, ma era debole e stanco per il digiuno e la prigionia.
Nimlothien strinse la corda facendolo urlare. Roge crollò sulle ginocchia, il dolore che gli avvampava nel petto e le braccia.
"Basta" gridò.
"Mostra il rispetto che merito."
La corda si serrò e lui sentì le ossa scricchiolare. "Mia signora, basta, ti prego."
Nimlothien si rilassò.
Roge sentì la corda allentare la presa e poi ritirarsi.
"Così va meglio" disse la strega.
Roge si rialzò a fatica. Si sentiva stanco e debole e dolorante in tutto il corpo. "Che vuoi da me... mia signora?"
"Informazioni."
"Su cosa?"
"Tutto quello che sai."
Roge sospirò rassegnato. "Cosa vuoi sapere?"
"I piani di tuo padre per la guerra."
"Non viene certo a dirli a me" disse Roge. Suo padre non lo aveva mai ammesso al consiglio di guerra ristretto, quello che di solito teneva con Persym e gli altri stregoni del circolo. Sapeva anche di riunioni ancora più segrete di cui non parlava a nessuno, ma non aveva mai scopeto niente di interessante.
Re Andew sapeva come difendere i suoi segreti.
"Ma tu avrai di sicuro sentito qualcosa" incalzò la strega. "Qualsiasi cosa, anche una semplice voce, mi sarebbe utile."
"Voci? Giravano molte voce, al circolo. Quale vuoi sentire?"
"Tutte."
Roge inspirò. "Mi stai chiedendo di tradire."
"Hai fatto un accordo con lord Malag. Sei già un traditore."
"Io..."
Nimlothien mimò il gesto di evocare la corda magica.
Al solo pensiero Roge sussultò. "Ho capito, mia signora, ma non ho le informazioni che desideri. Ci hanno lasciato indietro perché eravamo troppo incapaci per combattere" disse triste. "Abbiamo organizzato questa follia per convincere il circolo ad avere fiducia in noi. Forse avevano ragione a non volerci tra i piedi dove si combatteva la guerra vera."
Nimlothien sembrò rifletterci. "Facciamo un accordo, Roge di Valonde."
"Che accordo?"
"Oggi ucciderò due dei tuoi amici."
Roge sentì un brivido corrergli lungo la schiena. "Mia signora, ti prego, non..."
Lei lo azzittì con un gesto deciso. "Tu mi racconti qualcosa di tua sorella e io risparmierò uno dei tuoi amici."
"Ti prego..."
"È un buon accordo. Salverai una vita."
Roge si sentì mancare le forze.
"Vuoi che li uccida tutti e due? Devi solo dirlo, Roge."
"No."
"Allora facciamo questo accordo."
Roge annuì. "E sia. Che vuoi sapere?"
"Parlami di Bryce. Dimmi tutto di lei. Come combatte, quali sono i suoi poteri."
"È una strega famosa, saprai già tutto."
"So solo quello che mi raccontano" ammise Nimlothien. "Fino a oggi non ho mai avuto l'onore di affrontarla. Voglio essere pronta quando ciò accadrà."
Spero che ti uccida, maledetta, pensò Roge. Ma poteva giocare d'astuzia e darle informazioni sbagliate o inesatte. Almeno avrebbe aiutato la loro causa.
"Ti dirò quello che vuoi sapere" disse con tono calmo.
Nimlothien annuì. "Aspetta" disse uscendo dalla cella. Quando tornò con lei c'era una ragazza minuta, i capelli tagliati cortissimi e gli occhi incassati nelle orbite. Sembrava un maschio. "Lei è Dina" disse Nimlothien mettendole un braccio sulle spalle. "È una mia amica ed è molto abile, anche se non ha poteri, vero?"
Dina annuì.
"Lei ha un dono" disse Nimlothien. "Che in passato ci è stato molto utile. E lo sarà anche adesso."
Roge la guardò con sospetto.
"Vogliamo iniziare? Dimmi quanti anni fa sei nato, Roge."
Che domanda era quella? "Ho ventidue anni" rispose.
Nimlothien guardò Dina, i cui occhi scrutavano Roge con intensità. Sembrava concentrata su un pensiero molto profondo. "È vero."
"Ora dimmi come si chiama tuo padre" disse Nimlothien rivolta a Roge.
"Lo sai come si chiama."
La strega sollevò un sopracciglio.
"Mia signora" si affrettò ad aggiungere.
"Il nome di tuo padre."
"Andew" disse Roge.
"È vero" fece Dina concentrata.
Nimlothien annuì. "Ora, principe Roge, dimmi qualcosa di tua sorella. Come se la cava con gli incantesimi di evocazione?"
Erano la specialità di Bryce, impossibile che non lo sapesse. "È una frana, totalmente incapace" disse.
Le labbra si Dina si contrassero in una smorfia di disgusto. "Puzza di bugia" disse la ragazzina.
Nimlothien scosse la testa. "Male, Roge. Devo ricordarti i termini del nostro accordo?"
"Ho detto la verità" esclamò Roge.
"Ha detto un'altra bugia" disse Dina.
"Sta mentendo" si difese Roge.
"Dina non mente mai. Non su queste cose. Lo sa che non deve azzardarsi a dirmi una bugia. Le bugie puzzano, vero?"
Dina annuì.
"Voglio darti un'altra possibilità, Roge di Valonde. Dimmi quanti incantesimi può lanciare tua sorella prima di stancarsi."
"Non conosco il numero esatto." Era la verità, ma sapeva bene che erano molti, forse una cinquantina.
"Fai una stima."
"Trenta?"
Dina storse la bocca. "Puzza."
Dannata ragazzina, pensò Roge.
Nimlothien scosse la testa. "Ti avevo avvertito."
"Io..." Roge non ebbe il tempo di dire altro.
Nimlothien partì con uno scatto fulmineo e lo colpì con il palmo della mano al centro del petto, scagliandolo verso la parete opposta.
Roge colpì la pietra e rimbalzò in avanti, battendo il viso sul pavimento. L'impatto fu così violento e improvviso da lasciarlo senza fiato.
Perse i sensi per qualche istante. Quando rinvenne, Nimlothien era tornata al fianco di Dina.
La ragazzina continuava a fissarlo col suo sguardo indagatore.
Roge si rimise in piedi.
"Hai capito le regole, Roge di Valonde?"
Annuì.
"Ricominciamo" disse Nimlothien.
Roge uscì dal delirio per tornare disteso sulla sudicia stuoia, al centro di una lurida capanna. Tossì sentendo avvampare il petto.
Era così che era iniziato il suo incubo, due giorni dopo essere stato tradito e imprigionato da Alketa.
Lei era venuta a trovarlo solo una volta. "Ho dovuto farlo" aveva detto con tono dispiaciuto. "Non potevo certo dire che ero stata io a uccidere gli altri."
"Che cosa hai fatto per essere mandata qui?"
"Niente" rispose lei. "E tu?"
"Io sono qui perché ho fatto un accordo."
"Con chi?"
"Con una persona molto potente. Non posso restare qui. Ho una missione da compiere."
"Peccato che morirai. Stiamo decidendo come ucciderti."
"Allora sbrigatevi."
"Fosse facile" aveva risposto con aria affranta. "Non siamo dei selvaggi. Vogliono farti il processo e poi ucciderti. Dopo essersi divertiti a torturarti, è ovvio. Avrai la tua morte ma solo dopo aver sofferto. In fondo hai commesso una specie di regicidio, è il minimo che possa capitarti."
Roge aveva tossito. "Te lo ripeto. Uccidetemi subito e fate sparire il mio corpo o ve ne pentirete."
Alketa lo aveva fissato come se fosse pazzo o delirante. "Devi avere la febbre, non ragioni. Farò di tutto per accontentarti, ma dovrai avere pazienza."
Poi Roge si era ammalato e aveva cominciato ad avere la febbre alta e delirare. Non aveva idea di cosa stesse accadendo fuori dalla capanna, ma era chiaro che volevano attendere che guarisse prima di processarlo. Forse speravano che la malattia facesse per loro il lavoro sporco.
In ogni caso sarebbe morto dopo una lunga sofferenza.
Nessuno lo aveva curato per giorni, fino a quando Tursk non era venuto a trovarlo per vedere come stava, portandogli la notizia dello straniero che si era presentato chiedendo di lui.
Roge poteva solo immaginare perché lo stesse cercando. Faceva parte dell'accordo che aveva fatto con Malag?
In tal caso Alketa e gli altri correvano un grosso rischio.
Quando Tursk tornò a trovarlo glielo disse. "Devi fuggire."
"Scusa?" chiese lui dopo averlo esaminato.
"Devi andartene prima che arrivino."
"Chi?"
"Stregoni potenti. E crudeli. Ti stanno cercando."
"Per quale motivo?"
"Non lo so, ma devi andare."
"Comunque non andrò via. Non saprei dove andare in ogni caso. Questa ormai è la mia casa."
"Allora morirai qui" rantolò Roge.
Tursk fece spallucce. "Sia fatta la volontà dell'Unico."
Roge rise e tossì.
Tursk se ne andò e per il resto della giornata non ricevette altre visite.
Solo verso sera, quando la tenebre calarono sul villaggio, udì dei rumori provenire dall'esterno. Prima sommessi e poi sempre più alti. Poi iniziarono le voci concitate e le grida alte e strozzate e infine il silenzio.
Roge cercò di mettersi a sedere, ma era esausto e ricadde sulla stuoia.
Qualcuno entrò nella capanna. Roge intravide una figura umana nella penombra che si avvicinava al suo giaciglio.
Voltò la testa verso il nuovo arrivato. "Finalmente" disse.
"Ti abbiamo trovato" disse l'uomo. "È il momento di onorare la tua parte di accordo, Roge di Valonde."

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