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Autore: Duncneyforever    23/01/2018    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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Il mio entusiasmo accusa una rapida ridimensionata alla vista di quell'espressione sofferente... Faccio qualche passo verso il giovane uomo, ma non riesco ad andare avanti, non ne ho la forza. Poco più il là, con la schiena appoggiata al muro e gli occhi tristi rivolti al compagno, vedo Zeno, in uno stato confusionario, spossato come se non dormisse da molti giorni. Lui alza appena il capo e proprio lì, dove i ciuffi spettinati vanno fondendosi con due grandi soli morenti, mi è permesso percepire il vuoto struggente di nostagia e solitudine, effimeramente mitigato dall'alcohol e dal leggero rossore che esso provoca sul suo viso pallido, bianco d'angoscia. Sento i versi di quella poesia riecheggiare nell'aria, presagio di un destino già stabilito. 

- Friederick, sei tu? - Le ossa del ragazzo schioccano rumorosamente al raddrizzarsi della colonna, già abituata alla scomoda postura. Smette di canticchiare per guardarmi dritto negli occhi, lanciandomi uno sguardo mostruoso, scaturito da quei suoi due zaffiri scheggiati e irrequieti, che paiono inverosimilmente modellati in pasta vitrea. Tace per un lungo periodo di tempo, poi si alza in piedi e mi si avvicina. Segue un abbraccio. Un abbraccio contenuto di malcelata disperazione. Mi fa una carezza sui capelli, stringendomi forte a sè, assorbendo il profumo dolce di miele che tanto gli piaceva. Avverto le sue mani tremare, aggrapparsi affannosamente alla mia schiena, ma non ho cuore di dirgli di allentare la presa, perché so che dietro a questi suoi gesti quasi comuni vi è un dolore grandissimo. 

- Sì, piccola mia, sono io. - Ascolto il suono diverso nella sua voce e realizzo che qualcosa è cambiato, che qualcosa in lui si è spezzato. Mi lascia andare dolcemente, trattenendomi ancora per le mani, donandomi un sorriso accorato, ancora in grado di riscaldare il suo volto stanco di una tiepida luce vitale. Come un fiume scorre, Friederick si appella a tutta la sua forza di volontà per nascondere il suo male e passare oltre, sicché io non veda il suo corpo appassito nè il suo cuore martoriato. Eppure ho tanta compassione di lui, perché è così evidente e terribile la sua pena! Si direbbe che ciò che il destino ha unito, or vuol separare, ma quale sadico gioco è mai questo? Lui non ha colpa, è un uomo di buona e santa fede, purissimo come solo un angelo del cielo potrebbe essere. Una similitudine a tratti iperbolica, ma dettata dall'amore, pur casto e fraterno che, fin dal primo istante, ha unito indissolubilmente i nostri cuori, tasselli di un reticolato perfetto. Perché Friederick Miller non sarà certo forte come Rüdiger o come Reiner, il nuovo arrivato, tuttavia ha sempre dimostrato coraggio, preservato il suo onore e la sua dignità, a differenza di molti altri che, per qualche spicciolo in più, farebbero qualsiasi cosa gli venisse ordinata di fare. Per me lui è un esempio di vita, un idolo intoccabile e non trovo giusto il fatto che proprio lui debba soffrire come un viscido verme, pur non avendo commesso alcun peccato. Fingo di non sentire l'odore alcolico che la sua pelle emana, così come cerco di ignorare le chiazze violacee in corrispondenza dell'interno braccio, livello gomiti, probabilmente dovute ad iniezioni di metanfetamina. Saperlo imbottito di chissà quali schifezze mi fa soffrire tantissimo, esattamente come fa soffrire lui: io non sono cieca; Fried ci sta male, si vergogna, vorrebbe solo nascondersi... Vederlo fuggir via dai miei occhi addolorati mi è inconcepibile. I suoi, azzurri, annacquati da quelle sostanze dannose, chiedono pietà, mentre le mani, quasi in automatico, vanno a coprire i segni sulla pelle, prove della sua personale sconfitta. Sono sempre stata una ragazza molto sensibile ma, questa volta, non ho spregio delle mie lacrime. Sono io a prenderlo per mano e abbracciarlo forte, baciargli la fronte accaldata e rassicurarlo, invitandolo a riposare un poco. Ad un certo punto, però, vedo sbucar fuori la zazzera rossa di Rudy, il quale, mi strappa via dal biondo per rigettarmi in mezzo a quella gentaglia spocchiosa e malvagia che lui definisce come suoi " conoscenti ". Perdo di vista Friederick, così come Zohan, cascando nuovamente nella trappola del rosso. Mi sento un animale in gabbia, fresca selvaggina presentata ad occhi famelici di uomini senza morale, disinibiti e incuranti della la mia tenera età. È ancora il quarantadue, l'anno d'oro per il Reich, eppure la sobrietà stabilita nel quaranta da Himmler inizia già a vacillare andando, pian piano, sgretolandosi, soppiantata dalla pretesa di realizzazione dei desideri personali e dal prevalere dell'istinto sul ben dell'intelletto. Un uomo ben vestito, difatti, approfittando della distrazione di Rüdiger, riesce ad infilare le mani all'interno del mio vestitino venendo, però, respinto da una spintonata e da un grido profondo, causato dalla sensanzione di sporco avvertita sul tratto di pelle violata. Il rosso, al mio richiamo, si volta di scatto, afferrando il collega per un braccio e sferzando un pugno d'acciaio sul naso dell'altro, facendolo sanguinare copiosamente. L'uomo cade a terra ( non prima di aver sbattuto contro il tavolo vicino ) ma nel " bel " gesto del colonnello non vedo altro che perversione: perché farmi indossare questo completo, presentarmi a tutti i suoi sottoposti e non, dichiararmi come di sua " proprietà " ma permettere ad altri di toccarmi, per poi reagire in questo modo, punendoli per qualcosa che lui stesso ha concesso fare? Non è forse questa una malsana perversione? Dovrei essergli riconoscente, ciononostante, non provo altro che schifo nei confronti del suo comportamento privo di scrupoli. Ha permesso ai suoi " avversari " di entrare in casa sua per fare un torto a me, lasciandomeli vedere e poscia negandomi il piacere della loro compagnia. Anche il rosso ha visto Friederick, ha letto la passata voglia di vivere nel suo sguardo, ma lui ha deviato il suo, sottovalutando il malessere del ragazzo, sminuendolo a capriccio di un bambino dispettoso. Tutti prendono posto a tavola: il comandante Schurmann, Rudy, il tenente Hoffmann e l'ufficiale forestiero da una parte e i soldati di grado minore dall'altra. Io, fortunatamente, mi trovo vicina a Friederick e Zohan, nel mezzo tra il biondo, alla mia destra, ed un veterano della Grande Guerra, a sinistra. L'uomo in questione è un signore di mezza età, con i capelli brizzolati e una barba curata, chissà perché capitato in questo posto, data la sua apparente natura buona e accondiscendente. I due affermano di conoscerlo e di volergli bene come ad un padre o ad uno zio ma, al contempo, continuano a tacere, spiaccicando parola solo per cortesia. Non seguo nessuno dei numerosi discorsi tenuti da Rüdiger o da altri presenti all'interno della stanza, troppo focalizzata sul mio amico infelice per potermi curar d'altro. Gli tendo la mano da sotto la tovaglia, cercando di infondergli un po' di conforto e tenerezza, anche solo con lo sguardo. 

- Dann sagen uns, Miller: haben Sie Frankreich gefallen? - Il colonnello lo attacca finemente, ma con una frasetta tattica dal significato talmente cattivo da far nauseare. Reiner, proprio lì vicino, si limita ad osservare, tranquillo e posato, ponendosi in antitesi rispetto all'eccessiva esuberanza del coetaneo. Coglie un mio sussurro mimato con le labbra, un " coglione " velenosamente rivolto a Rüdiger ma, nonostante questo, non reagisce, magari trovandosi d'accordo con me. Stringo più forte la mano di Friederick.

- Ich glaube, dass Paris eine sehr schöne Stadt ist... -  Risponde telegraficamente, cercando di non intrecciare quel blu tanto temuto. Lui sogghigna malevolo, lasciando stare il poveretto per sviare il discorso su affari più importanti, come la gestione del lager. Zeno si sporge all'indietro, facendomi segno di mantenere la calma. Devo parlare con lui, perché lui sa cosa diavolo è successo in Francia e, devo chiederlo proprio a Zohan, perché io non ho il coraggio di domandarlo direttamente a Fried. Potrei mai spezzargli il cuore, essendo lui il migliore amico che possiedo? L'atmosfera, nel frattempo, si è scaldata, poiché è venuto fuori il responsabile del rogo umano a Birkenau e dei disagi da esso causati: Reiner, difatti, aveva approfittato della mancanza di uno dei " cani guida " del campo per assumere il comando e prendere l'iniziativa senza permesso alcuno ( il suo, si intende), " ignominia " che il rosso proprio non riesce a mandare giù. I migliori amici di Rüdiger, nonché capitano e maggiore del lager, al contrario, non capiscono la reazione brusca del compagno perché, secondo quei due, il biondo, in poco più di un paio di giorni, è riuscito a risolvere il problema dello " smaltimento " dei cadaveri e dell'isolamento dei prigionieri infetti. Non ho idea del perché, ma sono praticamente passivi, personaggi di ben poca rilevanza se messi a confronto con le due teste calde qui presenti. Un tenente poliglotta, Hansel, traduce per me tutto ciò che non capisco, rendendomi partecipe, in un certo senso, della conversazione. Ovviamente, non ho importunato Fried e Zeno per questo; del resto, hanno già tanti problemi, sarebbe stato stupido chiedere a loro questo favore, no? Per di più, sono certa che, di tanto in tanto, al biondo caschi l'occhio da queste parti, cosa non molto gradita al suo rivale. Non so per quale motivo lo faccia; a me sembra solo curioso ma, forse, sta stuzzicando di proposito il rosso, convinto d'aver trovato ( in me ) il suo tallone d'Achille.

- Non guardarla, cazzo! - Lui si fa rosso in viso, trasformandosi in un cagnaccio rabbioso. Restiamo tutti fermi, immobili, sbalorditi da una simile reazione. Ma cosa gli salta in mente? È impazzito?! Scommetto che se potesse guardarsi allo specchio resterebbe anch'egli a bocca aperta, a questo punto. I suoi occhi non sono mai stati pieni di tanta rabbia, tanto odio... Potrebbe saltargli alla gola e ucciderlo, per ciò che mi riguarda. Egli balza in piedi e sbatte entrambe le mani sulla tavola, facendo cadere a terra alcuni oggetti, riempiendo la stanza di rumore, cosicché il frantumarsi del cristallo attiri l'attenzione di tutti, anche dei più distratti. Reiner resta seduto, pacato, poi apre bocca per parlare; 

- e perché mai non dovrei? È la tua fidanzatina? - Ride di gusto, perdendo la sua classica moderazione e facendo scivolare il rosso in un incubo di follia. Rudy esplode. Sfodera la sua inseparabile Luger e la sospende nel vuoto, puntandola contro di lui. 

- Chiudi quella fottuta bocca! - Grida, in preda ad un attacco isterico ( o ad una crisi di panico, secondo i punti di vista ). Io mi avvinghio al braccio di Friederick, spaventata dalla sua voce; questa ha un " non so che " di diverso, particolare che non mi piace e che mi fa paura. - La vuoi tu, eh?! Allora vieni a prendertela, se ne hai le palle! Che diavolo stai aspettando?! - Investito da una furia implacabile, scaraventa la pistola davanti a sè, facendola rimbalzare sulla tovaglia, chinandosi su di essa e rivolgendosi con odio al biondo, seduto ad un palmo dal suo naso. - Sie ist mein - aggiunge, con un sussurro rauco, estraneo al suo modo di essere. Chi ha parlato? Certamente non era lui, no, il ventitreenne orgoglioso che conosco non avrebbe mai detto una cosa simile, così come non avrebbe mai esternato ad altri i suoi pensieri. È come se soffrisse di un disturbo borderline di personalità: in alcuni momenti sa essere molto impulsivo, in altri molto più sincero del solito e questo è contro la sua natura, perché lui, di base, non è nè fragile, nè irriflessivo. Che le sue stesse emozioni lo abbiano reso cieco? Forse aveva ragione, quando mi disse di poter provare molto più che della semplice simpatia per me... Ma cosa? Sono tanto, troppo giovane, specialmente per lui che, pur essendo ancora un ragazzo, possiede già le fattezze e la mentalità di un uomo fatto e finito. Poi siamo diversi, praticamente due poli opposti, come può pretendere che io mi adatti alla sua crudeltà? Friederick, invece, è tanto buono, mi ha stretta forte e mi ha trasmesso sicurezza con la sua sola vicinanza, nonostante non stesse affatto bene e non si sentisse a suo agio, proprio come me.

- Rüdiger, es ist unangebracht! - Si intromette Erika, la governante, gelosa di lui e delle sue preziose attenzioni, ovviamente sprecate per una come me. Mi guarda invidiosa, non sospettando nemmeno della mia contrarietà. Mi vede come una minaccia ormai, come colei che vuol soffiargli l'amante da sotto gli occhi, un male che deve essere estirpato e rigettato nell'abisso più profondo. Pagherebbe oro per vedermi bruciare nei forni di Birkenau, se solo potesse mi ucciderebbe in questo stesso momento e senza provare rimorso alcuno. Ognuno di loro vorrebbe sfruttarmi per qualcosa, glielo leggo negli occhi il fastidio causato dalla mia presenza; vorrebbero che io mi trovassi dall'altra parte del filo spinato e vorrebbero guardarmi soffrire, vedere il mio corpicino inadatto al lavoro venir straziato giorno dopo giorno, fino alla completa dissoluzione. Tuttavia, nessuno osa più lasciarlo ad intendere senza temere l'ira funesta di Rüdiger che, simbolicamente parlando, è divenuto il mio unico " padrone ". Il rosso si volta lentamente verso di lei e la zittisce con uno sguardo omicida, prima di rivolgere gli stessi, ardenti occhi alla sua controparte. È pressoché impossibile immischiarsi negli intrighi di un uomo che pare posseduto da un'entità sovrannaturale... Chi ne avrebbe il fegato? 

- Vi prego signori, non c'è bisogno di ricorrere alla violenza - apro bocca per dire la mia, tutta intimorita e tremante, cercando comunque di apparire sicura di me. Entrambi mi guardano interrogativi, si scambiano un'occhiata di sfida, poi, all'improvviso, cessano di punzecchiarsi a vicenda, rimettendosi composti e riprendendo sotto mano il piatto ormai freddo. Rudy riprende la sua semi-automatica con un guizzo, continuando a fissarlo in malo modo, mentre Reiner ( che non si è mai mosso in tutto il pranzo ) affonda il coltello nella bistecca, divertito dal nostro stupore. Ecco, lui è il più inquietante di tutti, con quel suo sorriso perfetto ad incoronare l'espressione serena, rilassata. Nessuno dei due voleva apparire come un selvaggio e, di certo, il colonnello non avrebbe voluto perdere le staffe davanti ai suoi uomini, specialmente a causa mia. Si è accorto di ciò che ha fatto, di aver agito in quel modo solo ed unicamente per gelosia e se ne pente molto, moltissimo anzi. Volge altrove la sua rabbia, sul piccolo diavolo che ha provocato la breccia nel suo cuore, che lo ha fatto vergognare di sè stesso, su colei che lo ha disonorato. Lui mi fissa con astio, facendomi sentire null'altro se non un verme schifoso. Non piangere, Sara, non piangere, non fare in modo che quel mostro goda del tuo dolore; mordo il labbro, reprimo con forza le emozioni e mi alzo in piedi, intenta a lasciare la sala da pranzo. Mi sento afferare per un polso, Friederick mi supplica di non lasciarlo solo... Non ce la faccio, non posso dirgli di no, lui non chiede altro che la mia compagnia, che diritto ho io di negargliela? 

- Vado un attimo in bagno, prometto che tornerò subito. - Così dicendo, me ne esco dalla sala senza guardare in faccia nessuno, scappando via da quella tavolata di ipocriti. Nel corridoio principale trovo Ariel in bilico su una scaletta, nell'atto di spolverare un quadro di Renoir ( probabilmente originale, trafugato come tutti gli altri ) alchè mi è naturale pensare a quale spreco di talento sia l'aver relegato questo ragazzo alle sole pulizie. Infondo, le sue mani sono preziose e le mani di uno chef non andrebbero mai usurate in questo modo, ma ben tenute, pulite e curate. Certo, lui è un cane ebreo e non ne ha alcun diritto, per cui le sue prodigiose capacità possono, tranquillamente, andare in malora, anzi, tanto meglio! Ecco, questo è ciò che mi risponderebbe Schneider se sapesse cosa mi passa per la testa quando vedo il giovane " Jude ". Ah, che soggetto! Per poco non finiva per bruciarsi con le sue stesse mani e, se lo avessi lasciato parlare, avrebbe pure dato la colpa a me! 

- Come si sente la tua mancanza in cucina... Era tutto buono, insomma, nella media, ma così scialbo! Quel tedesco non ha la tua stessa passione, accidenti se si sente la differenza! - A queste parole, lui mette da parte il panno umido con cui stava lucidando la cornice, per voltarsi e sorridermi impacciato. Egli, in effetti, non riceve complimenti se non da parte mia, eppure basta questo per renderlo felice, per farlo sentire un uomo e non una bestia miserabile come gli è stato fatto credere. Passo oltre, sapendo d'aver illuminato almeno un po' la sua giornata, dopodiché entro nel bagno di servizio, quello " meno " bello della casa, meno spazioso e più minimalista rispetto agli altri due, fornito unicamente di pochi, essenziali apparecchi. Mi appoggio al piano del lavandino con entrambi i palmi, analizzando la mia immagine rifratta: ho un aspetto spaventoso, triste, reso ancor più disturbante da alcuni sottili filamenti rossi che vanno ad appesantire lo sguardo. Strizzo le palpebre, convinta di poter ricacciare le lacrime; 

- ti credi tanto forte, Rudy? Prendi di mira una ragazzina alta un metro ed uno sputo e ti aspetti pure un applauso? Nessuno ti darà una medaglia per una simile sciocchezza, poco importa se sono italiana. Potrò anche meritarmi tutto questo nell'ottica tua, ma non ti permetterò di umiliarmi, di definirmi una " cortigiana " così come hai fatto intendere ai tuoi amichetti. Ma chi ti credi di essere, eh?! - Senza neppure accorgemene, batto un pugno sulla superficie di ceramica, ferendomi la mano interessata. 

- Non immaginavo pensassi questo di me - alzo gli occhi allo specchio e vedo il suo riflesso, notando il rosso proprio alle mie spalle. Io dapprima trasalisco, poi trovo l'audacia di affrontarlo frontalmente. 

- Dunque? Ora che ne siete a conoscenza cosa avete intenzione di fare, colonnello? Spararmi? - Al di là della sua carica, è pur sempre un uomo e credo di sapere fin dove posso osare. Non sopprimerà ciò per cui ha combattuto, non sarebbe da lui. 

- Ti permetti anche di fare del sarcasmo, mocciosetta? Dopo ciò che mi hai fatto dire? - Un momento, ciò che io gli ho fatto dire?! Io?! Ma che razza di faccia tosta! 

- Tu cercavi solo rogne, si vedeva benissimo. E non ti azzardare ad addossarmi la colpa, stronzo! Non importa chi tu sia, non puoi presentarmi come la tua puttana, hai capito?! Inoltre, nel posto in cui vivo io, non è normale che un uomo, pur ventenne, si interessi ad una " donna " della mia età; da noi, se uno come te importuna una come me, finisce in gatta buia per un bel po' di tempo, ti è chiaro il concetto?! - Gli allontano sgarbatamente la mano con cui aveva provato a toccarmi, respingendolo in malo modo. Lui, su per giù, non sa come ribattere però, alla fine, si riduce a sbuffare, esasperato dal mio temperamento sconsiderato, di astrazione propriamente latina. 

- Com'è che rispondi sempre per convenienza? - Schneider sorride, malevolo, attaccandosi alle pareti con le mani e racchiudendomi all'interno di quello spazio striminzito, privandomi della libertà di muovermi. - Quando fa comodo a te sei una bambina, ma quando ti viene voglia di aprirmi le gambe diventi automaticamente una donna, non è così? - Apro la bocca, sconcertata e offesa dalla volgarità appena detta. Digrigno forte i denti e gli mollo un ceffone potente su una guancia, approfittando di quell'unico attimo di distrazione per scappare via. Non avrei dovuto reagire così; mi rendo conto d'esser scoppiata, ma lui mi ha insultata di nuovo ( nonostante io lo abbia pregato molte volte di non farlo ) e tutti quanti, persino io, la fragile, dolce ragazzina, hanno un punto di rottura. Adesso gli ho persino dato un pretesto per punirmi, il che va a peggiorare una situazione che, di per sè, è già molto critica. Rudy non me la perdona questa; mi corre appresso e mi raggiunge subito, buttandomi a terra senza fatica alcuna. Grido, sentendo il rumore delle ossa cozzare violentemente contro il pavimento. Vengo rivoltata come un calzino e me lo ritrovo addosso, con il pugno sospeso in aria, pronto a picchiarmi. Mi guarda pieno di veleno, con il viso arrossato e pulsante, lì dove lo avevo colpito. Non ci sarà alcuna pietà per me. Copro il viso con le braccia, per provare a proteggere almeno quello, attendendo un miracolo celestiale o il compimento della sua vendetta. Dio mio, aiutami, ti prego, non lasciare che mi faccia del male. Non voglio avvertire dolore, non resisterei! Avvicino le ginocchia al petto, dimenticandomi di star indossando un vestito... Aspetto, appiattita al pavimento, raggelata dalla paura, un colpo che non arriva e che continua a non arrivare. Dischiudo gli occhi, timorosa, notando il suo pugno tremante sospeso nel punto in cui lo avevo visto l'ultima volta e gli occhi blu lucidi di una particolare sorpresa, fissati sul mio viso contratto dalla paura e sul corpo che ancora giace sotto di lui. Mi accorgo solo adesso dello scollo sceso sotto la soglia del consentibile, il reggipetto appena presente sul costato e la stoffa arrotolata sotto di esso, sgualcitasi dopo la corsa frenetica e il successivo strattone di Rüdiger. Oddio no! No no, non lui, non Schneider! Perché gli è stato concesso contemplare ciò che nessuno avrebbe dovuto vedere?! È così ingiusto... No! Non riesco proprio a pensare che sia stato proprio quel maledetto il primo! Mi sento così, così... Sporca. Vorrei strapparmi via quella morbida pelle bianco latte che lo sta facendo vaneggiare, che lui sta adorando con tanta meraviglia. Vorrei che non stesse cercando di completare il puzzle carente di quel poco che ancora gli è celato oltre quello squarcio di rosa tenue, trattenuto da un mero pezzettino di stoffa che fatica a nascondere i due bottoncini tondeggianti già esposti per metà. Inizio a non vedere più nulla, accecata dalle stesse lacrime di rabbia, vergogna ed umiliazione che, già prima, stentavo a trattenere. Mi ripiego su me stessa, rannicchiandomi di lato, sul pavimento freddo, in attesa che la terra mi riassorba e mi faccia scomparire una volta per tutte. 

- Piccola, non volevo - Rudy mette di nuovo a posto il mio vestito, con una delicatezza indescribile. Non mi sposto nemmeno, se non di qualche millimetro, per fargli capire di non avvicinarsi più a me. 

- Non toccarmi - mormoro, con la voce rotta dai singhiozzi. - Non toccarmi, ho detto! Stammi lontano, bastardo pervertito! Volevi vedermi piangere, no?! Eccoti servito! - Finge di non sentire nè la mia voce, nè i fragili pugni, calci, schiaffi che faccio volare a casaccio nel tentativo di mandarlo via; sposta i capelli dalla mia fronte e mi asciuga le lacrime con il pollice, successivamente, si siede a terra a gambe incrociate, prendendomi per i fianchi affinché io mi possa sistemare " comodamente " su queste. 

- Mi fai uno strano effetto, streghetta italiana. È come se fossi causa e, allo stesso tempo, rimedio di ogni mio male. - Non riesco a smettere di lacrimare, per di più, non ho idea di cosa stia cercando di comunicarmi. - Vederti così mi fa sentire un mostro. - 

- Smettila di guardarmi così - mi imbosco dietro ad una matassa castana, coprendomi la faccia e parte del busto. 

- Non ho visto poi molto ma, comunque, dovresti smettere di acquattarti in questo modo... Sei bellissima. - Accarezza i miei capelli sparsi e me li sposta dietro alle orecchie, obbligandomi a mantenere il contatto visivo: sono ad un miglio da lui, pur non essendo che ad un pugno di centimetri di distanza; non riesco a vedere nulla negli occhi suoi, se non una mescolanza indistinta di emozioni. Il vero Rüdiger è stato affogato nella spirale di malvagità che lui stesso si è costruito, perciò è impensabile saper distinguere le diverse parti. Ho pietà di lui, perché so che avrebbe potuto essere diverso, che avrebbe potuto cambiare la sua storia, se solo avesse scelto saggiamente. Rudy combatterà per ciò in cui ha deciso di credere, morirà per la Germania, per il suo popolo, per la gloria... Le stelle, in fondo, hanno già espresso il loro volere, la sua fine è segnata. Mi alzo in piedi a fatica e lui mi lascia andar via, sapendo di avermi inconsciamente fatto del male. Tolgo la coroncina e la ripongo su un davanzale ( per rispetto dei materiali, più che suo ) e mi incammino, ripulendomi la fronte da quel rivolo di sangue dovuto allo sfregamento del metallo sulla carne. Affacciandomi ad una finestra, noto Zohan appoggiato alla ringhiera, all'esterno, con una sigaretta in bocca, quindi colgo l'opportunità per chiedergli di Friederick; 

- Zeno, posso parlarti? - 

- Cielo, no! Prima fatti guardare! Si può sapere che ti ha fatto il colonnello? Hai un aspetto terribile! - Getta via il mozzicone per venire ad esaminarmi, scagliando imprecazioni contro il rosso. Credo di aver battuto lo zigomo più forte del previsto, perché vedo che fissa sempre il punto dove, con ogni probabilità, sta già iniziando a formarsi un bel livido viola. Il suo sguardo cade anche sulla parte stroppicciata del vestito, ove la sua mente raggiunge una conclusione assai più tragica dell'originale. Se lo avesse fatto davvero, a quest'ora starei escogitando un piano per vendicarmi, altro che lacrime! Lo rassicuro subito, spiegandogli l'accaduto, nonostante il mio senso di vergogna non accenni a diminuire; - ma che figlio di puttana! - Commenta, schifato dalla sua condotta e dal suo modo di approcciarsi con me, " una creatura così piccola e buona. "

- Non volevo parlarti di me, volevo sapere di Fried. - Quasi lo rimprovero, forzandolo a riverlarmi ciò che più mi preme sapere. 

- È stato costretto a fare una cosa brutta... - 

- E qual'è questa cosa? - Incalzo, preoccupata per il mio miglior confidente. 

- Uccidere. Credimi, lui non voleva, ma pare lo abbiano obbligato con la forza. Ogni singolo giorno rimpiange di aver premuto quel grilletto, nei suoi incubi rivede il volto supplicante di quell'uomo, le sue lacrime, il pianto disperato della moglie e dei bambini piccoli che stava lasciando alle spalle. Friederick ha provato a ribellarsi, ma gli altri soldati lo hanno punito, prendendolo a calci fino a che, in un modo o nell'altro, non ha fatto fuoco su di lui. Ridevano del suo rammarico, non accorgendosi di ciò che quel gesto gli avrebbe fatto provare. Si è sentito un mostro, capisci? Non aveva altro modo per sfuggire al dolore se non impazzire. - Non ho parole; è inconcepibile, davvero, come possono pensare che sia corretto far ridurre così una persona dopo averla forzata a fare un qualcosa che quella stessa persona riteneva fosse sbagliato? Oh Friederick, quale cosa orribile ti hanno fatto! Tu desideravi più di ogni altro una vita tranquilla, lontana dalla guerra, secondo i tuoi valori di giustizia e libertà; addirittura tu stesso avresti voluto amministrare quella giustizia che qui non trova modo d'esistere! Se solo non fossi nato nel posto sbagliato al momento sbagliato, a quest'ora non ti ritroverersti vincolato ad una vita che non ti appartiene e che mai ti apparterrà! Il fato è stato crudele con te, amico mio, perché ha permesso che proprio tu, il più buono tra i soldati, pagassi il prezzo di tutte le loro colpe. - Sarebbe venuto cercarti, se non fosse stato per i mastini di Schneider che lo hanno trattenuto. Lui tiene molto a te. - 

- Andiamoce di qui, noi non abbiamo nulla a che fare con quella gente. - Lo invito a seguirmi di nuovo per il corridoio, fin dentro la sala da pranzo. Chiedo a Friederick di alzarsi, promettendo la neutralità di Rudy. Spero non oserà ostacolarmi dopo ciò che mi ha fatto passare. Dovrebbe solo tacere. Reiner beve un calice di vino, indisturbato, lanciandomi un'occhiata miserevole, forse dovuta al gonfiore crescente sul viso da " dipinto " che lo aveva precedentemente incantato. 

- Andrà tutto per il verso giusto, Fried. Adesso che sono tornata non sarai più solo, mai più. - Metto in chiaro al biondo di star bene anche se, internamente, mi sento tutt'altro che ok. Lui domanda ancora dei miei lividi, io gli racconto la verità. C'è tanta collera in lui, ma non può fare niente, così come nessun altro. Prendiamo la stessa Beetle con la quale sono arrivata al campo per la prima volta e, in un tempo apprezzabile, riusciamo a raggiungere l'alloggio dei ragazzi, spaventosamente vicino alle baracche dei prigionieri. Non ci siamo detti molto durante il viaggio, per la tensione soprattutto, ma Zeno sta recuperando ( ora ) tutto il tempo perso, mettendosi a parlare a macchinetta, strappandoci dal triste silenzio in cui eravamo piombati. 

- Bene! Ora che anche la principessa è tornata tra i comuni mortali torneremo ad essere il trio più anti-convenzionale del mondo, no? - 

- Cosa intendi dire? - Chiediamo, all'unisono, guardandoci l'un l'altra. 

- Ma come! Il mezzo ebreo, la ragazzina italiana ed il pacifista ariano: mai visto un gruppo più omogeneo di così! - Lui decide di buttarla sull'ironia, però non sono convinta che questo possa aiutarlo. 

Mi sbaglio.

Dopo tanto tempo, infatti, vedo sorgere un sorriso sincero sulle sue labbra e i suoi occhi azzurrini risplendono di una gioia che non mi aspettavo di riscontrare. 

- Sono così fortunato ad avervi conosciuto, meine Freunde. Siete arrivati, come un tenero bagliore, ad illuminare le mie giornate più cupe. Mi siete rimasti accanto, sempre, anche quando vi sarebbe convenuto separarvi da me. Cosa farei senza di voi! - Mentre parla la sua voce si fa sempre più sottile, fino a rompersi in un pianto di commozione. Io lo abbraccio, smossa dalle sue parole, ma nemmeno Zohan, il più " duro " di noi, riesce a restarne indifferente. 

- Noi rimarremo amici per sempre, vero? - Stringo i due ragazzi a me, pregandoli di fornirmi una risposta concreta. 

- Certo, piccola, per sempre e lo sai perché? - Levo il capo verso un'acqua divenuta limpidissima, attendendo il suo responso. - Perchè la nostra amicizia è più forte di qualunque cosa, più forte della guerra, dell'odio, della morte stessa. -

- Fried... - Il corvino deve lasciarci soli, perché tra poco inizierà il suo turno di sorveglianza nella sezione femminile, quindi non può attardarsi più di tanto. Friederick medica le mie ferite, raccontandomi della Francia e di quanto sia meravigliosa Parigi, tralasciando il gravoso incidente che lo ha coinvolto ed ogni altro fatto infelice accaduto nell'arco della sua spedizione. Surclasso anche io, non volendo ferirlo più di quanto già non faccia trasparire. Chiedo lui della Tour Eiffel e degli Champs-Élysées e non delle retate o dei campi di transito di cui lui, certamente, non vorrà parlarmi. Lui mi sembra più sciolto, a suo agio, non voglio spezzare questa fragile armonia. Mi canticchia delle canzoni popolari e mi recita alcune poesie imparate sul campo, alcune dal significato positivo, che narrano di pace e pianure verdeggianti, altre dal significato negativo, piene di allusioni riguardanti l'immoralità raggiunta dalla specie umana e il conseguente moltiplicarsi delle morti causate da essa. 

- Ti prego, cantami qualcosa di bello. Magari uno di quei brani che ti piaceva, di Cab Calloway. Eri così bravo! - La mia richiesta lo fa arrossire, per questo, mi accontenta, andando a tirar fuori un particolare disco proibito dallo scompartimento nascosto. 

- Ballerai con me? - Mi tira su con un piccolo sforzo, trascinandomi su una pista immaginaria e mettendosi a cantare. Non ne sono capace, Fried, ma proverò lo stesso, per te. Io ti devo tutto. Siamo due pazzi, qui ad agitarci sul ritmo di una musica che non si dovrebbe neppure ascoltare, ma almeno so che ci sarà sempre qualcuno disposto a tenermi compagnia. Me lo hai giurato, giusto? 

- Vedi, vedi? Sono migliorata! - Lui annuisce, complimentandosi con me. A proposito, che ore saranno? Fuori inizia già ad esser buio e di Rüdiger non vi è nemmeno l'ombra. È piacevole non averlo intorno, una volta tanto. Stanotte, io resto con Friederick, che lui lo voglia o no. Ma Zeno? Non è ancora rientrato; non voglio dormire, vorrei almeno aspettare che " rincasasse " per poterlo salutare. Lo aspettiamo tanto, ore ed ore fino a che non scivoliamo esausti nella morsa del sonno. 

- Non è stata colpa tua. - Mi infilo sotto le coperte, con lui accanto, socchiudendo le palpebre per la stanchezza. - Tu non sei come loro, non scordarlo mai. - 

- E tu non dimenticare quanto ti voglio bene, Sara. Tanto, davvero tanto. - Tira su il lenzuolo. Io mi accovaccio sul suo petto e mi addormento dopo poco, gratificata dal suo essermi ( di nuovo ) vicino. 

Rumore, rumore ovunque, scricchiolio del paquet, vociare di uomini, sbatacchiare di porte. Un brivido inteso che pervade la pelle, un freddo orribile  che raggela le gambe. Immagini confuse, una luce accecante, accanto a me solo il vuoto. Il vuoto?! Mi alzo di scatto, constatando l'assenza dei due ragazzi all'interno della stanza, la porta spalancata. Metto un piede fuori dal letto, scivolando e cadendo a terra per la fretta. Esco fuori, chiedo informazioni ai soldati che incontro, ma il caos imperversa; tutti corrono all'esterno, chissà dove, immemori di me. Un'emergenza? Una rivolta? Corro ugualmente il rischio, pedinando quegli stessi cadetti fino ad un dato punto del campo: il settore B1b. Da molto tempo non mi aprossimavo a questa zona, anche perché ricordo ancora il trauma che la sua vista mi causò la prima ed unica volta in cui ci andai. Birkenau è illuminata da un'alba rossa come il sangue, ma l'aria è pungente, ti penetra nelle ossa come tanti piccoli aghi conficcati nella carne. Batto i denti, fregando i polpacci l'uno contro l'altro. Mi avvicino ad gruppo di persone, accalcate di fronte a un qualcosa che non riesco a vedere. Mi guardo intorno e noto degli uomini con la divisa a righe ed il volto scavato, abbattuti, alcuni di loro, in lacrime. Ma cosa...? Mi accorgo del filo spinato, della sua vicinanza, inizio a raccogliere i pezzi. Sgomito per farmi spazio, mi faccio largo tra gli attoniti tedeschi presenti ed inizio a sentire dei lamenti, dei gemiti acuti, urla maschili di dolore. Dio mio... Questo è Zohan! Ma cosa gli è accaduto?! Devo aiutarlo, fatemi passare! Ormai riesco a vedere la luce infondo alla fiumana di gente, ma mi assesto sul colpo. Lui s-sta r-reggendo qualcuno... È c-chinato sul c-corpo di q-qualcuno. Piego di lato il capo, tremante, liberandomi tutta la visuale. Vedo i capelli biondi, anneriti di quel corpo senza vita e il mio cuore cessa di pompar sangue nelle vene. Zeno alza lo sguardo, distrutto, mi vede crollare a terra, sulle ginocchia, come morta. Gattono a stento, inciampando nei miei stessi passi, gettandomi a lato di quel cadavere, mollemente adagiato nelle braccia nel moro. Non ho il coraggio di guardare. " Non è lui, non è lui " mi ripeto, analizzando i tratti somatici del ragazzo: gli occhi d'un celeste sbiadito, spenti, la pelle di un colorito innaturale, bianchissima, lacerata nei punti in cui la carne non ha retto la scarica di corrente, le labbra di un rosa pallido, sporche di un liquido denso e scarlatto, appena dischiuse... Non è il mio Friederick, è impossibile. Lui aveva promesso. 

- N-non è lui - sussurro, scuotendo il capo, con il viso già inondato di calde lacrime. - Fried? F-Fried dove sei? - Provo a chiamarlo, cercando in mezzo alla folla. 

- Sara, ti prego... - 

- No! Tu non capisci, lui... Lui sta fingendo! - Mi rivolgo al biondo, passandogli una mano tra i capelli color miele. - È solo uno scherzo, vero Fried? Ma adesso devi respirare, altrimenti ti farai del male, e poi, lo scherzo è bello finché dura poco, no? - Gli accarezzo una guancia, ma questa è fredda. Fottutamente fredda. Spalanco gli occhi, con orrore, scuotendo il suo corpo inanimato. 

- Fried, svegliati - prendo tra le mani il suo viso statico, mi chino su di lui e avvicino un orecchio al suo petto, sperando di riuscire ad avvertire il suo battito. 

Nulla. 

- Svegliati, Friederick, ti supplico! Non puoi farmi questo, avevi giurato che non mi avresti mai lasciata sola! - Sprofondo nella paura, percependo già il mio cuore incrinarsi. Scuoto il suo corpo, premendogli sul petto, ripetutamente, affinché questo riprenda la sua naturale attività. - Dio no! Perché?! Perché lui?! - Alzo gli occhi al firmamento, gridando e supplicando il Signore di concedergli la grazia. - Non portarmelo via, restituiscimelo! - Stringo la sua mano esanime nella mia, portandomela al viso, bagnandogliela di lacrime amare. Sento la forza mancarmi. Il mio corpo sofferente cade a terra con un tonfo. Inconsciamente lo abbraccio, abbraccio le sue spoglie, spezzata in due dal dolore, rifiutando di accettare quanto accaduto. Ti sei ucciso, Fried, perché?! Perché ci hai fatto questo? Eri il suo unico amico, eri suo fratello, lui ti voleva bene! Ma, come ti dissi ieri notte, tu non hai colpa, sei innocente. Forse avrei potuto salvarti, se solo me ne avessi dato l'opportunità. Il rimorso ti ha portato via, tesoro mio, la vita stessa era diventata un fardello troppo grande per te, un dono di cui ti reputavi immeritevole. Ti sbagliavi. Tu eri il migliore di tutti loro, la tua virtù non aveva confine. E se solo potessi guardarti, in questo momento! Sei bello, ancora così bello, sembri un angelo caduto dal cielo, Fried, la morte stessa non ha potuto nulla contro la tua straordinaria bellezza. Così puro, non parevi neppure un essere umano in questo campo di morte. Loro piangono, piangono per te, sai? Tu, che sei tanto buono, non vorresti mai che qualcuno stesse in pena per te. Detestavi sapermi triste e ti chiedo perdono, perché non riesco ad immaginare le mie giornate senza di te. Non vedrò mai più il bel sorriso che il sonno eterno ti ha portato via, nè i tuoi occhi dolci o le tue mani gentili. Hai sopportato tutto quel dolore per anni ed, alla fine, quello stesso dolore ti ha vinto. Il Reich ti ha vinto. Osservo il tuo viso, piangendo incessantemente, poi mi accosto a te, illudendomi di poter vedere il rossore sulle tue gote. Darei qualunque cosa pur di riaverti qui, ma spero comunque tu sia felice adesso, ovunque tu sia. Il mondo crudele in cui hai vissuto non ti meritava, biondino. Hai voluto smettere di soffrire una volta per tutte. 

La natura buona del tuo essere, in un mondo migliore, avrebbe potuto salvarci tutti dalla rovina ma, quella stessa natura, vedutasi perduta, sconfitta da un male assoluto e prevaricante, chinò miserevolmente il capo e morì. 

Te ne sei andato, Fried. 

Hai permesso che il male trionfasse. 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLETTO AUTRICE: 

Buongiorno/sera/notte miei cari lettori! Finalmente sono tornata con questo nuovo capitolo che, ammetto, è stato piuttosto complicato da buttar giù. Insomma, avrei potuto cambiare qualcosa, volendo... 

Che dire d’altro, un chappy un po’ così, ma spero tanto vi sia piaciuto lo stesso!  ( Nonostante la piega che ho deciso di fargli prendere ) 

Noticine: 

* es ist unangebracht = non è il caso ( traduzione non letterale ), non è opportuno

* Sie ist mein = lei è mia

* star-crossed, l’espressione del titolo, significa letteralmente " attraversato dalle stelle " ed indica un individuo il cui destino è già segnato, un destino appunto voluto dalle stelle.

 

 

 

  
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