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Autore: LysandraBlack    25/01/2018    2 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO DICIOTTO: HAVEN



 

La salita per il villaggio di Haven era coperta di neve e ghiaccio, che rendevano scivolose le scale di pietra rovinate dal tempo.

Aenor si strinse nel cappuccio di pelliccia di lupo, le mani fredde nonostante i guanti imbottiti di pelo che indossava. Fortunatamente, avevano incontrato un mercante di pelli sulla strada, che in cambio di qualche moneta aveva venduto loro tutto l'occorrente per tenersi al caldo. Sorprendentemente, Kallian aveva in pochi giorni cucito loro, con l'aiuto esperto di Wynne, dei comodi mantelli, che isolavano dal freddo ma allo stesso tempo permettevano di muoversi agilmente in combattimento.

Alla Custode era toccata una pelliccia di lupo grigio, l'unico la cui testa era ancora attaccata a fungere da cappuccio, le zampe che si chiudevano davanti a proteggerla dal vento. Le aveva ricordato le storie che venivano raccontate su Fen'Harel, il dio degli inganni, Colui che caccia in solitudine, Portatore degli Incubi. Come se dovesse preoccuparsi di avere altri incubi.

Ogni notte era sempre peggio, l'Arcidemone ruggiva, riversando distruzione sul mondo al comando del suo esercito di Prole Oscura, facendola svegliare la notte di soprassalto, sudata, col respiro affannoso e gli occhi che dardeggiavano verso il limitare del campo.

Senza Alistair, era ancora più difficile.

Sebbene lo credesse ancora un idiota per la maggior parte del tempo, avere qualcuno con cui condividere quella maledizione le aveva sempre dato un minimo di conforto, sapere di non essere da sola ad affrontare la minaccia dell'Arcidemone. Era stata una sciocca a credere di potersene andare, tornare dal Clan, ovunque fossero, e fare finta che non fosse successo nulla.

Saltò una cunetta di neve, agilmente, controllando che il pendio accanto a loro fosse libero da sentinelle. Tutto era fermo, congelato dal freddo, nel silenzio più assoluto, rotto soltanto dalle imprecazioni soffocate di Natia e Geralt, che a volte inciampavano sul ghiaccio rischiando di finire a terra.

Duncan non le aveva detto nulla, quando l'aveva portata via dal Clan. Solo in seguito, scambiando qualche parola con Alistair, aveva capito la realtà delle cose: la Corruzione nel suo sangue era solo temporaneamente rallentata, ma, alla fine, la avrebbe condotta alla morte. Tutti i Custodi Grigi, giunti ad un certo punto, si addentravano nelle Vie Profonde sottoterra, per finire gloriosamente i propri giorni a combattere la Prole Oscura. Proprio un bell'affare, quello in cui l'aveva cacciata Duncan. Il maledetto shem l'aveva trascinata via raccontandole un mucchio di palle, e si era poi permesso di crepare, lui e tutto il suo ordine, lasciando due ragazzini ad occuparsi di tutto quanto.

Sbuffò, arrampicandosi per gli ultimi metri su per il pendio raggiungendo Falon, che sembrava rinvigorito dal clima gelido. Il mabari aveva la folta pelliccia nera coperta di fiocchi di neve, ma non sembrava esserne infastidito, anzi, trottava sulla superficie ghiacciata, il naso puntato a terra a seguire le tracce di chissà cosa.

Leliana la raggiunse, scuotendo il proprio cappuccio di lana dalla neve che vi era caduta sopra. «Dovremmo essere quasi arrivati.»

Aenor annuì.

«Strano non aver incontrato nessuno, non ti pare?» Proseguì la donna, guardandosi attorno, l'arco tenuto saldamente in mano.

Kallian, che era stata silenziosa per la maggior parte del viaggio, si strinse nella sua pelliccia, indicando qualcosa sulle loro teste. «Guardate.»

Del fumo grigio si alzava oltre l'ultima scalinata, segno che doveva esserci una casa abitata.

«Ditemi che è l'ultima.» Ansimò Natia, avvolta quasi completamente da qualsiasi cosa le potesse tenere caldo, il naso storto che spuntava paonazzo tra il cappuccio e il bavero, indicando la scala.

Wynne, accanto a lei, procedeva affaticata. «Un pasto caldo non sarebbe male, in effetti.»

Aenor era preoccupata per l'anziana maga. Le avevano detto come era stata quasi uccisa dalla Prole Oscura. La maga aveva raccontato loro dello spirito che la proteggeva, e che, già due volte, l'aveva riportata in vita. La Custode temeva che il viaggio fosse per lei troppo pesante, ma Wynne aveva sorpreso tutti, riprendendosi come se nulla fosse successo, combattendo con la stessa grinta di quando la avevano incontrata nella Torre.

Zevran e Geralt stavano in coda, il primo che stava raccontando chissà quale storia al secondo, che sembrava più attento al terreno sotto ai propri piedi che alle chiacchiere dell'elfo. Sten, che chiudeva la fila, sembrava essere l'unico a non patire né il freddo né la fatica.

Salirono gli ultimi metri quasi di corsa, ansiosi di ripararsi dalla nevicata che si faceva sempre più forte. Raggiunta la cima, videro un uomo correre verso di loro, un arco in mano pronto a scoccare.

«Altolà!» Urlò loro.

Leliana alzò una mano in segno di saluto, non lasciando mai la presa sul suo arco. «Una buona giornata a voi, signore! Siamo viaggiatori, cerchiamo riparo al villaggio di Haven.»

Quello li squadrò arcigno, la postura rigida pronta all'attacco. «Siamo un piccolo villaggio sulle montagne, come sapete di noi?»

«Un viandante che abbiamo incontrato a due giorni da qui ci ha raccontato di voi, dicendo che avremmo potuto trovare un pasto caldo e un tetto sopra la testa.» Cercò di convincerlo lei.

L'uomo non sembrava soddisfatto, ma abbassò l'arma. «Potete stare fino a domani mattina nella locanda, dove troverete da comprare cibo e vettovaglie. Non abbiamo nulla di valore da scambiare, stranieri, e non apprezziamo i visitatori.» Indicò loro la casa di pietra e legno, il camino sopra il tetto che lasciava uscire il fumo grigio che avevano visto in precedenza.

Ringraziarono, avviandosi verso di essa, con la sensazione di essere tenuti d'occhio.

Il proprietario della locanda era altrettanto ospitale. Sgranò gli occhi, rischiando quasi di far cadere il boccale di birra che stava pulendo con uno straccio. «E voi chi siete?»

«Semplici viandanti.» Rispose Aenor, togliendosi il cappuccio gelato e godendosi il tepore che proveniva dal caminetto scoppiettante. «Ci hanno detto che potete ripararci qui per la notte.»

L'altro li squadrò come se gli avessero chiesto un'assurdità, ma mantenne un contegno. «Se i vostri soldi sono buoni. Ma badate di non andare in giro, ci teniamo alla nostra riservatezza.»

«L'avevamo intuito.» Commentò Geralt, stizzito, guardandosi intorno. «Questa è la prima locanda che incontro dove non sono contenti di vedere dei clienti...»

«Gli stranieri portano solo guai.» Ribatté il proprietario, sbattendo il boccale vuoto sul bancone. Poi, come rendendosi conto di aver esagerato, si sforzò in una mezza smorfia che doveva essere un sorriso. «Cosa posso portarvi? Non abbiamo camere, ma il salone è abbastanza grande per accamparvi qui, accanto al fuoco.»

«Qualsiasi piatto caldo abbiate andrà benissimo, e ci accontenteremo delle panche per dormire.» Lo rassicurò Leliana in tono diplomatico.

Si accomodarono sulle scomode panche di legno, mentre il locandiere serviva loro una zuppa di carne fumante e del pane duro, accompagnato da boccali di birra.

Alla richiesta di Kallian di portar loro dell'acqua, li guardò stranito, ma obbedì senza contestare, per poi rimanere a fissarli di sottecchi dietro al bancone, intento a pulire boccali e facendo avanti e indietro dalla cucina.

Nonostante fosse una sala abbastanza ampia da ospitare una trentina di persone, il locale era deserto. Aenor vide Natia e Kallian guardarsi attorno, chiaramente a disagio.

Quella situazione non piaceva neanche a lei. Sicuramente, nascondevano qualcosa sull'Urna, ma andare in giro a chiedere di essa o di Fratello Genitivi poteva essere un errore fatale.

«Dovremmo andare a dare un'occhiata al resto del villaggio.» Le sussurrò Leliana, dietro al suo boccale, attenta a non farsi sentire dal proprietario. «Non mi piace questo posto.»

La Custode annuì, prendendo una cucchiaiata di zuppa e godendosi il tepore. Falon, seduto ai suoi piedi, sbocconcellava un osso di bue, le orecchie all'indietro, inquieto.

Finirono di mangiare lentamente, senza che nessuno entrasse nella locanda.

«Come mai è così tranquillo?» Chiese ad un certo punto Natia al proprietario, che sembrava essersi ripresa dal freddo. «Non ho mai visto una locanda tanto deserta.»

Quello si strinse nelle spalle. «Padre Eirik sta officiando una funzione, oggi, sono tutti alla chiesa.»

«Padre?» Ripeté Leliana, stranita. «Avete un uomo che si occupa dei riti?»

«Da sempre è stato così, qui ad Haven.» Rispose l'altro, sulla difensiva. «Abbiamo la nostra tradizione, qui, non come voi delle valli.»

Aenor non capiva il perché di tanta curiosità. Donne, uomini, che cosa importava chi pregasse un dio che non rispondeva e un'umana morta sul rogo secoli prima? Scrollò le spalle, raccogliendo gli ultimi residui di zuppa col pane, intercettando però lo sguardo che si scambiarono Leliana e Kallian. Anche Wynne sembrava tesa.

Si alzò in piedi, rimettendosi il cappuccio in testa. «Falon, andiamo.» Disse al mabari, che scattò prontamente in piedi.

«Dove credete di andare?!» Saltò su il locandiere, allarmato. «Sta ancora nevicando, dico...»

L'elfa indicò il cane. «Deve fare una passeggiata. Sempre che non vogliate che faccia i propri bisogni qui...»

«Per carità!» Rispose quello. «Ma non ficcanasate in giro!»

Aenor si strinse nelle spalle, raggiungendo a grandi passi la porta e uscendo.

«Ti accompagno!» Le urlò dietro Kallian, inseguendola.

Il vento freddo le fece rabbrividire, mentre si facevano spazio tra i cumuli di neve che si andavano a formare. Un bimbo, in mezzo alla piazza, le fissava incuriosito, un bastoncino di legno in mano.

Lo salutarono, cercando di sembrare meno minacciose possibile. «Ciao.» Dissero, avvicinandosi con un sorriso stampato in volto. «Non hai freddo?»

Il bambino, che stava recitando una cantilena, si interruppe di colpo. «Cosa ci fate qui? Gli abitanti delle valli non dovrebbero stare qui.» Le squadrò, chinando leggermente il capo. «Siete elfe.»

«Già.» Rispose Aenor, scoprendo un orecchio a punta.

«Non avevo mai incontrato degli elfi, prima d'ora.» Continuò quello. «Ma sono già venuti dei visitatori, ultimamente. Devono essersene andati però, non li ho più visti.»

«Chi erano?» Chiese Kallian.

«Degli uomini in armatura.» La sua attenzione cadde al lungo coltello da caccia che l'elfa portava al fianco. Lo indicò. «È molto bello. Forse Padre Eirik me lo farà tenere.»

Inaspettatamente, l'altra se lo sfilò dalla cintura, porgendoglielo. «Stai attento a non farti male.» Lo avvisò, lanciando uno sguardo preoccupato ad Aenor, che annuì.

Quel villaggio stava decisamente nascondendo qualcosa.

Falon si mise ad annusare il bambino, che si trasse indietro, spaventato. «Che vuole?»

«Solo fare amicizia.» Cercò di rassicurarlo la Custode. «Probabilmente sente odore di cibo.» Indicò una sacchetta di pelle che il bambino portava alla cintura, e che il mabari stava puntando. Qualunque cosa ci fosse là dentro, però, non era sicuramente cibo. Da come Falon teneva coda e orecchie, il contenuto della sacca era abbastanza da allarmarlo.

Il bambino fece una smorfia birichina, aprendo la sacca e infilandoci una mano. Ne estrasse qualcosa, che mostrò loro con aria soddisfatta. «Non c'è mica più carne, qui sopra.»

Fissarono inorridite ciò che era, chiaramente, un dito umano, le ossa bianche ripulite e levigate.

«Dove... dove l'hai trovato?» Riuscì a chiedere Aenor.

L'altro indicò la montagna alle loro spalle. «Là.» Richiuse la mano, scuotendo il dito di fronte a loro. «Porta fortuna. Ma non ditelo a nessuno, è un segreto.» Fece per infilarsi alla cintura il coltello, ma Aenor lo bloccò.

«Quello potrebbe farti male.» Gli disse, afferrando saldamente il manico. «Padre Eirik non vorrà di sicuro che tu ti tagli. Chiediamo a lui se puoi tenerlo, va bene?»

Il bambino incrociò le braccia al petto, offeso. «Ma adesso sono tutti in chiesa.»

«Allora aspettiamo che abbia finito, e poi andremo a parlarci.»

Sembrò convincerlo. «La chiesa è di là.» Indicò il bambino verso l'ennesima salita ripida e piena di ghiaccio. «Però fino a sera saranno lì dentro.» Diede loro le spalle e si allontanò verso una casa dall'aria disabitata.

«Credi che quel dito sia di uno dei Cavalieri di Redcliffe?» Le chiese Kallian, una volta che furono di nuovo sole.

«O di Fratello Genitivi.» Rispose tetra Aenor, guardandosi attorno. Nonostante non ci fosse nessuno in vista, aveva la netta sensazione di essere osservata. «L'unica cosa che sappiamo è che ancora non è tornato nessuno da qui. E da qualche parte sotto la montagna c'è una pila di ossa.»

«Quindi, che facciamo?»

«Stanotte.» Decise la Custode. «Almeno, cerchiamo di farci una dormita al caldo, poi stordiamo l'oste, e ci facciamo strada fino alla chiesa. Questo Padre Eirik avrà sicuramente le risposte che cerchiamo.»

Tornarono alla locanda.

Geralt stava leggendo il suo librone dall'aria pesante, la copertina nera di pelle consumata dal tempo. Sembrava rapito dalle pagine, le labbra che si muovevano leggermente. Natia, accanto a lui, stava passando un panno oleato su ciascuno dei suoi coltelli, che aveva messo in bella mostra sul tavolo, prendendo di tanto in tanto un sorso di birra. L'oste, vedendole arrivare, tornò sul retro, l'aria di uno che aveva sicuramente sbirciato dalla finestra per tutto quel tempo.

«Trovato niente?» Chiese loro Leliana a bassa voce.

«Siamo praticamente certe che abbiano ucciso e nascosto i cavalieri di Redcliffe che sono arrivati fin qui.» Rispose Kallian, sorseggiando dell'acqua. Non beveva mai alcol.

Aenor, che pian piano si stava abituando alla birra, storse il naso, sentendo le bollicine frizzarle in gola. «Abbiamo parlato con un bambino, ci ha detto che sono passati degli uomini in armatura, che poi sono spariti nel nulla. Inoltre, abbiamo trovato delle ossa umane, e pensiamo ce ne siano altre.» Decise di omettere come avessero trovato i resti, la faccenda era abbastanza inquietante già così.

«Qual è il piano?» Chiese Zevran, che, ignorato da Geralt, si era seduto accanto a Leliana.

«Aspettiamo stanotte e ci intrufoliamo nella chiesa. Dobbiamo costringere questo Padre Eirik a dirci la verità, ma adesso troveremmo l'intero villaggio là dentro.»

Wynne annuì, guardando la Custode. «E nel frattempo, possiamo recuperare qualche ora di sonno.»

Aenor si concentrò sulla birra, a disagio. La maga si preoccupava troppo. Le aveva preparato un infuso per cercare di farla dormire meglio, nonostante gli incubi, ma non era servito a nulla. Non c'era niente da fare, se non arrendersi all'evidenza, non avrebbe più dormito una notte serena. E l'Arcidemone non era l'unico che infestata i suoi sogni: le rovine che aveva scoperto con Tamlen erano un labirinto dove continuava, notte dopo notte, a perdersi, urlando il nome del compagno, trovando specchi maledetti dietro ogni angolo, inseguendo un'ombra che non riusciva mai a raggiungere, nonostante corresse fino a non avere più fiato.

Finì di bere la sua birra a lunghi sorsi, cercando di non pensare a quanto fosse amara. Quella era l'unica cosa che la aiutasse a distendere i nervi, che rendeva un po' più sopportabile la situazione.

«Io cerco di dormire un po'.» Annunciò, andandosi a sdraiare su una delle panche all'angolo del salone, usando il mantello come cuscino. Sentì Falon accoccolarsi sotto di lei, il respiro del cane che si faceva man mano più pesante, fino a trasformarsi in un russare sommesso. Chiuse gli occhi.

 




Stesero l'oste con un colpo alla testa, legandolo e imbavagliandolo. Trasportatolo sul retro, fecero una macabra scoperta: l'armatura di uno dei Cavalieri di Redcliffe giaceva in un angolo, le chiazze di sangue ancora ben visibili su di essa. Non avevano esitato quindi a tagliare la gola dell'uomo, rovistando tra le sue cose alla ricerca di soldi, vettovaglie e qualsiasi cosa potesse tornare loro utile. Persino Leliana non aveva fatto le sue solite storie sulla pietà e la carità.

Aenor trovò degli stivali di pelle in un baule, ma non erano della sua taglia. Zevran, che nel frattempo stava controllando che nessuno avesse notato il trambusto nella locanda, si sporse a guardarli. «Non è che per caso sono della mia misura?»

La Custode glieli lanciò. Afferrandoli al volo, l'Antivano li esaminò con cura. Aenor potè giurare di averlo visto annusare il cuoio, prima di indossarli lentamente. «Ah, perfetti. Mi ricordano casa.» Esclamò l'elfo, facendo qualche passo e ammirandosi i piedi.

«Sei un tipo strano.» Commentò Natia, che aveva svaligiato qualsiasi cosa potesse tornare loro utile, dai soldi alle poche armi che il locandiere teneva nel magazzino.

Zevran ridacchiò, girandosi nuovamente alla finestra. «Un giorno ti racconterò di Antiva, amica mia, e ne sentirai nostalgia pur non essendoci mai stata.»

«Se puzza anche la metà di quegli stivali, mi sa che non è poi tanto diversa da dove vengo io...»

Geralt fece loro segno di tacere. Lui e Wynne si scambiarono un cenno d'intesa, muovendo i propri bastoni in direzione delle tre guardie che erano appostate nel buio della piazza, a controllare che non uscissero. Evidentemente gli abitanti avevano deciso di non sfidarli a viso aperto, nella speranza che i visitatori se ne andassero una volta arrivata l'alba.

Wynne fece comparire una runa di paralisi sotto le guardie, le quali non ebbero nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava succedendo, che Geralt lanciò loro addosso un incantesimo di sonno, facendoli cadere a terra privi di sensi, il rumore attutito dai cumuli di neve che cadeva fitta.

«Via libera.» Annunciò Zevran, controllando che non ci fosse nessun altro.

Approfittando dell'ora tarda e della neve che rendeva difficoltosa la visuale, si fecero strada fino al boschetto che costeggiava il villaggio, salendo il ripido pendio accanto alla scalinata. Evitarono così altre quattro guardie, armate di archi e spade corte.

Incespicando a fatica, percorsero lentamente la strada che li separava dalla chiesa sulla cima della montagna. Altre due guardie erano appostate all'ingresso, ma vennero eliminate con un tiro preciso delle due arciere.

Spalancata la porta, si trovarono di fronte un uomo sulla sessantina, che si girò allarmato, facendo segno ad altri cinque di proteggerlo. Quelli si affrettarono a sguainare le armi.

«Cosa ci fate qui?!» Intimò loro l'uomo, afferrando un bastone da mago.

Aenor rimpianse l'assenza di Alistair, il suo addestramento da templare faceva sempre comodo.

«Stiamo cercando Fratello Genitivi. Sappiamo che avete ucciso tutti i Cavalieri che sono passati di qui, abbiamo trovato i loro resti.»

«E cosa se ne fa un'elfa dei resti di Andraste?» Chiese Padre Eirik.

“Me lo chiedo anch'io.” Pensò la Custode, ma senza perdersi in altre chiacchiere, fece segno agli altri di attaccare.

Dopo un breve ma acceso scontro, i nemici giacevano a terra uccisi, il cadavere del prete che presentava un enorme squarcio sul petto, regalo della spada di Aenor. Frugando nelle sue tasche, trovò un medaglione dalla forma bizzarra.

«Hei, qui c'è qualcosa!» Li chiamò Brosca, picchiettando la parete di fronte a sé.

La Custode si avvicinò, notando uno strano simbolo inciso nella pietra, identico a quello sul medaglione. Lo appoggiò al muro, facendoli combaciare e sentendo un meccanismo all'interno scattare con un cigolio.

La parete si spostò di lato, rivelando una stanza segreta. Un uomo, legato sul pavimento, si girò di scatto verso di loro, grugnendo concitatamente sotto il bavaglio.

Leliana corse a liberarlo, aiutandolo a mettersi a sedere. L'uomo rivelò di essere proprio Fratello Genitivi, e di essere arrivato nel villaggio di Haven settimane prima, quando era stato stordito e imprigionato da dei fanatici di uno strano culto di Andraste. Dopo che Wynne ebbe curato le sue ferite, l'uomo insistette nel condurli immediatamente verso il tempio dove, era certo, erano conservate le Ceneri.

 




«Un gioco da ragazzi!»

Con stupore, Aenor osservò Natia mettersi al lavoro sulle serrature. Anche dove Leliana non avrebbe potuto fare nulla, la nana sembrava in grado di scassinare qualsiasi porta o forziere.

«Quando si è abituati alle serrature forgiate dai nani, le vostre sono uno scherzo.» Si vantò, facendo scattare il meccanismo all'interno e spalancando la porta davanti a loro.

Si fecero strada attraverso il cunicolo coperto di ghiaccio, il freddo pungente nelle ossa. Avevano lasciato Genitivi all'ingresso, e si erano addentrati tra i corridoi, trovando parecchi fanatici dello strano culto di Haven, che sembravano vivere lì, spiegando in parte perché il villaggio fosse tanto deserto. Come se non bastasse, scoprirono, i sotterranei del tempio brulicavano di draghi di medie e piccole dimensioni, che i fanatici sembravano addestrare e riverire.

Una svolta sbagliata li portò a scontrarsi con tre dragoni, uscendone ammaccati e sfiniti. Kallian le diede una mano a scuoiare i corpi, riuscendo a prendere abbastanza materiale da farsi un paio di armature, una volta usciti da lì e trovato un fabbro in grado di forgiare con quel materiale prezioso.

Fasciandosi qualche graffio e lasciando che Wynne si occupasse del resto, tornarono sui propri passi, percorrendo altri innumerevoli corridoi. Falon, ad un certo punto, drizzò le orecchie, annusando l'aria con la coda ritta.

«Aria fresca?» Gli chiese Aenor. Quello abbaiò una sola volta, affermativo.

«Era ora.» Gemette Geralt, che si reggeva affaticato al proprio bastone magico. Sembrava sempre che Wynne evitasse di curare del tutto le sue ferite. «Se queste Ceneri sono un'invenzione, giuro che butterò giù questo maledetto tempio dalle fondamenta.»

«Non oseresti.» Lo minacciò l'altra maga con lo sguardo. «Urna o no, questo luogo è ricco di storia, il suo valore è inestimabile.»

«Sicuro.» Concordò Natia. «Per questo stiamo mettendo al sicuro tutte le sue ricchezze...» Indicò la sacca sempre più pesante che si portava sulle spalle.

Aenor scosse la testa. Sembrava che la nana fosse decisa a portarsi via tutto ciò che non era inchiodato a terra o semplicemente più grande di lei.

«C'è qualcuno.» Annunciò Leliana, sporgendosi per guardare oltre una parete di roccia. «Una grande sala, e almeno quindici persone. Due maghi, forse tre.»

«Devono essere gli ultimi.» Commentò Kallian, affiancandola. «Per il Creatore, quanti altri folli può tenere, questo posto?»

Aenor trattenne un gesto di stizza. Sentire un elfo rivolgersi al dio degli umani, che assurdità. Avevano tolto loro tutto, la loro lingua, la religione, la dignità. “E io sono qui a salvare uno di loro.”

Tamlen avrebbe pensato che fosse impazzita. E forse lo era. Stava tradendo tutto ciò in cui aveva sempre creduto, viaggiando con degli shem, condividendo con loro la fatica e il riposo, cominciando persino a considerarli... compagni? “Elgar'nan, in che cosa mi sono cacciata!”

Allungò il passo, ansiosa di spaccare qualche altro cranio. Almeno, quello poteva farlo senza doverci pensare troppo.

Fece segno a Sten di seguirla, mentre gli altri restavano leggermente indietro, per non permettere ai nemici di circondarli. Erano in svantaggio in quanto a posizione e numero.

«Intrusi!» Li apostrofò un uomo in armatura pesante, la folta barba castana piena di ghiaccioli. «Avete profanato un luogo sacro, e ucciso i nostri fratelli! Ora basta! Ditemi, cosa ci fate qui?»

«Cerchiamo le Ceneri, e voi ci siete tra i piedi.» Ringhiò Aenor, pronta all'attacco.

«Avete fatto tutto questo per una vecchia reliquia?» L'uomo digrignò i denti. «Sappiate questo, intrusi: la profetessa Andraste ha sconfitto la morte stessa, tornando dai suoi fedeli in una forma ancora più splendente di quanto possiate immaginare! Nemmeno l'Impero del Tevinter potrebbe fermarla, adesso, cosa sperate di fare voi?»

Prima che potesse rispondere a tono a quel mucchio di scemenze, la voce di Kallian riempì la sala. «Sono solo calunnie!» La vide avanzare, l'arco teso puntato sull'uomo. «Bestemmie, vaneggiamenti di un pazzo!»

Leliana, accanto a lei, annuì. «Di qualsiasi cosa stia parlando, non può essere Andraste.»

«Chissenefrega di cosa e dove sia Andraste!» Ringhiò Geralt dal fondo della sala. «Liberiamoci di loro e andiamo a prendere quelle ceneri, se almeno esistono.»

«Certo che esistono!» Alzò la voce il capo dei fanatici, per sovrastare i nuovi arrivati. «Ma perché preoccuparci delle ceneri, quando serviamo Andraste rinata in tutta la Sua gloria?»

«Andraste è morta.» Ribattè Leliana. «E voi siete solo dei folli.» Lanciò una delle sue frecce, che andò a conficcarsi nell'ascella dell'uomo, dove l'armatura lasciava scoperta la semplice stoffa sottostante. Quello indietreggiò, incespicando, ma gli altri furono loro addosso in un attimo.

Lo scontro fu violento.

Uno dei maghi guarì in fretta la ferita del capo, permettendogli di roteare l'enorme ascia da guerra e rischiare di staccare di netto un braccio ad Aenor, che rotolò su un fianco, frapponendo la spada tra sé e il nemico. Sentì una freccia rimbalzare sull'armatura massiccia dell'uomo, venendo costretta a schivare un altro terribile colpo. Un clangore metallico segnalò che Sten era corso a darle una mano, dandole il tempo di saltare in piedi. Uno dei maghi la colpì di striscio con un incantesimo, annebbiandole la vista. Strizzò gli occhi, faticando ad individuare il guerriero di fronte a sé, armato di spada e scudo. Indietreggiò, girandogli attorno, aspettando che l'incantesimo finisse il suo effetto. Falon si scagliò contro di lui, tenendolo occupato. Un'esplosione di fiamme segnalò che Geralt aveva eliminato l'ultimo mago nemico, mettendo così fine all'incantesimo di disorientamento su Aenor, che riuscì a sconfiggere l'uomo di fronte a sé, aiutata dal mabari. Si girò per tornare da Sten, notando che il Qunari era ferito ad un fianco, il sangue che colava da uno squarcio nell'armatura. La Custode colpì il capo dei fanatici alle spalle, costringendolo a portare su di lei l'attenzione e allontanandolo dal compagno.

«Wynne!» Chiamò l'attenzione della maga, che era già all'opera. Una luce azzurra avvolse il Qunari, che grugnì di sollievo.

Intanto, uno dei coltelli di Natia si conficcò tra le giunture dell'armatura del capo, che, distratto, non seppe parare il colpo di spada di Aenor, che gli andò a recidere quasi completamente il braccio destro. L'ascia cadde a terra, mentre l'uomo urlava di dolore, ormai in ginocchio.

Neutralizzatolo, Aenor andò ad aiutare Kallian e Leliana, che erano state ingaggiate in mischia dagli ultimi due fanatici.

Quando anche quelli furono a terra, tirarono tutti un sospiro di sollievo.

Purtroppo, non era finita.

Il capo dei fanatici, afferrato un corno decorato che portava legato alla cintura, l'aveva suonato tre volte, fino a restare senza fiato, accasciandosi morente a terra. Quando una saetta magica lo raggiunse, era troppo tardi.

Un potente ruggito riempì l'aria, scuotendo la terra. Aenor incrociò lo sguardo atterrito di Natia, che sembrava essere impallidita fino a raggiungere il colore del ghiaccio attorno a loro. Falon uggiolò di terrore, la coda tra le gambe e le orecchie basse. Guardò la Custode, in cerca di sostegno.

«Ditemi che non dobbiamo andare lì fuori.» Gracchiò Zevran, mettendosi a sedere a fatica, il volto terreo. Wynne, china su di lui, cercava di sistemargli la gamba, che aveva assunto una posizione innaturale. Aenor guardò Sten, che sembrava essersi ripreso dalla ferita, ma si teneva una mano sul fianco. La maga li aveva curati più volte, in quella giornata, e ormai era costretta a risparmiare le forze. Qualunque cosa avessero dovuto affrontare là fuori, non potevano contare soltanto su di lei per sopravvivere.

«Possiamo aspettare che se ne vada.» Propose Natia, indicando l'uscita, un lungo corridoio chiuso con due enormi battenti di ferro, dietro i quali si sentiva un rumore di artigli sulla pietra.

D'un tratto, il portone tremò, colpito con forza da qualcosa, che causò la caduta di una miriade di piccole stalattiti dal soffitto della sala in cui si trovavano.

«Non credo che abbia intenzione di andarsene.» Commentò tetro Geralt. «E quella cosa è tra noi e le Ceneri. Avete sentito il folle, no? Esistono davvero.» Afferrò con forza il suo bastone, che riluceva minaccioso, fino a farsi sbiancare le nocche. «Troviamo quell'Urna, cazzo.»

Aenor annuì. Aveva promesso ad Alistair che avrebbe portato le Ceneri a Redcliffe, e il ragazzo si era fidato di lei. Non potevano tornare indietro a mani vuote.

Nel peggiore dei casi, sarebbero morti tutti e lei non avrebbe più avuto incubi sull'Arcidemone.

Si appoggiò la grande spada su una spalla, fissandoli uno per uno. «Zevran, ce la fai a camminare?» Chiese all'elfo, che scosse la testa.

«Abbastanza per fare una passeggiata, forse. Ma non per affrontare quella cosa.» Rispose.

«Potrei riprovare a sistemarlo.» Ribattè Wynne, posando di nuovo le mani su di lui. L'elfo però si scostò da lei, allontanandola. «Non è grave, dovresti risparmiare il mana per dopo. Credo che ne avrete più bisogno di me. Ci metterò su un impiastro curativo.»

«D'accordo. Ma non ti lasceremo al freddo.» Disse Geralt, prima di prendere alcune torce appese nella sala e accatastarle accanto all'Antivano. «Se si spegne, è finita male. E dovrai trovare il modo di uscire da qui e tornare a Redcliffe, ad avvisare che abbiamo trovato quelle maledette Ceneri.» Ordinò dopo aver acceso un fuoco, che scoppiettava senza tuttavia consumare il legno. Lo guardò intensamente, con aria minacciosa. «E non ti azzardare a tradirci.»

Zevran accennò un sorriso. «Non oserei. Ma non è detto che riesca ad uscire da qui.»

«Non sarà necessario.» Si intromise Leliana. «Torneremo dopo aver trovato l'Urna, Zevran, aspettaci pure.»

Si incamminarono nel corridoio. Il grattare alla porta era temporaneamente cessato, ma i ruggiti non avevano fatto altro che intensificarsi, seguiti da quelle che erano chiaramente getti di fuoco.

«Io e Sten lo teniamo occupato.» Spiegò Aenor, sperando di apparire sicura di sé e sperando che gli altri non notassero quanto stava tremando. «Leliana, mi servi al fianco di Natia, a colpire i suoi punti ciechi. Kallian, Wynne, Geralt, lanciategli addosso tutto quello che avete.»

Leliana annuì, riponendo l'arco dietro alle spalle ed estraendo i due pugnali.

Prima che potessero uscire, Aenor sentì la mano di Sten sulla spalla. Si voltò, incontrando gli occhi viola del Qunari. Per un attimo, le sembrò che volesse dirle qualcosa, poi l'altro riportò l'attenzione sulla porta di fronte a loro, entrambe le mani a stringere Asala.

“Che Andruil ci protegga.” Pensò Aenor, prima di spalancare le porte.

Un enorme drago, molto più grande di qualsiasi cosa avessero mai visto prima, si stagliava davanti a loro, le fauci spalancate a produrre una fiammata che si alzò per parecchi metri verso il cielo.

La Custode costrinse le proprie gambe a muoversi, nonostante fossero improvvisamente immobili e pesanti come la pietra. Si lanciò a zigzag verso il drago, Sten al suo fianco, nella speranza di distrarlo e permettere agli altri di mettersi in posizione di vantaggio.

La creatura cercò di spazzarli via con una zampata, ma i due guerrieri riuscirono ad evitarla, saltando di lato e dividendosi, mettendosi uno a sinistra e l'altra a destra.

Il drago ruggì, ma sembrava non voler ancora sputare fuoco, perché si limitò a schioccare le fauci, provando ad azzannare i suoi assalitori. Distratto, mise la zampa su una runa di paralisi lanciata da Geralt, che lo bloccò al terreno. Tentò di liberarsi, lanciando un grido assordante che li avrebbe sicuramente storditi, non fosse stato per Wynne, che li aveva avvolti giusto in tempo con un incantesimo di protezione. Aenor mirò alla zampa bloccata a terra, usando tutto il proprio peso per calare la spada verticalmente sulle squame dure come pietra della bestia. Quella si girò di scatto, e prima che la Custode potesse capire cosa fosse accaduto, si ritrovò a sbattere la schiena su qualcosa di duro, che le mozzò il respiro.

Si accasciò a terra, sputando un grumo scuro. Cercando di rimettersi in piedi, si pulì la bocca con il dorso della mano, osservando la macchia di sangue sulla neve candida. Si toccò il collo, sentendo un liquido viscido scenderle giù per la schiena. Uno degli artigli del drago doveva averla colpita di striscio. Falon, corso immediatamente accanto a lei, ringhiava protettivo. Provò a muovere la spalla, constatando che era una ferita superficiale e rimettendosi in piedi, ignorando il bruciore pulsante e afferrando saldamente la propria spada. Fece segno al mabari di seguirla.

Vide Natia affondare uno dei suoi coltellacci intrisi di veleno in una delle zampe posteriori del drago, per poi schivare a malapena la coda irta di punte, che voleva spazzarla via. Una saetta colpì il muso della bestia, distogliendola dalla nana mentre ruggiva tutto il suo furore. Una freccia gli si conficcò tra le squame più sottili della gola, seguita in rapida successione da un'altra, che andò però a perdersi nel vuoto, in quanto la creatura si era girata di scatto.

Aenor schivò di lato, mentre il drago sputava un getto di fuoco di fronte a sé, avvolgendo Sten e Leliana, che non avevano fatto in tempo a spostarsi. La Custode raccolse le forze e si gettò contro la zampa anteriore precedentemente ferita, Falon che distraeva il drago saltando agilmente davanti a lui e tenendo la testa della bestia lontana dalla padrona. Con un gemito, riuscì a conficcare la spada in profondità, girando l'elsa ed estraendola di nuovo, un getto di sangue bollente che uscì fumante dallo squarcio.

Il drago lanciò un ruggito lancinante, lasciando perdere il mastino e girandosi di scatto. Aenor si trovò a dover saltare su una delle zampe, aggrappandosi ad una delle punte d'osso del drago. Quello cercò di scrollarsela di dosso, scuotendosi un paio di volte. Sentendo l'elfa che resisteva, spiegò le ali, dando un colpo poderoso con esse e staccandosi da terra.

Aenor vide il terreno allontanarsi di botto, e non le rimase altro che tenersi atterrita agli spuntoni del drago, che decise di ruotare su se stesso. Il mondo si capovolse un paio di volte, mentre le dita intirizzite dalla fatica e dal freddo lasciavano la presa.

Si ritrovò a cadere nel vuoto. Chiuse gli occhi.

La sua caduta si arrestò di botto. Riaprì le palpebre, appena in tempo per cadere con un tonfo a terra, una luce verde che la circondava. Sgomenta, vide Sten e Leliana, un po' bruciacchiati e feriti ma ancora in piedi, mentre Natia estraeva qualcosa dalla borsa, che lanciò contro alla creatura non appena essa si posò nuovamente a terra, urlando di tenersi indietro.

Un'esplosione di fumo viola si propagò tutto intorno, per poi esplodere in un inferno di fiamme una volta che il drago provò a soffiare di nuovo fuoco. Ruggì nuovamente, per poi stendere le ali e balzare in direzione della nana.

Natia si gettò di lato, scivolando sul ghiaccio e venendo colpita da uno dei rostri sulla coda. Non si rialzò. Aenor scattò a distrarre il drago, che puntava a finire il lavoro. Falon al suo fianco, roteò la spada con forza, scacciandolo dalla nana e costringendolo ad arretrare. Le fauci della creatura si chiusero di scatto sulla spada, strappandogliela di mano e lanciandola lontano.

La Custode rimase lì, disarmata di fronte al drago, il terrore che la paralizzava.

Sten la spinse di lato con una spallata, facendola cadere a terra ed evitando per un soffio che le mascelle del mostro si chiudessero attorno a lei.

Osservò rapita il Qunari, che nonostante le ferite profonde che riportava, sembrava combattere con la stessa determinazione e forza di sempre.

«Wynne!» Ruggì il guerriero, cercando di tenere occupato il drago per permettere alla maga di lanciare i suoi incantesimi curativi.

Aenor si girò verso Natia, portata in salvo da Kallian che la trascinava di peso. Una fioca luce turchina avvolse la nana, tuttavia non bastò a farla rinvenire, ma si limitò ad arrestarle la fuoriuscita di sangue dalla ferita al fianco.

La Custode cercò di ritrovare la sua spada, ma scoprì che era oramai inutilizzabile: la lama era spaccata poco sopra l'elsa.

Le restava soltanto il pugnale che portava alla cintura, ma dubitava potesse essere di qualche aiuto.

Il drago sembrava più furioso che mai. Con una zampata, spedì a terra Sten, che si accasciò con un grugnito di dolore. Cercò di rialzarsi un paio di volte, appoggiandosi ad Asala, per poi rimettersi in piedi traballante, il pettorale dell'armatura ridotto a brandelli che rivelava una profonda ferita sottostante. Il drago l'avrebbe sicuramente ucciso, non fosse stato per una freccia, che andò a conficcarsi in uno dei due occhi fiammeggianti.

Urlò di dolore, scagliandosi contro l'arciera.

Kallian non fece in tempo a spostarsi, che venne sollevata di peso da una delle zampe, che la sballottò un paio di volte, per poi scagliarla a terra.

Una pozza di sangue scuro si allargò sotto di lei, imbrattando la neve.

Leliana la raggiunse incespicando, fendendo l'aria tra lei e il drago con i suoi pugnali, in un vano tentativo di allontanarlo. Wynne urlava qualche incantesimo, ma non sortì l'effetto sperato.

Aenor stava già correndo verso di loro. Saltò sulla coda del drago, come tempo prima aveva fatto con l'Ogre sulla torre di Ishal, il pugnale stretto in mano. Si fece strada verso la testa della creatura, che si scuoteva furiosamente per togliersela di dosso, paralizzata a terra da una delle rune di Geralt. La Custode si issò faticosamente fino alla base del collo, sollevando il pugnale e conficcandolo con un balzo alla base della testa. Sentì le squame cedere, il ruggito del drago che riempì l'aria.

Sorrise, trionfante.

Una scossa più forte delle altre la sbalzò lontano. Atterrò sul terreno ghiacciato con uno schiocco sinistro. Rotolò di lato, mettendo a fuoco il proprio braccio sinistro, che restava inerte nonostante cercasse di muoverlo. Facendo leva sul destro, cercò di rimettersi in piedi, ma crollò nuovamente a terra subito dopo, le gambe malferme, la nausea che la attanagliava.

Sten era a terra poco distante da lei. Falon, uggiolando, zoppicava nella sua direzione, ferito ad una delle zampe posteriori, la pelliccia impregnata di sangue e neve cremisi. Leliana, Wynne e Geralt erano gli ultimi rimasti in piedi. La maga era china su Kallian, ma doveva aver esaurito il mana.

Leliana, recuperato l'arco, teneva a distanza il drago, aiutata da Geralt.

Il mago, esausto, lasciò cadere a terra il proprio bastone magico, dopo aver lanciato una nuova runa di paralisi sul mostro. Mosse le labbra, dicendo qualcosa che l'elfa non riuscì a capire.

Lo vide estrarre un pugnale dalle vesti, per poi affondarlo nel palmo della propria mano.

Un'aura sanguigna avvolse la sua figura, mentre innumerevoli tentacoli bruni si propagavano attorno a lui, andando in direzione di Wynne.

Atterrita, Aenor non poté far altro che guardare la maga venire trafitta e crollare a terra.

“Magia del sangue.”











Nota dell'Autrice: e con questo, scopro una delle mie carte, lasciandovi con un cliffhanger (o almeno, ci provo). 
Come sempre, ogni commento è ben accetto. Al prossimo capitolo! :D

  
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