Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: ___Page    28/01/2018    2 recensioni
«Iva tu… non l’hai già acquistata vero?» chiedo in un soffio e un angolo della sua bocca si contrae in un tic.
«A chili» conferma.
«Se non dovessimo trovare un’utilità per questo prodotto, il danno ammonterebbe a una cifra considerevole.»
«Ci serve più tempo!»
«Non lo abbiamo. Ci serve che la questione si riveli un affare entro Settembre o qualcuno del consiglio potrebbe… contrariarsi, diciamo. E la presentazione è programmata per Luglio. E deve essere l’affare dell’anno.»
***
Grazie alla geniale trovata di Iva ora mi ritrovo con il mio migliore amico che si sposa tra sei settimane, Sabo da gestire, un matrimonio da aiutare a organizzare e un progetto assurdo, impossibile, irrealizzabile dal cui successo dipende il futuro lavorativo mio, dei miei due collaboratori/amici, di un’altra buona fetta di colleghi e del mio capo.
Fantastico! Sono al settimo cielo!
***
«Ehi non mi piace che si usi quel termine per me!» protesta.
«Cosa?! Mestruato?!» domando con sfida, ma lui scuote la testa «Irritante?» riprovo, sollevando le sopracciglia, ma lui nega di nuovo «Gay?!» chiedo ancora. Incredula, lo guardo annuire solenne.
«Precisamente.»
No, io non ce la posso fare.
«Izo tu sei gay!!!»
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Koala, Nami, Nefertari Bibi, Trafalgar Law, Usop | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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«Beh sicuramente è quello che definirei… affollato» commenta Koala, gli occhi fissi sul viavai di gente che riempie il Baratie.  
Ammetto che nemmeno io mi aspettavo così tanti invitati ma a pensarci bene non c’è poi tanto da stupirsi. Cobra è una figura di spicco ad Alabasta e comunque io non avrei il minimo problema a sposarmi davanti a così tante persone. Se solo tutta questa folla non mi rendesse così difficile individuare in fretta Rufy o Zoro.
Il sospiro di Bibi mi distrae dalla mia ricerca e mi giro subito verso di lei, contemporaneamente a Koala. «Io dovrei parlare con tutti stasera» mormora, sconsolata.
Incrocio lo sguardo con Koala, che sta sicuramente pensando ciò che sto pensando io, ed entrambe  posiamo una mano su ciascuna delle sue spalle. «È logisticamente impossibile» diciamo all’unisono e io stringo appena prima di aggiungere: «Ma per qualsiasi cosa tu facci un cenno e noi accorreremo in tuo aiuto. E per un prezzo davvero str… Ouch!» il pizzico al fianco mi impedisce di finire la frase. Lancio a Koala un’occhiata assassina, non tanto per avermi interrotta quanto per la forza che ci ha messo, ma lei si limita a sollevare le sopracciglia e poi si concentra di nuovo su Bibi.   
 «Hai una ciocca fuori posto» la avvisa mentre allunga una mano per sistemargliela dietro l’orecchio.
Bibi rimane immobile finché non ha finito e poi prende un bel respiro. «Grazie ragazze. Ora devo proprio andare» ci informa, con un sorriso grato che ricambio, insieme a un incoraggiante cenno del capo.
Mi fa piacere aiutarla, ci tengo che sia a suo agio, ma anche io ho le mie faccende a cui pensare.
«Anche io devo trovare Zoro» lo dico ad alta voce, prima di riuscire a fermarmi e subito trattengo il fiato.
“O Rufy”! Presto Nami, aggiungi “O Rufy o chiunque altro. Insomma devo trovare qualcuno”! Se non lo fai, Koala e Usopp ricominceranno a farti una testa così riguardo i tuoi sentimenti e l’importanza di essere onesta al riguardo!
Da che pulpito poi…
Ma niente, dalla mia bocca non esce niente perché sono troppo impegnata a trattenere il fiato e controllare se per caso, magari, il mio karma è intervenuto e Koala non mi ha sentito ma la fatica che fa a trattenere un ghigno è una risposta più che sufficiente.
Per fortuna, Koala è una splendida amica e, con mio sommo sollievo, cambia repentinamente argomento. 
«Beh allora qui le nostre strade si dividono» annuncia solenne, spingendo il petto in fuori. «Qualunque cosa accada, è stato un onore servire con voi».
Bibi sbuffa una mezza risata e io scuoto il capo divertita. Se non altro lei sa come smorzare la tensione.
Restiamo ancora un attimo sul limitare della sala prima di muoverci tutte e tre insieme e salutarci a vicenda con un simultaneo: «Ci vediamo dopo» ognuna diretta in una direzione diversa.
Per quando raggiungo più o meno la metà della sala, quattro camerieri diversi mi hanno già offerto dello cahmpagne, e non solo perché è il loro lavoro. Nonostante la situazione di pseudo-emergenza, una parte remota del mio cervello si compiace del fascino che emano anche con indosso un abito che con il mio stile centra poco e un’altra ancora, più pratica e lucida, mi fa notare che chiedere a uno di quei camerieri dove fosse Silk sarebbe potuto essere utile ma purtroppo le do ascolto troppo tardi, troppo concentrata a scovare il viso di qualcuno che possa aiutarmi in questa spinosa e delicata questione.
«Che succede, mocciosa? Ti sei persa?»
Ora, vedete, è piuttosto difficile descrivere cosa succede al mio corpo quando percepisco la sua voce così vicina. Il cuore acellera a mille, un’ondata di euforia mi fa rabbrividire dalla testa ai piedi ma corpo e bocca si muovono da soli, risposta di un condizionamento che è ormai intrinseco in me.
Anche se sono estatica all’idea di vederlo, è più forte di me. Devo ribattere, devo avere l’ultima parola.
«Scusa chi è che si sarebbe perso?» lo provoco mentre mi volto verso di lui. Perché è così che funziona tra noi. È così che ha sempre funzionato. «Scommetto che tu stavi cercando di uscire in giardino»
È così che voglio che continui a essere.  
Zoro si stringe nelle spalle, le braccia al petto. «Non sapevo che Zeff avesse apportato delle modifiche al ristorante»
«Che modifiche?» domando, perplessa.
«Beh la porta per l’esterno che non è più al suo posto» spiega come se fosse ovvio e poco ci manca che la mandibola mi cada a terra. Lancio una rapida occhiata al numero di finestre della veranda completamente spalancate sul giardino e sospiro un “Oh Zoro”, mentre mi passo una mano tra i capelli.
È un’autentica causa persa. Vorrei sapere perché ancora me ne stupisco, oltretutto. «È un vero miracolo che tu sia sopravvissuto per tre anni senza di me» aggiungo senza pensare e mi irrigidisco non appena le parole lasciano la mia bocca. Mi giro di nuovo verso di lui, agitata. «Cioè… intendo dire che… che… che hai da sorridere così?» indago quasi a disagio quando mi accorgo che mi sta squadrando da capo a piedi. Se non altro non sembra aver sentito la mia ultima osservazione e sarei anche sollevata se solo non fossi del tutto incapace di leggere la sua attuale espressione.
Non riesco a decodificarla e questo mi manda in confusione perché non è mai stato per me un problema capire esattamente cosa gli passa per la testa solo guardandolo in faccia. Se non che quel sorriso mi è del tutto nuovo. Non è il suo ghigno sfacciato, non è la risata piena di quando qualcosa lo fa divertire, non è nemmeno la smorfia sghemba di quando vuole darsi un tono perché lui non è un moccioso ma in realtà vorrebbe unirsi a Rufy e Chopper nelle loro bambinate.
È qualcosa che non ricordo di avere mai visto. O forse sì? Tanto tempo fa…
«Ti sta bene quel colore» sussurra, il tono quasi impercettibile eppure, nonostante il chiasso intorno a noi, io lo sento forte e chiaro. Abbasso gli occhi sulla stoffa verde menta del “mio” abito stile impero. È singolare come, su Bibi, apparisse molto più azzurro mentre su di me il pigmento verde emerge con decisione. L’ho notato prima in bagno e non so assolutamente perché ci sto pensando ora. «Cioè ti sta bene tutto del vestito ma il colore in particolare» chiarisce e per allora io ho più o meno ritrovato il mio autocontrollo.
O comunque abbastanza per rispondere senza far trasparire il fatto che forse sto avendo un attacco cardiaco.
«Quando imparerai che a me sta bene tutto?» gli domando, portando le mani sui fianchi.
Ma anziché darmi della mocciosa vanitosa e viziata come mi sarei aspettata da lui, Zoro continua a sorridere e piega appena il capo in un gesto che pare quasi di scusa, lasciandomi davvero senza parole. «Pardon, mademoiselle»
Sento le labbra dividersi in una smorfia di autentica incredulità. Francese?! Zoro ha appena parlato in francese?! E io sto letteralmente sfavillando, come se fossi fatta di acetato.
«P-Perché… perché volevi uscire in giardino? Cercavi qualcuno?»
Appena finisco di chiederlo maledico mentalmente la mia lingua, che stasera non sembra per niente propensa ad aspettare un qualche input cerebrale prima di agire. Perché appena finiso di chiederlo mi rendo conto che la risposta più probabile è “sì” e che il qualcuno più ovvio sia, arrivati ormai a questo punto, Kuina.
“Arriva tra pochi giorni” così aveva detto ad Usopp.
E infatti Zoro annuisce immediatamente e il cuore mi sprofonda giù, si accartoccia sullo stomaco e forma un unico ammasso pesante che mi si deposita sul diaframma, complicandomi la respirazione.
So che è immaturo e negare l’evidenza non cambia la realtà ma, santo cielo, quanto avrei preferito non saperlo. O almeno non sentirmelo dire da lui o…
«Cercavo Rufy. A quanto pare Silk lavora qui stasera e volevo tenerlo d’occhio prima che prenda una batosta»
Sgrano gli occhi. Il sollievo dura solo una frazione di secondo, il tempo di metabolizzare la nuova informazione e rendermi conto che tutto girava intorno a questa precisa questione e che sono riuscita a dimenticarmene completamente nel giro di tre minuti scarsi.
«Era esattamente lo stesso motivo per cui ti stavo cercando!» esclamo, ancora una volta senza pensare.
Dannazione, Nami!
Il sorriso-mai-visto si storta in un ghigno un po’ troppo compiaciuto per i miei gusti. «Cercavi me?» si informa, tronfio, gli occhi che quasi luccicano.
«O Rufy» minimizzo subito con una scrollata di spalle. «Ho… ho solo pensato che tu più di tutti potevi sapere dove trovarlo»
«Ma come? Io non dovrei essere quello disorientato?» continua a provocarmi e, se non lo conoscessi così bene, se non sapessi che è la persona più leale del mondo, potrei giurare che lo stia facendo di proposito e anche che la distanza tra noi si stia accorciando a vista d’occhio.
«Lo sei» rispondo, meno decisa di quanto mi piacerebbe. «Ma non per questo hai problemi a riconoscere le facce come Chopper»
«Mi spiace deluderti ma nemmeno io so dove trovarlo. Stavo cercando mia sorella quando Sanji è venuto ad avvisarmi. A proposito, tu l’hai vista?»
Arcuo le sopracciglia e mi impongo di non lanciare un’occhiata verso il corridoio che porta alla toilette, dove non oso nemmeno immaginare cosa Perona e Ace stiano al momento facendo e che non è il caso che Zoro scopra. «No. Nessuna idea di dove sia. Ma tornando a Rufy…»
«Giusto. Insomma volevo uscire per cercarlo e tenerlo d’occhio ma poi mi sono reso conto che non aveva senso. Prima o poi la incontrerà e l’unica cosa che possiamo fare noi è aiutarlo se dovesse avere bisogno, stargli vicino e supportarlo. E così ho lasciato perdere Rufy e mi sono messo a cercare te. Per fortuna è difficile non vederti, anche in mezzo a una folla»
Per un attimo tutto quello che riesco a fare è sbattere le palpebre, interdetta.
«Cercavi… cercavi me?» gli chiedo. Perché ho bisogno di capire. Devo capire se… s-se quando parlava al plurale intendeva tutto il gruppo e ha cercato me solo perché sono più appariscente o se… forse… se intendeva precisamente noi due.
«Beh sì, ovviamente. Siamo sempre stati noi» e nel dirlo, a scanso di equivoci, indica me e se stesso. «Il surrogato dei suoi genitori. Come ai vecchi tempi»
Il cervello mi va in blackout. Parlava davvero di noi. Di me e lui e tutto… tutto questo è… n-non può essere sano, io… perché mai ora sto sorridendo? E uno di quei sorrisi ebeti e trasognati, ne sono sicura anche se non mi vedo. Ne sono sicura perché è così che mi sento.
«Ehi mocciosa, cos’è quell’espressione?» ghigna lui. 
Scuoto appena il capo, fingendo di non capire, una bolla calda che si gonfia nel mio petto. «Quale espressione?»  
«Quell’espressione di… Merda»
Che ha detto?!
Mi risveglio bruscamente e se si salva dal cazzotto è solo perché la sensazione di vaga confusione mi ha rallentato i sensi quel tanto che bastava per rendermi conto che non sta guardando me, prima di soccombere ai miei istinti primari e aggredirlo brutalmente.
Mi volto di scatto per scoprire cosa lo ha tanto colpito e, a costo di apparire scontata, impreco a mia volta quando individuo Rufy in procinto di raggiungere la cameriera bionda che porta il vassoio delle tartine. Lui è chiaramente in cerca di cibo. Lei è chiaramente Silk. E, chiaramente, Rufy non l’ha riconosciuta.
Zoro mi prende deciso per mano e mi ritrovo catapultata in mezzo alla folla, costretta a zigzagare per non scontrarmi con nessuno. Inciampo nei miei stessi piedi quando vira di colpo e finirei faccia a terra se non si girasse prontamente per afferrarmi al volo per la vita. Mi schianto sul suo petto e per un attimo mi sento sopraffatta dalla tentazione di restare così per sempre. Almeno finché non mi accorgo che siamo quasi alla vetrata che da sul giardino, ovvero dalla parte diametralmente opposta rispetto a Rufy e Silk.
«Oh Zoro!» esclamo, stavolta esasperata.
La mano ancora saldamente intrecciata alla sua, prendo in mano le redini della situazione e mi rimetto a camminare verso il centro della sala, scartando tra due gruppi di poltroncine, dove mi sembra di intravedere Koala, Law, Robin, Sabo e Bibi, per poi arrestarmi di botto a pochi passi dal tavolo su cui Rufy sta appoggiando con cura il vassoio fino a poco fa nelle mani di Silk, senza intascarsi nemmeno una tartina. Anzi, non appena è sicuro di averlo posato senza fare danni, non le degna più nemmeno di uno sguardo, gli occhi solo per Silk che lo fissa a bocca aperta.
E come biasimarla?! Io sto seriamente dubitando della mia sanità mentale a questo punto!
«Zoro dammi un pizzicotto!» gli ordino con urgenza.
«Non hai le allucinazioni, lo vedo anche io» si affretta a mormora prima di zittirsi per riuscire a captare la loro conversazione senza dover oltrepassare la distanza di sicurezza. A malapena stiamo respirando.
«Allora come stai?» le chiede Rufy, cacciando a fondo le mani nelle tasche, palesemente in imbarazzo anche se nemmeno lui sa di essere in imbarazzo.
Silk tentenna e balbetta, si passa una mano sulla fronte e si guarda intorno, probabilmente per controllare che nessuno la veda con le mani in mano e la riprenda ma c’è poco da fare. Resiste solo una frazione di secondo prima che i suoi occhi convergano di nuovo su Rufy, come il ferro con il magnete. «Bene, cioè io… sai faccio la… la solita vita. Casa, università, aula studio. Ma sto… sto bene» ripete e annuisce con vigore. Sento il cuore creparsi. Non faccio la minima fatica a leggere il suo linguaggio del corpo, a riconoscere quello sguardo.
Non sta bene, non sta affatto bene e non perché sia a disagio per questo incontro inatteso. Semmai questa è la cosa migliore che le sia capitato dall’anno scorso, quando hanno rotto. Non sta bene, da un anno a questa parte Silk non sta affatto bene ma ci convive. È diventata brava a conviverci ma rivederlo le ha ricordato tutto quello che ha perso e le manca.
E la cosa peggiore è che se l’è voluto lei.
«Ti trovo in forma» commenta Rufy, avvicinandosi di un passo, con un che di audace, maturo, virile quasi. C’è un qualcosa nel suo modo di fare che mi ricorda qualcuno. Così come nella reazione di Silk che sobbalza appena e vorrebbe forse indietreggiare ma non ci riesce.
È come se avessi già assistito a questa scena.
«Anche… anche tu stai bene» mormora e non so se Rufy l’ha nemmeno sentita. È intento a squadrarla e Silk trattiene il fiato quando se ne accorge.
«Hai scurito i capelli?»
Silk sgrana gli occhi, forse perché non si aspettava che Rufy notasse un dettaglio del genere, forse perché le sembra assurdo parlare di questo in un momento così. In entrambi i casi non posso darle torto ma questo non fa che rendere tutto ancora più famigliare.
Senti i pezzi che nella mia testa vanno lentamente a posto e osservo immobile Silk arrotolarsi una ciocca bionda intorno al dito. «Un… Un pochino, sì» conferma.
Il cuore mi si ferma. Io ho già assistito a questa scena. Anzi, l’ho vissuta, a Goa, qualche settimana fa.
Con Zoro.
Io e Zoro abbiamo avuto la stessa conversazione  che solo ora mi rendo conto essere “La Conversazione”. La conversazione imbarazzante eppure anelata da due persone che si sono lasciate e si rivedono dopo tanto e tempo e ancora… ancora…
No, non è possibile. Lui non… Eppure…
«Zoro…» mi giro verso di lui, il fiato sospeso.
Devo dirglielo. Devo dirglielo ora, prima che lei arrivi.
Oddio ma che sto facendo?! Non posso, è una follia!  
Eppure lui… si è comportato esattamente come Rufy, lui…
«Nami? Qualcosa non va?» mi chiede, preoccupato. Mi guarda fisso, Rufy e Silk l’ultimo dei suoi pensieri.
«Zoro, io…»
«R-Rufy, io…»
«Prego signori, prendete posto ai tavoli!» la voce di Tamago ci investe come uno tsunami, riportando sia me che Silk alla ragione appena in tempo.
Cosa stavo per fare?! Devo essere uscita di senno!  
A una parte del mio cervello – non so più quale, perché già così le voci nella mia testa sono più di due – non sfugge come Rufy scosti dal viso di Silk la ciocca bionda che un attimo fa si stava torturando, mentre sorride esattamente come Ace quando guarda Perona, o pensa a lei o dice qualcosa su di lei. «Ci vediamo dopo» la saluta, prima di lanciarsi verso le lunghe tavolate apparecchiate. «Cibooooooo!»
Silk continua a fissare il punto in cui la polvere a mezz’aria ha ancora la sagoma di Rufy, esterrefatta almeno quanto me. Sto valutando di avvicinarmi per riscuoterla prima che si becchi una strigliata per starsene con le mani in mano quando sono io che mi ritrovo una mano in mano. Appena il suo palmo tocca il mio mi sento come un cerino che viene sfregato sulla carta ruvida.
Lancio un’occhiata interrogativa alle nostre mani intrecciate e poi a lui. «Beh direi che la nostra presenza non è più richiesta» si stringe nelle spalle. «Andiamo?» mi chiede quasi il permesso e, per tutta risposta, io gli sorrido ebete.
E non riesco a smettere. Non riesco a smettere di sorridere mentre ci spostiamo con il resto degli invitati verso le tavole imperiali, apparecchiate con cura e raffinattezza. Non riesco a smettere di sorridere mentre prendo posto tra Zoro e Izou, di fronte a Marco, che non degno nemmeno di un’occhiata, me ne rendo conto.
Il che è ridicolo, assolutamente ridicolo. Ma non riesco a smettere e non so quanto tempo è passato – sicuramente più di quello che credo –, non so come e quand’è che mi ritrovo con un calice di vino bianco in mano, del cibo succulento nel piatto, ad ascoltare la conversazione dei miei amici, senza riuscire davvero a staccare gli occhi da Zoro. Riesco a distogliere lo sguardo da lui solo per pochi secondi, per cercare Rufy e constatare che sembra sereno e ride non so per cosa insieme a Sabo, Ace e Law. Ci riesco per lanciare un’occhiata a mio fratello, in realtà sorpresa dalla domanda che Brook gli pone, ma poi, come se la mia testa fosse caricata a molla, torno di nuovo su Zoro, sul suo profilo, sul suo ghigno, come se avessi bisogno di accertarmi che è davvero qui, accanto a me e ogni volta sento il sorriso cementarsi sempre più sul mio volto.
Non riesco davvero a smettere.
«E allora Chopper, com’è andato l’appuntamento con la dolce infermiera? Sei riuscito a scoprire il colore delle sue mutandine?!»
Non sapevo nemmeno che alla fine ci fosse uscito ma mi limito ad appoggiare la guancia alla mano e ascoltare, per quanto la mia attenzione lo permetta. Sono solo felice per lui, in fondo. E poi da questa posizione posso fissare Zoro quanto voglio senza farmi beccare.   
 «Brook!» lo ammonisce Chopper, indignato ma le gote gli si arrossano. «E comunque si chiama Shirahoshi»
«Suuuuuuper!!! Avremo presto una nuova sorella nel gruppo!»si esalta Franky. «Torciglio-bro, hai sentito?!» si rivolge a Sanji che sta chiacchierando amabilmente con Monet.
Ma Sanji che chiacchiera con Monet – ed è seduto fin troppo lontano da Usopp, cosa diavolo sta facendo?! – diventa l’ultimo dei miei problemi quando Zoro appoggia una gomito allo schienale e si svacca sulla sedia, la cravatta allentata, le maniche arrotolate, la giacca non so dove. Santo cielo, è un attentato agli ormoni questo!
Dovrebbe essere illegale!
«Allora, alla fine chi ha fatto il primo passo?» si informa con mio fratello e percepisco solo vagamente che la sua voce trapela di orgoglio, dopodichè smetto di ascoltare qualsiasi cosa.
Sono troppo concentrata a ridisegnare con gli occhi il suo profilo, la mascella squadrata, i tre orecchini che tintinnano proprio all’angolo della mandibola, il suo sorriso, i suoi capelli, che vorrei disperatamente riavviare con le mie mani, e tutta la sicurezza, la lealtà e il calore che lui e lui soltanto riesce a trasmettere con un unico sguardo.
La promessa mai espressa a parole di essere il tuo sostegno, la tua spalla, le braccia tra cui rifugiarti e il respiro in cui addormentarti, qualsiasi cosa accada, per il resto dei tuoi giorni. Questo è Zoro. Il mio Zoro.
«Vorrei fare un brindisi alla rossa per la sua immaginazione»
È solo perché sta parlando di me che percepiso la voce di Izou, anche se quello che dice non ha alcu senso. Ha talmente poco senso che riesce a distogliermi da Zoro, anche se per poco. Mi volto verso di lui e lo trovo che mi fissa insieme a Usopp, che sembra sul punto di saltare via dalla sedia.
«Avete detto qualcosa?» domando, ascoltando con l’altro orecchio un commento di Zoro rivolto a Chopper. Registro molto vagamente Usopp che si acciglia, lui e Izou che si scambiano un’occhiata e poi rispondo all’unisono con un perplesso: «No»
Mi stringo nelle spalle e mi volto di nuovo. Chopper ora è rosso come un’aragosta e non faccio fatica a immaginare il motivo. Chissà questa manica di deficienti cosa gli starà raccontando sulla prima volta che ci sono andati loro al cinema con una ragazza.
«…a raccogliere i pop-corn che erano caduti per riuscire a vedere il colore delle sue mutandine, solo per ricordarmi troppo tardi che la sala era totalmente al buio! Yohohohoh-oh!» ride sguaiatamente Brook e mio fratello sbatte le palpebre un paio di volte, visibilmente preoccupato.
«Sul serio, Brook. Penso che dovresti vedere uno specialista»
«Ehi! Nami-swan!»
Sanji mi chiama in un sussurro, sporgendosi dietro la schiena di Zoro e verso di me. Incuriosita, mi piego verso di lui. Intravedo Zoro che segue il mio movimento con la coda dell’occhio ma è altamente probabile che sia solo una mia impressione. Poso una mano sullo schienale della sedia di Zoro per potermi allungare ulteriormente. «Sanji-kun» lo invito a parlare, imitando il suo tono basso e confidenziale.
«Sai dov’è finito Usopp?»
Sorpresa, lancio una rapida occhiata oltre la mia spalla, verso la sedia del mio migliore amico, ora vuota.
Strano. Era lì fino a un attimo fa.
«Non ne ho idea» scuoto il capo, tornando a fissare Sanji. «Magari è solo andato a prendere una boccata d’aria. Non siamo neanche al primo e ho già visto parecchie bottiglie vuote» argomento, con il preciso intento di rassicurarlo anche se lo nascondo molto bene.
D’altra parte, è stata una sua decisione sedersi lontano da lui ma non riesco più, nemmeno interiormente, a schierarmi come un tempo, non dopo quello che mi ha confessato al bowling. Non quando non faccio che trovare prove su prove che io e lui siamo esattamente uguali.
Per l’ennesima volta stasera mi domando cosa sto facendo. Della mia vita, del mio lavoro, del mio cuore. Non credo di essere mai stata un casino tale come lo sono in questo momento.
«Ne sono certo» Sanji mi sorride grato, riconoscendo senza fatica le mie reali intenzioni. «Ma sarebbe meglio se andassi a cercarlo. Le cose sono parecchio tese qui tra Baby-chwan e sua madre e penso sia necessario il suo intervento per calmare quel meraviglioso angelo con la pistola»
Sgrano gli occhi incredula. «Sanji!» lo amonisco con stupore. Perché si deve tirare la zappa sui piedi?
«Lo faccio per Bibi-chwan e Law, Nami-swan. Rischia di scoppiare una bomba. E se fossi tu in difficoltà e io fossi l’unico a poter intervenire, vorrei che Usopp me lo dicesse» argomenta convinto.
Ha ragione, so che ne ha da vendere, ma è più forte di me, provo lo stesso a cercare di che ribattere. Stringo le labbra testarda, non ancora persuasa a cedere. È della felicità dei miei amici che si sta parlando.
«Ehi ragazzi tutto bene?» domanda Zoro, lanciando un’occhiata verso di me, da sopra la spalla, senza girarsi platealmente, di sicuro per evitare di attirare l’attenzione degli altri.
«Stiamo cercando di capire che fine ha fatto Usopp» gli spiega Sanji, sotterrando una volta tanto l’ascia di guerra, di fronte alla necessità di risolvere in fretta la quesionte urgente.
«L’ho intravisto andare verso le cucine» indica con il pollice alle noste spalle.
«Le cucine?!» si stranisce Sanji.
«Beh magari è meglio se vai a chiamarlo tu allora» gli faccio subito presente e Sanji sbianca.
«Non so se è il caso…» comincia.
«Rimango io qui a controllare Baby» insisto ma Sanji è chiaramente terrorizzato e io comincio a capire. Socchiudo gli occhi indagatrice. «Non avrai fatto il cretino con le cameriere?» domando, in allerta.
«Beh, ecco…»
Chiudo le dita a pugno, qualsiasi sentimento di tenerezza, compassione o empatia che fosse sparito. E poi succede. 
«E a me non interessa! Non mi interessa se è poco femminile, non mi interessa! Hai capito?!?»
Io e Sanji saltiamo su come due petardi mentre tutti i presenti alla nostra tavola si voltano verso Baby, così come anche qualcuno dei commensali della tavola di fronte alla nostra.
È come l’esplosione di una bomba e, come due artificieri che non sono intervenuti in tempo, io e Sanji osserviamo immobili e impotenti le macerie della dignità di Bibi precipitare in ogni direzione quando la pazienza di Baby salta in aria.
«Io mangio i gamberi con le mani, bevo dal cartone del latte e sì, mamma, sì! Quello che hai intravisto una volta sul mio inguine è un tatuaggio!!! E per tua norma e regola, io canto e suono in una band che fa rock, fumo i sigari, bevo birra e non la faccio profumata, esattamente come non la fai tu! E io e Monet non siamo semplicemente coinquiline! Stiamo insieme, io la amo e tu puoi prendere le tue beneamate apparenze e infilartele su per le tue chiappe siliconate! Io ne ho abbastanza!!!»
Il silenzio è tombale e non penso di sbagliarmi quando ipotizzo che nessuno parla perché tutti stiamo cercando di capire se è successo davvero. Ma sono piuttosto certa che sia successo davvero e Monet non tarda a confermarlo quando si alza in piedi, scosta i capelli dal volto di Baby, le dice qualcosa che non riusciamo a capire e la bacia con disperazione.
Nonostante sia mortificata per Bibi, un piacevole calore mi pervade, misto a qualcosa che mi azzarderei a chiamare invidia. Ma il momento è troppo bello e romantico per provare un sentimento negativo di qualunque genere. È semplicemente perf…
«Sì! Viva l’amore libero!!! Basta con le recite, anche io non voglio più nascondermi! Voglio che tutti sappiano che il mio grande e unico amore è Marco-chan!»
Mi pietrifico, inorridita. Il sangue mi si gela nelle vene e il mio soggiorno nella terra delle fiabe finisce bruscamente mentre un intenso e pulsante bisogna di uccidere mi si insinua nelle viscere, misto a panico. Puro panico.
Non l’ha fatto sul serio, vero?!
Lo sguardo scioccato di Zoro, che incrocio a occhi più che sgranati, infrange le mie speranze. Kami, lo ha detto davvero!
Sono così sconvolta che non riesco nemmeno a girarmi quando Koala scosta rumorosamente la sedia dal tavolo, dopo un altro attimo di totale silenzio e gelo.
«Con permesso, credo di dover andare alla toilette»   
 
  
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