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Autore: heliodor    28/01/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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 I Custodi

"Non dovevate venire qui" disse una delle figure. Era una ragazza dagli occhi chiari e i capelli biondi raccolti in una vistosa treccia. Indossava abiti di foggia grossolana verdi e marroni e aveva foglie rampicanti legate o cucite sul vestito.
Anche le altre due figure, un ragazzo e un uomo sui quarant'anni, vestivano allo stesso modo.
L'uomo in particolare avevo lo sguardo duro e severo mentre le osservava.
Joyce si strinse a Leyra e serrò i pugni.
"Niente stregoneria qui" disse l'uomo con voce profonda. "O vi giuro sulla madre che vi ucciderò io stesso."
Leyra fece un cenno a Joyce. "Sta tranquilla, non ci faranno niente."
"Chi sono?"
"Noi siamo i custodi" disse l'uomo. "E voi siete dove non dovreste essere."
"Io ti conosco" disse Leyra.
L'uomo la fissò con sguardo truce. "Tu non sai niente, ragazzina."
"Io so di te" disse lei. "Arwel mi ha detto che ti chiami Galadiel. Tutti gli anziani parlano di voi, ogni tanto."
"Se sai il mio nome" disse l'uomo. "Allora sai anche cosa ne penso e come trattiamo quelli che sconfinano."
"Non volevamo entrare nel vostro territorio" disse Leyra. "Non ce ne siamo nemmeno resi conto. Stavamo scappando."
"Lo spiegherete al circolo quando ci arriveremo."
"Dobbiamo andare all'avamposto" disse Joyce.
Galadiel le rivolse un'occhiata truce. "Kodva, quando ti darò l'ordine di parlare, lo farai. Fino quel momento devi rimanere in silenzio in mia presenza."
"Ma..."
Galadiel alzò una mano. Dal suo palmo aperto scaturì un singolo fulmine, una saetta di luce ed energia che fece crepitare l'aria come una frusta e l'avvolse per un istante.
Joyce si sentì percorrere dall'energia e gridò per il dolore e la sorpresa. Tutti i suoi muscoli si contrassero in uno spasmo doloroso e lei fu costretta a inginocchiarsi.
Leyra scattò in avanti, frapponendosi tra lei e Galadiel. "Non c'era bisogno di ferirla."
"Se avessi voluto farle del male l'avrei fatto" disse Galadiel con tono gelido. "Ora aiutala a rialzarsi e andiamocene di qui. Se apre di nuovo la bocca in mia presenza punirò tutte e due."
Leyra l'aiutò ad alzarsi. Joyce si sentiva ancora frastornata e sorpresa per quell'attacco improvviso e immotivato.
Sentì la rabbia e il risentimento montare dentro di lei, insieme al desiderio di scagliare due dardi nella schiena di Galadiel.
Ma a cosa sarebbe servito?
Gli altri due si erano piazzati alle loro spalle e a una sola mossa azzardata sarebbe stata lei ad assaggiare qualche incantesimo.
"Come ti senti?" le chiese Leyra.
"Ferita" rispose Joyce.
"Andiamo" disse la ragazza che si era piazzata alle loro spalle.
Fuori dalla caverna il sole era alto sopra gli alberi.
"Ma chi sono?" chiese Joyce a bassa voce.
"Custodi" rispose Leyra.
"Sono alfar come te?"
Lei annuì. "Ma ubbidiscono a un codice molto severo. Vivono nella parte più profonda e inesplorata della foresta, vicino al santuario della madre."
"La madre?"
"È così che chiamano Lotayne. Loro difendono il suo santuario dagli intrusi."
"Ma noi siamo con loro."
"Anche noi siamo degli intrusi ai loro occhi. Questo è il loro territorio" aggiunse guardandosi attorno. "Purtroppo l'altra notte ero troppo spaventata e distratta per rendermene conto o non vi avrei portati qui."
"Che ci faranno?"
"Non lo so. Gli anziani non si fidano molto di loro e non corre buon sangue."
"Smettetela di parlare voi due" disse Galadiel minaccioso.
Procedendo in silenzio attraversarono quel tratto di foresta. Ogni tanto Galadiel si fermava ed esaminava il terreno circostante, quindi tornava indietro e si rimettevano in marcia in una direzione diversa.
Ci vollero quasi tre ore per raggiungere l'avamposto dei custodi, un cerchio di alberi dal fusto molto ampio e alti decine di metri.
"Sono alberi-torre" sussurrò Leyra.
Gli alberi-torre formavano uno spiazzo circolare e sotto a ognuno di essi c'era una tenda sorretta da pali di legno e coperta di pelli. Una tenda più grande sorgeva al centro dell'ampio spiazzo ricoperto di erba.
Vennero accolti da una trentina di uomini e donne di ogni età. C'erano ragazzi che potevano avere l'età di Joyce e un paio di anziani dalla pelle grinzosa e i capelli bianchi.
In otto sedevano nei pressi della tenda più grande, su panche di legno ricavate da tronchi segati a metà.
Ognuno di essi indossava una tunica scura lunga fino alle ginocchia e portava i capelli sciolti e fluenti, mentre tutti gli altri li avevano legati in trecce o code elaborate.
Leyra e Joyce vennero portate al cospetto degli otto.
"Io vi saluto" disse Galadiel avanzando di un passo.
La più anziana degli otto, una donna dai capelli lunghi e chiari e la pelle tirata sulle ossa come pergamena, chinò la testa in modo appena percettibile. "E noi salutiamo te, Galadiel. Che cosa ci hai portato?"
"Intrusi" disse l'uomo con tono sbrigativo. "Si nascondevano in una grotta."
"Altri gana che giocavano dove non dovevano?" chiese divertito un uomo sui quarant'anni, le folta sopracciglia che gli nascondevano gli occhi.
Galadiel fece una smorfia. "Ve lo diranno loro cosa ci facevano nella zona proibita. Ero certo che avreste voluto ascoltare la storia direttamente da loro."
"E così le hai portate qui" disse l'anziana.
"Cosa dovevo fare, lasciarle dov'erano?"
L'anziana sospirò. "Sarebbe stata la soluzione più saggia. Ma da tempo ho smesso di aspettarmi saggezza da parte tua, Galadiel."
L'uomo non dovette notare il tono di rimprovero nella voce dell'anziana o non le diede peso. "Ho agito come abbiamo stabilito di fare in questi casi. Se vuoi posso riportarle sul sentiero e abbandonarle lì."
"Prima voglio ascoltarle" disse l'anziana. Si rivolse  Joyce e Leyra. "Io mi chiamo Maera. E voi?"
"Io sono Leyra, dell'avamposto della Quercia. E lei è..."
"Sibyl" disse. "Vengo dal grande continente, una terra che si trova al di là del mare."
"Lo sappiamo dov'è il grande continente" disse Galadiel. "Non siamo dei selvaggi ignoranti come voi kodva pensate."
Joyce respirò a fondo e represse la rabbia. "Stavo solo spiegando..."
"Rispondi solo alle domande che ti vengono fatte" disse Galadiel con tono sprezzante.
Maera gli rivolse un'occhiataccia. "Vieni da molto lontano, Sibyl. Cosa ti ha spinto fin qui?"
"Devo salvare un mio amico." Più di un amico, forse. Non lo sapeva nemmeno lei con esattezza a quel punto.
"È un intento nobile" disse Maera. "E credi che venendo qui riuscirai a salvarlo?"
"Sì se riesco a uccidere Rancey."
"E chi sarebbe?"
"Uno degli uomini di Malag." A questo punto tanto valeva dire tutta la verità e sperare che l'aiutassero. "È uno stregone pericoloso che ha dichiarato guerra al mio popolo e molti altri."
"Purtroppo sappiamo chi è" disse Maera triste.
Quella era una notizia. "Voi lo conoscete?"
"Non di persona, ma alcune lune fa un suo emissario è venuto da noi" spiegò Maera. "Chiese il nostro supporto per attaccare Nazedir, ma gli spiegammo che siamo contrari alla guerra e alla violenza."
Joyce ripensò a quello che le aveva fatto Galadiel. Non a tutti i tipi di violenza, si disse.
"Lui allora ci chiese di poter esplorare il santuario di Lotayne."
"Perché?" chiese Joyce. Che cosa cercava Malag in quel posto?
"Non ce lo disse, ma noi rifiutammo. Sembrò molto contrariato e se ne andò dopo averci minacciati. Da allora non lo abbiamo più visto."
"Quest'uomo per caso era alto e magro, con le guance scavate e il naso simile al becco di un uccello?" chiese Joyce.
Il viso di Maera si illuminò. "Lo conosci?"
"Era lui" disse Joyce.
"Lui chi?"
"Rancey, l'uomo che sto cercando. È molto pericoloso e non dovete avvicinarvi a lui e nemmeno farvi toccare. Potrebbe maledirvi." Era una sua supposizione, ma era anche la conclusione più logica.
Maera sgranò gli occhi. "È un divinatore?"
Joyce annuì.
"Questo cambia tutto."
"Non cambia niente invece" disse Galadiel. "Dobbiamo procedere col piano come avevamo stabilito."
"Abbiamo nuove informazioni" disse Maera.
"Che non cambiano come stanno le cose" replicò Galadiel. "O forse vuoi credere a una kodva? Lo sai meglio di me che sono dei bugiardi e spergiuri."
Joyce fece per rispondere ma Leyra le strinse il braccio e le fece cenno di no con la testa.
"Peggioreresti solo le cose" disse la ragazza.
Maera sospirò. "In ogni caso, dovremo agire con prudenza. Manda altre pattuglie sul sentiero."
"Sappiamo già tutto quello che ci serve" disse Galadiel a denti stretti. "Stai solo cercando di rimandare l'inevitabile."
"Dobbiamo agire con prudenza."
"Non c'è tempo. Chiedo un voto del circolo. Adesso."
Maera chinò la testa. "Galadiel..."
"Hai forse paura del voto, Maera?" disse lui con aria di sfida.
"E sia" disse l'anziana. "Mettiamola ai voti. Galadiel vuole agire subito. Chi è a favore?"
Cinque mani si alzarono, compresa quella dell'uomo dalle folte sopracciglia.
"Molto bene" disse Galadiel soddisfatto. "Vado a prepararmi. In quanto a voi..." disse rivolgendosi a Leyra e Joyce.
"A loro penseremo noi" disse Maera. "Per ora sono nostre ospiti gradite."
Joyce ormai sapeva cosa significavano quelle parole. Erano un modo dolce e gentile per dire che erano prigioniere.
Le portarono a una tenda vuota e le fecero accomodare su delle stuoie. Un ragazzo dai capelli castani e gli occhi chiari portò loro un vassoio pieno di frutta e verdura. Una ragazza invece portò della carne cotta.
Joyce notò che Leyra osservava la carne con disgusto.
"Non ti piace?" le chiese.
Leyra scosse la testa. "Noi non mangiamo carne. Né uccidiamo animali."
Il ragazzo dai capelli castani fece spallucce. "Quel coniglio è morto di vecchiaia, se proprio ti interessa saperlo. Nemmeno noi uccidiamo gli animali, mabil."
Leyra si accigliò. "Io ti conosco. Ti ho già visto all'avamposto."
Il ragazzo scosse la testa. "Mi confondi con qualcun altro, mabil."
"Tu sei Esper" disse Leyra.
Il ragazzo scrollò le spalle. "Io mi chiamo Thali."
"È il nome che ti sei scelto dopo averci lasciati?"
Thali non rispose. "Ora mangiate. Passerò più tardi a prendere i vassoi."
"Ho incontrato tuo fratello" disse Joyce prima che lui uscisse dalla tenda.
Thali si arrestò sulla soglia, il lembo sollevato con una mano. "Io non ho fratelli, a parte i custodi." Uscì senza voltarsi.
"Era proprio lui?" chiese Joyce a Leyra. "È il fratello di Zefyr. Quello che lui crede morto?"
Leyra annuì. "Lo ricordo bene, quando arrivò all'avamposto tre anni fa. Non si parlò d'altro per intere lune."
Joyce addentò un frutto. "Raccontami tutto. Di tempo ne abbiamo."
"Laise e Guilhin lo trovarono in fin di vita sul sentiero. Era gravemente ferito e non sapevamo se sarebbe sopravvissuto, ma ce la fece. Impiegò settimane per riprendersi e quando fu in grado di rimettersi in piedi, pensammo che sarebbe tornato dalla sua gente. Invece volle rimanere con noi."
Thali tornò un'ora dopo per prendere i vassoi vuoti.
Joyce decise di provare a parlargli. "Non vuoi sapere come sta tuo fratello? Lui ti crede morto."
Thali scrollò le spalle.
"E di tuo padre? Non vuoi sapere che cosa gli è successo?"
Il ragazzo sospirò. "Io non ho un padre." Uscì dalla tenda senza voltarsi.
Joyce sedette sulla stuoia. "Testardo come suo fratello."
"Non pensarci, nidda. Proviamo a riposare."
"E come? Rancey è lì fuori e io sono bloccata qui."
"Devi odiarlo proprio tanto. Che ti ha fatto quell'uomo?"
"Ha fatto del male a una persona a cui tengo molto."
"Ti posso capire. Anche io sono preoccupata per Diroen."
Joyce lo aveva dimenticato del tutto. Il giovane alfar ed Therenduil potevano essere prigionieri di Rancey. O peggio.
"Parlami di lui" disse per ingannare il tempo.
Il viso di Leyra sembrò illuminarsi a quelle parole. "Di Diroen?"
Joyce annuì.
"Lui è molto dolce e buono, anche se a volte diventa silenzioso e serio. È molto abile."
"È uno stregone?"
"Uno dei più forti. Therenduil lo sta addestrando."
"È il suo maestro."
"Noi usiamo la parola taras. Tutti gli anziani del circolo sono maestri e hanno uno o più allievi."
"Chi è il tuo taras?"
"L'hai conosciuta. È Arwel."
"Quindi tu sei già consacrata?"
Leyra le rivolse un'occhiata dubbiosa. "Non conosco questa parola."
"Quando entrate nel circolo, come chiamate la cerimonia?"
Leyra si strinse nelle spalle. "Non c'è nessuna cerimonia, nidda. Chi nasce con i poteri viene addestrato fin da bambino finché non diventa taras a sua volta."
"Da noi streghe e stregoni quando entrano nel circolo lo fanno con una grande e solenne cerimonia."
"Sembra una bella cosa."
Joyce annuì. "Lo è."
"E la tua consacrazione, nidda? Scommetto che è stata bellissima."
Joyce arrossì. "In verità io sono ancora troppo giovane per..." Almeno non era una bugia. Non del tutto.
Leyra sembrò delusa.
"Ma ho visto la consacrazione di mia sorella. E dei miei fratelli."
"Anche loro sono stregoni?"
Joyce annuì.
"E dove sono adesso?"
"Combattono contro Malag. Mio padre e mia sorella sono qui, sul vecchio continente."
"Ti mancheranno molto."
"Non sai quanto. Spero di rivederli, un giorno." Ma non prima di avere eliminato Rancey. Quello aveva la priorità su tutto il resto. Doveva andarsene da lì. Doveva trovarlo. Doveva...
Il velo che chiudeva la tenda si aprì e il viso di Thali fece capolino.
Indossava una tunica marrone stretta in vita da un cordino. Delle foglie erano state cucite sul vestito facendolo assomigliare a un cespuglio vivente.
Joyce faticò a trattenere un sorriso nel vederlo così conciato, ma doveva avere una sua utilità. Al buio, nel folto della foresta, sarebbe stato invisibile a un occhio poco attento.
Thali si accovacciò di fronte a loro. "Abbiamo solo un minuto, kodva" disse rivolgendosi a Joyce. "Non so nemmeno perché sono qui."
"Tuo fratello ti crede morto e ne soffre molto" disse Joyce.
"Le cose non stanno come pensi." Thali chinò la testa. "Anche io soffro, sapendo quello che ha passato, ma ho preso la mia decisione. Il vecchio Esper è morto e non tornerà mai più."
"Diglielo tu stesso, quando lo rivedrai."
"E mio padre? Hai visto anche lui?"
Joyce aveva temuto quella domanda. "Sì" disse con un filo di voce.
"E come sta?"
Non poteva mentirgli. "Mi spiace dover essere io a dirtelo, Thali..." iniziò, cercando le parole giuste.
Lui la fissò negli occhi. "È morto?"
Joyce annuì.
"Doveva succedere, prima o poi."
"Devi sapere come."
"È importante?"
"È stata una donna, una strega di nome Gajza."
Thuli sgranò gli occhi. "La consigliera di lady Selena?"
"È stata lei."
"Disprezzava mio padre, ma non la credevo capace di tanto. È stata imprigionata per quello che ha fatto?"
"No e nessuno sa che è stata lei. Ha fatto in modo che sembrasse opera di un altro. Quella donna orribile ha in mente qualcosa, ma non so qual è il suo piano. Penso che voglia far ricadere la colpa anche sugli alfar."
Thali annuì. "Sai dov'è adesso?"
"Penso sia tornata alla fortezza. Forse per prendere nuove forze e attaccare la foresta."
"E Zefyr? Conoscendolo starà pensando a come vendicarsi."
"Diceva di voler tornare alla fortezza per sfidare Gajza."
"Tipico di lui agire senza ragionare."
"Devi aiutarlo" lo implorò Joyce.
"Non posso."
"È tuo fratello."
"I miei fratelli sono qui. Devo stare con loro."
"Ma..."
Thali le fece cenno di tacere. "Non dovrei dirvelo, ma stiamo per andare a colpire quel Rancey. Agiremo stanotte, cogliendoli di sorpresa nel buio. Con un po' di fortuna ci sbarazzeremo di lui e degli altri intrusi."
"Rancey è pericoloso" disse Joyce. Possibile che nessuno lo capisca, pensò. "Non farti toccare da lui o ti maledirà."
"Non mi sfiorerà con un dito" disse Thali sicuro. "Dopo che avremo sistemato questa faccenda, penseremo anche a Gajza. Se quella strega pensa di poter violare la foresta impunemente si sbaglia di grosso."
Non aggiunse altro e uscì dalla tenda, lasciandole sole.
Joyce valutò se fosse il caso di uscire anche lei. Doveva parlare con gli anziani e avvertirli che Rancey era pericoloso e che lo aveva visto in azione, ma avrebbe dovuto spiegare troppe cose e non sapeva da dove iniziare.
Passarono le ore senza che accadesse nient'altro. Qualsiasi cosa stessero facendo i custodi, la facevano nel silenzio più assoluto.
Joyce sentiva crescere dentro di sé l'inquietudine e non riusciva a stare seduta mentre sapeva che Thali e chissà quante di quelle persone stavano andando incontro a un pericolo enorme. Se poteva fare qualcosa per aiutarli a sconfiggere Rancey, era suo dovere farla.
Si alzò e andò all'ingresso della tenda.
"Cosa fai?" fece Leyra. "Se esci ti puniranno."
"E che cosa possono farmi? Abbandonarmi nella foresta?"
"Non lo so, ma è meglio se restiamo qui e ci guadagniamo la loro fiducia rispettando le loro regole."
Joyce non era d'accordo. "Ma Thali..."
"Lui sa cosa vuole. È adulto e ha fatto la sua scelta."
Joyce sospirò rassegnata. Stava per voltarsi e tornare a sedere sulla stuoia quando il velo che proteggeva l'entrata si sollevò e il viso di Maera si affacciò oltre di esso.
"Andavi da qualche parte?" chiese entrando nella tenda.
Joyce quasi crollò a sedere. "Mi si erano addormentate le gambe" fu la prima cosa che le venne in mente.
Maera scrollò le spalle. "Se non siete troppo stanche, vorrei mostrarvi qualcosa."
"Che cosa?" domandò Joyce sospettosa.
"Il luogo in cui vive la nostra dea, Lotayne."

Note: Chiedo scusa per il ritardo, ma la connessione ha fatto le bizze :(

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