I’ll never be your chosen one
«
Congratulazioni! Se avevi intenzione di rovinarmi la campagna
elettorale, ci sei riuscito! »
Luis irruppe nella camera di
Philippe come un terremoto, sbattendo la porta e sbraitando, con
Bontemps che arrancava dietro di lui. Come se il fratello del futuro
presidente non fosse stato svegliato dal rumore, si premurò di
aprire le tende, in modo da rischiarare l’ambiente per infastidire
ulteriormente il povero Philippe, che si schermò gli occhi
appesantiti dal sonno e dai probabili postumi di una sbornia con una
mano.
« Il tuo spettacolino di ieri sera è virale. »
Continuò, glaciale, Luis. Sì, ma quale dei due? Il suo show, quello
per cui aveva lavorato duramente sotto il nome di Narcisse BeauSancy,
combinando mitologia greca e diamanti, o quello che era stato
costretto a mettere in scena per difendersi dalle ingiurie e dalle
botte?
Bontemps si avvicinò a lui, tirando fuori un tablet
dallo zainetto che aveva sulle spalle. Iniziò a digitare sullo
schermo, con il suo tocco delicato e lievemente ansioso. Era sempre
in soggezione davanti a Philippe, probabilmente perché temeva per
l’incolumità del suo datore di lavoro. I due fratelli Bourbon,
infatti, spesso litigavano, anche pesantemente. Anche se ormai era
finito il tempo delle zuffe, ogni tanto la tensione era talmente alta
da far presagire una rissa. E quella mattina sembrava portare una
delle peggiori sfuriate degli ultimi due anni.
Philippe strizzò
gli occhi, lanciando uno sguardo sullo schermo che gli veniva
offerto. Mostrava una schermata di Youtube dal titolo decisamente
esplicativo. ‘Travestito finocchio all’attacco’.
Oh no,
decisamente non sarebbe rimasto a guardare. Aveva già perduto
parecchie ore di sonno, di sicuro non si sarebbe alzato per rivivere
i momenti d’odio della sera precedente. Con un gesto stizzito,
affondò il volto nel morbido cuscino di seta. Che gli venne tuttavia
tolto e gettato in un angolo della stanza dal fratello, il quale non
sembrava per niente disposto a demordere.
« Papà dice che sei
una puttanella. » Era un tentativo per spronarlo a reagire, ma che
tuttavia non aveva successo. In occasioni normali, non sarebbe mai
arrivato a quelle parole. Eppure si trovava lì, a punzecchiare il
fratellino affinché gli desse delle risposte.
« Papà ha
sempre preferito te. Ogni volta che tu facevi qualcosa di sbagliato,
la colpa era sempre mia. Quando distruggesti il vestito di Chanel di
mamma, fu colpa mia. Quando si ruppe il vaso della hall di
quell’hotel a Londra, fu colpa mia. L’erba che trovarono nei tuoi
vestiti a quindici anni fu colpa mia. Quando ti picchiai perché
avevi buttato sotto una macchina il mio primo cellulare, punirono me.
Quando androno crociera per l’anniversario di matrimonio e
tornarono trovandosi la casa distrutta, fu colpa mia, che avevo
passato l’intero periodo del viaggio dal mio ragazzo dell’epoca.
Di’ a papà che prendo anche il cognome della mamma, se mi odia
così tanto perché sono nato per secondo e pure frocio! » Philippe
era rimasto inerme per un paio di minuti solo per scegliere gli
episodi più esemplificativi della sua infanzia. Si era poi messo a
sedere, per sputare tutto il veleno che aveva sempre dovuto
inghiottire. Anni e anni di disprezzo e indifferenza da parte della
propria famiglia.
« Almeno sai chi è quello che ti porti a
letto? » la voce di Luis, sprezzante, fece smettere di tremare
Philippe, costringendolo a ricacciare indietro le lacrime.
«
Questo dovresti saperlo anche tu. Era a uno dei tuoi festini. » un
sorrisetto di sfida. Silenzio.
« Chi era a un festino? » Da
sotto il piumino immacolato, spuntò una massa di lunghe onde dorate,
aggrovigliate dal sonno e da un’evidente azione avvenuta la sera
prima. Chevalier si avvicinò a lasciare un morso sulla spalla di
Philippe, prima di rendersi conto della presenza del fratello. A quel
punto, rimase con i denti sulla pelle del ragazzo al suo fianco.
«
Philippe Chevalier. Beh, almeno assomiglia più o meno alla tua
fidanzata ufficiale. Sai, quella che non ti fai tu. » Un altro
sbeffeggio. E per cosa? Perché si rifiutava di vivere nella bolla di
plastica che altri avevano costruito per lui? Non gli era mai stato
concesso niente, sempre offuscato dalla luce del fratello. ‘Luis ha
preso il voto più alto di storia’, ‘Luis è un genio della
matematica’, ‘Luis si è laureato con il massimo dei voti’.
Luis, Luis, Luis. Philippe era buono solo a essere ripreso. Se si
metteva lo smalto sulle unghie, i suoi successi si vanificavano. Se
indossava un colore non tradizionalmente maschile, gli era vietato di
uscire con i suoi amici. Tutte le sere che aveva passato solo, sul
pavimento di camera sua, desiderando apertamente di non essere mai
nato gli passarono davanti agli occhi. Avrebbe dovuto reagire fin da
bambino. Invece era stato solo un corpo di pezza, su cui con gli anni
aveva dovuto imparare a costruirsi una corazza. Eppure, questo
esoscheletro metallico gli era troppo largo.
« Non posso
farmela perché ha già il tuo cazzo tra le gambe! » sbottò,
alzandosi in piedi, senza preoccuparsi del fatto che era ancora nudo.
Luis si ritrovò costretto ad alzare il tono, sentendosi minacciato.
« Beh, qualcuno dovrà pure soddisfarla! » urlò, prima di
girare i tacchi e andarsene sbattendo la porta, seguito da Bontemps,
sempre attaccato ai suoi piedi.
« Fuori! Anche tu! »
Chevalier non poté far altro se non obbedire all’ordine incrinato
di Philippe.