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Autore: MaryMatrix    31/01/2018    0 recensioni
La nostra fiaba inizia tanto tempo fa in un luogo molto lontano, un luogo posto nel cielo. Qui spensierate fanciulle vivono dilettandosi in giochi e curando gli unicorni. Tra di loro solo Lyse sembra essere attratta e affascinata dal Mondo di Sotto, dove vivono gli umani, e quando finalmente le si presenterà l'occasione di visitarlo non si farà pregare.
Col solo ausilio di tre crini magici, di un apprendista cavaliere e del suo fedele unicorno Tuxìn, Lyse farà finalmente la conoscenza degli uomini, dei loro sentimenti e delle loro contraddizioni, e per riuscire a tornare nel cielo dovrà imparare ad avere giudizio, a essere coraggiosa e, soprattutto, a non perdere la propria verginità... qualunque cosa essa sia.
[I classificata al contest indetto da E.Comper sul Forum EFP, ‘Fairy and Spirits - Raccontami una Favola"]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. Lyse che viene nel cielo

Il manto bianco di Tuxìn era soffice come lo ricordava e lo abbracciò e baciò e accarezzò animata da una felicità travolgente.

Dietro di lei udiva levarsi lontane le maledizioni e le irripetibili parole dei briganti che non potevano credere di essersi appena lasciati sfuggire un unicorno.

Si girò, sicura di trovare anche Heinrich, ma il sorriso le morì sulle labbra.
Heinrich c’era, ma era gravemente ferito e aveva perso i sensi.

- Heinrich! – lo chiamò Lyse. – Heinrich! -.

Ma l’apprendista cavaliere non diede alcun segno di vita.
Lyse lo strinse con più energia per evitare che cadesse di sotto e ordinò a Tuxìn di tornare immediatamente e in fretta al tempio dell’Unicorno Nero.

Tuxìn, obbediente e veloce, si diresse senza alcun tentennamento verso la loro destinazione, nitrendo contento di essersi riunito alla sua padrona.

Quando arrivarono al tempio, però, l’Unicorno Nero sembrava non esserci. Lyse lo chiamò, lo invocò, lo pregò, ma le sue suppliche affondarono inutili nello zucchero filato che costituiva le mura del tempio.
Cercando di mantenere i nervi saldi Lyse liberò Heinrich dalla pesante armatura metallica e lo sistemò vicino a Tuxìn in modo da poter trasmettergli un po’ del calore dell’animale.
Afferrò con urgenza la borraccia con l’acqua, si strappò un lembo della veste e iniziò a ripulire le ferite di Heinrich, cercando di emulare i gesti appresi nel carro. Non sapeva da chi o da che cosa fosse stato aggredito ma si pentì di aver sprecato il suo ultimo crine: Tuxìn l’avrebbe ripresa al volo comunque.

Si strappò altri pezzi del suo abito e cominciò a fasciare con cura la pelle del giovane. Era caldo, anzi, scottava. Fissò le bende alla bell’è meglio con l’ausilio delle sue forcine per capelli e poi continuò a bagnare il suo corpo con l’acqua, cercando di farlo raffreddare.

Alla fine, non sapendo più che cosa fare, calata l’adrenalina, si sistemò vicino a lui e sprofondò in un sonno agitato.

Non furono né il canto degli uccelli né la luce a destarla, bensì un sonoro nitrito.

- Bentornata, cara fanciulla. – la salutò l’Unicorno Nero.

- Unicorno Perduto! – esclamò Lyse.

- Leggo nel tuo cuore che hai soddisfatto la tua curiosità verso il mondo umano e che hai conosciuto a tue spese i cattivi sentimenti. -.

Lyse confermò le sue parole con un cenno del capo.

- Ma dentro di te invece leggo un sentimento nuovo, un sentimento buono e molto potente. -.

L’Unicorno Nero, guardiano del tempio, spostò la sua attenzione al corpo del giovane Heinrich e non gli sfuggì che Lyse lo stava tenendo per mano.

- Fai qualcosa per lui, ti supplico. – lo pregò Lyse, con un tono un po’ troppo appassionato per essere quello di un’ingenua creatura del cielo.

- Non posso fare nulla, giovane Lyse. -.

- No… No… - mormorò lei, scoppiando per l’ennesima volta in lacrime.

Non voleva perderlo. Non voleva che Heinrich morisse.

- Heinrich! – lo chiamò, abbracciandolo. – Heinrich! -.

Scossa dai singhiozzi, non si accorse subito che il giovane aveva aperto gli occhi, ma dovette aspettare di sentire ricambiata la sua stretta di mano.

- Lyse… - mormorò lui con la voce flebile di chi sta per spegnersi.

Heinrich aprì lentamente gli occhi e mise faticosamente a fuoco la bionda chioma di Lyse prima e il famigerato Unicorno Nero dopo. Nonostante la debolezza e il dolore sorrise.

- Non mi hai mentito. – sussurrò contento. – E ce l’hai fatta. Stai per… tornare nel cielo. – sorrise. – S… sono… contento per te. -.

Una fitta lo fece sollevare.

- Heinrich, non sforzarti. -.

- Il rosso mi ha colpito a tradimento. – spiegò d’un fiato. – Ma l’ho… l’ho battuto e l’ho riconsegnato a Messèr Schmidt che… farà giustizia. -.

Sembrava che ogni parola, ogni respiro, gli costasse una fatica immensa, come se qualcuno lo stesse soffocando. Era debole, non riusciva a muovere gli arti e sentiva le palpebre pesanti.

- Lyse… -.

- Heinrich… -.

- Perdonami… -.

- Non devi parlare, ti affatichi, ti fa male. -.

- … mi ero… spaventato. – non era necessario che specificasse a cosa si riferisse. – E… essere coraggiosi e… valorosi… significa… non significa non avere paura. – gemette. – Significa averne e aff… affrontarla comunque. Io… ho sbagliato… ho avuto paura… tu… sai… si può avere paura… con le cose sconosciute. -.

- Sì. – gli baciò le mani. – Lo so. -.

Lyse lo sapeva bene che si poteva provare paura davanti a situazioni del tutto ignote, davanti alle quali prevale la sensazione di impotenza. Come in quel momento, per esempio: lei si sentiva terrorizzata come mai era stata prima in vita sua, nemmeno quando Tuxìn era stato rapito.

- Sì, lo capisco, ma io non ne ho mai avuta troppa perché ho avuto la fortuna di incontrare te, apprendista cavaliere. – gli confessò.

Heinrich sorrise dolcemente e, sforzandosi, le passò una mano tra i capelli.

- T..tu ssssei…. Molto coraggiosa. S… sono felice di… di averti portato… casa. P… perdonami ti… prego. – si girò poi dall’altro lato per sputare del sangue.

Lyse si girò verso l’Unicorno Nero.

- Un altro crine! – esclamò avvilita. – Dammi un altro crine, ti scongiuro! -.

L’Unicorno Nero esitò, guardando Tuxìn. Questo, dotato di grande sensibilità, aveva notato subito il grande sentimento che stava germogliando nella sua padroncina, quindi nitrì per comunicare al suo simile di sentirsi libero di parlare.

- Molto bene. – iniziò il Guardiano del Tempio. – Scegli bene, piccola Lyse, perché se accetti il nuovo crine ci sarà un prezzo. Non potrai più tornare nel cielo. -.

Lyse si sorprese. Non aveva pensato a un tale prezzo. Non tornare nel cielo significava restare in quel mondo dove il male era dietro ogni angolo.
Ma, ricordò meglio, dietro ogni angolo c’erano anche persone buone come Messèr Schmidt, c’erano bambini felici, c’erano genitori premurosi, c’era gente pronta ad aiutare il prossimo anche se povero. C’era la freschezza dei ruscelli, c’erano il verde dei prati, il calore del fuoco, i colori dei fiori, l’unicità della sensazione del sole sulla pelle. C’era l’ambizione buona, c’erano meraviglie che venivano migliorate giorno dopo giorno.
C’erano cose da imparare, c’era la soddisfazione di guadagnarsi qualcosa attraverso il proprio lavoro, c’era una ricchezza di sensazioni e sentimenti che nel cielo non aveva mai provato.

Aveva anche imparato, e senza che nessuno glielo dicesse apertamente!, che ogni azione, ogni decisione, andava ponderata perché comportava delle conseguenze. In un attimo si sentì pronta ad affrontarle, come mai prima.

- Va bene. – acconsentì. – Accetto. -.

- No… - gemette Heinrich, stringendole ancora la mano e tirandola a sé, impedendole di raggiungere il Guardiano. – Non… devi farlo… il tuo… posto… è nel cielo. E io… sono… solo un apprendista. Ti… ho… ferita. Non… non lo merito. -.

- Non mi farai cambiare idea, Heinrich. – Lyse gli accarezzò la fronte. – Una delle prime cose che mi hai detto è che se si ama si mette il bene dell’altro davanti al proprio. Non so se mi sono innamorata e per questo preferisco salvarti la vita piuttosto che tornare nel cielo oppure se siccome scelgo te allora significa che sono innamorata, ma per una volta non mi curo dei perché. So solo che ti voglio vivo e vorrei restare al tuo fianco. Che scelgo te e il tuo bene. Come potrei darmi pace, se adesso anteponessi il mio? -.

Heinrich scosse la testa, ma sembrava non vederla più.

- Ssono io che… ti antepongo… a me. T… ti amo, Lyse. Non… non darle… il crine. – fece un misero baldanzoso tentativo di tirarsi su per raggiungere l’Unicorno prima di lei.

Lyse sorrise, commossa.

- Ora sì che non mi convincerai più. - si liberò con delicatezza dalla sua presa e raggiunse la creatura, prendendo il crine.

Lentamente tornò da Heinrich e si scambiò una rapida occhiata con Tuxìn. Lo accarezzò con una dolcezza che forse non aveva mai sperimentato prima, una dolcezza sofferta.

- Non preoccuparti per lui. – intervenne l’Unicorno Nero. – Resterà al sicuro, qui con me. -.

Lyse annuì, cosciente che quella sarebbe stata la soluzione migliore: nel tempio di zucchero filato nessuno avrebbe più potuto fargli del male.

Lasciò infine cadere il crine su Heinrich, recitando la consueta formula.

- O mia splendente goccia di cielo, ti prego avvera il mio desiderio! Salva il mio amico, ridagli la vita, accetto di esser dal cielo bandita. -.

Heinrich non ebbe la forza di opporsi.
Quando il crine toccò il suo costato si levò una grande luce rosa abbagliante che investì l’intero tempio. Tutto si immobilizzò, il tempo stesso sembrò fermarsi. Appena la luce si spense, Tuxìn era nero come il Guardiano, Heinrich era guarito e in forza e Lyse giaceva nuda, spogliata delle sue vesti del cielo. Quando Heinrich le si avvicinò, Lyse istintivamente si piegò su se stessa, coprendosi. Non sapeva perché lo stesse facendo. Forse, da umana, sentiva anche lei che non stava bene che lui la vedesse in quel modo.

Proprio come quando si erano incontrati Heinrich si tolse il mantello, di nuovo pulito, e la coprì, inginocchiandosi accanto a lei.
Lei lo osservò, in attesa. In attesa di una parola, di un gesto di affetto o di una condanna, non lo sapeva bene nemmeno lei, ma a quel punto avrebbe accettato tutto.
E ciò che lui invece le donò fu un bacio. Lyse non si aspettava di essere baciata con tanto trasporto, né che un bacio potesse essere tanto lungo, né tanto profondo, né farle battere così tanto forte il cuore, né farle sentire tanto calore, né farla stare tanto bene. Le braccia di Heinrich erano tornate un posto sicuro e lei si lasciò prendere in braccio e tenere stretta per tutto il tempo necessario. Quando il bacio finì, Lyse si sentì realmente come se fosse di nuovo in cielo, e forse anche meglio. Si sentiva il cuore quasi esplodere.

Anche Heinrich era felice.

- Grazie. – le sussurrò. – Non avresti doluto. -.

Lyse gli portò una mano sulla guancia.

- Ma io non volevo tornare nel cielo. Io volevo restare con te. -.

- Anch’io. Sono desolato per il mio assurdo comportamento. -.

- Un giorno mi spiegherai la faccenda delle streghe. -.

Lui annuì. Le doveva almeno quello. Si rivolse poi ai due unicorni.

- Sono debitore anche nei vostri confronti. – si inchinò leggermente, facendo attenzione a non fare del male a Lyse.

- Abbiamo fatto il nostro dovere. – si schernì uno dei due.

Lyse fu ancora più contenta. Saltò giù da Heinrich e raggiunse Tuxìn, scompigliandogli la criniera.

- Tuxìn tu parli! E che bella voce dolce che hai! – lo accarezzò e lo abbracciò.

- Posso parlare adesso, Lyse. Ricorda, che quando avrai bisogno di me, io sarò sempre qui, al Tempio di Zucchero Filato. -.

La fanciulla annuì, raggiante, per poi prendere Heinrich per mano e correre via, fuori dal tempio, verso la loro nuova vita.

L’Unicorno Nero guardò Tuxìn con aria quasi colpevole.

- Lo sai che difficilmente tornerà. -.

- Lo so. – rispose Tuxìn.

- Che quando lei perderà la purezza e si prenderà la responsabilità di una famiglia e di una vita sulla terra si scorderà di noi, dei giochi sulle nuvole e dello zucchero filato. -.

- Lo so. – rispose nuovamente Tuxìn. Poi nitrì. – Che posso farci? È la vita. Di certo non posso impedirle di crescere. È in salute, è generosa e di buon cuore. Mi mancherà, ma presto mi dissolverò e resterò soltanto una goccia di nebulosa malinconia in un angolo del suo cuore. È giusto così. -.

L’Unicorno Nero annuì. Avrebbe voluto che le cose fossero andate in quel modo per lui, ma evidentemente da qualche parte la sua padrona non riusciva a staccarsi definitivamente dalla sua vita del cielo, dai giochi e dallo zucchero filato. Tuxìn indovinò i suoi pensieri.

- Anche la tua padrona prima o poi andrà avanti senza logorarsi nel passato. -.

- Lo spero. – si augurò l’Unicorno Nero. – Lo spero. – poi gli diede le spalle. – Seguimi, Tuxìn. Ti mostro il Tempio della Fanciullezza. -.

Le cose andarono più o meno come i due unicorni avevano predetto.

Lyse ed Heinrich si recarono nella capitale, una città ancora più grande e ricca di quella che aveva visitato Lyse.
Heinrich descrisse la sua prova e la sua avventura ai suoi superiori e fu creduto soltanto grazie all’improvvisa apparizione di Tuxìn che confermò ogni suo verbo. Heinrich fu fatto cavaliere con tutti gli onori.
A seguito del suo incredibile racconto il re offrì del denaro a Messèr Schmidt e Lyse lo convinse inoltre a offrire un finanziamento a Frau Zermann che doveva far campare anche i figli, a dare un tetto al povero a cui aveva offerto il pane e riuscì persino a perdonare il rosso, chiedendo che diventasse almeno scudiero. Heinrich non era molto d’accordo, ma la bontà di Lyse era straripante e nemmeno un editto reale l’avrebbe arginata.

L’accogliente casa di Heinrich fu un nido sufficiente per entrambi e Lyse, che voleva ambientarsi e lavorare, decise di aprire una piccola bottega di pasticceria. Questa divenne molto in voga e dopo un anno il re stesso propose a Lyse di diventare la sua pasticciera di corte, invitando la coppia a vivere a palazzo, in stanze rigorosamente separate finché non si fossero sposati. I due, presi da entusiasmo, accettarono.

Passarono tre anni e Lyse imparò a conoscere il mondo, le sue parole e i suoi silenzi, leggeva più che poteva nonostante non fosse comune per le donne. Si fece delle amiche e ben presto si sentì a casa. Era felice con Heinrich che la riempiva di attenzioni, di regali, di coccole, cure e amore. Quando le aveva spiegato cosa fossero le streghe e quanto male potessero portare Lyse comprese a pieno la sua reazione. In cuor suo sapeva che una cosa come le streghe non poteva esistere davvero perché Tuxìn, creatura del bene, l’avrebbe messa in guardia altrimenti; la questione fu però uno spunto che utilizzò per scoprire un’altra stranezza degli umani, ossia che quando non riuscivano a spiegarsi qualcosa ne attribuivano la causa ad esseri magici, superiori, alcuni buoni e da venerare e altri cattivi e da sopprimere. Heinrich era soltanto un figlio del suo tempo e per questo lo perdonò.
Divenne più matura, crebbe di qualche centimetro in altezza e i suoi lineamenti si assottigliarono.
Più il tempo fluiva e più Lyse assomigliava a una donna e meno a una fanciulla del cielo.

Il matrimonio fu celebrato con tutti gli sfarzi la terza estate successiva al loro incontro: Lyse era ormai una pasticcera affermata e Heinrich uno dei cavalieri più valorosi dell’esercito. Erano stati invitati i nobili di tutto il regno, il re e la regina avevano messo a disposizione l’intero castello per la celebrazione e persino Tuxìn e l’Unicorno Nero potettero assistere alla cerimonia e prendere parte a quegli inusuali festeggiamenti.
Lyse era bellissima nel suo abito bianco immacolato, dalla gonna molto ampia e le maniche a sbuffo, mentre Heinrich aveva indossato una delle divise d’onore del regno. Si erano promessi una vita insieme, un sostegno reciproco nella buona e nella cattiva sorte, ma entrambi sapevano che si trattava soltanto di una formalità, perché loro quella promessa se l’erano scambiata molto tempo prima. Avevano poi aperto il banchetto e le danze e, appena prima di ritirarsi, scelsero di lasciare la festa in grande stile in groppa a Tuxìn per l’ennesimo volo in mezzo alle stelle.

Al ritorno da quell’ultimo viaggio, Tuxìn li lasciò davanti alla finestra della loro camera. Heinrich lo salutò brevemente, ancora emozionato, mentre Lyse lo guardò quasi commovendosi e lo abbracciò, baciandolo e appoggiando la fronte sulla sua.

- Addio, Lyse. – le mormorò l’unicorno.

- Addio, Tuxìn – gli scompigliò la criniera per l’ultima volta in un gesto d’affetto.

Era cresciuta, era grande e aveva capito.

Lo osservò volare via finché non si perse all’orizzonte, provando sempre meno dolore per quella separazione. Richiuse la finestra alle sue spalle e si concentrò sul suo sposo.
Notò che era come se fosse in trepidante attesa di qualcosa. Si era sfilato l’immancabile mantello e la casacca riponendoli sul baule di mogano davanti al loro letto a baldacchino e sembrava attenderla, offrendosi a petto nudo. Era molto più scolpito da quando lei lo aveva conosciuto, complici i duri allenamenti di quei tre anni.
Tre anni… tre anni fa non avrebbe minimamente pensato di sposarsi né di vivere in una splendida camera con le stelle dipinte sul soffitto, ori e stucchi a impreziosirlo, e con un morbido letto a baldacchino dalle coperte azzurre. Di essere addirittura una pasticcera reale. Di sposare Heinrich. Aveva forse realizzato le sue ambizioni?

Sentendosi quasi messo in disparte, Heinrich reclamò su di sé l’attenzione della sposa.

- Cara moglie, credo che adesso io debba proprio adempiere a uno dei miei primi doveri da marito. -.

Lyse lo fissò interrogativa. Heinrich alzò gli occhi al cielo: a volte si stupiva di quante cose le dovesse ancora spiegare. Poi le sorrise malizioso.

- Devo aiutarti a perdere la verginità. -.

Lyse aggrottò le sopracciglia, sinceramente perplessa.

- Vuoi andare in un campo di cavoli adesso? -.

Heinrich spalancò occhi e bocca contemporaneamente in un’espressione impagabile: confuso, incredulo, allibito. Boccheggiò un paio di volte, senza saper articolare alcun suono. Era senza parole. I cavoli? Possibile che in tre anni nessuna delle cortigiane…?
Ma la risata leggera di Lyse lo riscosse. Rideva a crepapelle, si stava divertendo un mondo. La risata spensierata, quella no, non era cambiata. Heinrich intuì che doveva essersi reso molto ridicolo.

- Tu… tu ti stai facendo beffe di me! – esclamò Heinrich, fintamente offeso.

- Sì, è esatto. – Lyse finalmente gli si avvicinò e lo cinse con le sue braccia.

Heinrich si impossessò allora di quella bocca rosea e impertinente che bramava di continuo e finalmente, dopo tanta attesa, si donò a lei. E lei si abbandonò tra le coltri al suo corpo possente. Fra i sospiri pensò che non avrebbe potuto essere più felice. Si rotolò con lui, si unì a lui, giacque con lui. Arrossata, arruffata, stremata lo baciò una volta, due volte, e una volta ancora.

- Heinrich. – gli sussurrò. – Sei tu il mio cielo. -.

E vissero per sempre felici e contenti.

  
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