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Autore: winnie343    03/02/2018    2 recensioni
E se il cavaliere di Gemini avesse conosciuto il suo destino? Se gli fosse stata offerta la possibilità di cambiare il corso del Fato? Questa storia narra le vicende del grasso e buffo Edgar, di come diventò il Cavaliere di Pegasus grazie all'addestramento di ben due cavalieri d'oro (Milo e Aioria) e di come, pur non possedendo un cosmo, fece di tutto per proteggere i suoi amici. Perchè non sempre gli eroi del Mito hanno i muscoli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXXI

Occasioni perdute




Non gli era mai capitato di rimanere intrappolato nella sua stessa prigione. La trovò un’esperienza surreale.

Bloccato nella Dimensione Oscura, Saga stava cercando di pensare al modo migliore per uscirne senza aggravare la situazione.

Se avesse interrotto il suo colpo, non solo sarebbe riuscito a liberare se stesso, ma avrebbe aperto la strada anche al suo nemico. Percepiva in quel non luogo la presenza di Shaka e sapeva di non potersi permettere di liberarlo senza prima comprendere quali fossero le sue reali intenzioni.

Senza considerare, inoltre, che dall’altra parte della Dimensione lo stava aspettando Aiolia. Non che il leoncino potesse davvero impensierirlo: stremato e ferito dallo scontro con Calliope non avrebbe mai potuto rappresentare per lui un vero pericolo. Non voleva però doverlo uccidere. Ora che il piano di quella strega stava fallendo, sapeva che avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi cavalieri per tenere a bada il ritorno della Dea Atena.

La cosa che però lo preoccupava di più era sentire sempre più forte la presenza dell’altro se stesso. Intrappolato in quella dimensione esterna, la sua volontà cominciava ad essere minata dall’insistente supplica della sua parte debole.

Perdono”, “Pietà”, “Compassione”: che parole vuote e deboli! Mai avrebbe ceduto a quella lamentela, piuttosto avrebbe preferito la morte. Eppure il dolore che sentiva intorno al suo cuore era reale. Vivo, come i ricordi delle morti che portava sulla sua coscienza.

Sentì un male sorgere sulla sua testa. La sua mente veniva offuscata da una voce che continuava a ripetere quelle maledette parole “Compassione”, “compassione”, “compassione”. Di cosa mai avrebbe dovuto avere compassione?


  • Delle persone che hai ucciso per sete di potere. Di Shion, Grande Sacerdote che hai assassinato senza scrupolo alcuno! Di Aiolos, tuo amico di una vita e guerriero migliore di te! Di tuoi fratello, rinchiuso in una cella, morto per aver detto il vero! Di tutti quelli che hai ucciso in nome di te stesso! Della giustizia che anela ad avere i suoi paladini e che invece deve accontentarsi di figuranti manipolati da un folle!

  • Sta zitto! – Saga urlò, lanciando in ogni direzioni colpi violenti privi di alcuna vera intenzione. Non aveva un bersaglio da colpire. Sua era l’anima dilaniata. Come avrebbe potuto colpire se stesso?

  • Fallo! Sei tu privo di coraggio? Ucciditi! In fondo non è quello che hai già fatto attentando alla vita di Atena? Ucciditi!

  • Sta zitto! Maledetto! Folle! Privo di coraggio e di ambizioni!

  • Compassione!

  • Smettila!

  • Compassione per i morti! Per gli amici! Per la giustizia! Per la tua Dea … per te stesso!

  • Basta!


Saga, confuso e stremato, rendendosi conto di stringere nella sua mano la daga dorata, nella speranza di far smettere quella voce insolente si puntò l’arma al torace. Voleva solo spaventare se stesso? Oppure era pronto ad uccidere la sua coscienza? Lacrime salate cominciarono a rigare il suo volto. Tutto quello che avrebbe voluto in quell’istante era semplicemente un po’ di pace e di silenzio. Per un istante gli sembrò di tornare alla luce e alla vita. Si guardò ancora una volta le mani e si rese conto che era finalmente riemerso dall’angolo buio in cui quel malefico lo aveva ripudiato. Alzò la daga, pronto a sferrare un fendente che avrebbe dilaniato la sua carne, ma una voce lo bloccò.


  • La pace non può venire che da noi stessi. Se il nostro cuore è dilaniato anche il silenzio più maestoso ci sembrerà comunque troppo rumoroso.


Il cavaliere dei Gemelli fece cadere la daga e si voltò in direzione della voce di Shaka. A vederlo, così rilucente della luce della sua armatura, quel ragazzo sembrava un Dio. Che fosse lui il suo salvatore?

Stupido di un debole! Lui è il tuo aguzzino!”

Saga scosse la testa ed asciugandosi le lacrime cercò di allontanare il suo io malefico. In fondo aveva poca importanza in quale veste il cavaliere della Vergine si stesse presentando a lui. L’unica cosa che contava in quel momento era far in modo che lui lo rendesse innocuo, in modo che la Dea Atena un giorno avrebbe potuto ristabilire l’equilibrio senza ulteriore spargimento di sangue.

E il tuo sangue? Pensi che Virgo non ti ucciderà?”.


  • Che cosa ti turba cavaliere di Gemini?

  • Tu sai chi sono? Dunque mi hai riconosciuto?

  • Sei sparito dal Grande Tempio anni fa. Cosa ti ha spinto a tornare in questo momento di caos?

  • Virgo cosa vedi nella mia anima?


Saga non aveva molto tempo. Sentiva di perdere la sua anima. La sua parte negativa era sempre stata più forte e violenta e le poche volte che era riuscito a prendere il controllo, non era mai riuscito a prevalere per più del soffio di un respiro. Doveva avvertire Shaka, fargli capire che lui era il nemico e che doveva morire per consentire il ritorno della giustizia.


  • Amore per Atena e per la giustizia.

  • Non vedi altro? Avanti cavaliere … non vedi altro? – Saga lo afferrò violentemente, incredulo nello scoprire di quanto fosse ottuso in realtà l’uomo più vicino agli Dei.

  • Vedo nubi e foschia. Dolore e Sangue. Ma in fondo, nel più profondo dell’animo vedo la giustizia. E’ questo ciò che conta.

  • Come puoi dire questo … come puoi …


Saga si afferrò la testa in preda ad un dolore lancinante. Sentiva di perdere la sua battaglia. Non avrebbe avuto un’altra occasione, eppure non sapeva come convincere l’animo di Shaka della sua malvagità. Realizzò quindi che l’unica cosa che poteva fare era quella di mostrare l’altro se stesso, in modo che il cavaliere di Virgo comprendesse quanto errata fosse la sua valutazione. Si lasciò andare, tornando nell’oblio con la speranza che la malvagità che stava affiorando avrebbe convinto Shaka a combattere.

Fu un istante, lungo forse un’eternità, ma reso labile dal tempo veloce che passava, eppure al cavaliere di Virgo parve di percepire nell’uomo di fronte a lui pura malvagità. Improvvisamente, però, prima che quella sensazione divenisse verità, la dimensione si frantumò e lui si ritrovò a precipitare in un vuoto senza fine che lo avrebbe riportato alla realtà.

Solo i suoi riflessi gli impedirono di franare addosso ad un Aiolia svenuto e appoggiato ad una delle colonne della Sala del Trono.

Confuso, cercò di catturare ancora quella sensazione orribile che lo aveva avvolto poco prima di tornare da quella dimensione oscura, ma senza successo. Si guardò attorno in cerca di indizi e nuove sensazioni. Nulla di più che un soffio di vento e di vita gli erano passati accanto. Non era riuscito a trovare alcuna risposta ai suoi dubbi, eppure sapeva che il tempo delle sue domande non si era ancora interrotto. Sentiva di aver avuto la soluzione ad un palmo di mano, ma era così impalpabile che non era riuscito a coglierla. Dove era Atena? Chi era veramente il cavaliere dei Gemelli? E la giustizia regnava ancora in quei luoghi? Calliope, Edgar, Seiya: cosa rappresentavano essi in tutta quella storia? Fu certo che non avrebbe più avuto l’occasione di trovare la verità.

Gemini, cavaliere scomparso, era stato di fronte a lui per poco più di un minuto. Sua quella dimensione fuori dal controllo dell’uomo più vicino agli Dei. Suo il cuore pulsante più puro che avesse mai incontrato. Eppure quell’ombra così oscura proveniva da quell’anima. Possibile che il segno doppio con i suoi conflitti aveva catturata quell’anima quasi divina, oscurando il Grande Tempio?

Aiolia si ridestò, confuso e pronto a fare domande, ma Shaka sapeva di non avere risposte. Almeno non quelle che il giovane leone avrebbe potuto accettare e comprendere. E ora? Che ne sarebbe stato di loro?













Maya impiegò un po’ di tempo a riconoscerlo. Il buio della sua cella non le consentiva di vedere oltre il suo naso. Eppure, per qualche strano motivo riconobbe il suo profumo e il suo incidere goffo.

Edgar era un vero cavaliere. Se all’inizio quel tipo buffo e impresentabile le era sembrato fuori luogo e fuori tempo, tanto da innervosirla ad ogni suo gesto, ora le sembrò la cosa più bella da ricevere in dono.

Aveva bisogno che lui, prima di tutti gli altri, le dicesse che non era poi una persona così cattiva.

La paura attraversò la sua mente. E se anche Edgar avesse rinunciato a crederla migliore di quella che era? E se anche lui avesse rinunciato ad avere fiducia in lei? In fondo aveva visto di cosa era stata capace e benchè l’avesse difesa di fronte a Shaina, aveva assistito anche lui al suo tentativo di uccidere Hilda.

Si maledì per non aver ascoltato Mya e il suo cuore puro. Fin da piccole aveva sempre detestato quel buonismo in lei. La adorava, era sua sorella, eppure quel suo essere sempre generosa verso gli altri e verso il mondo l’aveva lentamente allontanata. Brutta cosa la gelosia.

Istintivamente, quando Edgar si addossò alle sbarre, lei fece un passo indietro. Non per disprezzo, ma per paura. E se anche lui avesse visto finalmente il vuoto della sua anima?

L’uomo le sorrise e il mondo le sembrò divenire più colorato. Si aggrappò alle sbarre e come un fiume spinto dalla forza della tempesta, spalancò la diga, facendo traboccare l’acqua:


  • Edgar, perdonami! Che stupida che sono … avevi ragione … credimi … ti prego … io … non sono malvagia … non così … mi pento di quello che ho fatto … io …

  • Maya … non piangere – l’ometto raccolse le sue lacrime e l’avvolse con il suo caldo sorriso – non hai nulla da farti perdonare … non con me … io … sono l’ultimo che può giudicare … è Lady Hilda quella a cui devi fare le tue scuse. Lei e buona e se gli parlerai con il cuore capirà, ne sono certo.

  • Io … tutto qui? … non sei arrabbiato? – Maya si sorprese nel sentirsi indisposta – non sei deluso?

  • Niente in te può deludermi …

  • Cosa? – la ragazza sgranò gli occhi – io ho tentato di uccidere Hilda … l’ho pianificato …

  • Ma non lo hai fatto …

  • Perché tu e Shaina mi avete fermato!

  • Non lo avresti fatto comunque …

  • Cosa? Ma cosa dici? Come fai a saperlo? Tu non puoi conoscere il mio destino … tu non mi conosci …

  • No, è vero … non ti conosco bene e non conosco il tuo futuro … ma ti sento …. ti sento forte e chiaro Maya … ti ho sempre sentito …

  • Ma cosa dici … - la ragazza sempre più incredula lo guardava confusa – come … mi senti?

  • Sento i tuoi sentimenti … frustrazione, gelosia, invidia …. li ho riconosciuti … facile per me, sai? Sono i sentimenti che mi hanno accompagnato per tutta la mia esistenza triste e spenta. E’ brutto sentirsi inadeguati. E prima che tu mi dica che non è così … non bisogna essere per forza brutti per essere invidiosi e per sentirsi inadatti. Tu sei bellissima, almeno per me – il volto di Edgar si colorò di rosso a pronunciare quelle parole – eppure ti sei sempre sentita fuori posto, non è vero?


Maya non rispose. Quell’omino così improbabile era giunto a comprenderla più di quanto aveva fatto chiunque, compresa lei stessa. Sorprendente. Eppure non era vero, non del tutto.

La ragazza dai capelli rossi ripensò a sua sorella. La sua dolce Mya che aveva sempre cercato di raggiungere il suo cuore. Un fitto dolore permeò il suo corpo e una visione piena di colori invase la sua vista.

Urlò, disperata. Urlò talmente forte da spaventare Edgar. L’ometto si voltò convinto di avere alle spalle un nemico da sconfiggere, ma quando non vide nulla di fronte a se, tornò a guardare Maya. Osservò lo sguardo perso e terrorizzato ed ebbe paura. Non era certo una novità, ma in quel momento gli sembrò di non poter muovere neanche un suo sopracciglio per quanto la paura lo avesse catturato. Non per lui, non più. Era per lei, solo per lei che aveva il terrore aggrappato alla pelle.

La chiamò, delicatamente, che il pericolo non era certo all’esterno, almeno questo pensava di averlo compreso. Era la visione di un possibile futuro che stava terrorizzando la ragazza.

Maya, dal canto suo, sentendo la voce del suo nuovo paladino in lontananza, si ridestò e afferrando le sue braccia attraverso le sbarre, lo scrollò:


  • Ti prego … Edgar … ti prego … corri da Mya. E’ in pericolo … morirà … se tu non fai qualcosa morirà.


Edgar non se lo fece ripetere. Quello era l’ordine della sua Dea e lui avrebbe fatto di tutto per eseguirlo. Senza conoscere il nemico e il destino, affrontò le scale della prigione come un leone. Uscì alla ricerca di Mya con la promessa negli occhi di proteggerla da qualunque avversità. Tutto per Maya.














Milo passeggiava avanti e indietro nel corridoio, nervoso come uno scolaretto alla sua prima interrogazione. Quella sera, nella sala grande di quell’immenso palazzo di ghiaccio, si stava svolgendo la festa che Lady Hilda aveva voluto organizzare per il suo ritorno.

Una festa curiosa che agli occhi del cavaliere di Scorpio sembrava solo un tentativo maldestro di far sembrare tutto normale. Eppure Milo sentiva che nell’animo delle persone a lui vicine, nulla sarebbe stato più uguale.

Mya, in preda alla disperazione, per la sorte ancora sconosciuta che aspettava la sorella, si era nascosta in un angolo, silenziosa e spenta.

Edgar, tetro e triste come mai prima d’ora, era andato a trovare Maya di nascosto da tutti.

Camus, appoggiato ad una delle colonne osservava distrattamente gli invitati, gli abiti ed il buffet.

Milo aveva provato ad intrattenere una conversazione con il suo amico, ma dopo mille non risposte alle sue domande, aveva deciso di rassegnarsi al fatto che quell’uomo, almeno per quella sera, non lo avrebbe mai reso partecipe dei suoi drammi. Per questo aveva deciso di allontanarsi e di sfogare la sua frustrazione consumando il pavimento del corridoio.

Dopo l’ennesima giravolta per tornare sui suoi passi, si ritrovò addosso il cavaliere di Ofiuco e trovandosela praticamente fra le sue braccia, con il profumo aspro di agrifogli che invadeva le sue narici, si domandò come avesse fatto a dimenticarsi di lei.

Shaina, con una spinta energica, lo allontanò da lui. Lo sguardo, a quel punto, si soffermò ad osservare la figura esile e al tempo stesso muscolosa della ragazza.

Invece della solita divisa, la guerriera indossava un vestito da sera, probabilmente fattole avere da Lady Hilda e, pur con la maschera addosso, nell’insieme la trovò piacevole e sensuale, tanto di fargli venire la voglia di strappargli quell’infernale arnese dallo splendido volto che nascondeva.

Milo arrossì a quel pensiero, così poco discreto e la ragazza se ne accorse. Eppure fraintese, come ogni volta.


  • Sono stata costretta dalle ancelle di Lady Hilda a mettermi questo ridicolo abito. Hanno detto che qui non è consentito alle donne di indossare pantaloni. Che cosa ridicola! E tu smettila di burlarti di me. Mi hai già umiliato nel campo, non c’è bisogno che continui a mortificarmi anche qui.

  • Perdonami … io … non era mia intenzione – Milo pronunciò quelle parole in maniera confusa, imbarazzato ancora del suo pensiero così poco casto.

  • Perché mi stai guardando in quel modo?

  • In che modo?

  • Sembra quasi che tu voglia uccidermi. – nel volto di Shaina, al ricordo dello scontro avuto con quell’uomo, comparve una sincera espressione di terrore. Il suo orgoglio era ferito. Aveva compreso finalmente di non essere alla sua altezza, ma provare addirittura paura la mortificava e la rendeva vulnerabile.

  • No … al contrario – quelle parole allarmarono ancora di più la giovane guerriera e Milo se ne rese conto – io … ecco … ci tenevo a porti le mie scuse.

  • Scuse? – a quel punto Shaina era completamente in balia della confusione – scusa per cosa?

  • Per averti aggredito e colpito senza alcun rispetto.

  • E’ così che si fa tra cavalieri – la ragazza risposte infastidita – oppure non mi ritieni alla tua altezza?

  • Sei uno dei cavalieri più tenaci e indomiti che abbia mai incontrato – Milo sorrise – ed io ho sbagliato a non comprendere che tu stavi facendo semplicemente il tuo dovere.

  • Già – Shaina sospirò – ma probabilmente dovrei farlo riflettendo meglio sulle situazioni. Quello che ho fatto ad Edgar è ingiustificabile.

  • Vero – Milo sorrise, facendo un passo avanti verso di lei, costringendola così a fare un passo indietro – ciò non toglie che tu hai fatto semplicemente il tuo dovere ed io ho abusato delle miei forze.

  • Che cosa ti prende Milo? – Shaina, sinceramente preoccupata per lo sguardo strano del suo interlocutore, fece un altro passo indietro, trovandosi con le spalle al muro.

  • Nulla – Con due passi il ragazzo si ritrovò a sovrastarla, impedendole di fatto alcuna via di fuga – è solo che ad ascoltare questa musica e a vederti con questo vestito mi è venuta voglia di ballare. Permetti?


Prima che la guerriera potesse rifiutare, si ritrovò stretta fra le braccia del cavaliere di Scorpio, a volteggiare sul pavimento di quel corridoio, adiacente alla sala grande.

Se all’inizio, vergognandosi e trovandosi a disagio nell’essere stretta al corpo di quell’uomo, provò a liberarsi dalla sua presa, dopo poco, catturata dalla musica e dal suo profumo, si ritrovò a volteggiare con lui, incredula per quanto stava accadendo.

Entrambi, rapiti dai movimenti dei loro corpi e dalla musica, smisero di pensare e di farsi la guerra e per il tempo di quel valzer, si sentirono due semplici ragazzi ad una festa.

Milo, constatando l’assenza di qualsiasi forma di vita in quel corridoio, con un gesto dolce e delicato, sfilò la maschera dal volto di Shaina e lei, benchè imbarazzata gliene fu grata.

Sapeva che quella situazione era surreale e per certi versi ridicola, ma nella loro vita, fatta di battaglie e morte, quel momento così poco consono, le sembrò una ventata di aria fresca.

Aveva bisogno di quell’ossigeno per tornare a vivere e a credere che la sua esistenza potesse avere un senso, e così si abbandonò fra le braccia di quel ragazzo così affascinante e dal carattere impossibile, sognando per un’istante di essere la sua fidanzata.

Milo si lasciò abbracciare e sentendo il corpo della ragazza così morbido e rilassato, la strinse ancora più forte a lui. Non era tipo da analizzare le situazione e i sentimenti e, per certi versi, quella era sempre stata la sua fortuna, eppure in quel momento, avrebbe voluto comprendere i sentimenti che spingevano Shaina a rimanere ancora attaccata a lui, pur sapendo quanto lo disprezzasse.

In quella magia, avvolto dalla splendida sensazione di avere almeno un momento normale in quella maledetta vita, Milo smise di ballare e senza separarsi dalla sua compagna, si abbassò su quel volto così bello e prezioso per catturare da quelle labbra sensuali un alito di vita pulita.

La sensazione che gli rimandarono quei due gioielli fu un’esplosione di colori, di rimpianto e di invidia. Non avrebbe mai potuto aspirare ad una vita normale, lo sapeva, ma in quel momento si rese conto di quanto in fondo provasse invidia per Edgar che, una volta cessata quella ridicola storia, sarebbe potuto tornare ad una vita normale. A lui quel lusso non sarebbe mai stato concesso.

Se solo avesse potuto veder realizzato un suo desiderio, sarebbe stato quello: rimanere attaccato alla bocca di Shaina per il resto dei suoi giorni.

La ragazza, benchè sorpresa da quel gesto, dischiuse le labbra, si lasciò baciare e catturata da quella sensazione confortevole e piena di calore, lo coinvolse in un bacio ancora più profondo.

Era la prima volta che sentiva le labbra di un uomo e la sua lingua andare così in profondità. Aveva visto tanti film in cui i due protagonisti si baciavano nel modo in cui ora stavano facendo loro, eppure mai avrebbe pensato che le sarebbe venuto così naturale farlo.

Non si domandò perché gli consentisse tutto ciò, non era importante, quello che contava in quel momento era quella sensazione di vita che le si era insinuata nella pelle. Erano le labbra di Milo che la stavano inebriando.

Milo con i suoi muscoli e il suo caratteraccio sempre in bella mostra. Milo, così sbruffone da essere insopportabile. Milo così bello da togliere il respiro. Milo a volte così ottuso da volerlo picchiare. Milo che un giorno sarebbe morto, trafitto da qualche nemico, in difesa di Atena. Quell’ultima immagine trafisse il suo cuore.

Shaina con una spinta lo allontanò, staccandosi da quel bacio che era vita e morte al tempo stesso. Allo sguardo sorpreso del ragazzo, la sacerdotessa decise di rispondere con onestà:


  • A nessuno di noi due è concesso di provare queste emozioni. Tu morirai … io morirò … l’amore è qualcosa che non appartiene a guerrieri come noi.

  • Già – Milo sorrise di un sorriso così malinconico che spezzò il cuore della ragazza – è stato bello però toccare il cielo con un dito. I tuoi baci tolgono il respiro Shaina. Non darli via …


Senza aggiungere altro, il ragazzo si voltò e si allontanò. Entrambi sapevano che la loro storia, fatta di guerra e amore, era giunta alla parola fine.

Il cavaliere di Ofiuco avrebbe smesso di fargli la guerra perché alla fine si era ritrovata ad innamorarsi di lui.

Eppure quell’amore, solo accennato, non avrebbe potuto proseguire oltre.

Nel futuro di entrambi, il sangue sarebbe stato l’unico rosso consentito.

I loro caratteri non avrebbero permesso ad entrambi di accettare alcun compromesso.

Scegliere la vita oppure la morte, di questo in fondo si trattava e nessuno dei due, troppo orgoglioso per rinunciarvi, avrebbe mai accettato di barattare la propria felicità per la felicità del mondo.

Milo, prima di entrare nella sala grande si voltò un’ultima volta ad osservarla. Voleva imprimersi nella sua mente l’immagine del suo volto bello e selvaggio, prima che venisse per sempre nascosto ai suoi occhi da quella orribile maschera. Sorrise di un sorriso che fece emozionare Shaina:


  • Eppure io ci sarei stato bene con te.


Non aggiunse altro, che non c’era altro da dire e la ragazza, vedendolo scomparire dietro la grande porta bianca, arrossì: in fondo al cuore sapeva che anche lei ci sarebbe stata bene con lui.






Altro capitolo, finalmente … dai dai … che lentamente anche questa storia sta finalmente giungendo al termine. Altri pochi capitoli e poi metteremo fine anche alla storia del povero Edgar.


  
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