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Autore: Tsukuyomi    28/06/2009    6 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gemelli La notte trascorse in fretta per i tre adulti, lasciando loro in ricordo delle marcate e scure occhiaie.
Uscirono dal dormitorio dei bambini con la sola voglia di lasciarsi andare al sonno, ma non era possibile. Non per tutti almeno.
Angelo, Tyko e Shura ebbero il permesso di poltrire per qualche giorno in attesa che la spossatezza, causata loro dalla febbre, svanisse.
Gli altri bambini che dividevano lo stanzone con loro uscirono per andare a fare colazione, per poi dirigersi verso le arene di allenamento.
Kanon, Saga e Aiolos mangiarono in silenzio, seduti tutti e tre
allo stesso tavolo, incerti se prendere o meno il discorso sui nuovi arrivati, in privato. Come se fossero membri del senato, saggi con facoltà di decidere della vita degli altri. Dopotutto erano i più grandi della camerata e da loro dipendeva parte dell’integrazione dei tre malati. Sì, era necessario che prendessero il discorso, almeno per rompere quel silenzio fastidioso.
«A me piacciono – esordì Aiolos – tutti e tre. Anche se li abbiamo appena conosciuti sembrano in gamba e sono dei prescelti come noi. Un domani potremmo formare una squadra. Tutti insieme.»
Saga annuì a quelle parole, con un sorriso stampato sulle labbra.
«Piacciono anche a me. Soprattutto Angelo.», s'intromise anche Kanon nella discussione, deciso a dire la sua.
«Ti piace solo perché ha gli occhi rossi – lo punzecchiò il fratello – e i capelli bianchi. Lo so.»
«Non è vero. Mi piacciono i suoi occhi e i suoi capelli, ma mi sembra forte. Se dobbiamo diventare Cavalieri d’oro è giusto che ce ne sia uno fortissimo.»
Aiolos ascoltava con curiosità le parole che si scambiavano i due fratelli.
«Tu che ne pensi Aiolos? Ti piace Angelo?» chiese Saga.
«Sì, mi piacciono tutti e tre. Ve l'ho già detto. Appena possibile chiederò anche ad Aiolia cosa ne pensa, anche se forse è troppo piccolo per capire a cosa mi riferisco».
Mentre Saga poggiava le posate sul tavolo, dopo aver ascoltato le parole di Aiolos ed averci rimuginato sopra per qualche istante, si premurò di avvisare l'amico riguardo l'incredibile udito di un piccolo, curioso greco che amava trascorrere il tempo con Aiolia.
«Stai attento che non ti senta Milo, o farà di tutto per conoscerli e darti anche la sua opinione in proposito.»
Kanon si limitò ad annuire con forza e con gli occhi chiusi, a voler sottolineare l'espressione che, secondo lui,  non aveva bisogno di parole. Sembrava dicesse "ha ragione". Aiolos rise e tranquillizzò i gemelli.
«Non preoccupatevi, farò attenzione a Milo. Però sembra che anche lui si sia rivelato un prescelto e quindi anche lui ha il diritto di dire la sua.»
Kanon sbuffò e roteo gli occhi all'indietro, per poi aggiungere:
«Ma lo conosci anche tu Milo, è capace di parlarti per ore su cose a caso, non è attendibile.»
«Kanon, anche Aiolos non ha tutti i torti. Proviamo. Vediamo che succede. Ma forse dovremmo fare in modo che lui non capisca che vogliamo la sua opinione in proposito.»
«Fratello, Milo, come Aiolia del resto, ha solo tre anni, come pretendi che possa darti un'opinione giusta o utile sui nuovi arrivati. Dai, è stupido.»
«Che ci costa provare? Se ci sembra che dicano stupidagini basta non dargli retta.» lo ammonì il fratello.

I bambini vennero fatti alzare dai tavoli e
le nutrici si affrettarono a separarli. Alcuni di loro sarebbero stati portati alle arene, altri in alcuni templi in cui avrebbero potuto iniziare ad  imparare a scrivere e a leggere.
I tre ripresero il discorso mentre si avviavano con calma nel luogo in cui avrebbero fatto un’interminabile corsa seguita da esercizi di vario tipo.
«Perché ti piacciono?» Saga era curioso di sapere il motivo per cui all’amico piacessero i tre e non volle demorderse sinché non ebbe una risposta chiara ed esaustiva.
«Non lo so, non c’è proprio un motivo preciso. Lo sento che sono bravi. Andremo d’accordo. E a te perché piacciono, Saga?»
«Per lo stesso motivo per cui piacciono a te. Non lo so neanche io.»
Kanon intervenne nella discussione.
«E se non riuscissimo tutti a diventare cavalieri? Insomma, sappiamo già che solo io o Saga potremmo vestire l’armatura, non sappiamo ancora chi dei due perché dobbiamo ancora combattere. Ma se anche uno di loro non dovesse diventare cavaliere? Sarebbe triste.»
Aiolos e Saga annuirono. Aveva ragione Kanon.
Per loro il momento in cui avrebbero indossato un’armatura si avvicinava sempre di più. Avevano undici e dieci anni e sarebbero partiti presto per i luoghi di addestramento che il Gran Sacerdote avrebbe scelto per loro.
Aiolos si fermò a pensare alla possibilità che potesse dover lasciare da solo il fratello. Aiolia era ancora troppo piccolo e non voleva abbandonarlo. Era l’unica figura familiare rimastagli. Erano soli.
Certo, anche Aiolia sarebbe cresciuto  e forse anche lui sarebbe potuto diventare un cavaliere d’oro.
Non sapevano ancora se anche nel piccolo greco fosse presente quella scintilla divina che gli avrebbe permesso di combattere in nome della giustizia. Aiolos lo sperava con tutto il cuore. Sperava che potessero avere la fortuna toccata ai due gemelli. Significava che non si sarebbero mai dovuti separare e che se fosse successo sarebbe stato per poco. Gli piaceva da morire l’idea di poter dividere tutto col fratellino. Non voleva che Aiolia venisse privato anche della gioia di avere un fratello. Non aveva mai conosciuto il padre e probabilmente non ricordava nulla della madre. In questo era assimilabile ad un altro bambino lì al Santuario, che venne trovato in un campo da Akylina. Lei lo condusse al Santuario senza sapere che in lui già si agitava il potere delle stelle.

Arrivarono all’arena.
Gli esercizi di riscaldamento venivano seguiti dagli aspiranti cavalieri ormai adolescenti.  Aiolos iniziò a correre seguendo il solito percorso, era lo stesso ogni mattina, seguito a ruota dai due gemellini che, anni prima, avevano scoperto di poter comunicare tra loro anche con il pensiero. Alle volte riuscivano anche ad imbucarsi nelle menti altrui, ma non sempre il gioco riusciva.

- Ehi fratello. Non ho voglia di correre oggi.
- Neanche io, ma dobbiamo o non riusciremo a diventare cavalieri se non ci alleniamo tutti i giorni. Li senti anche tu i discorsi che ci fanno, per cui zitto e corri.
- Sono zitto.
- Ah già…senti Kanon … pensi mai alla mamma?
- A volte.
- Cosa pensi?
- Che mi manca un po’, ma tanto anche se stiamo qui a piangere lei non torna.
- Lo so anche io. Ma a volte mi manca davvero tanto. Ti ricordi quando ci portava a vedere gli allenamenti degli altri?
- Sì. Ma ci portava solo perché era lei ad allenare e non ci voleva lasciare a casa da soli.
- E ti ricordi cosa ci diceva?
- Non tanto, ricordo solo il giorno in cui ci disse che potevamo essere cavalieri d'oro.


«Ehi piccoli, venite qui. Sapete una cosa?»
«No, cosa?»
«Oggi è venuto il Gran Sacerdote in persona per parlarmi di voi.»
«Cosa abbiamo combinato questa volta?» Kanon era sicuro dell’ennesima sgridata. La aspettava. I due gemelli ne combinavano di tutti i colori e in molti andavano a lamentarsi dei loro giochi. Quella volta pensò che ne avessero combinata una davvero grossa se il Sommo Sion in persona si era recato dalla madre.
«Kanon…che hai combinato? Anzi, che avete combinato?»
Saga si sentì improvvisamente offeso da quella presa di colpa del fratello e dalle domande materne e sentì un imperituro dovere ad intervenire.
«Niente. Proprio oggi non abbiamo fatto nulla.»
I bambini ricevettero una carezza dalla giovane donna in armatura. Si levò la maschera e si sedette sui gradini di casa, invitando i figli a prendere posto accanto a lei.
«Venite, è importante.»
I fratelli si scambiarono un’occhiata complice e presero posto vicino alla madre: uno a destra e uno a sinistra. Li cinse a sé con le braccia e dopo aver schioccato un bacio sulla testa di ognuno parlò.
«Il Sommo Sion mi ha detto che siete due prescelti.»
«Prescelti per cosa?» chiese Saga.
«Per diventare Cavalieri d’oro. Non vi piacerebbe?»
Gli occhi dei bambini si illuminarono di gioia e iniziarono a parlare tra di loro, in un modo che solo loro capivano. Si erano inventati un modo di parlare che fosse solo ed esclusivamente loro.
«Olletarf, otnetnoc ies?»
«Otrec! Ireilavac omeras! arol odev non.»
«Irtla ilga ehcna olrid omaibbod!»
«Otibus.»
Ad un ascoltatore qualsiasi sembrava che blaterassero sillabe a caso, ma loro si capivano. E anche la madre aveva imparato a capire quel particolare modo di parlare.
«State buoni adesso o non vi dico nient’altro. Lo so che siete contenti, ma agli altri bambini ne parlerete più avanti.»
Obbedirono e ascoltarono le parole che la madre aveva loro da dire.
«Scusa mamma» dissero in coro sorridendo alla mamma.
«Allora avete l’opportunità di diventare cavalieri d’oro. Però c’è un problema bambini miei. Solo uno di voi due potrà vestire le sacre vestigia. Dovrete affrontarvi quando sarete più grandi.»
Saga e Kanon per un istante si oscurarono. Avevano davvero capito bene? Avrebbero dovuto combattere tra di loro sul serio? Nessuno dei due voleva dover affrontare l’altro.
«Non fate quelle facce piccoli. So che possa sembrare ingiusto, ma dovete tenere a mente una cosa. Sempre. Qualunque cosa accada. Promettetemi ora che terrete fede alla mia richiesta.»
«Lo prometto mamma.»
«Lo prometto anche io, come Saga.»
«Benissimo. Vedete, è come se voi foste una sola persona divisa in due corpi. Riuscite a comunicare col pensiero e a mettervi d’accordo tra di voi senza neanche dover cercare lo sguardo dell’altro. Solo uno di voi due potrà essere un cavaliere d’oro, ma voglio che l’altro rimanga sempre accanto al fratello e che niente e nessuno vi possa mai dividere. Promettetelo.»
Kanon e Saga abbassarono lo sguardo. Non avevano capito esattamente quello che la madre chiedeva loro, avevano solo cinque anni, ma in un certo modo avevano colto quello che intendeva.
Chi di loro non avrebbe potuto vestire le sacre vestigia sarebbe dovuto rimanere accanto all’altro e supportarlo come se l’armatura fosse sua.

Rasalhague era un cavaliere d’argento. Aveva partorito i due bambini alla vigilia di una battaglia. Il compagno aveva deciso di andare, benché fosse un semplice soldato. Morì per proteggere il Santuario e i suoi due bambini che vedevano la luce in quel momento. Lei non si diede mai per vinta e dopo lunghe riflessioni decise di tenere i piccoli e provare a dar loro un futuro. Ora scopriva che i gioielli che le illuminavano le giornate erano prescelti. Avrebbero avuto una vita difficile e dolorosa, ma se fossero rimasti sempre vicino le cose sarebbero state più sopportabili.
Pochi mesi dopo aver fatto quel discorso ai figli morì. Il suo ultimo desiderio, sussurrato tra le labbra che vomitavano sangue fu:  «João, prenditi cura di loro finché non saranno in grado di farlo da soli, e poi seguili da lontano. Sempre.» per poi spegnersi subito dopo tra le convulsioni scatenate dalla vita che scivolava via dal corpo.

-

João  aveva assistito alla morte di Rasalhague, una delle donne più forti e stupende che avesse mai conosciuto. Era legata a lei da una forte amicizia che si stava trasformando in qualcosa di più. Fu il portoghese a dare la notizia della morte della mamma ai due gemellini. Fu la cosa più difficile da fare, come poteva fare in modo che accettassero la nuova condizione senza distruggersi di dolore? Avevano solo la madre al mondo e non conobbero mai il padre.
Saga non disse nulla. Kanon proferì un secco «mmh».
João rimase impietrito da quelle reazioni. Neanche una lacrima? Neanche un dov’è mamma?
«Abbiamo capito. Cosa ci succederà ora?»
«Saga, resterete qui al Santuario. Mi prenderò cura io di voi per un po’. L’ho promesso a vostra madre. Siete stati il suo ultimo pensiero.»
«Dove vivremo?» chiese Kanon.
«Assieme agli altri bambini, al dormitorio. Starò io vicino a voi. State tranquilli.»
Non erano preoccupati. Sapevano cosa dovevano fare. Stare sempre l’uno vicino all’altro. Continuare ad essere una cosa sola.

-

Continuarono a correre, sollecitati dalla rabbia che provavano nei confronti della madre. Di recente si erano scoperti ad odiarla, dopotutto li aveva abbandonati. Una mamma non dovrebbe combattere. Questo loro pensiero li colpiva sempre allo stesso momento, senza dar loro una possibilità di sfuggirgli. E, irrimediabilmente, li colpiva sempre immediatamente dopo che ne sentivano la mancanza. Ma affrontavano il dolore in modo diverso.
Saga rifletteva, Kanon sembrava indifferente ma digrignava i denti di nascosto.

Finita l’interminabile corsa, i ragazzini vennero portati in un’altra arena, poco distante, dove li attendevano i cavalieri d’argento e qualche soldato.
Erano ancora troppo pochi i cavalieri perché potessero prendersi cura degli allenamenti di tutti gli aspiranti e i soldati si erano rivelati davvero un aiuto prezioso, soprattutto Akylina e Leurak. Ma quella mattina Leurak non era presente; aveva una nottata in bianco da recuperare.

C’era vento quella mattina.
I morbidi riccioli rossi di Galgo ondeggiavano seguendo il vento, bloccati solamente da un elmo, che impediva loro di ricadergli sul volto. Il suo corpo era protetto dall’argentea corazza per cui combatté anni prima: l’armatura dei Cani da Caccia. Il suo volto era stanco e segnato da pesanti occhiaie scure, che testimoniavano la nottata insonne.
Al suo fianco Akylina, protetta da delle consunte protezioni in cuoio e metallo, le braccia conserte e la maschera opaca che la rendeva innaturale, inumana.
I ragazzini si misero ordinatamente davanti agli adulti, a quadrato e in file da sei alternate, in modo che gli adulti potessero vederli tutti e correggerne i movimenti se necessario.
«Buongiorno.» disse Galgo con voce sicura, saluto ricambiato in coro dai presenti.
Saga, Aiolos e Kanon avevano sempre un posto in prima fila.
Anche se gli allenamenti erano massacranti gli piacevano. Imparavano tante cose riguardo l’anatomia e scoprivano i punti deboli del corpo, come i punti di attacco dei muscoli che lasciavano scoperti i tendini, l’ubicazione dei nervi principali, come dar maggior forza al pugno se il movimento partiva con la mano aperta, ad immobilizzare senza arrecare danno e dolore e imparavano ad uccidere e torturare. Avevano già imparato diversi metodi per uccidere.
Assorbivano ogni parola come se fossero spugne in acqua. Volevano vestire le armature dorate.
«Oggi faremo delle simulazioni di combattimento. Avete già imparato diverse tecniche d’attacco e di difesa.»
I bambini annuirono. Erano pronti ad iniziare.
Galgo e Akylina si misero l’uno di fronte all’altro e si misero in guardia. L’irlandese spiegava ogni gesto che eseguiva. Invitò la giovane a lanciarsi all’attacco e lei obbedì, senza proferir parola.
Simulò un calcio basso, diretto alle ginocchia del rosso, che venne parato senza fatica alcuna alzando la gamba e assorbendo l’impatto con i quadricipiti. Appena la gamba di Akylina colpì il muscolo dell’amico, cercò di farvi perno e assestargli un calcio in pieno volto. Galgo si fece colpire, per dimostrare ai bambini che una piccola distrazione sarebbe potuta costare cara.
I bambini rimasero di stucco nel vedere un cavaliere d’argento colpito da un semplice soldato e per giunta donna.
«Com’è possibile? Come ha fatto a colpirti? E’ una donna e non è un cavaliere.» disse Ankel, un ragazzino russo, anche lui pretendente ad una delle armature dorate.
«Ricordatevi sempre, e dico SEMPRE, di non sottovalutare mai l’avversario. Mai. Mi son distratto. Non ho fatto caso ai movimenti della muscolatura di Akylina e ho dato per scontato che essendo lei una donna avrebbe avuto meno forza fisica di me. Aiolos, vediamo se eri attento. Dove ho sbagliato?»
«Hai sottovalutato l’avversario.»
«Esatto. Saga, cosa avrei dovuto fare?»
«Tenere alta l’attenzione sul corpo dell’avversario e restare concentrato sui suoi movimenti. »
«Kanon, poi?»
« Mai abbassare la guardia e sempre tenere lo sguardo sull’avversario.»
«Benissimo. Ora dividetevi a coppie e simulate tra di voi un combattimento. Cercate di non farvi male, la giornata è appena all’inizio e non è il caso che saltiate l’allenamento.»

«Saga, fai coppia con Aiolos, io voglio confrontarmi con Ankel.»
«Ok fratello, vacci piano. Ricorda, nessuno di noi deve farsi male.»
«Sì, sì.» rispose dando ormai le spalle al fratello e all'amico.
Kanon si diresse a passo sicuro verso Ankel che parlottava con altri ragazzini.
Si erano formati due gruppetti principali nella camerata, dovuti alle reciproche antipatie. Ankel in particolar modo non sopportava la perfezione di quei tre, sempre lodati e considerati da tutti i soldati e cavalieri. Solo perché due di loro erano figli di una loro compagna. Non era giusto. Avrebbero dovuto trattare tutti allo stesso modo. In realtà veniva fatto, tutti venivano sgridati e lodati allo stesso modo. La confidenza che Kanon e Saga avevano acquisito con gli adulti era dovuta solamente al fatto che molti di loro li avevano visti nascere, li avevano conosciuti il giorno in cui vennero al mondo.

«Ankel, vuoi fare coppia?»
«No. Vattene.»
«Dai, Saga fa coppia con Aiolos e io resto solo. Gli altri sono tutti troppo deboli e vincerei subito. Con te ci sarà da divertirsi.»
«Ho detto no. Torna da tuo fratello piagnone.»
«Non puoi non voler combattere e poi dare del piagnone a mio fratello, mi stai provocando. Fossi in te alzerei la guardia.»
Ankel non ascoltò le parole di Kanon che si lanciò all’attacco. Venne colpito in pieno volto da un pugno ben dato. Le nocche di Kanon, ormai allenate e indurite, impattarono con violenza sul naso dell’altro, che iniziò a sanguinare.
«Mi hai rotto il naso!»
«Ti avevo detto di alzare la guardia.»

Galgo e Akylina osservavano la scena da lontano.
«Galgo, dobbiamo intervenire. Kanon e Ankel stanno…»
«Lasciali fare. Se riescono a non farsi male meglio, ma devono imparare a fare i conti anche col dolore. Se si viene feriti in battaglia bisogna  solo riuscire ad isolare il dolore e non farsi distrarre. E’ giusto che imparino. Meglio ora che in guerra, dove imparare una lezione del genere può costare la vita.»
«Cos’hai Galgo?»
«Niente, perché?»
«Sei cupo oggi. Non sei allegro come al solito.»
«Sono solo un po’ stanco, non ho chiuso occhio. Sono rimasto a vegliare sui bambini stanotte. Angelo, Shura e Tyko hanno fatto i vaccini ieri.»
«Capisco.»

Ankel era arrabbiato. Non era stato in grado di difendersi. Fissava inebetito Kanon, nel mentre che cercava di tamponare la fuoriuscita di sangue. Il dolore era pulsante e perse quasi il controllo dei pensieri.
«Forza. In piedi, non abbiamo ancora finito.»
«Non ho intenzione di continuare. Vado in infermeria.»
«Vigliacco.»
«Rimangiatelo.»
«Sei un vigliacco. Hai paura di perdere e scappi. Se qualcun altro ti avesse chiesto di combattere l’avresti fatto. Perché contro di me no? Hai paura perché sai che sono molto più forte di te.»
«Ho paura non perché sei più forte di me, ma per i tuoi occhi. Non sei una persona di cui ci si può fidare. Hai gli occhi di un pazzo, occhi che ho già visto e so riconoscere.»
Finita la frase il piccolo russo si incamminò verso l’infermeria. Kanon rimase impietrito nell’udire quelle parole. Il sentimento di inadeguatezza che provava si faceva sentire più forte che mai. Sentì le lacrime che si preparavano a scendere e le inghiottì. Non avrebbe mostrato una debolezza simile davanti agli altri e soprattutto non davanti al fratello. Aveva capito di essere il più forte dei due e aveva capito che se si fosse mostrato debole ne avrebbe sofferto anche il fratello e questo non lo voleva. Assolutamente.
Non udì i passi di Galgo che gli si avvicinava alle spalle. Era troppo preso a sconfiggere quelle salate gocce di dolore.
«Kanon  che succede?»
«Niente. Ha paura.»
«Io vedo solo una persona impaurita qui. E non si tratta di Ankel ma di Kanon. Vieni con me.»
Galgo 
s'incamminò per una stradina sterrata che conduceva ad alcuni templi, seguito dal piccolo greco che fissava la terra battuta dal maestro, per poi volgersi e parlare ad Akylina da lontano: «Controlla tu gli altri».

- Dove vai?
- Non lo so, mi deve parlare. Continua ad allenarti. Aiolos è un osso duro, stai attento.
- Non preoccuparti per me e non staccare il contatto.
- Saga, non ti preoccupare tu ora e fai del tuo meglio, ne parliamo dopo...

Kanon allontanò la mente del fratello dalla sua, riuscendo a scatenare tutta l’apprensione di Saga che aveva esplicitamente chiesto di restare in contatto, in modo che anche lui potesse sentire quello che i due si dicevano.
Aiolos notò l'ansia del compagno. Non aveva fretta, avrebbero potuto simulare il combattimento anche in seguito, l'allenamento era appena iniziato.
«Saga, se vuoi cominciamo quando torna Kanon.»
«No, combattiamo ora.»
Si fronteggiarono e alzarono la guardia. Si osservarono a lungo, cercando di cogliere i movimenti muscolari che, come insegnava Galgo, avrebbero suggerito il movimento successivo. Le maglie a maniche corte lasciavano intravedere parte dei bicipiti e gli avambracci, i pantaloni non troppo larghi avrebbero permesso ad un attento osservatore di scrutare le contrazioni dei quadricipiti e in particolar modo del sartorio. Aiolos accennò un calcio, una piccola finta atta a verificare se l'altro sarebbe stato in grado di pararlo.
Saga arretrò di un passo. Aveva capito il movimento. Si fissarono un istante negli occhi e sorrisero, invitandosi reciprocamente all'attacco.

Il cavaliere d’argento portò il ragazzino greco in disparte, all’entrata del primo tempio che trovò sul percorso. Non erano lontani dal luogo dove si svolgevano gli allenamenti, potevano addirittura seguirli da lì, benché parte dell'arena fosse coperta da alcune mura.
Galgo si accomodò sui gradini consumati dal tempo e si sfilò l’elmo, lanciandolo al bambino che lo prese al volo, per poi  massaggiarsi con forza gli occhi stanchi e doloranti. Non poteva mancare ai suoi doveri anche se avrebbe voluto riposare almeno qualche ora.
Fu diretto e prese subito il discorso.
«Kanon, perché lo hai colpito così?»
«Così come?» chiese con poco interesse.
«Senza che fosse pronto». Era ovvio quello che intendeva Galgo. Sapeva che anche Kanon sapesse a cosa si riferiva, ma aveva preferito dimostrarsi distratto. Si sentiva un po' in colpa per quel gesto, ma dopotutto Ankel era stato avvertito prima dell'attacco. In quel momento il futuro guerriero pensava solamente a quello che gli era stato detto. Non erano vere le parole di Ankel. Non era pazzo.
Rispose comunque a Galgo, inghiottendo un'amara rabbia che non voleva si manifestasse.
«Ho solo colto il momento propizio, e comunque l’ho avvertito che lo avrei fatto. Affari suoi se non ha alzato la guardia.»
Pensava davvero che il rosso si serebbe bevuto tutto e che non avrebbe più proferito parola, invitandolo a dirigersi nuovamente nel punto di allenamento.
«Ho ascoltato quello che ti ha detto. Che ne pensi?»
Galgo non era stupido, tutt'altro. Poteva ben immaginare come si sentisse Kanon, che rispose con sincerità e con malcelato disprezzo.
«Che è un idiota.»
«Sicuro? A me è sembrato che tu abbia cambiato atteggiamento. Non lo vuoi ammettere ma le sue parole ti hanno ferito e anche in profondità. Kanon, vedi…io sono qui anche per parlare. Non sono solamente il vostro allenatore. Non devo solo insegnarvi l’arte della guerra ma anche forgiare dei guerrieri coscienti di cosa sia la guerra, e questa è senza dubbio la parte più difficile.
»
Galgo trasse un respiro e andò avanti nel discorso, cercando un contatto visivo col greco intento a fissare il gradino sul quale il suo interlocutore era seduto.

«
Ogni torto che subite dev’essere affrontato con serenità e spirito critico. Non so se riuscirai a capire le mie parole, ma non devi lasciarti ferire. In futuro, quando avrai un’armatura e sarai inviato nelle zone di guerra, ascoltare nuovamente commenti e insulti che non sei riuscito a superare ti renderà cieco, incapace di intendere e volere. Farai degli errori di cui ti pentirai. Mi capisci?»
«No.» Reticenza.
«Kanon, parla con me. Dimmi cosa ti ha fatto stare male.»
«Niente, l’ho lasciato andare perché non vale la pena misurarsi con un vigliacco. Sono più forte di lui e non voleva essere sconfitto davanti a tutti.»
Mentre parlava alzò lo sguardo fino ad incrociare quello del suo interlocutore. In fin dei conti non aveva fatto nulla di male e mal tollerava quella sorta di processo, non aveva bisogno di essere giudicato. Galgo, però, sapeva cosa lo aveva colpito come una freccia in pieno petto.
«Hai gli occhi di un pazzo, Kanon?»
«No.» pronunciato con le mandibole serrate in una smorfia che gli deformava il volto e gli occhi sempre fissi in quelli di Galgo.
«Come sono gli occhi di un pazzo? Lo sai?»
«No.» i suoi occhi tornarono a fissare il terreno, come in un'ammissione di colpa.
«Come i tuoi Kanon. Ma anche le persone tristi hanno lo stesso sguardo. Anche chi soffre, chi soffre tanto e non riesce a darsi pace. Tu soffri Kanon, e come te soffre Saga.»
«Come fai a dirlo? Voglio dire, io sono uguale a Saga, ma Saga è completamente diverso da me. Saga piace a tutti, è bravo e ubbidiente, io no. Saga non soffre quanto me. E comunque io non soffro.»
«Kanon, tu hai solo un animo più ribelle, non sei cattivo, ma se mi dici che non soffri possiamo andare. Torniamo all’arena.»
Galgo sperava di aver fatto breccia in quella dura corazza che Kanon era riuscito a crearsi col tempo. Quanto somigliava ad Angelo in quel momento, solo loro due si erano mostrati capaci di negare l'evidenza in quel modo, continuando ad ingoiare tutto il male e la tristezza che incontravano sulla loro strada.
L'unica cosa importante in quel momento era che Kanon riuscisse a comprendere di non essere cattivo e di non essere diverso dagli altri, o si sarebbe isolato sempre di più, rendendo più doloroso un futuro e possibile ritorno sulla strada giusta.
«Combatterai contro di me oggi così vedrò i progressi che hai fatto». Porse la mano al giovane greco, che subito gli porse l'elmo.
«Va bene»
Kanon rispose tranquillo, era felice di simulare il combattimento con il maestro, un cavaliere d'argento.
«Promettimi una cosa prima. Promettimi che penserai a quello che ti ho detto e che affronterai i giudizi della gente con intelligenza, senza farti schiacciare.»
«Lo prometto.»
La risposta di Kanon fu automatica, davvero non aveva pensato a quello che le sue labbra pronunciavano. Voleva solo tornare dal fratello, la cui sola vista, alle volte, aveva la capacità di rimettergli l'animo in pace e togliergli i cattivi pensieri.

Tornarono all’arena e iniziarono il combattimento, sotto gli occhi degli altri bambini che interruppero i loro.
 Era raro che chi allenava si confrontasse così con i discepoli. Galgo incoraggiò Kanon all'attacco ricordandogli gli insegnamenti base. Forse quello sarebbe potuto essere il primo combattimento del greco, il primo combattimento contro una persona notevolmente più forte, preparata, allenata e con maggior esperienza sul campo. Non si lasciò intimorire dalla mole del maestro e cercò immediatamente di dirigere i colpi verso la bocca dello stomaco, magari sarebbe riuscito a colpirlo e spezzargli il fiato per poi riuscire a dominare l'incontro.
Nella mente di Kanon saettavano rapide le possibili mosse e contromosse, era attento e l'armatura dei Cani da Caccia lasciava alla vista una buona porzione del corpo. I fasci muscolari delle braccia erano ben visibili e considerando il loro notevole sviluppo era impossibile non scorgere un minimo sussulto o spostamento delle fibre, che gli avrebbero potuto anticipargli le mosse successive, sempre che non si trattasse di finte.
Saga sorrise nel vedere il fratello concentrato in quello scontro, benché simulato. Vedeva negli occhi del gemello una determinazione e una voglia di dare il meglio di sè quasi nuove. Non lo aveva mai visto così motivato, e tantomeno  lo aveva visto tanto sicuro di sé.
Gli occhi di Kanon presero a brillare di una strana luce, intensa, mentre tentava di affondare qualche colpo all'irlandese, e in quell'esatto istante Saga sgranò gli occhi, incapace di riconoscere il fratello. Ebbe l'impressione di trovarsi davanti una nuova persona.
Quelli non erano i suoi occhi, quello non era il suo sguardo, quel brillio non era mai apparso, prima d'ora, così chiaro e luminoso.
Non durò più di un attimo quella strana luce e nessuno, eccetto lui, parve notarla.
Qualcosa dentro Kanon stava cambiando, destando la sua preoccupazione.
Sussurrò piano poche parole, affidandole al vento e sperando che nessuno le udisse.
«Che succede fratello?»


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Ringrazio tantissimo tutti i lettori silenti, Ricklee e NinfaDellaTerra per aver messo la fic tra le preferite e Spartaco per averla invece aggiunta tra le seguite.

Saruwatari_Asuka. Ciao! Vai tranquilla che i pensieri di Leurak sono i pensieri classici di chiunque quando si è un po' giù di morale, ma passeranno in fretta.
Sono immensamente felice che Leurak ti abbia conquistata, è un personaggio a cui tengo davvero tanto. Galgo si farà conoscere ancora meglio in futuro quando il Santuario comincerà a riempirsi davvero di piccoli guerrieri. Angelo lo adoro a prescindere da tutto. Aiolos, benchè sia un personaggio che non abbia mai potuto soffrire (troppo eroe senza macchia e senza paura), ho cominciato a rivalutarlo. Spero che ti sia piaciuta la descrizione dei due gemellini in questo nuovo capitolo, dove comincia già a delinearsi la personalità più cupa di Kanon. Grazie mille per la recensione e per la tua presenza! Un bacione!
whitesary. Hola! Grazie mille per la recensione. Mi fa piacere scoprire un'affinità tra te e Galgo e che coivolga  i residuati di tortura medievale. A me non fanno paura, ma i ragni e gli insetti si (come Joao), e non poco. Paura che ho dovuto imparare a superare per poter dare un esame, e per superarlo, non solo ho dovuto squartare insetti sotto formalina, ma ho dovuto raccoglierli e fare un insettario...che brutto periodo...Alla fine, ho pensato che la reazione alle fobie sia più o meno la stessa, anche se quella di Galgo l'ho un po' esasperata (rispetto alla mia). Spero che la storia continui ad essere di tuo gradimento! Ciao!
RedStar12. Cara, ci sei semprissimo e ne sono contenta, son felice che Galgo, ti piaccia, così come Joao e Leurak. Non dico niente riguardo ad Akylina, magari non ha nulla o magari si. Si scoprirà col tempo. Ti lascio in attesa della comparsa di Milo. Ciao ciao, un bacione!
miloxcamus. Ma non c'è bisogno che chiedi perdono, ti capisco fin troppo bene. I primi mesi estivi sono orrendamente brutti, mille mila esami da dare e non si ha il tempo materiale per farlo. E' una continua corsa contro il tempo, e il tempo la spunta sempre. Eccoti accontentata, e anche se non ho aggiornato presto perdonami! Baci, a presto!
NinfaDellaTerra. Ciao, mi fa un piacere immenso sapere che la storia ti piaccia, davvero. Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento e che lo saranno anche i futuri. Al prossimo capitolo! Grazie mille per le gentilissime parole, ciao!
Spartaco. Ciao!! Il tuo personaggio preferito (che avevo intuito fosse Mu, considerando le tue fic) arriverà tra non moltissimo. Spero di non deluderti nella descrizione del piccolo tibetano e di non incombere in nessuna punizione. Shaka e Camus arriveranno presto ma non svelo nulla, lascio un velo di mistero.
Sono inoltre vergognosamente felice di averti fatto apprezzare Death Mask (e hai un segno zodiacale stupendo per quanto le mie conoscenze astrologiche si fermino all'elencare i segni in ordine), che di prepotenza è entrato tra i miei personaggi preferiti sorpassando il rappresentante del mio segno zodiacale (povero Aldebaran), e Shura che io stessa non ho potuto soffrire per molti, moltissimi anni. Al prossimo capitolo!

Sperando di riuscire a ritagliare un altro po' di tempo entro il 2029, ciao a tutti!!

   
 
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