Cap 39 Riunione
di famiglia
L’uomo
si sporse fuori dalla tenda quanto bastava
per impartire ordini ai cacciatori senza essere visto in volto.
“Lasciate
andare quel ragazzo, è tutto sotto controllo. Sorvegliate il
perimetro.”
Richiuse la
porta della tenda poi si voltò
nuovamente verso le due donne.
“Cosa
ci fate voi qui?” ripeté sempre più
confuso.
Elena si
guardò attorno, era una scarna tenda con
poco più di quattro cose necessarie alla sopravvivenza.
“Cosa
ci fai tu qui!?” chiese minacciosa Rachel.
Il biondo
sbuffò tornando dietro la sua scrivania,
“mi sembra logico no? Cerco di vincere una guerra!”
Riscossa dal suo
profondo choc, Elena fece due passi
in avanti per andare a sbattere i palmi delle mani contro la scrivania,
era
furiosa.
“È
tutta colpa tua!” gridò lei
Rachel le venne
vicino accarezzandole le spalle
tremanti per farla calmare, quella la scacciò via in malo
modo. “Tu hai avuto
la brillante idea di rinchiudere Aris in una gabbia per chiamare
Tritone!”
Ben fece una
faccia stupita.
“Non
ci posso credere.” Disse un momento sconvolto.
“Sei tu la ragazza del pesce.”
E
quella frase portò su di lui la consapevolezza delle sue
azioni.
Elena si
infuriò più di quanto non lo fosse
già. “Non
ti permetto di parlare di Aris a quel modo!” gli
gridò contro.
“Io
non avevo idea che fossi proprio tu.” Continuò
quello ignorandola “c’era il principe pesce e poi
c’era questa ragazza umana
che era riuscita ad agganciarlo in maniera così
casuale… e noi che per anni
avevamo provato ad avere un’occasione così
ghiotta, non potevamo certo non
coglierla al volo.” Spiegò brevemente le loro
intenzioni.
“Ma
non avevo idea che fosse proprio mia figlia la
sciocca ad essere caduta
in trappola, la povera sciagurata a cui sarebbe stato strappato il
cuore dal
petto.”
“Di
cosa sta parlando?” chiese Rachel a sua figlia.
“Ti
sbagli, non è così” Elena si
rabbuiò per un
momento. “Io non sono stata raggirata da nessuno, nemmeno dai
tuoi scagnozzi”
gli ribadì lei.
“Strappare
il cuore dal petto?! Cos’è questa storia
Ben!?” visto che sua figlia non le dava spiegazioni chiese
all’uomo che aveva
davanti visto che sembrava così esperto su tutto quello che
a lei era nuovo.
“È
una pratica molto complessa per creare gli anelli
del potere, si deve strappare dal petto di una fanciulla innamorata
dall’animo
puro il cuore pulsante e poi imprigionare la sua essenza in un anello
di
metallo che ha il potere di controllare gli oceani. Ne esistono sette
in tutto,
ma alcuni furono rubati a tritone così evidentemente il buon
vecchio re ha
mandato in missione di estrazione
il
giovane nipote.”
Rachel era
orripilata e disgustata, si portò una
mano alla bocca per reprimere il suo impulso di gridare a sua figlia.
“Non
ascoltarlo mamma, quello che dice non è la
verità.”
“Ah, e
chi te l’avrebbe detto? Il tuo bel tritone
immagino” sogghignò lui.
“Sì!
Me l’ha detto Aris. Ed io mi fido di lui più di
quanto non mi fidi di te!”
“…ed
io l’ho lasciato dormire in casa mia…”
sibilò
Rachel portandosi una mano alla testa.
“No
mamma! Non devi dargli ascolto, quello che dice
è in parte vero ma è molto più
complesso di così. Aris è buono, non mi farebbe
mai del male! Non farebbe del male a nessuno! Mi ha salvato la vita
innumerevoli volte, ed anche a te!”
La donna si
sedette su di una sedia libera, era
troppo per la sua povera testa.
“Dopo
stanotte mi serviranno due aspirine…” chiuse
gli occhi boccheggiando.
“Sì,
certo, sono tutti buoni prima di trafiggerti il
petto con i loro artigli” Inveì contro di lei suo
padre.
“Non
devi ascoltarlo mamma,” Elena le si avvicinò e
le mise le mani sopra le sue.
“Sono
venuta qui anche a nome di Aris, vogliamo
chiedere l’aiuto ai cacciatori”
“Assolutamente
negato” le rispose quello guardandola
in tono di sfida.
“Bene,
se sei così stupido da scappare di fronte
alle difficoltà due volte, non è un problema mio,
cacciatore” gli rispose la
bionda usando lo stesso tono.
“Andiamocene
mamma, qualunque cosa dovessi dire a
questo qui è tutto inutile, io e
Aris ce
la caveremo da soli, come abbiamo sempre fatto.”
Rachel si
alzò sotto gli occhi attenti di Ben.
“Ho
una cosa che mi ha affidato Ursula” le disse
ancora in preda al vortice di informazioni che cercava di riordinare.
“Ma
davvero quel tuo ragazzo, Aris, non è pericoloso?”
“Mamma
lui è il figlio di Eric, è coraggioso e
buono, io mi fido ciecamente di lui. Non ti chiedo di avere la stessa
fiducia
incondizionata in lui, ma se mi vuoi davvero bene allora fidati di
me.”
“Aspettate,
Aris il ragazzo pesce è il figlio di
Eric?!” quella notizia doveva essere nuova per lui.
“Il figlio del mio acerrimo
rivale sta uscendo con mia figlia! Ma è un
incubo!” gridò alzando le mani al
vento in tono drammatico.
Rachel non ci
prestò troppa attenzione. “Dentro
questa borsa c’è la cosa che mi ha affidato lei,
spero ti possa davvero aiutare”
“Lo
spero anche io mamma.”
“Avete
davvero qualcosa che può distruggere tritone?
Oh questa è bella non me la voglio perdere,” disse
in tono ilare.
“Se
solo non fossi così ottuso e mi ascoltassi”
tentò di nuovo Elena.
“La
vediamo in maniera troppo diversa Elena, tu vuoi
proteggere quel tritone ed io ho intenzione di ucciderli tutti fino
all’ultimo.”
“Ma le
cose possono essere diverse, se voi ci
aiutaste… Aris vuole distruggere tutti gli anelli di
Alimede, il loro potere è troppo
forte per essere controllato da umani o tritoni. Se voi ci deste i
vostri…”
L’uomo
le rise in faccia “credi davvero che noi
siamo così stupidi?! Darvi gli anelli! Certo così
poi avrebbero l’intero
dominio sul mare!”
“Potremmo
negoziare un accordo, unirli nello stesso
momento e distruggerli insieme!”
“Tu
sogni Elena, sei una sognatrice proprio come tua
madre” disse in tono velenoso.
“No
Ben, sai bene che io sono sempre stata concreta…
questa dote l’ha presa da te” lo
rimbeccò lei schiarandosi dalla parte della
figlia.
L’uomo
parve soppesare per un momento le sue parole.
“Non abbiamo alcuna certezza che il tuo ragazzo mantenga la
parola, per non
parlare poi che gli anelli al momento sono sotto il controllo di
Tritone.”
“Noi
abbiamo un piano” iniziò lei piena di fiducia.
“Se
ci aiutaste a distrarlo giusto il tempo per privarlo del suo tridente
potremmo
distruggere gli anelli incastonati nella sua elsa, lo priveremmo del
suo potere
distruttivo, non avrebbe più armi da scagliarci
contro!”
“A
parte il suo esercito di pesci vorrai dire”
“È
vero, ma non avrebbe più un aiuto magico, non
possono nemmeno uscire dall’acqua!”
tentò di essere convincente.
“Resta
sempre il problema” continuò lui “di
come
arrivarci”
Per Elena quello
fu già un successo, per una volta
da quando era arrivata suo padre non le veniva contro e aveva ammesso
la remota
possibilità di fare come lei aveva suggerito.
“È
giunta l’ora di aprire quella borsa” Ben si
avvicinò al pavimento dove era stata posata poco prima.
Fece scorrere la
lampo ed in un istante con un gesto
fluido la borsa si aprì.
Elena si sporse
per vedere cosa fosse il misterioso
contenuto ma non riuscì a scorgere nulla se non cartacce di
giornale
appallottolate.
“Cos’è
tutta questa roba?!” l’uomo di certo non si
aspettava di vedere una borsa ricolma di cartacce.
“Prova
a cercare più in fondo” gli suggerì
Rachel
“magari li ha messi per assicurarsi che il suo contenuto non
si rompesse”
Sempre
più spazientito infilò le braccia nella borsa
e iniziò a tirare fuori tutte le carte dal suo interno.
“Aspettate,
forse ho trovato qualcosa” con lo
sguardo colmo di nuova luce tirò fuori dalla borsa un grande
e pesante scrigno
in legno.
Il legno era
scuro e sembrava molto antico, piccole
incrostazioni di sale erano raggruppate nei delicati intarsi che ne
circondavano la cornice, sui bordi laterali vi erano scanalature di una
delicata fattura mentre sulla parte superiore vi erano dei disegni in
argento. Le
antiche figure somiglianti a due sirene reggevano tra le mani con
venerazione
una bacchetta, una specie d’asta, e da come la tenevano
sembra fosse qualcosa
di molto importante.
“Come
si apre?” l’uomo rigirò la scatola fra
le mani
cercando una serratura o un modo per aprirla, ma ad una rapida occhiata
sembrava un unico blocco di legno.
Elena gliela
prese dalle mani, “attento, finirai col
romperla.” Esaminò brevemente la scatola, era
proprio vero, non sembrava ci
fosse un modo per aprirla. Appoggiò lo scrigno sul tavolo
per poterlo esaminare
meglio.
“È
tutto inutile. Una scatola inutile che non si
apre! Cosa ci dovremmo fare con questa? Lanciargliela in testa a
tritone?” Ben
iniziava a dare sfogo alla sua impazienza.
“Forse
c’è qualche meccanismo nascosto per aprirla,
tu sei brava in queste cose… ” suggerì
sua madre.
La ragazza fece
un passo indietro per guardare
meglio la scatola-scrigno, ci girò attorno e per alcuni
minuti non disse
niente.
“Non
vi sembra strano? Tutti i decori sono incavati,”
passo la mano sulla superficie, “persino le sirene sono
incavate eppure…” il
suo dito si fermò sull’asta, “questo
è l’unico elemento sporgente” fece una
leggera pressione e subito quella s’incavò,
facendo scattare un tac al suo
interno.
La scatola che
prima era un unico blocco di legno si
divise in due parti, un bordo brillante la divideva in due
orizzontalmente. Con
timore ruotò lentamente il coperchio assecondandolo in senso
antiorario, subito
una luce bianca abbagliante inondò la stanza accecando i
tre.
Ben si fece
avanti coprendosi gli occhi che mano a
mano si stavano abituando allo splendore argenteo emanato dal
misterioso
contenuto.
“Cos’è?”
chiese sulle spine Rachel
Ben
tirò fuori lentamente il contenuto che prese a
illuminare come un faro tutta la tenda buia.
“Tutto
qui?” disse lei delusa. “Solo
una freccia? È questa l’arma da usare
contro quel mostro lì
fuori?”
Ma
l’uomo era troppo impegnato ad esaminarla per
risponderle. La freccia era lunga almeno quaranta centimetri ed era
fatta con
un metallo che non aveva mai visto, era verde con striature argentee
che
brillavano di luce propria, ad uno sguardo più attento gli
sembrò che quelle
striature fossero quasi vive e potessero muoversi quasi fossero
liquide. Sulla
sua superficie erano stati impressi dei simboli, probabilmente
un’antica
iscrizione in una lingua a loro sconosciuta, la sua punta presentava la
più
grande particolarità mai vista ed era la fonte
più luminosa di tutto l’insieme,
era trasparente come il vetro ma brillava di una fredda luce argentea
riflettendo la luce circostante, sembrava molto appuntita, in grado di
tagliare
qualunque cosa. Ben la soppesò in mano, era particolarmente
pesante per essere
una nomale freccia, ma qualunque cosa fosse, di certo quella non era
una normale freccia. Poteva anche
averne
l’aspetto ma quando ad una seconda occhiata egli vide le
striature muoversi e
confluire verso la punta, come vene che pompassero sangue al cuore,
seppe con
certezza che quella cosa pulsava di vita propria.
Elena si
avvicinò attirata dalla sua punta
estremamente affilata, tese il dito per sfiorarla ma Ben gliela tolse
davanti
appena in tempo.
“Non
fare stupidaggini Elena, credo sia molto
pericolosa, non sarebbe stata messa assieme a tutte queste precauzioni
altrimenti.”
La bionda si
ritrasse velocemente, Ben curioso di
testare la magia di quello strumento sfiorò con la punta la
superficie del
tavolo che aveva lì vicino, questi si ruppe in due come
fosse stato appena
segato, un taglio netto e pulito che trapassava il tavolo da una parte
all’altra.
“Avete
visto anche voi?” sussurrò la bionda.
“Grazie
a questa freccia abbiamo l’opportunità di
ucciderlo finalmente” sussultò di gioia
l’uomo.
La bionda
impallidì. “Ucciderlo? È proprio
necessario? Non si può solo minacciarlo? Privarlo del suo
potere magari…”
Ben rimise
apposto la freccia nel suo scrigno, a
quanto pare l’unica cosa che non danneggiava.
“Tritone
è lì fuori ad uccidere molti dei nostri
uomini, noi abbiamo l’occasione di vendicarli e tu vorresti
risparmiarlo?”
La ragazza
tacque incapace di rispondergli a dovere.
Come poteva spiegargli che se avessero ucciso Tritone lei non avrebbe
mai più
rivisto Aris? Che avrebbe dovuto prendere il posto di suo nonno e
governare per
tutta la sua vita su Atlantica? Come poteva spiegargli che uccidendo
Tritone
avrebbero distrutto anche il suo lieto fine?
Semplicemente
non poteva.
“Bene,
adesso è giunta l’ora di elaborare un piano.
Elena ho bisogno di saperlo, sei con noi o contro di noi?”
La ragazza
sospirò rassegnata. “Cosa devo fare?”
****
Un
fendente fortissimo colpì la mascella della
strega, i suoi tentacoli allentarono la stretta attorno a Tritone,
Ursula non
sapeva quanto ancora avrebbe resistito.
“Sei
troppo debole per me, ucciderti sarà talmente
facile che non mi divertirò.” Ghignò il
Re dimenandosi nel tentativo di
districarsi da tutti quei tentacoli.
“Era
solo una bambina…” rispose quella a denti
stretti. “E tu l’hai uccisa senza battere
ciglio!”
“Ho
fatto quello che dovevo, lei voleva portarlo via
da me!” strinse il tridente nel tentativo di caricarlo, era
una mossa
rischiosa, un movimento falso ed entrambi sarebbero morti inceneriti,
erano
troppo vicini, troppo avviluppati affinché il fulmine
colpisse solo la sua
vittima.
“E
puoi biasimarla? Tu lo avresti cresciuto a tua
immagine e somiglianza. Ne avresti fatto un mostro.” Strinse
la presa attorno
al tridente, strapparglielo era praticamente impossibile ma almeno gli
stava
impedendo di colpire qualcun altro.
“Il
mio più grande rimpianto è di non esserci
riuscito.” Caricò il tridente e scagliò
una potente saetta contro la strega,
Ursula vacillò indietreggiando nell’acqua mentre
scariche elettriche la percorsero
per tutto il corpo.
“Non
ce l’avresti mai fatta,” Disse ansimando dal
dolore. “Aris è come lei.”
Era
troppo tardi, aveva raggiunto il suo limite, non
riusciva più a combattere. Si accasciò sulla riva
ormai ridotta allo stremo, i
suoi tentacoli erano bruciati e feriti, la testa le sanguinava
copiosamente e poco
alla volta la sua figura gigantesca iniziò a ritornare alla
sua normale misura.
Tritone appariva sempre più grosso rispetto alla strega
stanca e affaticata, e
nonostante la battaglia fosse stata dura per entrambi il Re non dava
segni di
alcuna stanchezza, sembrava proprio inarrestabile.
Il
tridente emanava scintille dorate, nei suoi
freddi occhi azzurri vi era sete di sangue e di vendetta, era giunta
l’ora di
sferrare il suo colpo finale.
“Sono
qui Ursula, non ti lascerò!” Aris emerse
proprio vicino alla strega semi-incosciente, Ursula gli prese la mano e
la
strinse forte.
“Devi
andare Aris, devi salvarti” bisbigliò rauca.
“Non
ti abbandonerò, resterò con te fino alla
fine.”
Disse quello deciso contraccambiando la stretta.
“Tu
ci salverai tutti. Sei l’unica speranza per il
popolo di Atlantica e per gli umani.” Tossì
sangue, se Tritone non l’avesse
uccisa subito, sicuramente sarebbe morta poco dopo. “Trova la
freccia di Artemide,” Il
rosso sgranò gli occhi
confuso, Artemide era la dea della caccia, come avrebbe fatto ad
entrare in
possesso di questa fantomatica freccia? Ma non ebbe tempo di porsi
delle
domande che la strega continuò a parlare.
“È l’unica in grado di uccidere il
Re. L’ho affidata a Rachel, ma l’unico che
può usarla, che deve usarla,
sei tu.” Una lacrima solcò il suo viso.
“Fa la cosa
giusta Aris. Fallo per il tuo popolo.” Sapeva che stava
chiedendo molto a quel
ragazzo, i suoi sogni erano quelli di vivere sulla terra con Elena, ma
Atlantica aveva bisogno di un re che portasse luce dopo quei secoli bui
di odio
in cui era sprofondato il popolo del mare, guidato da altrettanti Re
malvagi.
Tritone
puntò il tridente al cielo, un fulmine
rischiarò il buio della battaglia, i volti di umani e
tritoni si illuminarono
per un momento, tutti erano intenti a combattere gli uni contro gli
altri, ma
per un istante si fermarono, come se il tempo avesse deciso di
concedergli un
istante di tregua, i loro sguardi furono puntati sul Re che rideva
malignamente.
“Levati
di lì Aris, questo colpo non è per te.”
Puntò
il tridente contro la strega.
“Dovrai
colpirmi invece, perché non ho intenzione di
spostarmi.”
“Non
farò gli stessi errori che ho fatto con te con
la mia futura progenie. Questo te lo garantisco Aris.”
Aris
serrò le mascelle.
“Cosa
aspetti allora? Finiscimi, vecchio. O forse
preferisci non sporcarti le mani e usare su di me il veleno come per
mia
madre?”
“No,
tu meriti di morire come tuo padre. Un colpo
solo, ma un dolore intenso. Posso prometterti che non sarà
piacevole.”
“Tritone!
Fermati!” un grido dal folto della foresta
richiamò la loro attenzione.
Una ragazza dai lunghi capelli biondi avanzava zoppicando con una gamba
fasciata grondante di acqua e sangue.
“Elena”
bisbigliò Aris a denti stretti. Ma che cosa
aveva intenzione di fare?!
“Sono
venuta qui per fermare tutto questo!” disse
continuando ad avvicinarsi alla riva. I pugni stretti lungo i fianchi e
lo
sforzo che stava facendo rendevano ogni suo passo una sofferenza per
Aris che
era costretto a guardarla. Con uno sguardo fulmineo lei gli
lanciò un’occhiata.
“Tu
fermare tutto questo? Non hai i mezzi per farlo,
stupida ragazzina” le rise quello in faccia.
Aris
guardava Elena e Tritone, era come se lei
stesse tentando di dirgli qualcosa, ma non capiva cosa.
“E
se ti dicessi che sono venuta per stipulare un
accordo?” si fermò a pochi passi dalla riva, il re
si voltò completamente verso
la ragazza.
“Vedi,
per fare un accordo dovresti avere qualcosa
che mi interessa, e per tua sfortuna, tu non hai nulla che mi
interessi”
Come
folgorato da una improvvisa consapevolezza, nel
folto della foresta poco prima di Elena, Aris vide Nick che tentava i
fargli
segno di avvicinarsi. Capì qual era il piano. Elena stava
facendo da esca,
doveva distrarre tritone, prendere tempo per permettergli di fare
qualcosa di
inaspettato.
“Ti
sbagli, io ho qualcosa che ti interessa”
Aris
lasciò Ursula sulla riva e lentamente tentò di
avvicinarsi al folto del bosco.
“E
cosa sarebbe?”
Elena
sapeva che nel momento in cui gli avesse detto
degli anelli non avrebbe esitato un momento e l’avrebbe
uccisa, lanciò un'altra
occhiata ad Aris, finalmente sembrava avere capito, si stava
avvicinando sempre
più alla foresta, lì avrebbe trovato Nick, Rachel
e Ben con la freccia. Sperava
solo che lui sapesse come farla funzionare, nel momento in cui avevano
provato
a metterla in un arco questi aveva preso fuoco e non era stato
possibile
nemmeno incoccarla.
“Ho
la tua attenzione dunque… in cambio chiedo che
questa battaglia finisca e che tu e il tuo esercito facciate ritorno ad
Atlantica per non tornare mai più.”
“Parole
un po’ troppo audaci per un umana che non ha
nulla in mano…”
“Oh…
tu credi che io sia così sprovveduta? Non sarei
mai venuta qui senza avere qualcosa da proporti in cambio.”
Aris
aveva raggiunto il folto della foresta, Elena
tremante tese il suo braccio verso il Re. Aveva paura, era spaventata,
il
destino di tutte quelle vite pesava su di lei e su Aris. –
ti prego, fa che funzioni –
Dischiuse
il pugno rivelandone il suo contenuto.
Il
re sgranò gli occhi, poi un lento ghignò comparve
sul suo viso.
Quella
sciocca ragazzina glieli aveva serviti su un
vassoio d’argento.